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Autore: Queen Of Suburbia    21/04/2015    2 recensioni
-S..sì… l’ho scritta io.- balbettai in imbarazzo portandomela al petto e tenendola stretta.
Il ragazzo tornò a guardarmi e infossò le mani nelle enormi tasche mentre parlava -Wow, i miei complimenti, è davvero bella.- si complimentò.
Cercai di controllarmi mentre ovviamente il mio imbarazzo iniziava a farsi sentire ovunque fino alle mie guance -In verità non è nulla di che…- cercai di dire.
-Per me invece è fantastica, mancherebbe solo il ritornello per renderla perfetta.- affermò invece lui tranquillo -Come si intitola?- domandò poi squadrandomi da capo a piedi con lo sguardo incuriosito.
-Non c’ho ancora pensato.- mi affrettai a dire distogliendo lo sguardo e buttandolo a terra.
Ogni tanto però continuavo a buttare l’occhio su di lui che mi guardava. Non riuscivo a fare a meno che osservare quel viso, era bellissimo.
Lui era bellissimo.
[TomxBill]
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.



 
Monsoon

Capitolo 5















Avevo cercato per minuti interi Tom, ma senza alcun risultato. Avevo setacciato il parco e chiamato a gran voce il suo nome mentre il panico mi assaliva e il cuore mi batteva così forte in petto da farmi male. Ma niente, di lui nessuna traccia.

Ad un certo punto mi rassegnai all’idea che mi avesse abbandonato e mi diressi con passo pensante verso casa. Mi sentivo male, troppo male. Come aveva potuto lasciarmi così senza dirmi niente? Andarsene senza neppure lasciare un biglietto?

Forse lo avevo stancato. Forse non gli piacevo come credevo che invece fosse. Forse per lui ero stato un semplice svago per passare il tempo. Forse a lui, di me, non gliene importava nulla.

Con questi pensieri e un macigno che mi pesava nel petto aprii la porta di casa e mi diressi a passi lenti verso le scale. Volevo soltanto entrare in camera mia, buttarmi sul letto e non muovermi più di lì per il resto della mia vita. Possibile che una persona potesse farti sembrare di toccare il cielo e, ha distanza di un paio d’ore, sprofondare nella terra? Non sapevo come era successo, ma Tom era entrato in me troppo profondamente per riuscire ad andarsene senza lasciare il segno.

-Bill!- sentii chiamare e mi voltai nell’attimo in cui mia madre uscì dal salotto in gran fretta seguita da mio padre. Dovevano avermi sentito sbattere la porta. Non avevo voglia di affrontarli, non in quel momento. Mi sentivo troppo a pezzi per riuscire a spiegare la situazione.

-Dove ti eri cacciato?!- fece mia madre avvicinandosi e guardandomi da cima a fondo –Non sei rientrato stanotte!-

-Scusate.- risposi solo, il dolore al petto era troppo per riuscire a dire qualcosa di più, mi sentivo vuoto. Era come se ad un tratto avessi perso la rotta, non trovassi più la mia stella, mi sentivo spaesato.

-Scusate?!?!- ripeté mio padre e quando posai i miei occhi stanchi su di lui vidi la sua rabbia in viso –Non ci hai contattato in nessun modo! Sei stato fuori tutta la notte senza dirci nulla! Hai idea di come ci siamo sentiti io e tua madre a non vederti più arrivare a casa?! Stavamo per chiamare la polizia!!- mi urlò contro.

Mi sentii male a quelle parole. Avevano ragione, la colpa era mia. Avrei dovuto avvertirli ma ero così preso da Tom che me n’ero dimenticato completamente. Già… e adesso chissà dov’era Tom…

-…mi dispiace…- cercai di scusarmi, affranto, con voce piccola e colpevole.

-Sono stata alzata tutta notte a cercare di chiamarti e non rispondevi, Bill!- iniziò a gridare mia madre –Cosa diavolo ti serve il cellulare che ti abbiamo comprato se non lo usi?! Sei un irresponsabile!-

Sentivo come se il mio corpo si fosse bloccato e l’unica cosa che volesse fare fosse sparire seduta stante, inghiottito dalla terra.

-Dove cavolo sei stato così conciato, si può sapere?!- continuò mio padre –Continui a conciarti in quel modo?! È per questo che non ci hai avvertito, sei stato tutto il tempo a prepararti così piuttosto che avvertire i tuoi genitore che non saresti tornato! Ti davamo per morto ormai!-

-Bill, questo da te non me lo aspettavo. Davvero.- aggiunse mia madre e quando alzai gli occhi ed incrociai i suoi pieni di delusione potei sentirmi ufficialmente di merda, quello sguardo era stato peggio di una manciata di pugnali conficcati nel petto.

