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Autore: LorySouth    21/04/2015    2 recensioni
Salve a tutti. Forse qualcuno si ricorderà ancora di me, anche se sono passati la bellezza di 5 anni. Ero uno scrittore di questo sito, in particolare scrivevo fan fiction sui pokemon. Con passare del tempo persi la passione, ma eccomi ritornato. La storia narra le vicende di vari personaggi del nostro mondo reale, le loro ambizioni e vicende, che li porterà ad interagire tra loro.
Una storia dunque ambientata nei giorni nostri, nel vero mondo e che tratta l'universo dei pokemon con un occhio più maturo.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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"Ovunque guardassi... vedevo solo bianco..."

La Russia è uno degli stati più grandi di questo pianeta. Ma a differenza di altre nazioni, come ad esempio possa essere la Cina, la densità della popolazione non è certo distribuita in maniera equa. Perchè? Beh, basta guardarsi attorno. Bianco, bianco e sempre bianco. La steppa russa è famosa per i suoi climi che mettono a dura prova la vita umana, non per niente per via dei nostri inverni ben due dittatori, Bonaparte e Hitler hanno dovuto abbandonare sulla neve e ghiaccio i loro folli sogni di gloria.
Ma no, non dovrei divagare, raccontandovi roba inutile. Volete sapere qualcosa di me? Posso accontentarvi, tanto non ho mai un cazzo da fare in questo villaggio sperduto nel nulla.
Piacere, mi chiamo Viktor Chernov, e ho 24 anni, vivo a Vaezuga, un piccolo insediamento di 235 anime disperso a circa 120 chilometri a est da Mosca, la capitale.La zona, definirla fredda è eufemismo. Ricordo che qualche anno fa si toccarono i -50°. Bastava mettere un dito fuori per ritrovarselo congelato. In un luogo simile è ovvio quindi che bisogna essere autosufficienti per ogni aspetto, in quanto sarebbe un impresa non da poco procurarsi viveri e rifornimenti nelle grandi città. Insomma, è una vita abbastanza di merda, lo ammetto.
Inizierei con il descrivere la mia persona. A dire il vero non sono né il più bello né il più brutto. Un tipo normale, ma la cosa essenziale è che mi piaccio così come sono. corti capelli color del legno, occhi celeste, penetranti e glaciali. Un volto dai tratti meno duri, una mescolanza di razze forse dovuta all'influenza di mia madre nel codice genetico che mi ha donato un ovale meno spigoloso rispetto agli altri abitanti della Russia. Ma non è proprio tutto da buttare se devo essere sincero, altrimenti non sarei vissuto fino ai 24 anni in un luogo simile. Il motivo della mia permanenza in un luogo simile si chiama Irina, la mia compagna.
Per conquistarla dovetti affrontare la concorrenza spietata degli altri miei compagni, che da amici ci trasformammo in nemici solo per avere un passatempo.
E in effetti il mio è iniziato così... come un passatempo. Uno stupido modo per tentare di ingannare la noia in un posto dove sicuramente di attrattive ce ne sono poche, o nulla. Ma giorno dopo giorno, iniziando a conoscerla scoprii in lei una persona gentile e dolce... presi la consapevolezza che con lei al mio fianco, persino gli inverni più rigidi potevano apparire più caldi. Vivo ancora con i miei, già a questa età non ho una casa mia, e come lavoro spacco legna, aiuto in piccole faccende e faccio altro, insomma sono un tuttofare.
Siamo un gruppo assai variegato di persone a Vaezuga, ma ci accomuna una sola passione, che arde in noi come il magma di una camera vulcanica. Questo sentimento che ci unisce è la passione e il rispetto per le creature che con noi condividono questo mondo, i pokemon. Ci fanno compagnia, ci difendono da attacchi esterni, ci consolano, ci capiscono... insomma, esseri che alle volte, hanno persino più empatia di noi umani. Anch’io ho un pokemon, un Glaceon per l’esattezza. Mi fu donato all’età di sei anni da mio padre, quando a stento sapevo muovermi attorno a me senza inciampare sui cumuli di neve.  Fu fin dal primo momento il mio unico e vero amico. Non importava che cosa ci accadesse, quali problemi avessimo affrontato, sapevamo benissimo che qualunque cosa sarebbe successo eravamo in due ad affrontarla, come un anima racchiusa in due corpi. Inseparabili, ci siamo sostenuti insieme in tutti questi anni e io, non conosco parole per descrivere quanto bene abbia per lui e quanto debba ringraziare mio padre Sergej per avermi fatto questo dono inestimabile, almeno per me. Bene, sapete ora la mia storia. Sicuramente non sarete rimasti sorpresi o eccitati da questo racconto, che ammetto, è abbastanza deprimente. Il bianco della neve inghiotte tutto, annullando quasi lo scorrere del tempo e dando l'impressione che si tratti di un infinito de ja vu. Una sensazione angosciante per certi versi, e io che abito da ben 24 anni in questa terra desolata posso capirlo fino in fondo, credetemi.
Ma oggi, 21 aprile 2015 ho finalmente preso la mia scelta. Non posso più sopportare questa vita, mi sta stretta. Abbandonare amici, Irina e la famiglia? Si, ho in mente questo... lasciarmi tutto alle spalle e tentare fortuna altrove. E' un mondo troppo vasto quello in cui viviamo, e credo, anzi, sono sicuro che non sia solo neve e ghiaccio ma ci sia molto altro da scoprire, conoscere, studiare. Ho già fatto la mia scelta, nemmeno Irina potrà impedirmi di intraprendere la mia strada, è giunto il momento che almeno un abitante di Vaezuga faccia la coraggiosa scelta di emigrare. Sarò un esempio, il progresso in fondo è la leva che manda avanti la società.
 
