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Autore: Hybris_    21/04/2015    0 recensioni
[...] gli erbivori, che allora si definivano vegani, solevano dire: “piuttosto che il mio cane preferirei mangiare una persona” ironia della sorte.
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Ci siamo sempre creduti così evoluti, noi uomini, sempre pensati come superiori. Abbiamo costruito una civlità al solo scopo di nascondere a noi stessi quanto in realtà fossimo bestie.
Genere: Guerra, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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AVVISO: Il racconto è un'opera di fantasia, niente nel suo contenuto rispecchia l'opinione dell'autrice.


CARNE PER CARNE

Rabbrividisco. Uno spiffero proveniente da chissà quale buco sulla parete mi scosta i capelli, che sfiorano la fronte. Non riesco a prendere sonno.
Ho fame, e il mio letto è scomodo. E questo silenzio che dovrei trovare normale per me è sempre stato agghiacciante.
Sono giorni che penso a domani: l'emozione per la mia prima caccia ha lasciato il posto a uno strano senso di inadeguatezza. Li ho visti macellare, qualche giorno fa. Non riesco a togliermi dalla mente quelle immagini. Ho visto la testa recisa che era stata messa da parte su un ceppo, gli occhi.
Prima di allora ho sempre pensato alla carne solo come a del cibo, già fatta a pezzi, cotta o pronta da cucinare, come se fosse sempre esistita solo sotto quella forma. Sapevo, ma dentro di me non ho mai voluto veramente realizzare che quei pezzi di cibo venissero da qualcosa che aveva vissuto. Che come me aveva corso, si era nutrito, e aveva guardato il mio stesso cielo la notte con forse lo stesso stupore.
Un essere vivente come me e il pezzo di carne che mangio sono la stessa cosa.
Questa ovvietà mi ha colpito come un ceffone. Mio padre ha sempre detto che sono un debole. I ragazzi della scorsa battuta, quelli per cui era stata la prima caccia, non sembravano scossi dalla cosa. Eppure avevano vissuto la morte in modo più diretto di me. Erano esaltati, ebbri. Eccitati dalla corsa e dall'uccidere, e sazi della loro cacciagione. Ne avevano preso uno. Ogni clan della nostra comunità ne cattura uno a settimana, quando ci riesce. Non sempre la battuta va a buon fine.
Ero scosso, ma nel vederli mangiare non ho potuto non provare indìvidia. Non tocco carne da un mese, io. Si usa così in ogni clan quando un ragazzo si prepara per la prima caccia. È una sorta di rito, ti aiuta a uccidere meglio. Uccidere..

Sto correndo. Mi nascondo dietro gli alberi per girare intorno alla femmina. I miei copagni fanno lo stesso, da altre direzioni.
La paura è passata. La repulsione è passata. Ci sono solo io e la preda e l'istinto. Un istinto millenario che era stato sopito nei secoli, per poi risvegliarsi, più forte e... dirompente, da qualche generazione a questa parte. Il mio corpo ha bisogno di uccidere.
Non so perchè lo faccio, mi è stato detto e ripetuto più volte di rispettare la formazione, di non fare mosse azzardate, ma in questo momento non mi importa. Il mio sangue freddo è scomparso, mi vedo quasi ringhiare e correre vaerso di lei con il coltello ben saldo nella destra.
È come se mi vedessi dall'esterno ma allo stesso tempo sono completamente nel momento. Non mi sono mai sentito così vivo.
Mi ha visto, ovviamente. Anche i miei compagni mi hanno visto, e hanno visto che era troppo presto: non hanno ancora finito di circondarla.
Fugge, mentre cerca frenetica la lama nella sacca che tiene a tracolla, ma la paura le fa tremare le mani, le impedisce di aprirla, e nel tentativo di farlo rallenta.
La mia corsa di bestia invece non si arresta, le sono sempre più vicino. Non so come, la raggiungo. La afferro con le mani, dimentico del coltello caduto da qualche parte. Urla, si agita, tenta di colpirmi, inutilmente: sono molto più forte di lei. Le blocco le braccia dietro la schiena mentre scalcia, e ho fame di carne. Le recido la giugulare con i denti, un morso preciso.
Smette di agitarsi, allento la presa e si accascia a terra, respirando lentamente mentre il sangue scorre dal suo collo come acqua da una borraccia bucata, bagnando la terra. E mi guarda. Morendo, mi guarda. Ha gli occhi azzurri come i miei. Non c'è odio, nel loro ultimo barlume di vitam è come se quegli occhi si sforzassero di capirmi.
E con le labbra acora bagnate del suo sangue, ecco che non sono più bestia.