Non riuscivo a dire nulla, mi limitai a stringere i pugni lungo i fianchi e tenere la testa bassa, sperando che tutto finisse il prima possibile.

-Ti rendi conto di come eravamo preoccupati, Bill?- tentò mia madre con sguardo freddo e calmo, non sembrava neppure arrabbiata. Ma non sapevo chi dei due mi facesse più paura, o lui che urlava o lei che con lo sguardo sembrava straziarmi.

-Che fai, ora piangi?!- mi riprese mio padre, ma quello era l’ultima cosa che volessi fare –Sei un cretino, ecco cosa sei! Non fai altro che uscire e rientrare quando cazzo ti pare! Dove cavolo credi di essere, in un cavolo di albergo?! Qui non stiamo tutto il giorno a starti dietro per i tuoi comodi, mettitelo in testa! Hai ormai diciotto anni e ti comporti ancora come un bambino, sei idiota per caso?! Eh?! Rispondi!!- tuonò.

Avrei soltanto voluto scomparire dalla faccia della terra.

-M..mi dispiac…- cercai di ricusarmi ma mi interruppe.

-Mi dispiace sto cazzo!- urlò mio padre –La prossima volta che vuoi andartene fuori casi senza dire niente, non scomodarti nel rifarti vedere! Non fai altro che procurare un problema dietro l’altro da quando sei in questa casa!- continuò ad urlarmi contro –Vattene di sopra in camera tua e non uscire più finché non avrai il permesso! Via! Subito! Non voglio più rivedere la tua faccia, vattene!-

Non me lo feci ripetere due volte, mi voltai e corsi di sopra chiudendomi la porta alle spalle. Era ancora rotta, così ci misi il bidone che stava accanto al mio letto, davanti, per tenerla chiusa.

Cercai di calmarmi, di essere tranquillo mentre senza un motivo preciso mettevo a posto la stanza, preferendo impegnare le mani e la mente ad altro o sarei scoppiato a piangere di nuovo e non volevo.

Presi il telefono dalle tasche dei miei pantaloni, lo accesi e lessi il numero di chiamate perse che probabilmente dovevano essere dei miei, buttai il telefono sul letto senza dargli molta attenzione, per poi tornare ai miei pensieri.

Ero davvero un cretino come dicevano? Probabilmente sì. Chi si comporterebbe mai così verso i suoi senza pensare alle conseguenze? Ero solo un idiota. Probabilmente Tom doveva essersene accorto e per questo se n’era andato. Ero tentato nel dire che aveva fatto anche bene.

Mi buttai sul letto non reggendomi in piedi e mi portai le mani sugli occhi, stropicciandoli per evitare che iniziassi a piangere come mio solito. Non era il momento e di certo non lo meritavo.

I miei avevano ragione su tutto, come sempre.

Posai lo sguardo sul telefonino e mi sorpresi di trovarlo in silenzioso ma con lo schermo illuminato in segno di una chiamata in corso. Osservai per un attimo sconcertato chi mi stesse chiamando senza muovermi di un millimetro.

Tom.

Quando finalmente elaborai la cosa presi in mano con così tanta foga il telefono e me lo portai all’orecchio rispondendo, che poi mi diedi dello stupido quando mi accorsi di avere la gola secca e non sapere cosa dire ne tantomeno come reagire.

Dovevo sembrare arrabbiato? Deluso? Offeso? Urlargli contro e basta? Ma in quel momento mi sentivo così male che faticai pure a dire un semplice ‘pronto’ per come le corde vocali mi tremavano. Mi sentivo al limite.

-Bill! Dove sei??- lo sentii subito rispondere e per un attimo rimasi incantato di risentire la sua dolce voce, anche se agitata, dall’altra parte del telefono dopo tutta quella conversazione avuta con i miei.

Rimasi per un attimo zitto mentre sentivo dall’altra parte il rumore di macchine e vento, segno che Tom era ancora fuori in giro -Dov…dove sono?- domandai non capendo la domanda, forse dovevo rispondergli male e bruscamente ma semplicemente non ce la faceva ad aggredire Tom, era contro la mia persona fare qualcosa del genere .

Perché mi aveva chiamato? Non se n’era andato e basta? Non voleva più rivedermi e fine? Perché mi chiamava? Per darmi dell’idiota pure lui?

Mi sentivo così male da trovare sollievo anche solo nel sentire la voce di Tom mentre imprecava contro un passante che lo stava per mettere sotto con la bici.

