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Autore: rinna22    22/04/2015    1 recensioni
Una storia d'amore, una di amicizia ed una comunità di fate ed esseri magici sono al centro della storia. ma invidie e vecchi rancori possono rovinare questa comunità. come si comporteranno davanti ad un pericolo imminente?
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Se un giorno viaggiatore, ti capitasse di inoltrarti un sentiero di abeti e pini, e sentissi dolci versi di poesie romantiche, sussurate all’orecchio. Viaggiatore, non preoccuparti, sono quei  pini così maestosi, che narrano la loro storia. Viaggiatore, libera la mente da ciò che è razionale, ascolta il vento, sogna. Apri il cuore alla magia
 
 
Li dove il tempo si ferma,  in quei luoghi dove i boschi non hanno bisogno di una quantificazione in ettari, vi è una piccola comunità di esseri magici, la quale ha una caratteristica che  la contraddistingue dalle altre: tutti gli abitanti portano i nomi che cominciano per C.  Questa comunità è gestita da fate, con precise regole e trazioni.
 
La leggenda vuole che le fate nascono dalla prima lacrima di un bimbo appena nato e che ne divengano poi legate da un filo indissolubile.  Qualche volta le fate entrano in contatto con colui che le ha generate e ne assumo il nome.  Da questo incontro Fata –Uomo , nasce la tradizione della Comunità delle fate di “Cosìconsà” di chiamare le fatine  che li vi  nascono con la lettera C.
Purtroppo durante un  incendio magico vennero persi molti dei volumi della storia di questa  comunità e non si hanno notizie della prima “C” fondatrice di “Cosìconsà”, o perlomeno questo vogliono far credere.
 
In quello stesso regno li dove le dune di sabbia degradavano sul mare, vi si trovava una piccola palma “nana”.  Il suo interno, era una casa della piccola comunità. Le fate più giovani , come il regolamento prevedeva, fin dalla loro nascita venivano seguite da una tata scelta in base all’anzianità e alla saggezza materna,qui vi restavano fino al raggiungimento dell’età adolescenziale. La prima Tata della comunità aveva allestito un accogliente parco giochi con quello che il mare le aveva donato nelle ultime maree. C’era anche accanto  quella palma un ombrellino di carta in stile Giapponese, di  fiori di ciliegio finemente dipinti.
 
Li vi dormiva la fata “ Chi Dorme Non Piglia Pesci” . Le altre fate avevano dimenticato l’ultima volta che si era svegliata. Dormiva sempre 24 ore su 24. Non aveva nessun  tipo di esigenza, solo quella di dormire . Era bella, molto bella e delicata. Bianca come il latte ,con le guanciotte sul rosa pesco, il capelli color miele, mossi,tenuti su solo da un fermaglio con alcuni fiori delicati. La tunica che le copriva il corpo era di un color sabbia delicato. Il sole rendeva “Chi Dorme Non Piglia Pesci” luminosa, eterea. Le ali di spuma di mare e sabbia sfavillano a davanti alla luce calda e accogliente del sole. Brillava al sole più dei diamanti.
 