Quella di oggi è una tiepida giornata primaverile. L'inverno è già finito da un pezzo e la natura ha ripreso il suo naturale ciclo. I pochi alberi, fiori e arbusti si sono risvegliati dal freddo torpore invernale e si apprestano a richiamare la fauna erbivora, che a sua volta richiamerà quella carnivora. Il ciclo della vita, la catena alimentare... tutto prenderà il suo corso, come ad ogni stagione, ma non per me a quanto pare.
Rapido mi muovo mentre riempio il mio zaino da viaggio con le cose essenziali: vestiti di ricambio, coltello da caccia, borraccia, provviste essiccate e qualche soldo. Non mi serve altro, sono fiducioso che riuscirò ad ottenere ciò che vorrò una volta fuori da questo dannato paese.
Mi incammino verso la porta d'ingresso della baita in legno in cui vivo. Silenziosa, forse i miei stanno ancora dormendo. Meglio
-Non saluti nemmeno prima di andar via?- è la voce che improvvisamente mi fa voltare.
I miei occhi color ghiaccio intercettano la figura massiccia del capo famiglia, mio padre. Sergej, al villaggio è chiamato "La montagna", e non senza un motivo. Spalle larghe, pettorale massiccio e gambe ipertrofiche. Una rada barba grigiastra copre i suoi lineamenti duri e spigolosi, tipici delle etnie slave, e porta perennemente un cappello di lana grigio antracite. Severo in volto, ma dopo una vita passata assieme so leggere quell'uomo, e capisco che in realtà sia solo triste. Triste nel vedere il suo unico figlio andar via
-Non mi fermerai papà, sai già qual è la mia scelta- rispondo risoluto, scuotendo brevemente il capo in forma di dissenso.
Lui non ribatte, mantenendo quell'espressione grave e seriosa. Un passo... poi un altro. Si avvicina, e quando ormai a dividerci è solo un alito lui allarga le braccia. Io sono immobile, aspetto un altro suo gesto che esprima quanta severità abbia, ma in realtà, ciò che fa mi sorprende.
Le sue forti braccia circondano il mio busto e mi abbraccia. Preso inizialmente alla sprovvista da una tale manifestazione di affetto rimango immobile. I miei muscoli che si irrigidiscono appena come anche i lineamenti facciali privi di rughe, ma infine non posso che ricambiare quell'abbraccio, chiudendo le palpebre alcuni istanti.
-Buona fortuna... e torna presto- non ho il coraggio di incrociare il suo sguardo, ma giurerei che dal timbro vocale, quell'uomo in apparenza duro e inflessibile, ha gli occhi lucidi. Mi sciolgo a fatica da quell'abbraccio, indietreggio e dopo un ultimo sguardo alla mia ex casa, come se volessi stamparmela in memoria nel mio cervello, varco la soglia. Forse definitivamente.
La giornata è iniziata proprio di merda non c'è che dire, un addio sofferto, ma non è l'ultimo purtroppo. Cammino, in direzione dell'auto che dovrò usare per raggiungere Mosca e li incontro Irina. Una mia coetanea. Una ragazza bellissima, e non lo dico solo perchè sono il suo ragazzo.
Lunghi capelli biondi, leggermente smossi, occhi color smeraldo e un viso delicato dalla pelle delicata come seta e chiara come la neve che fa da protagonista alle nostre esistenze. Mi fissa, no, non riesce a trattenere le lacrime mentre mi corre incontro per abbracciarmi.
Un bacio che mi prende alla sprovvista, e poi uno ancora. A fatica mi allontano dalle sue labbra carnose, portando entrambe le mani sui suoi fianchi
-Irina, tornerò un giorno- già, chissà quando però. Il fatto che dovrò abbandonarla mi strazia il cuore, ma i miei occhi rimangono asciutti
-Ciò significa che non dovrai aspettarmi per sempre. Nessuno ti vieta di rifarti una vita, con qualcun'altro. Sebastian, il mio amico, è cotto di te da sempre, potresti dargli un opportunità in fondo-  che mi prende... portare la mia amata tra le braccia di un altro. sarò impazzito.
-Sei un folle Viktor, se credi che non ti aspetterò. Io sarò qui per te, e non permetterò a nessuno di avere queste labbra e questo corpo. Appartengono solo a te, come tu sei mio, non dimenticartelo- sembra determinata. Non riesco a comprendere il suo attaccamento, ma non può che rincuorarmi. La bacio nuovamente
-Allora ti prometto che farò di tutto per tornare a casa, da te- le sussurro dolcemente. Ecco, questo è stato l'addio realmente più sofferto.
Mi stacco a fatica dalle sue membra, e mi avvio verso la jeep. Apro la portiera. Lei è ancora i che mi fissa con quello sguardo che mi implora
-Ritornerò- un filo di voce, che lei non potrà udire, e allora salgo a bordo. Un cumulo di neve si solleva quando gli pneumatici fanno presa sulla strada innevata e da li a poco la jeep è solo un puntino scuro in lontananza.
Il mio viaggio inizia adesso.
 
   
 
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