Smisi di trattenermi ed iniziai a piangere in silenzio, lasciando scorrere le lacrime e mettendomi una mano davanti la bocca per soffocare i singhiozzi -Sono a casa…- risposi cercando di sembrare tranquillo ma la voce era rotta e sentivo che a breve avrei avuto bisogno di un fazzoletto per soffiarmi il naso.

Tom sembrò confuso -A casa? Perché sei andato a cas… ohi, stai piangendo?- cambiò discorso, accorgendosi del mio stato quando mi scappò un singhiozzo.

Ormai non ce la facevo più, stavo per scoppiare.

-Perché non c’eri quando mi sono svegliato?- sputai fuori in lacrime.

“Perché non c’eri quando i miei mi hanno urlato contro?” avrei preferito dire ma la mia lingua aveva formulato altro.

-Ero andato al bar qui vicino a prendere la colazione per entrambi.- affermò piano il ragazzo coi dread.

Sbarrai gli occhi a quelle parole -Ah…- riuscii soltanto a dire. Quelle parole mi avevano fermato il respiro, come se il tempo ad un tratto si fosse bloccato.

Quindi Tom non mi aveva lasciato da solo?

-Pensavi ti avessi lasciato da solo?- domandò lui incredulo, deducendo con mia sorpresa quelle che mi passava per la testa.

Ad un tratto però, la breve felicità pervasami a quella risposta passò, sostituita dal senso di colpa. Come avevo potuto pensare questo di Tom? Come avevo potuto pensare che fosse capace di una cosa simile??

Sentii le lacrime ricominciare a scendere -Scusa…- dissi piangente sentendomi di merda.

Ero terribile. Non solo avevo deluso i miei, avevo deluso pure Tom. Lo avevo deluso non fidandomi di lui, andando nel panico per un non nulla.

-No, no, no, non piangere…- cercò di dire agitato mentre mi sentiva ricominciare a piangere -Shh… Bill, calmati. È tutto a posto, va bene? Non è successo nulla.- cercò di rassicurarmi con voce dolce, come solo lui sapeva fare.

Tirai su col naso -Mi dispiace Tom…-mi scusai ancora.

-Non preoccuparti.- rispose tranquillo  -Anzi, mi dispiace. Volevo farti una sorpresa, non ho pensato che ti saresti preso un così brutto spavento, scusami.- si scusò lui.

Ecco, lo facevo anche scusare. E per cosa??? Per avere l’idea carina di farmi svegliare con la colazione sotto al naso??? Ero pessimo, non c’era che dire, e Tom era la persona migliore del mondo. Come cavolo c’ero finito con uno come lui? Cosa avevo fatto per meritarmi tanta bontà d’animo?

-No, tu cercavi di essere gentile… sono io che…-  lo corressi cercando di prendere respiro e dire qualcosa di sensato ma non mi veniva nulla. Ad un certo punto è come se avessi perso l’uso della parola. Infondo che avrei potuto dire? Ero stato pessimo su tutti i fronti, non c’era una cosa che avessi fatto bene.

Sembrava essere una cosa naturale per me: tutto ciò che avevo o che mi succedeva di bello, io lo rovinavo.

Era colpa mia se Tom adesso si scusava per essere stato gentile. Era colpa mia se i miei si erano preoccupati a morte sta notte. Era colpa mia se avevo rovinato il primo appuntamento tra me e Tom. Era colpa mia se i miei litigavano sempre.

-Bill?- provò a richiamarmi il ragazzo coi dread non sentendomi più rispondere.

-…sono un cretino… sono solo un idiota… me lo hanno detto anche i miei. Hanno ragione.- dissi alla fine.

Non sentii più niente dall’altra parte del telefono, come se ad un tratto Tom fosse sparito. Sentivo solo il rumore delle auto e del vento, ma del ragazzo nessuna risposta.

Ad un tratto però riparlò -Bill, dimmi qual è il numero di casa tua.-

Mi accigliai -483, perché?- domandai confuso.

-Dove sta la tua finestra?- continuò a chiedere.

-Al primo piano, dietro casa ma…- risposi io ubbidiente poi ripetei -Cosa ti serve saperlo?-

Non lo sentii per un’altra manciata di minuti per poi sentire solo -Vengo lì, aspettami.-

-No, fermo. Perché dovresti venire qui?!- domandai subito sbarrando gli occhi –Tom?- domandai ma solo il suono della chiamata caduta si sentì.

Aveva riagganciato.

Mi tirai su in piedi di scatto e mi presi un fazzoletto, asciugandomi il naso e guardandomi un attimo allo specchio cercando di sistemare tutto il trucco sciolto ma più cercavo di intervenire più peggioravo l’attenzione.