Ogni “Bella Addormentata nel Bosco” ha un guardiano che si rispetti. Venne nominata dalla Regina in carica  come custode del sonno e  dei suoi segreti,  fata Claudia.  Claudia  aveva il compito di vigilare sul sonno e qualora “Chi Dorme Non Piglia Pesci” si fosse svegliata avvertire il gran consiglio della comunità e la Regina del regno “Perduto Nel Tempo”. Claudia era una fata adolescente ma era molto più e giudiziosa rispetto alle sue  coetanee. La delicata e sognatrice Claudia portava la riga al centro, i capelli biondi le scendevano morbidi lungo le spalle, unico  vezzo portava una coroncina di rose bianche, molto delicate , che appoggiava sul capo. Il viso dai lineamenti delicati, rendeva giustizia ai suoi occhi azzurro cielo, ed insieme alle labbra sottili e carnose le davano un aspetto “Vintage”. Claudia vestiva in maniera semplice ma adorabile, l’abitino in seta blu, veniva stretto e chiuso da un corpetto di cuoio, che ricorda i corpetti medievali, la cintura era  un intreccio di rose bianche, amava moltissimo i leggins , i suoi preferiti erano celesti.
-“La giornata non sarà troppo calda”- Disse Claudia  ad alta voce, mentre una fresca brezza marina le scompigliava i capelli. Pensò Claudia che forse era meglio così, non avrebbe sofferto troppo il  caldo almeno per quel giorno. – “già”-  si  senti rispondere da Tata Corinna.
Tata Corinna amava le prime luci dell’alba, il rumore silenzioso del mare, i primi cinguettii…
Era così bello vivere in riva al mare. Ormai erano secoli  che abitava nella Palma Nana, la sua tutrice, che chiamava affettuosamente nonna,  le aveva trasmesso  le nozioni importanti per essere una brava Tata : dolcezza, rigore (inteso anche come senso del dovere), pazienza e responsabilità, mai  in fin dei conti  non si sentiva mai molto all’altezza di quel ruolo, sognava, volava. Ciò la rendeva vulnerabile.
Anche quest’anno  era in lizza per il premio “Buona come il Pane”, concorso di bellezza per fate e esseri magici, non lo vinceva perché era una top model ma perché assomigliava al pane appena sfornato.
I capelli spettinati le ricadevano sulla spalla, anche grazie all’aiuto di  un cerchietto largo di colore giallo, come quelli che si portavano negli anni 70, la frangetta  regolare e un po’ troppo lunga le incorniciava il viso tondo e paffuto, valorizzandone il rossore naturale delle guancie. Amava gli abiti larghi che si stingevano in vita e si allargavano verso il ginocchio oggi ne indossava uno arancio. Portava stivaletti bassi sul verde foglia e  le sue ali erano simili alle  farfalle che tanto adorano i bambini disegnare da piccoli.
 
Quel primo sole del mattino era così piacevole, quella cassetta di frutta portata dal mare era  così comoda … Non  voleva tornare dentro la palma ma :” Sono le  8, è quasi ora “ si alzò , salutò Claudia ed entrò. Dopo anni o secoli  di esperienza sapeva che non far trovare la colazione pronta alle bambine, significava farle rimanere a digiuno. Piccole, movimentate (come giusto che sia)e assonate e dispettose, un mix micidiale di piccole pesti.
 
Preparò la tavola circolare, foglie di bambù come tovaglietta e sei tazzone da latte in ceramica con su scritto il nomi delle fate bambine: Cioè, Comè, Ciliegia,Cesca, Calliope,Chantal. I tovaglioli e la brocca con il latte di cocco, il vassoio da portata con i biscotti all’ananas e l’alzatina con la torta di alghe marine. La preferita delle bambine.
 
Alle 8.30 la  Tata  volò su per il tronco, li dove magicamente aveva creato  due letti a castello da 3 posti letto ciascuno , uno a sinistra ,dove dormivano le  gemelline Cioè, Comè e Ciliegia, l’altro a destra dove dormivano Cesca, Calliope e Chantal. Le sveglio dolcemente con la polvere di fata. Era cominciata la giornata.
 
Comè si fece le codine ad i suoi capelli biondi, indossò la coroncina di fiori di mirto, cordinò alla coroncina un abito blù  notte, prese la sua pietra della divinazione e la infilò in un borsello da viaggio dotato di lacci in cuoio, e volò giù, planando goffamente sulla sedia, le ali di carta crespata non erano ottime in  fase di atterraggio. Comè cominciò il rito della colazione. -“Latte di Cocco  fresco che delizia”- esclamò Comè stampandosi baffi al gusto di cocco tra il naso e la bocca. Cioè invece arrivò poco dopo, afferrò un pezzo di torta alle alghe  e la ingoiò in un sol boccone, spargendone  però la meta sul pavimento sottostante. Finita la colazione Cioè si scrollo l’abitino lilla dalle briciole, si ravvivò i capelli corti, fece in modo che la coroncina di more e mirtilli rossi non scivolasse sul lato destro del viso. Prese la sua pietra della divinazione ed esclamò –“Sono Pronta”-.
 
