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Autore: Aliseia    21/04/2015    2 recensioni
"E la Foresta è viva, i suoi Elfi respirano in essa e con essa." Questa è solo la mia Elf-Parade. Il mio Mirkwood Collective, con la presentazione dei protagonisti. Vedere Note per tutti i credits.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Thranduil
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Eryn Galen'
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Fandom: Lo Hobbit – AU
Genere: Slash - Introspettivo - Romantico
Rating: VM14
Personaggi: Thranduil, Caleloth (OC – “Musical Elf” - Movieverse), Cabranel (OC-Nestadion-Thingalad : Movieverse), Feren (Movieverse), Elros La Guardia – Elrhoss (Movieverse), Lethuin (Movieverse), Meludir (Nome Fanon. Consultare Tumblr, Mirkwood Trash Squad, per i credits), Olthir (Orithil nella Mirkwood Trash Squad di Tumblr. Credits: cortohdow), Nimfael (sempre nella Mirkwood Trash Squad di Tumblr)
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a J.R.R. Tolkien e a chi ne detiene i diritti.

Note: i protagonisti di questa storia sono in gran parte i Background Elves. Gli Elfi di Thranduil. Quegli Elfi sconosciuti e spesso anonimi che le fan hanno battezzato e dotato di biografie e di plot, fino a renderli fenomeni virali. Per questo spesso è impossibile assegnare i credits. Devo ammettere che per il plot non ho attinto da Tumblr, ma ci ho lavorato personalmente, spesso con l’aiuto di amiche che nominerò nelle dediche. Ma mi piace ricollegare le facce ai nomi. E così, oltre ad inventarne di nuovi, ho voluto citare in queste note anche i loro nomi fanon, in modo che chi vuole li possa cercare in rete ;)
Dedica: a Ghevurah e all’Elfetta di Primavera. Grazie per l’ispirazione continua

 
 
 

Intrighi

 
 
 
Egli siede lontano da tutti, in un angolo remoto della Foresta. Siede e attende. Cento anni, alla fine, sono solo un battito delle sue lunghe ciglia.
 
*
 
Un Elfo mangia una mela. Ha denti d’animale, robusti, che s’incidono candidi sulla buccia rossa, nella verde pallida polpa.
Lethuin sorride, e i suoi occhi hanno lo splendore cristallino del momento che precede la sera.
 
Diversamente da Cabranel, che è legato alla notte.
I suoi occhi sono un’ombra profonda su cui non aleggia nemmeno il chiaro ristoro di un sorriso. «Che hai da ridere? » borbotta piano senza comunque metterci troppa cattiveria.
«Io? Niente! Non stavo ridendo!» la fronte liscia del giovane Elfo s’increspa un attimo, in un pensiero che non è ancora preoccupazione.
Cabranel potrebbe giurare di aver visto due vampe di fuoco sulle sue guance glabre.
Finalmente sorride anche lui, sornione.
 
A distanza, udendo i commenti sferzanti dell’Elfo più esperto, sentendo poi la voce di Lethuin, Meludir s’infiamma a sua volta in una incantevole nuvola di rosea vergogna.
Mentre le sue mani impacciate si confondono nel riporre le frecce, le sue lunghe ciglia scendono a coprire il lampo di smarrimento dei grandi occhi nocciola
“Occhi dorati”, li ha definiti Caleloth. Cabranel ricorda le sue parole con una punta di gelosia. Perché colui che è stato suo amante dovrebbe indagare le sfumature di certi occhi? Occhi enormi, innocenti. Lo sguardo inquieto di Cabranel vaga su foglie verdi e rami contorti, sfiora veloce  corolle vellutate di fiori. E trova il fiore più bello.
Caleloth a sua volta lo sta fissando. Arriccia le labbra, come per un bacio. Poi insolente gli volta le spalle.
La tunica è scollata anche dietro, e lascia scoperto l’intrepido, lungo collo, e una parte della schiena.
Un languore prende Cabranel allo stomaco, vorrebbe consumare quel collo di baci, indugiare con lingua e denti tra quelle scapole un po’ nervose e mai ferme.
Come se sentisse il suo desiderio, Caleloth si volta appena, il profilo delicato si staglia sul cielo violetto.
La linea ondulata delle sue labbra forse s’incurva in un sorriso.
Cabranel si alza, lo segue.
 