Il capobranco, mio zio, sulla strada per tornare al nostro territorio mi rimporovera di non aver rispettato il piano, ma la caccia è andata a buon fine, e il rimprovero dura poco.
Perchè dev'essere così? Perchè non ci è andata bene laloro scelta? Un tempo era diverso: prima di tutto questo, la mia gente mangiava gli animali. Raccontano gli anziani che non c'era nemmeno bisogno di cacciarli, venivano allevati, per poi esere uccisi e mengiati in tutta comodità, immagino che fosse quasi come coltivare un orto. Poi le persone iniziarono a diventare troppe, e gli animali a diminuire. Man mano che si riducevano i capi di una specie si cominciava a consumare le altre.C'erano i cani e i gatti, che venivano tenuti per fare compagnia alle persone ed erano considerati membri della famiglia, tanto che gli erbivori, che allora si definivano vegani, solevano dire: “piuttosto che il mio cane preferirei mangiare una persona” ironia della sorte.Quando le specie animali erano diventate pochissime, e la gente continuava a morire a causa della Malattia, si cominciò a mangiare anche cani e gatti. Io non ho mai visto un animale. Tutto questo è successo molto prima che il nonno del mio bisnonno nascesse. È una storia che agli anziani stessi è stata raccontata quand'erano bambini. Non sono nemmeno sicuro che sia realmente successo.Gli erbivori avevano allora cominciato già da un pezzo a formare delle loro comunità, lontani dalle altre persone.Piano piano il progresso, la cultura e la civiltà persero importanza. Il primo pensiero era procurarsi della carne. Specie dopo specie, per la Malttia e la fame della gente che sopravviveva, gli animali sparirono del tutto.
L'uomo è da allora l'unico abitante della terra. Nessuno sa dire come abbiamo cominciato, si dice che alcuni di noi avessero parlato di farlo quando ancora erano rimasti i pesci. Si dice che fosse cominciato per astio. Accusavano la mia gente, davano a loro la colpa del degrado. Continuavano a ripetere che mangiare gli animali non era etico. Ridicolo. Sin dalla sua comparsa sulla Terra l'uomo si è nutrito di altri esseri viventi. Non erano state le persone ad aver sterminato gli animali, non solo loro almeno. La gente era umentata a dismisura, questo è vero, ma dopo poco tempo è apparsa anche la Malttia. Molte bestie morivano a causa di quella. Era come se il mondo fosse diventato allergico all'uomo e avesse creato il virus, ma il virus colpiva indistinatemente tutti gli esseri viventi. Gli uomini erano tanti, e per molti che morivano ancora molti erano quelli che sopravvivevano, e si riproducevano. Alla fine siamo rimasti solo noi. Decimati, ma siamo rimasti, ormai immuni alla Malattia.E nonostante la Natura non ci abbia voluto, c'è un principio in essa che deve essere rispettato, dicono i vecchi: il predatore mangia la preda. Non essendoci altre specie al di fuori della nostra, è nella nostra che dobbiamo trovare predatori e prede. Sono nato tra i predatori. Come gli ex vegetariani e vegani sono ora semplicemente erbivori, noi siamo i carnivori. Abbiamo bisogno anche di carne, e ci nutriamo della loro.

Arrivati al villaggio consegnamo la preda alle donne del clan, per farla macellare. Gli altri esultano vedendoci, ragazzi e ragazze, venendo a sapere che ero stato io a finirla si riuniscono intorno a me, si complimentano, mi danno pacche sulle spalle. Non ci bado, bevo un sorso d'acqua e continuo a pensare, non riesco a capire cosa ho fatto. Sono ancora io? Che momento è questo? Ci siamo sempre creduti così evoluti, noi uomini, sempre pensati come superiori. Abbiamo costruito una civlità al solo scopo di nascondere a noi stessi quanto in realtà fossimo bestie. È male quello che ho fatto? E per quale motivo? Ho solo obbedito alla mia natura. In quel momento, non avrei voluto fare nient'altro, non avrei voluto essere in nessun altro posto. E che mi guardino, mentre li uccido, mi guardino pure! Loro non sono meno bestie di me.

Il profumo della carne alla brace mi riscuote dai miei pensieri, avevano messo subito i primi pezzi sul fuoco per il branco. Me ne porgono uno già cotto, lo prendo con la mano, incurante del calore e ci affondo i denti, vorace. Grasso e sangue dal sapore abbrustolito mi scivolano sul mento mentre mastico soddisfatto e finalmente calmo. È buona.

 

   
 
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