Mi diressi verso il bagno per prendere lo struccante quando il mio occhi cadde sulla finestra e mi parve vedere l’immagine di qualcuno. Corrugai la fronte notando una zazzera di dread biondi coperti da un cappellino girare per i pressi di casa mia, scrutando le finestre del mio edificio con sguardo accigliato.

Aprii la finestra e mi affacciai -Tom!- urlai sorpreso. Non potevo credere che fosse davvero venuto e neppure che fosse tanto veloce da trovarsi già lì.

Il suo sguardo si illuminò non appena mi vide e mi sorrise -Ehi, ti sono mancato?- domandò con sempre quel tono provocatorio di chi la sapeva lunga.

Lo guardai perplesso mentre si avvicinava al muro e osservava i tubi di scolo della grondaia che erano in verticale attaccati all’edificio -Che vuoi fare?- domandai non capendo quale fosse il suo piano.

-Vengo da te.- rispose tranquillo -Non è ovvio?- aggiunse, buttando a terra un sacchetto di quel che ne rimaneva della nostra presunta colazione, afferrando saldamente il tubo più in alto che poteva e tirandosi su coi piedi.

-Dal di qui?? Tom, ti farai male, no!- ribattei subito sbarrando gli occhi quando lo vidi dondolare un attimo per poi darsi una spinta da una parte finché non riuscì a posare i piedi sopra il ripiano della finestra dell’appartamento sotto al mio. Lo vidi sorridere contento e riaggrapparsi al tubo pronto a scalare più in alto.

 -No, Tom, fermo! Vattene, è troppo in alto!- cercai di scacciarlo via come potevo ma lui sembrava cocciuto.

-Dimentichi con chi stai parlando.- ribatté lui mentre si aggrappava al tubo e iniziava la risalita facendo forza con le braccia.

Sembrava una piccola scimmia con i dread mentre risaliva fino ad arrivare alla mia finestra del primo piano e allungare i piedi per finire sul ripiano.

Durante tutta l’azione il mio cuore non smise di battere come un pazzo per tutto il tempo mentre il mio respiro sembrava avesse cessato di esistere -Attento!- gridai quando arrivò sulla finestra e mi precipitai ad afferrarlo e farlo entrare in camera mia per paura che cadesse indietro.

Lui mi guardò con un sorrisetto soddisfatto in volto -Ecco, fatto. Visto?- domandò aprendo le braccia in modo teatrale -Ho un futuro da acrobata, non trovi?- domandò poi.

Rimasi incredulo per un attimo a cercare di assimilare il tutto e quando mi resi conto che Tom era lì, in camera mia, dopo aver scalato il muro di casa mia come un primate, gli lanciai urlo di rimprovero -Stupido!- dissi non sapendo che altro dire, colpendolo con pugno al braccio destro per la paura che mi aveva fatto provare.

-Ahi! E ora che ho fatto??- si lamentò massaggiandosi la parte lesa.

-Potevi farti male!- risposi ovvio.

Lui fece spallucce noncurante -Avrei rischiato.- affermò sicuro -Tanto ho la pellaccia dura.-

Non potevo credere che qualcuno si potesse spingere a tanto, anche pur di farsi ammazzare -Perché sei voluto venire qui ad ogni costo??- gli dissi infatti.




 
I know I have to find you now




 
Tom alzò un sopracciglio e mi guardò dritto nei occhi -Come perché? Stavi piangendo.- affermò ovvio.

Lo guardai incredulo, non sapendo esattamente cosa dire, non mi aspettavo di certo quella risposta -Non è un buon motivo.- ribattei alla fine.

-Eccome se lo è.- affermò diventando serio e avvicinandosi a me, mi posò le mani sulle guance e si avvicinò al mio viso  -Non devi piangere per i tuoi, chiaro? Non si devono permettere di tirarti in mezzo nei loro problemi.- affermò ancora serio.

Sbattei un paio di volte gli occhi, confuso -Come sai che hanno litigato ancora?- domandai, sicuro di non averlo menzionato.

Mi lasciò il viso e fece di nuovo spallucce -I miei mi davano spesso del cretino quando stavano ancora insieme. Una volta che sono stanchi di insultarti sempre tra di loro, finiscono per accanirsi sul povero mal capitato di turno.- spiegò guardandosi in giro e osservando curioso come era la mia stanza per poi finire di guardare il mio letto e sederci sopra, senza neppure chiedere se potesse -Non mi stupirei più di tanto se venissi a sapere che hanno aggredito una volta il postino.- mi disse guardandomi e aspettando che facessi lo stesso e che mi sedessi accanto a lui.