Ciliegia tra le  tre gemelle era ultima, la più lenta, la più pigra, ma dotata di una caratteristica  che  le altre due sorelle non avevano: la curiosità. I capelli di Ciliegia erano biondi  e boccolosi, ma più lunghi rispetto  a quelle delle altre due sorelle, all’ abito celeste ben stirato  e profumato, Ciliegia accostò una coroncina di fiori di campo dello stesso colore. Si sedette con molta calma a tavola , sorseggiò il latte di cocco mentre fissava intensamente la sua pietra della divinazione “nera”.
 
Carolina era cresciuta per un po’osservando gli umani, francese d’adozione aveva osservato in disparte gli eccessi raffinati della vita parigina. Guardava con ammirazione le eleganti ballerine  di classico dell’Operà di Paris, si divertiva nell’imitare il sarcasmo malizioso delle danzatrici del “Moulin Rouge” quando nel palcoscenico si scatenava il Can Can. Aveva frequentato nell’ombra le scuole di danza Parigine, si poggiava sulla spalla di Degas, quando questi dipingeva le sue ballerine. Per quanto amasse la danza rimaneva pur sempre una creatura magica. Era una fata dei boschi amava gli alberi, il sottobosco erboso e i laghi. La finzione scenografica e artificiosa del palcoscenico l’aveva stancata. Tornò nella colonia da dove era partita e li fece crescere la figlia Calliope. Per quel poco che la tenne con sè le insegnò tutto sulla danza e le arti sceniche. Calliope era raffinata, elegante e delicata nei movimenti. Sicuramente si distingueva dalle altre, tutte un po’ goffe e impacciate. La  madre le aveva insegnato  ad acconciarsi i capelli in un tupè che amava decorare con nastri e fiori di campo, la pelle bianca faceva risaltare l’abito realizzato con i petali di giglio gialli, la faceva assomigliare a una ballerina dell’Operà, il corpetto bianco era realizzato in cuoio, il collo lungo rivolto verso l’alto era decorato da una  collana di fili d’erba. Le scarpe  erano le punte di danza. La madre le aveva insegnato a camminare con quelle. Qualsiasi altro tipo o modello di scarpa le causava dolore. Eh si ,era proprio una ballerina. Quando arrivò al tavolo della colazione prese un po’ di tutto, si nutrì con calma e con la stessa calma presa la borsa con le pergamene e le piume fatate.  Aspettò le tre gemelle sull’ uscio della porta.
 
A Cesca e Chantal quando si presentò la proposta di andare  a vivere nella Palma Nana e stare insieme ai loro coetanei, la accolsero di buon grado ed entusiasmo, avrebbero conosciuto fatine  e creature magiche nuove, insomma un modo nuovo  per socializzare. Ma i nuovi nati  da fate nella colonia e nel regno scarseggiavano e ad eccezione  di Calliope, si ritrovarono a socializzare  con le loro stesse sorelle. Infatti loro erano le sorelle maggiori  delle tre gemelle.
Chantal era una copia un po’ più grande di Cioè, non si sa bene chi imitasse chi , fatto sta che dai capelli al vestito erano uguali. Quella mattina andava di fretta, voleva sedersi sul fungo, comodo, lontano abbastanza da distrarsi senza farsi rimproverare, ma vicino quanto basta per seguire in maniera tranquilla la lezione. –“Niente Colazione per me “- annunciò  sbattendo la porta di casa e lasciando dietro di se la spiaggia,  volò a lezione.
 
