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Autore: DarkWaterfalls    21/04/2015    2 recensioni
La danza di Madara Uchiha si sarebbe interrotta di lì a poco; ma qualcosa di lui sarebbe sopravvissuto al tempo, allo spazio e perfino alla morte: perché niente al mondo avrebbe potuto estinguere la sua rabbia. E un giorno essa sarebbe diventata fuoco nelle vene di chi gli aveva voltato le spalle.
❤ Terza classificata all'"Uchiha Angst Contest" indetto da Ayumu_7 sul forum di EFP
Vincitrice del Premio Giuria e del Premio Mangaka - Uchiha version all'"Uchiha Angst Contest" indetto da Ayumu_7 sul forum di EFP❤
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fugaku Uchiha, Itachi, Madara Uchiha, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nick autore: DarkWaterfalls
Titolo storia: Il Destino negli Occhi.
Pacchetto: Occhi - Uchiha Infuriato - Canzone: "Those eyes, those eyes were sharp like sharpest knife." [The XX; Insects]
Personaggi ed eventuale pairing: Madara Uchiha, Obito Uchiha, Fugaku Uchiha, Itachi Uchiha, Sasuke Uchiha.
Genere: Introspettivo, Drammatico, Angst.
Eventuali Avvertimenti: Raccolta.
Eventuali Note: Duuuunque, alcune note sono d'obbligo. Questa fanfic cerca di raccontare la rabbia intesa in maniera generale e totale. Un sentimento e una pulsione che si sono tramandati generazione dopo generazione fra i membri del Clan, fino ad arrivare all'ultimo rimasto. Come maledizione o inevitabile destino. Il tutto ricollegato agli occhi, che poi sono la fonte della loro forza e del loro tormento. Perciò la furia, intesa in varie sfumature, è il filo conduttore che unisce tutti i personaggi di questa raccolta, di cui abbiamo cercato di fornire un'introspezione fedele all'originale; collocata nel preciso momento in cui il tumulto interiore di ciascuno ha poi influenzato gli avvenimenti più importanti all'interno dell'opera originale. Per quanto riguarda i titoli a ogni singola oneshot, si è scelto di utilizzare il nome proprio del protagonista, seguito da un tarocco a lui assegnato.

 

Madara, L’Imperatore

 

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Ammantato di chakra, strinse il pugno della mano destra.
A occhi chiusi sentiva serpeggiare il rancore; fluiva nel corpo mescolato al sangue e ogni nervo si tendeva, solleticato dall’irritazione delle scuse dei Senju.
Per anni le aveva udite.
Per anni aveva esitato a causa loro: scosso dalla voce di Hashirama, mosso a una compassione che riteneva estranea al proprio stile di vita. Il suono del suo nome rotolava sulle labbra del rivale come una supplica; lo rincorreva, nella disperazione di raggiungerlo e piegarlo una volta ancora alla pace, alla resa per amore dell’amicizia.

C’era tenebra intorno e lo scrosciare dell’acqua gettava maggiore chiarezza sulle emozioni che andava covando.
Erano nitide. Vedeva attraverso le bugie addolcite dalle preghiere.
Erano inganni velenosi. Un giogo per animali selvatici da costringere nel recinto.
Il collo pulsava per liberarsene e stracciare il passato. Sarebbero rimasti i segni dell’obbedienza sulla pelle. Madara li avrebbe rievocati, uno ad uno, per imporre sentenze di castigo e di morte.

Ora capiva gli schemi dell’amico. Lo aveva denudato: prima il fratello minore, il ruolo di Hokage e infine il clan. A causa del sorriso pulito di Hashirama, germogliato dalla terra e intagliato in una faccia innocua, il mondo dell’Uchiha si era assottigliato.
Aveva camminato da solo, perché la sua gente gli aveva preferito un nemico. Avevano scelto di inginocchiarsi e sputare sull’orgoglio delle loro radici. Sciocchi… ignoravano come i Senju li avessero manovrati nel palmo di una mano.

Konoha si era rivelata una falsa utopia. Non sarebbe esistita pace senza il predominio di un’unica forza stabile, che avrebbe accomunato i ninja sotto le proprie redini. Necessitavano di una guida.

In solitudine Madara aveva ripetuto le ragioni della rivalsa, sino a solcare il suo io. Aveva levigato il furore, cacciandolo nella gabbia toracica, pronta a versarlo, a esplodere sull’avversario. Lungo il viaggio aveva spinto i limiti del corpo per impadronirsi della Volpe. Si era circondato di pietra muta, di valli desertiche cullate dalle mani delle montagne, dove l’eco gli consegnava l’astio, sussurrando le sue stesse parole per poi addossarle contro le pareti naturali e rimandarle a lui, ingigantite.
Notte dopo notte era stato avvolto dalla compagnia di brividi di frustrazione.
Come lo erano entrambi, adesso, sotto il vigore della cascata e l’abbraccio attonito delle alture.
  