Sorrisi ma in modo più amaro e  mi sedetti accanto a lui, tenendo lo sguardo a terra -Forse hanno ragione.- affermai.

-Su cosa?- domandò Tom.

Mi strinsi le spalle -Su tutto. Come figlio sono una delusione.- affermai, e lo pensavo davvero.

Sentii Tom sospirare e avvicinarsi a me -Bill, tu non sei una delusione…- iniziò col dire ma io lo interruppi rialzandomi in piedi e parandomi di fronte a lui e guardandolo dritto nei occhi.

-Come no?? Guardami!- affermai alzando la voce e indicandomi -Mi vesto in questo modo, mi trucco nonostante sia un maschio, mi acconcio i capelli, e lo smalto e… i piercing, per non parlare del tatuaggio!- iniziai a catalogare indicando ogni cosa che dicevo.

-Tatuaggio?-ripeté lui stranito.

-Sì, tatuaggio!- affermai infervorato alzando di scatto la maglietta senza vergogna facendogli vedere il tatuaggio delle tre stelle sotto il mio ventre che spariva sotto i miei boxer  -Visto??- aggiunsi.

Lo vidi sgranare gli occhi e fissare quel punto anche quando riabbassai la mia maglietta, come se fosse caduto in trans.

-Me lo sono fatto senza il loro permesso!- continuai a parlare spedito -Per non parlare della mia media a scuola, è terribile! Faccio schifo in matematica e sono pessimo in educazione fisica! Cazzo serve l’educazione fisica nella vita??- sbraitai mentre Tom continuava a guardare in quel punto dove stava prima il tatuaggio ancora sotto trans e io ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che la sua fantasia era andata nel magico mondo di Pornoland  -Vogliamo poi parlare di come sono logorroico a volte?!- continuai a parlare imperterrito  -Non puoi immaginarlo, posso diventare insopportabil…-

Tom si era ripreso dalla sua meditazione interiore e si era alzato per tapparmi la bocca con una mano -Oh, fidati. Lo so.- affermò annuendo per enfatizzare le sue parole -Comunque quelli che hai elencato non sono tuoi difetti Bill, sono pregi.- cercò di spiegarmi ma io scossi la testa.

-Dubito che gli altri siano d’accordo con te.- ribattei assottigliando le labbra.

Lui mi sorrise -Gli altri chi?- domandò divertito guardandosi attorno -Bill, qui siamo solo tu e io. Non importa cosa pensano gli altri, l’importante è che vada bene per noi.- cercò di spiegarmi  -Devi fregartene dell’opinione altrui. Tu sei così perché sei Bill e sono certo che anche i tuoi lo sanno, sei loro figlio.- affermò mentre si risiedeva sul letto e mi prendeva una mano per avvicinarmi a sé.

Mi feci trascinare fino a lui ma rimasi in piedi, tra le sue gambe aperte, a guardarlo negli occhi dall’alto -Forse, ma non mi vorrebbero così.- risposi con voce velata di tristezza, giocando appena con le dita delle sue mani.

-Beh, io di sicuro no.- affermò lui sorridendomi e prendendomi il viso e avvicinandolo al suo fino ad appoggiare le nostre fronti -Tu sei unico, non voglio affatto averti diverso da come sei ora. Sei perfetto.- affermò sorridendomi dolcemente come solo lui sapeva fare.




 
Can hear your name




 
-Tom…- soffiai sorpreso da quelle parole, e lasciandomi accarezzare quando la sua mano si posò sulla mia guancia per accarezzarmi.

Sorrisi anch’io e salii sul letto mettendo le gambe ai lati di Tom per poi sedermi sulle sue ginocchia, il tutto senza staccarci. Lo sentii accarezzarmi un fianco e circondarmi la vita, per non farmi cadere indietro e tenermi più attaccato a sé per poi con l’altra avvicinare il mio viso per congiungere le nostre labbra.

Un bacio dolce, intenso e lento. Era dolcissimo, la cosa più bella che mi potesse capitare a parer mio. Tom era dolcissimo. Ricambiai il bacio, alzando esitanti la mani fino ad appoggiarne una sul suo torace, accanto alla spalla, mentre l’altra finiva dietro la sue testa con le mie dita infilate nei suoi dread. Erano soffici al contrario di quello che credevo. Mi piacevano un sacco, erano una bella sensazione al tatto.

Ci staccammo dopo un attimo e io continuai a tenere le mie braccia intorno al suo collo –Tom…- cercai di dire mentre gli osservavo il viso a pochi centimetri dal mio. Non sapevo neppure io cosa volessi dirgli, così mi limitai a stringere le labbra tra loro.