La tata non era molto contenta di ciò, e non credo sarebbe riuscita a fermarla in tempo. –“ tutto tempo loro”- disse fra se e se.
La tata non ebbe nemmeno il tempo di girarsi che un –“ops”- carino e buffo usci dalla bocca di Cesca. Cesca si  portò una mano alla bocca e fece per chiudersela, ma non fece in tempo, era stata beccata e la tata ne aveva la prova con quel gesto della mano che aveva appena compiuto. Aveva  fatto rovesciare la brocca con il latte di cocco, maldestra com’era.
Cesca, per età e per modi di fare sembrava la quarta gemella, un po’ più alta di Ciliegia, ma in tutto e per tutto uguale a lei, per farle distinguere , la madre aveva consigliato  di vestirsi di colori differenti, Cesca scelse i toni dell’arancio.
 
Tata Corinna sparecchio e ordinò velocemente  con la polvere di fata, richiamò all’ordine ed disse:-“ andiamo, su, si fa tardi”- in fila ordinate –“Miracolo”- pensò la tata , uscirono dalla palma, ed in un battito d’ali furono  a scuola per giovane Fate e creature Magiche.
 
 
 
Clitenestra  per molto tempo , quasi  5 secoli, era rimasta ammanettata alla colonna più robusta della torre più alta dell’unico Castello di “CosìConSà”. L’avevano punita, lei che aveva fortemente creduto nell’idea di comunità, lei che aveva creduto che il fatto di essere diversi non avrebbe creato problemi ed invece…
Per la legge della comunità che lei stessa aveva approvato, la chiusura nella torre  a vita era la punizione per chi avesse ucciso una fata o  un altro essere magico. Le fate Nascono ma non muoiono , possono essere eterne , o possono decidere  di finire la propria vita con l’essere umano che le ha generate. Solo un’ essere magico dotato della magia nera poteva ucciderle.
Lei non aveva commesso il delitto, ma era come se avesse ordinato di ucciderla… -“Lei che le era stata amica… lei che …” – basta non doveva pensarci sarebbe stato inutile  rimembrare.  Secoli di colpe e solitudine, non aiutano certo a liberare la mente.
Ma la condanna era proprio questa, Solitudine e Buio eterno per capire le proprie colpe.
La pena l’aveva cambiata, prima era la luce adesso le tenebre. Era una Fata speciale non era come le altre. Le fate di norma possiedono ali che ricordano quelle delle farfalle, lei per uno strano caso del destino aveva ali piumose simili a quelle di un’uccello arruffato. Nella sua giovinezza le sue ali erano gialle Canarino sempre ordinate sistemate , adesso  sono arruffate e  nere corvino, più grandi e maestose. Gli splenditi abiti che portava  da giovane, lunghi, maestosi e luminosi , cuciti dalle migliori fate della sartoria alata, si erano logorati, di quei abiti rimanevo solo uno striminzito tubino nero, che a stento le copriva il seno. I sandali, quanto le erano mancati, oramai di questi non  vi  era traccia, i piedi erano nudi e sporchi fuliggine e polvere .
La verità di Clitenestra era che l’avevano dimenticata lassù, solo Cloe se ne ricordava e di tanto in tanto saliva lassù, ma oramai erano anni che non si faceva vedere. L’attuale regina insicura e molto presa di se non era d’aiuto. Non  conosceva la storia e si limitava seguire cioè che vi era scritto nella legge –“Verba volant, Scripta manent” – ripeteva, quell’unica volta l’anno che saliva lassù a consultare i vecchi manuali di diritto Fatato. La Regina mossa da pietà, le aveva concesso la liberazione dalle manette ed adesso aveva un monolocale e  poteva guardarsi allo specchio e guardare fuori dalla Torre.
La sua visione allo specchio l’aveva fatta rabbrividire, dei capelli rossicci non viera alcuna traccia, erano argentati e le scivolavano lungo tutto il corpo, con una forbice da taglio che aveva trovato in un vecchio baule della torre, si fece un frangetta, forse così sembrava meno spaventosa. Gli occhi erano rimasti gli stessi un blu scuro come la notte o il mare in tempesta. Chi la guardava negli occhi si perdeva nel suo sguardo, magnetico, ammaliatore.
La torre nel quale era rinchiusa era dotata di uno speciale incantesimo anti- fuga. Perciò per quanto priva di manette non poteva fuggire fuori, ma poteva guardare il mondo esterno.
Le finestrelle della torre, decorate finemente, le permettevano di guardare il regno. Era diverso, certo in 5 secoli deve pur cambiare qualcosa. Vedeva la spiaggia, il prato, le fate bambine che si affrettavano a scuola, e i preparativi per la festa più importante dell’anno…
E se gli occhi non la ingannavano, vide un piccolo corteo di fate ed un cervo nel sentiero  del bosco che conduceva a “CosìConSà”. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La spiaggia di sabbia gialla degradava pian piano in un lussureggiante prato all’inglese. Margheritine spuntavano qua e la, insieme a delicati funghetti. Nel aria si sentiva l’odore del pane sfornato, nel prato del Regno abitavano i cuochi migliori del regno: gli insetti. Anni  passati ad osservare gli umani aveva fatto sviluppare le doti culinarie degli insetti . Che prelibatezze e bontà preparerrano?.
 