A gambe aperte, i pugni che segnavano i fianchi, rivolti verso l’alto, si mimetizzava nella pece della Valle dell’Epilogo.
Il paesaggio che si erano lasciati alle spalle mostrava ormai profonde cicatrici, avvilito dalla battaglia. La terra aveva tremato e si era spaccata, perfino le montagne si erano sgretolate, piegandosi e cedendo il passo innanzi alla sua furia; ma l’avversario si era dimostrato caparbio e nettamente più saldo della roccia. Lo era sempre stato. Eppure il prossimo attacco avrebbe sancito la fine.
Non avrebbe barattato più il suo sogno per una tregua menzognera.
  
Quando Madara spalancò le iridi l’oscurità si colorò del loro bagliore rossastro. La notte si ferì del morso del ferro rovente nel suo sguardo.
Guardava il mondo attraverso gli occhi di Izuna e non trovava pietà per la carne di chi glielo aveva sottratto. Il chiarore esangue della luna appariva svuotato della vita, sotto il giudizio dei tratti induriti.
Dall’alto, la mascella era sporcata da un mezzo sorriso.

“Non toccherai la mia schiena.”

Hashirama Senju infranse la staticità per primo e gli andò contro. Non si fece desiderare. Scattò in avanti, sferrò il colpo e perseverò in piedi sulla liquida superficie, guardando con spietatezza a ciò che era compiuto. Non spettava a lui piegare le ginocchia. Non in quell’occasione. L’avversario, l’amico di un tempo, risultava sfinito dal confronto, prostrato sul pelo dell’acqua innanzi a lui e poteva bearsi della posizione di vantaggio. Avrebbe prevalso. Stavolta gli avrebbe svelato nella più agghiacciante nitidezza quello che celava nel cuore; e Hashirama Senju sarebbe stato spazzato via, scosso dal profondo; privato delle sue stesse, inamovibili e pericolose convinzioni. Cieche, come i suoi occhi di Senju. Soltanto così la rinuncia, le perdite e la furia bruciante avrebbero acquisito senso. E trovato pace.

Il dolore lancinante al petto squarciò il velo dell’illusione, trapassando carne, speranze e obbiettivi; ma fra lo sgomento e il calore del sangue, il suo sangue Uchiha, a prevalere fu la consapevolezza dell’inganno. E il tradimento acquisì di spessore. Sgranò gli occhi, le pupille fisse nel buio innanzi a sé e sul clone di legno che l’aveva fuorviato, mentre il fiato gli si accorciava e dalla lama piccole gocce cremisi precipitavano nell’acqua cristallina, come presagio d’inevitabile. Alle sue spalle la presenza di Hashirama appariva nefasta. E diversa da quella che aveva imparato a conoscere da bambino.

“Io proteggerò il nostro… anzi, il mio villaggio. Chiunque osi minacciarlo, che si tratti di amici, fratelli, sorelle o dei miei stessi figli… io non lo perdonerò!”

Le parole acuirono il freddo dell’acciaio all’altezza del petto e gli lasciarono intendere quanto a fondo fosse penetrata quella lama, fatta soprattutto d’ideali. E così la Volontà del Fuoco avrebbe battuto la sua determinazione, avrebbe prosciugato la sua sete di rivalsa e continuato ad ardere come unico e menzognero faro di verità, di giustizia... e ad annerire ogni cosa col subdolo tocco delle sue fiamme. E i primi a pagare lo scotto di paura e sospetto sarebbero stati gli Uchiha. Poveri stolti.

Mi dispiace, Izuna, non ho mantenuto la promessa, non sono riuscito a proteggere il nostro Clan.
  
La consapevolezza del fallimento alimentò la rabbia, la frustrazione, mescolandosi alla delusione e al gelo sempre più intenso del non ritorno. Le membra tremarono, il respirò s’accorciò e l’oscurità avvolse i suoi occhi a dispetto della volontà di resistere. La danza di Madara Uchiha si sarebbe interrotta di lì a poco; ma qualcosa di lui sarebbe sopravvissuto al tempo, allo spazio e perfino alla morte: perché niente al mondo avrebbe potuto estinguere la sua rabbia. E un giorno essa sarebbe diventata fuoco nelle vene di chi gli aveva voltato le spalle.

“Sei cambiato, Hashirama. Stai confondendo il mezzo con il fine. Un giorno diventerà oscurità e avvolgerà l’intera Konoha.”




Madara, L’Imperatore.

Motto dell’Arcano:
“Sono il Signore dell’Aquila. Sono la Porta del Cosmo.”

L'Imperatore rappresenta il demiurgo per eccellenza ed è legato con la terra, l’acqua e il fuoco e ha potere sul mondo. Porta con sé il potere dell’iniziazione e la via per il raggiungimento della perfezione. Tramite il suo verbo, colui che entra nel suo regno avrà il dono di realizzare se stesso attraverso l’iniziazione. L'Imperatore è una figura che simboleggia con decisione fermezza e concretezza. Egli esercita il suo potere senza dubbi o indecisioni. La sua autorità non è in discussione ed egli governa con giustizia e distacco. È una persona molto sicura delle proprie decisioni ma al tempo stesso con un forte senso paterno. Il suo lato negativo si manifesta con un eccessivo autoritarismo e forte ambizione.

   
 
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