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Autore: _eri_05_    22/04/2015    1 recensioni
Ciao a tutti! questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia!
è principalmente una Jortini, ma ci saranno anche altre coppie che scoprirete più in là.
-parla di una ragazza abbastanza ribelle, di nome Martina, che è costretta dai genitori ad andare in un collegio, pur volendo frequentare un'accademia musicale. subito pensa che si annoierà, ma lì troverà i suoi più grandi amici, e anche l'amore, ed entrerà a far parte del loro gruppo. dentro quel gruppo tutti hanno un passato difficile, sono ribelli, ma soprattutto hanno la passione per la musica. ed è quella la cosa che gli accomuna di più.-
questo è il prologo della storia, anche se capirete tutto meglio quando inizierete a leggere i capitoli.
spero di avervi incuriosito con questa breve presentazione!
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Capitolo 1
-Ciao tesoro!- e così mi salutarono i miei genitori. ero insieme alla preside di quel collegio, credo si chiami Miss. Blanket, o qualcosa del genere. Eh si, i miei genitori mi hanno spedito in un collegio, dicendo che ero troppo ribelle. Io avrei voluto frequentare un’ accademia musicale, la musica è sempre stata la mia passione, ma non melo hanno permesso. – Signorina Stoessel questo è il suo numero di stanza, alloggierà con due ragazze, ma non si faccia condizionare- la preside mi risvegliò dai miei pensieri, e  mi diede una chiave. Mi stavo chiedendo cosa volesse dire con quel “non si faccia condizionare”, ma non feci in tempo a domandarglielo che era già andata via. Così salii al secondo piano, dove c’ erano i dormitori. Mentre ci arrivavo non incontrai nessuno, dovevano essere tutti a lezione. Dio che silenzio in quelle classi! Io non ci sarei mai riuscita! Credo che da qui ne uscirò matta.  Mentre pensavo a come sarei potuta uscire di lì, arrivai di fronte alla mia stanza. Da dentro si sentiva una dolce melodia, qualcuno stava suonando una chitarra!  Al solo sentir quel suono gli occhi mi si illuminarono, quanto amavo la chitarra!                                                                     Piano piano aprii la porta ed entrai in quella che è la mia nuova stanza. Vidi una ragazza seduta sul letto, è lei che sta suonando la chitarra. Ha dei lunghi capelli neri, occhi marroncini e indossa un vestitino rosa. C’è anche un'altra ragazza, lei invece fa un ritmo con le mani, ed è bionda con gli occhi color nocciola. Appena entrai smisero di suonare  e mi guardarono con fare interrogatorio. Io allora dissi loro che ero nuova e sarei stata la loro compagna di stanza, e mi presentai. A quel punto mi fecero un bellissimo sorriso, che io ricambiai e si presentarono. La ragazza con i capelli neri si chiamava Lodovica, ma si faceva chiamare Lodo, mentre la ragazza con i capelli biondi si chiamava Mercedes, ma si faceva chiamare Mechi. Dopo questo “giro di presentazioni” subito dissi loro che quella melodia con la chitarra era fantastica.   –anche a te piace la musica?- mi chiese Lodo. –è da quando ho 8 anni che faccio canto, e studio chitarra e pianoforte da quando ne avevo 10, la musica è sempre stata parte di me, soprattutto il canto.- risposi io. –mi stai facendo incuriosire! Facciamo così: ti sistemi e poi ci fai sentire qualcosa, e magari parliamo un po’, così ci conosciamo meglio!- disse Mechi, le mie nuove compagne già mi stavano simpaticissime, ma avevo ancora un dubbio… - ma voi non dovreste essere a lezione a quest’ ora?- mi azzardai a chiedere. – dopo ti spiegheremo anche questo, ora non te lo possiamo dire, ma ora sistemati poi ci sediamo qua e ti raccontiamo tutto- mi disse Lodo. Beh, non avevo altra scelta che sistemare tutto per attendere quella risposta. Così, mentre Lodo suonava la chitarra e Mechi canticchiava sopra quella melodia, iniziai a sistemare le mie valigie.     Dopo circa 20 minuti finii di sistemare tutto. Mi stesi sul letto esausta, ma Mechi voleva assolutamente sentirmi cantare e suonare qualcosa, così presi la chitarra da Lodo e iniziai a suonare una canzone che conoscevo bene. Era una canzone che mia zia mi cantava sempre da quando ero piccola. Tanto ero assorta nei miei pensieri che neanche mi ero resa conto di aver già finito di cantare, e quando sollevai lo sguardo vidi una Lodovica e una Mercedes con la bocca più aperta di un ippopotamo quando sbadiglia. Sembrarono pian piano svegliarsi da quello stato di trance in cui erano cadute, e Lodo a quel punto disse – hai una delle voci più belle che io abbia mai sentito- intanto Mechi annuiva a ogni parola di lodo. Io invece ringraziai Lodo. Mechi a quel punto mi chiese –hai scritto tu questa canzone?- - bene, quindi iniziamo con la mia storia!