Lui mi sorrise -Che c’è, non mi credi?- domandò.




 
I don’t know how




 
Inclinai la testa, osservandolo bene -No è che…- iniziai col dire -…mi sembra tutto così strano.- affermai alla fine.

Lo vidi alzare un sopracciglio e guardarmi incuriosito -Su cosa?- domandò.

-Tu. Io. Questo.- affermai guardando in basso in che posizione fossi su di lui per poi risalire a guardarlo socchiudendo appena gli occhi, cercando di comprendere -So così poco di te ma mi sento come se ti conoscessi da sempre.- affermai.

Anche lui mi guardò attentamente il viso -Forse in una vita passata ci siamo già incontrati.- soffiò scrutandomi e alzando una mano, accarezzandomi una ciocca di capelli neri e portarmela dietro l’orecchio.

-Allora mi chiedo dove tu sia stato fino ad ora.- ribattei.

Mi sorrise dolcemente -Boh, chi lo sa… forse aspettavo.- affermò guardandomi nei occhi.

I suoi occhi erano così belli, scuri e si illuminavano di una meravigliosa luce -E cosa?- domandai alzando un angolino della bocca in quello che doveva essere un sorriso.

-Che arrivassi tu.- rispose.

Sgranai gli occhi e rimasi zitto per un attimo -Tom…- sussurrai guardandolo continuare a scrutarmi ed accarezzarmi il viso.

Come era possibile sentirsi in tal modo con una persona?? Come era possibile sentire il petto scoppiare di gioia al sol pensarla o stargli accanto? Come era possibile sentirsi male a tal punto da voler scomparire per poi passare ad una felicità immensa solo per merito di una persona?

Tom era riuscito con la sua sola presenza a farmi dimenticare il dolore di poco prima, alla tristezza provata che mi faceva a malapena stare in piedi. Si poteva essere così felici fino a tal punto?

Osservai Tom in viso e decisi che sì, poteva succedere -Scusa di averti fatto aspettare allora.- risposi avvicinandomi per far congiungere le nostre labbra in un bacio a stampo.

-Non preoccuparti, ne è valsa l’attesa.-lo vidi ridacchiare per poi ricongiungere le nostre labbra in un bacio più profondo, che ricambiai subito e che volli approfondire prendendogli il viso tra le mani e tirandomi su più in altro di lui, gli accarezzai il viso mentre lo costringevo a tenere il viso verso l’altro per potermi baciare.



 
 
Why can’t we make this darkness feel like home




 
-Bill…- sussurrò tra le mia labbra prendendomi per i fianchi per riuscire a farmi stare fermo per poi catturare ancora le mie labbra.

Sorrisi contro di essere baciandolo più e più volte -Tom…- dicevo tra un bacio e l’altro non facendo a meno di distendere le labbra per come ero felice  -Tomi…- mi scappò poi, finendo per storpiargli il nome.

-Tomi?- ripeté staccandosi un attimo, allontanandosi appena per guardarmi con un sopracciglio alzato. Lo sguardo di chi si chiedeva dove fosse spuntato quel nome.

Ridacchiai -Non ti piace?- domandai scherzando.

Ricambiò il sorriso e mi diede un altro bacio -Mi piace un sacco…- disse e mi baciò ancora -Tu mi piaci un sacco…- aggiunse ricongiungendo le nostre labbra.

-Cosa?- dissi sgranando leggermente gli occhi e guardandolo come se non avessi bene sentito cosa avesse detto.

Mi guardò divertito -Mi piaci tantissimo Bill.- rispose con un bellissimo sorriso.

Lo guardai incredulo per un secondo. Il mio cuore batteva così forte che anche se si fosse staccato e corso via non mi sarei scomposto più di tanto, anzi avrei continuato a sentirmi così.

Allungai una mano e gli sforai il viso -Mi piaci tanto anche tu Tomi.- affermai sorridendogli e ricambiando il bacio.

Ci osservammo un attimo e ridemmo, non so per cosa ma forse per mascherare l’imbarazzo.

Proprio in quel momento la porta della mia camera si aprì, sbattendo contro il bidone che avevo messo per chiuderla -Bill, mi dispiace per prima. Abbiamo esager…- non appena sentii la voce di mia madre mi staccai da Tom ad una velocità supersonica, raddrizzandomi nel momento esatto che la udii e con una tale velocità che caddi indietro fino a trovarmi seduto a terra, con un male insopportabile al di dietro che mi fece imprecare nella mia testa in tutte le lingue che conoscevo. Cioè due, tedesco e qualcosa di inglese, non sono mica tutto sto genio, eh.