Meludir ha lasciato cadere la faretra con l’arco, facendo spazientire Lethuin. Che comunque è pronto al suo fianco, lo rimprovera con tono insolente ma giocoso. Le loro mani si sfiorano.
*
E la Foresta è viva, i suoi Elfi respirano in essa e con essa.
Tra le fronde degli alberi un fulvo bagliore passa veloce come una fiamma.
Il giovane Elfo di guardia sale saltando da un ramo all’altro, veloce come uno scoiattolo.
Ma i grandi occhi, di un verde scuro, sono spalancati nella penombra e concentrati come quelli di un uccello notturno.
Un ultimo raggio di sole taglia in due l’ombra, simile a spada.
Egli distoglie gli occhi e piega amaramente la bocca in una smorfia che sembra dolore.
Ma le sue mani restano ferme sull’arco teso, e ben presto egli torna a sorvegliare quell’angolo di Foresta così strategico e pericoloso.
In quei paraggi sorgono infatti le Sale di Guarigione, e una delle residenze esterne di Thranduil. Nello stesso edificio risiedono alcune Guardie, chiamate a presidiare i confini della Foresta, a vegliare sull’incolumità di malati e convalescenti.
Sopra un faggio fiero e dorato un altro Guardiano segue attentamente la scena.
Il ragazzo, capelli biondissimi e profilo diafano, distoglie i lunghi occhi grigi dalla zona che gli è stata assegnata. Solo per un attimo. Il tempo di rubare una fuggevole immagine di Olthir, l’arciere dai capelli fulvi.
L’elfo biondo, il cui nome è Nimfael, cattura il bagliore rossastro, lo sguardo cupo e insieme brillante di quegli occhi che hanno il colore prezioso del crisoprasio.
Gli zigomi nervosi del biondo Guardiano tremano appena, le sue labbra sottili si uniscono in una smorfia di disappunto.
O forse di preoccupazione.
Olthir guarda lontano.
*
Feren ha le braccia incrociate, la mascella ferma. Lo sguardo scuro scruta tra gli alberi, trafigge la magica Foresta in direzione del palazzo Reale.
Delle sue aule immense, dei suoi profumi, della luce dorata delle sue torce.
Feren preferisce la luce acquorea degli Alberi, l’incantevole aroma dell’aria aperta.
Ma ogni nodo delle piante contorte, ogni fresco alito dei loro fiori, questa sera gli ricorda un incontro.
Due occhi come specchi gelidi, nei quali ha intravisto il riflesso di quella che credeva la propria fermezza, e che ora gli sembra solo viltà.
Appena pochi giorni prima l’Elfo con quegli occhi era tra le sue braccia, molto più caldo e appassionato di quanto lo credesse capace.
Persino più tenero, con i suoi sospiri, e le lunghe ciglia ramate, e le mani esperte ma trepide.
E lui, Feren, non ha fatto nulla per trattenerlo.
L’ha preso per sé, famelico come un animale. L’ha fermato appena il tempo per farlo godere. Per godere insieme. E poi l’ha lasciato andare.
Forse è giusto così.
Forse non è destino.
Ma Feren si chiede cosa sia quella smania che gli scava dentro al ricordo di quegli occhi limpidi. E perché le sue parole “non sai niente di me” lo facciano arrabbiare al punto di farlo soffrire.
 
E non sa nemmeno, l’Elfo fiero che ha il nome degli alberi della Foresta, che nelle aule dorate, intossicate da mille profumi, Elrhoss il carceriere abbassa lo sguardo sulle proprie chiavi.
Esse sono insolitamente pesanti.
Dai sotterranei rauchi lamenti di Orchi non sono graffianti come i suoi pensieri. Come il ricordo del fiato dell’altro, sulla pelle nuda.
Non c’è trama nell’ombra dorata che possa distrarlo dal desiderio feroce di quelle labbra un po’ dure.
Di quello sguardo beffardo che a volte, Elrhoss lo può immaginare, è capace di avvolgenti bagliori.
Non c’è torcia fiammante che abbia il calore delle sue mani, un po’ brutali e forse prepotenti.
Ma capaci di tenerezza. Forse… Elrhoss non sa. Può solo indovinare.
Poi scuote la testa, raddrizza le spalle, dalle guance pallide svaniscono insieme il ricordo e un’ombra tenue di eccitazione.
Le sue dita s’intrecciano, aggrappandosi saldamente alle chiavi.
*
Lontano, il Re degli Elfi guarda davanti  a sé, mentre siede sul morbido tappeto erboso, il capo e la schiena appoggiati ad un albero. Il petto nudo.
I suoi occhi d’opale hanno mille bagliori, le labbra socchiuse gli conferiscono un’espressione assente.
Come se fosse rapito in una visione.
La sua anima antica palpita con la Foresta , i suoi occhi penetrano ogni intreccio di rami, le tane oscure, i calici ormai chiusi di ogni fiore. Egli vede ogni angolo, anche quelli celati al suo sguardo. Conosce ogni segreto, anche il più geloso. Vede ognuno di loro.
 
 
 
 
  
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