- dissi io sorridendo, e entrambe annuirono incuriosite, così iniziai a raccontare –sinceramente non ho molto da dire. Da piccola ero una dolce e affettuosa bambina, come tutte, questo soprattutto grazie a mia zia… mia zia sin da quando io ero piccola mi è sempre stata vicino, i miei erano quasi sempre fuori per lavoro, e con me restava sempre lei. È proprio in quel periodo che mi cantava sempre questa canzone, a me piaceva tantissimo, a volte la cantavamo anche insieme. Era bellissimo cantare con lei. Ma poi un giorno… ci fu un incidente. Lei rimase ricoverata in ospedale per quasi un mese, era in condizioni gravissime, e io, che avevo solo dieci anni, non potevo neanche entrare a vederla perché i medici melo impedivano. Ogni notte continuavo a pregare che in qualche modo guarisse, che potessimo ritornare a cantare, e ogni giorno cantavo quella canzone, che in qualche modo mi faceva sentire vicino a lei… ma poi un giorno ci chiamarono dall’ ospedale. Lei non cel’ aveva fatta. Pur essendo piccola in un istante capii tutto. Lei non c’era più. Da quel giorno sono diventata un’ altra persona. Non ridevo né scherzavo con nessuno, mi sono chiusa in me stessa. Ma soprattutto ero diventata intrattabile per i miei genitori. io e miei genitori non siamo mai andati d’ accordo, e quel fatto ha peggiorato ancora di più la situazione… questo andò avanti per parecchi anni, fino a che i miei non presero la decisione di spedirmi qui, decisione a cui io non mi opposi, perché tanto non avevo motivo per stare ancora a casa, e ora eccomi qua.- finii di parlare quando ormai non riuscivo quasi più a trattenere le lacrime. Raccontare questo fatto in modo così superficiale mi era pesato tantissimo, figuriamoci se avessi dovuto raccontarlo con tutti i dettagli… no. Non voglio pensarci. Mi decisi a sollevare lo sguardo e vidi Lodo e Mechi che mi guardavano con tristezza, per lo meno erano sincere, lo si vedeva dai loro occhi. Ad un certo punto di slancio mi abbracciarono. Finalmente avevo trovato delle vere amiche, con loro si che sarei stata bene, magari sarei anche riuscita a far riemergere un po’ della vera Tini, chissà. Quando sciogliemmo l’ abbraccio io dissi un semplice “grazie”, non c’ era altro da dire. – dio Tini, la tua è davvero una brutta storia… mi dispiace tanto per te e… per tua zia- mi disse Lodo, io allora le feci un timido sorriso, che venne ricambiato. –dai ora racconta un po’ tu!- le dissi, cercando di eliminare quell’ atmosfera triste che si era crata. – beh… io sono stata adottata quando avevo tredici anni, questo perché i miei genitori erano drogati, alcoolizzati… insomma un po’ di tutto. Così fui presa dagli assistenti sociali, e data ad un’ altra famiglia. Per me fu un periodi orribile. Io volevo i miei veri genitori che, nonostante tutti i problemi che avevano, mi volevano bene, e provavano ad essere dei genitori migliori, senza riuscirci, ma ci provavano. Ma gli assistenti sociali non hanno voluto sentire ragioni. Mi hanno portata via dalle uniche persone che mi volevano bene, e mi hanno portato in una famiglia di sconosciuti. La nuova casa era molto bella, e  i miei “nuovi genitori” erano molto simpatici, ma io proprio non riuscivo a capacitarmi di quell’ allontanamento. Ero sempre scontrosa con loro, ogni volta che cercavano di intraprendere una conversazione io cercavo una scusa, ero ribelle, non volevo sentire ragioni, come te mi sono chiusa in me stessa e ero fuori dal mondo, passavo notti a piangere e a sperare di rivedere i miei genitori… ma questo non successe mai. L’ anno scorso i miei “nuovi genitori” decisero di spedirmi qui, dicendo che ero la figlia più orribile che si poteva avere, ma sinceramente mene fregava ben poco. Arrivai qua circa sette mesi fa, proprio all’ inizio dell’ anno, dove conobbi Mechi e altri ragazzi, che ti presenteremo di sicuro. Abbiamo creato un gruppo. In questo gruppo tutti abbiamo una brutta storia dietro, ma siamo tutti come fratelli. Ci distinguiamo dagli altri, passiamo tutti i giorni spensieratamente. In questo collegio nessuno può essere espulso, quindi passiamo le giornate a fare scherzi ai professori e queste cose. Ma la cosa che ci accomuna più di tutti… è la musica. Tutti noi amiamo la musica. Abbiamo chiesto “gentilmente” alla preside una sala dove poter suonare in santa pace, e li ci ritroviamo tutti i giorni a degli orari precisi, e cantiamo, suoniamo, balliamo, ridiamo e scherziamo. In quei momenti ci dimentichiamo tutte le cose brutte,  e pensiamo solo a divertirci e a fare quello che amiamo- Lodo disse tutte queste cose tutto d’ un fiato, io nella mia mente pensavo che sarebbe stato il gruppo perfetto per me. Brutto passato, ribelle, e amante della musica. La mia descrizione. Avrei tanto voluto far parte di quel gruppo… - Tra poco arrivano qua in stanza i nostri tre migliori amici, così teli presentiamo e poi ti presenteremo in seguito il resto del gruppo, di cui tu entrerai di sicuro a far parte!- mi disse Mechi, quasi mi avesse letto nel pensiero. Non feci neanche in tempo a controbattere che bussarono alla porta, - AVANTI!- urlarono Lodo e Mechi all’ unisono.
 
   
 
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