-Chi è lui?- domandò mia madre quando riuscì ad aprire la porta, immobilizzandosi all’ingresso e guardando confusa Tom seduto sul mio letto e io seduto a terra, entrambi con lo sguardo impalato di chi è stato colto in fragrante, verso la donna.

Ci fu un attimo di silenzio che decisi di interrompere per evitare domande sconvenienti -Ehm… Mamma, lui è Tomi…Tom! Tom. È… un mio amico…- balbettai alla rinfusa, inciampando sulle mie stesse parole.

-Oh…- affermò lei ancora immobile guardandoci sbigottita. Sembrava avesse visto un fantasma.

-Salve signora!- decise di intervenire di scatto Tom, riprendendosi ed alzando una mano cercando di essere amichevole.

-Salve…- rispose lei confusa -Ma… da dove è entrato?- domandò poi.

Perché, in fondo, quello che stava mandando in palla il cervello della povera donna era quella domanda.

-Beh, ecco…- cercai di inventarmi qualcosa sul momento.

Insomma, siamo ragionevoli… mica potevo dirgli che era entrato dalla finestra!

-Sono entrato dalla finestra.- completò Tom.

Oppure sì, potevo dirglielo e rischiare un infarto a mia madre…

Infatti la vidi sgranare immediatamente gli occhi sconvolta -Dalla finestra?! Ma siamo al primo piano! Potevi farti male!- iniziò con l’alzare la voce, incredula da tale cosa.

-Gliel’ho detto anch’io.- affermai annuendo e guardando severo Tom. Almeno mia madre aveva avuto una reazione normale e magari Tom avrebbe capito che la sua di azione, non lo era affatto.

Vidi mia mamma portarsi una mano alla testa e scuoterla leggermente insegno di disapprovazione -Beh, almeno so da chi hai preso la tua apprensione.- commentò sottovoce Tom in mia direzione.

-Taci.- lo zittì, ci mancava solo che lei lo sentisse.

La vidi calmarsi e guardarci tranquilla, preferendo a concentrarsi su di me -Comunque Bill... riguardo a prima…- cercò di parlare, e dai suoi occhi capii che il suo dispiacere era reale.

Gli sorrisi rassicurante -Non preoccuparti Mamma, è tutto a posto. Davvero.- risposi intuendo.

Lei sembrò sorpresa dalla mia reazione, forse si era preparata a qualunque mio atteggiamento tranne quello spensierato e felice -Oh, bene. Okay… mi fa… piacere. Va bene… meglio che vada, Okay?- cercò di dire non sapendo esattamente che fare per poi indicare l’uscita, allontanandosi -Se avete bisogno sono di qua.- aggiunse e stette per chiudere la porta alle sue spalle.

-Okay Mamma.-

Lei annuì -Bene… ehm, Tom? Resti con noi per cena?- chiese poi al ragazzo coi dread.

Il mio viso si illuminò e mi voltai verso di lui guardandolo implorante, lui mi lanciò un occhiata come se chiedesse cosa dovesse rispondere e da come mi vide capì -Ehm… beh…- iniziò col dire -Se non disturbo signora…-

-Disturbare? Figuriamoci!- rispose mia madre, riprendendosi un po’ da tutta questa storia -Comunque puoi chiamarmi Simone.- lo informò.

Tom assentì –Ricevuto.-

Tossii leggermente -Ehm… Mamma...- feci, come chiaro invito di togliersi ed andarsene.

Lei si accorse di essere ancora lì sulla posta -Sì, sì, scusa. Tolgo il diturbo…- fece per andarsene di nuovo e chiudere la porta ma la riaprì -Un ultima cosa, Tom?- chiamò.

-Sì?-

-La prossima volta gradirei usassi l’ingresso di sotto. Non ti mangerò se passerai dalla porta come noi tutti comuni mortali.- affermò tranquilla.

Vidi Tom sorriderle -Cercherò ti tenerlo conto signor…- stette per rispondere ma dallo sguardo di mia madre si bloccò e si auto corresse -Simone.-

-Perfetto. A dopo ragazzi.- salutò lei e finalmente lasciò la stanza.

-A dopo Mamma.-

Ci fu un attimo di silenzio tra di noi, nessuno dei due osò dire una parola, quando però stetti per dire qualcosa lui mi precedette.

-Allora…- iniziò col dire Tom facendomi voltare su di lui e notare il suo sopracciglio inarcarsi -Amici, eh?- domandò in mia direzione.