La scuola nella  comunità si era dovuta adattare.  Nata come scuola primaria per Fate, ha visto ben presto richieste di iscrizione anche dalle creature magiche che vivevano nei boschi e nei prati: pixies, folletti, Elfi.
Il piano di studio era così suddiviso:
  • Storia dei Regni Fatati
  • Storia della Civiltà Umana
  • Geografia delle terre Umane
  • Astronomia Base e Orientamento
  • Astrologia
  • Erbologia
  • Grammatica e Letteratura dei  regni Fatati
  • Matematica e Alchimia Base
  • Incantesimi e pozioni Base
Queste  materie erano materie obbligatorie per tutti  coloro che frequentavano la scuola che fossero esseri magici o meno.
Ogni fata nasce con un dono, una caratteristica, che quando diventerà adulta determinerà i suoi poteri. Queste caratteristiche cominciano ad apparire intorno ad i cinque anni. Ed è proprio per questo che la tata ha un ruolo così importante. Deve osservarle per capire la loro caratteristica più comune. Alla fine di ogni semestre sostengono un esame che le fa avanzare  di livello , fino al titolo di  “fata Suprema”.
 
Le lezioni nel prato, al mattino erano quelle più belle, Conci la coccinella aveva preparato i funghi ed i tronchi che fungevano da banchi, li aveva disposti in maniera tale da essere un semicerchio. Al centro il tronco della Suprema Maestra e lavagna, una foglia di fico tenuta su un rametto centrale e 4 intorno alla foglia.
La classe delle nostre fate bambine era composta da i fratelli  Bob e Michal, provenienti da tre generazioni di folletti della foresta Nera. Perennemente sporchi e dispettosi, venivano a scuola ricoperti di fango,nei loro gonnellini di feltro e nei loro Capelli a Punta.
Poi c’era Dafne, la metapixies, era per metà fata e per l’altra metà pixies. Dal padre  “il cercatore” aveva ereditato il colorito verdastro e l’aspetto dalla madre fata ma dal nome ignoto aveva ereditato le ali.  Veniva istruita come un pixies anche se spesso si potevano notare le caratteristiche tipiche della fata.
Infine c’era Carletto un elfo, soprannominato ciccio bello, poiché assomigliava tanto al bambolotto che piace alle bambine umane. Questi indossava un vestito di foglie ed un girasole per Cappello, girava per il villaggio, un po’ come Linus e la sua Coperta, con la sua coccinella: Dado.  Era figlio di Campanellino, l’elfa del villaggio, era una bella bruna con corpo agile e sinuoso e vestiva di girasoli proprio come il figlio. Abitavano nel Girasole più grande del Prato.
Carletto saluta la mamma Campanellino, e si sbriga ad entrare a lezione, troppo  dardi evidentemente, infatti, è costretto a sedersi vicino  i due folletti dispettosi.
 
   
 
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