Sospirai mentre mi rialzavo da terra dolorante e mi pulivo un attimo i pantaloni -Accontentati. Non ho portato nessuno a casa mia per diciassette anni, è già tanto che abbia elaborato una frase di senso compiuto per come era emozionata.- spiegai cercando di non dare a vedere che in effetti mi aveva dato fastidio presentare Tom a mia madre con quel nome. Insomma, noi due potevamo essere di tutto dato il nostro rapporto, ma non semplici amici.

-Diciassette anni??- domandò lui incredulo.

Annuii -Già.- affermai  -Potevo stecchirla dicendogli che eri il mio ragazz…o.- mi fermai quando mi accorsi di quello che avevo detto ma ormai era tardi e come mi voltai verso di Tom, e vidi il suo ghigno comparire sul suo volto, divenni rosso dalla vergogna.

-Cosa hai detto?- domandò lui.

-Ehm… niente.- cercai di fare finta di nulla.

Lo sentii ridacchiare -Non ho sentito bene.- disse allungando il braccio per prendere il mio e avvicinarmi a lui -Vieni qui.- disse tirandomi verso di sé. Mi strinse a sé, costringendomi a ricadere sopra di lui.

Andai nel panico -Ma che fai?! E se dovesse rientrare??- dissi cercando di togliermi ma lui mi mantenne fermo sopra di lui.

-Ripetilo.- mi ordinò.

-Non mi sembrava così sbagliato… dopo quello che ci siamo detti prima ho pensato…- iniziai col dire, abbassando gli occhi pieno di imbarazzo.

-Hai pensato bene.- mi confermò Tom.

Alzai lo sguardo di scatto -Davvero?- domandai.

-Certo. Che domande sono?- affermò sorridendomi dolcemente -Non devi neppure chiederlo.-

Mi sentii immediatamente più leggero e mi lasciai andare in un respiro pesante, facendo cadere la mia fronte sulla sua spalla, rilassandomi un attimo -Ehh… mi ero preso paura… eheh, forse i tuoi un po’ di ragione dovevano averla nel chiamarti cretino.-affermai ridacchiando.

-Ehi!- lo sentii ribattere.

-Scherzavo, scherzavo…- mi corressi alzando lo sguardo e sorridendogli.

Mi osservò per un attimo senza dir nulla -Idiota.- affermò poi.

Sorrisi più ampiamente -Tu sei più idiota, dato che ti piace un idiota.- gli feci notare.

Lui ci pensò su -Vero.- disse alla fine annuendo -Siamo idioti entrambi.- aggiunse tenendomi stretto e buttandosi indietro finché non cadde con la schiena sul mio materasso, portandomi con sé -Gli idioti più felici del mondo.- affermò ridendo e io risi con lui.










 
Deliri dell’Autrice:

Ehilà! Eccomi qua gente con un capitolo nuovo di zecca. Come vi è sembrato? Smielato? Noioso? Ditemi che vi passa per la testa gente, intanto io vi dico cosa passa per la mia.

-Sgridata: Qui non mi soffermo molto. Bill non ha avvisato, la ramanzina era d’obbligo. I suoi si sono solo preoccupati, mi sembra logico una reazione simile. Non mi sembra di aver esagerato troppo, semmai mi sono trattenuta dato che di solito la polizia si chiama ma io ho evitato per deviare certi passaggi noiosi.
-Emozioni Bill: il povero ragazzo si sente in colpa verso tutto e tutti, insicuro su ogni suo passaggio e ogni sua scelta, mi sembrava giusto farlo dato che penso che a molti capita di avere tutte quelle vocine in testa che ti mettono quei dubbi infiniti che ti rovinano l’esistenza. Bill le ascolta per insicurezza data la sua situazione ma non imitatelo, ve lo consiglio.
-Matematica e ginnastica: Sì, quando andava a scuola Bill andava male in queste materie, non le sopportava, lo ha riportato più volte (ma penso che questo problema sia di molte persone, non solo lui).
-483: Allora, ho già detto che potevate immaginarvi la città che vi pare per questa storia no? Beh, immaginatevi anche questo numero. Dubito una città con un numero civico simile ma volevo dare un numero significativo, non a caso (la verità è odio fare preferenzialismo numerico).
-Simone: io la immagino così, severa quando lo deve essere ma che poi si sente in colpa a va a chiede scusa hai figli. Spero vi sia piaciuta la sua interpretazione nel capitolo.
-Traduzione: So che ti devo trovare ora/ Posso sentire il tuo nome/ Non so come/ Perché non possiamo fare in modo che questa oscurità ci faccia sentire a casa.

Che fatica… ma chi me lo ha fatto fare?? Oh, già, io. Bello. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Alla prossima,

QOS




 
   
 
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