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Autore: Endergreen347    22/04/2015    6 recensioni
CI SONO SPOILER SU TUTTO QUELLO CHE VIENE DAL PRIMO LIBRO AL FINALE DI SANGUE DELL'OLIMPO.
Dopo il sangue dell'olimpo, mi sono sentito "vuoto" e non ho accettato del tutto quel finale. Quindi, preso da un momento di pazzia, ho deciso di "Continuare" la storia di Percy.
DAL CAPITOLO 3:
"Nella prossima giornata il carro di Apollo sarà da seguire,
In coppie si divideranno se il loro amico non vorranno far perire.
I due romani nel deserto dovran vagare, Il mezzodì dovranno riuscire a sopportare.
I figli dell'odio all'olimpo devono aspettare,
Un altra morte dovranno sopportare.
I due ragazzi saranno gli ultimi ad agire,
sotto le stelle la verità dovranno dire.
Chi è sfuggito alla morte la dovrà ritrovare,
nel luogo in cui lui ha più paura a tornare.
I due restanti gli dei dovranno subire
e un tempio segreto dovranno scoprire."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gli Dèi, I sette della Profezia, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UNA GITA ALL'OLIMPO.

PERCY

La tensione era alle stelle.

Annabeth era preoccupata per colpa della profezia ma cercava in tutti i modi di non farlo notare.

Chirone ci ha dato qualche informazione più o meno utile per cercare di aiutarci e rassicurarci, ma il risultato non è stato quello che si aspettava.

 

"Molto probabilmente non è un mostro, delle fonti mi dicono che un assassino di aggira intorno all'olimpo. Uccide una persona al giorno, sempre nei dintorni del solito posto." ci avverti Chirone.

"Quindi dovremmo uccidere una persona? Magari un semidio? Potrebbe essere un ragazzo della nostra età." Annabeth andò in panico e Chirone si limitò ad annuire.

"Magari se ci limitiamo a catturarlo possiamo evitare di ucciderlo." Cercai di calmarla.

"Se lo consegniamo direttamente ad Ade dovrebbe valere lo stesso" Provai a dire convinto.

Nessuno disse niente e dopo poco Chirone se ne andò, permettendoci di riunirci con gli altri ragazzi.

 

********************************************************************

 

Dopo un'oretta di volo abbiamo raggiunto l'Empire State Building.

L'aria era piuttosto arida, faceva molto caldo e stavo iniziando a sudare.

"Ci conviene appostarci all'ingresso e nei dintorni." Annabeth sembrava essersi calmata.

Annuii e salutai Blackjack, il pegaso volò via e tornò al campo.

"Chi pensi che possa essere questo assassino?" Provai a far partire un discorso.

"Non lo so." Rispose Annabeth seccata.

Guardai in basso, imbarazzato.

Solitamente riuscivamo a parlare allegramente, dopotutto Annabeth era figlia di Atena, dea della saggezza, amava controbattere ad ogni affermazione ed amava avere la possibilità di dire la sua e di poter dimostrare la sua superiorità semplicemente con una discussione.

Ma questa volta si era chiusa nei suoi pensieri.

Mi diedi un'occhiata intorno.

I passanti erano pochi e sembravano piuttosto indaffarati.

L'ingresso all'Empire State Building era aperto.

Veniva chiuso di rado, e solitamente, era solo perchè gli dei si chiudevano nell'olimpo per salvarsi da una qualche guerra.

Diedi la mano ad Annabeth, cercando perlomeno di tranquillizzarla, ma lei la lasciò subito e iniziò a parlare.

"Penso che dovremmo dividerci. Se è un semidio passerà sicuramente inosservato, ma se ci dividiamo e andiamo a cercare qualche prova della sua presenza, forse riusciamo a trovarlo." concluse.

"Per me va bene." cercai di sembrare sicuro.

Non mi andava bene.

Non volevo dividermi da lei, se le cose fossero andate male, non avrei potuto proteggerla. Questa idea non mi piaceva per niente.

"Però promettimi di stare attenta." le chiesi dolcemente. Lei annui e io le diedi un bacio.

"Ci vediamo tra un'ora all'ingresso." mi promise.

Ci dividemmo. Io andai alla destra del grattacielo, lei a sinistra.

"Dobbiamo fare soltanto un giro nei dintorni per cercare qualcosa di sospetto." cercai di convincermi. "Non le succederà niente."

Stavo ancora pensando a come raggiungerla nel caso venisse attaccata quando, sovrappensiero, entrai in un vicolo.

Ho passato talmente tanto tempo a preoccuparmi per Annabeth che mi ero dimenticato di me stesso. 

A farmi riprendere è stata una strana sensazione al piede. Mi sentivo come se avessi pestato qualcosa.

Diedi un'occhiata, ma non vidi niente. "Sarà la mia immaginazione."

Feci giusto in tempo a finire di sussurrare la frase, prima che qualcosa mi colpì sul fianco sinistro.

Un calore mi pervase ma resistetti alla sensazione di guardare cosa mi aveva colpito. Dovevo andarmene da lì.

D'istinto, feci uno scatto e iniziai a correre verso l'uscita del vicolo.

Ero quasi a fine quando le mie gambe smisero di muoversi e cedettero.

Caddi per terra e mi arresi, i miei muscoli stavano lentamente smettendo di funzionare, uno dopo l'altro.

Decisi di dare un'occhiata alla ferita. Avrei preferito non farlo.

Non avevo niente. Nessun taglio, nessun graffio, niente.

Soltanto un piccolissimo foro sulla pelle.

"Probabilmente mi ha colpito un dardo avvelenato." Pensai.

Un maledettissimo dardo che adesso mi stava uccidendo.

Vidi un'ombra dietro di me che si avvicinava.

"Annabeth..?" chiesi disperato.

"Non sono Annabeth." Mi rispose.

 

Non mi sarei mai aspettato di sentire quella voce di nuovo, ed invece era proprio la sua.

"Sei ancora vivo, Luke." cercai di sembrare sicuro di me. "Non ti sei pentito di quello che hai fatto?"

Due anni prima Luke aveva lasciato che Crono si impossessasse del suo corpo in modo da permettergli di distruggere l'olimpo e conquistare il mondo.

All'ultimo si era sacrificato e aveva segnato la morte del Titano.

Luke fece una smorfia ma non rispose. Si limitò a prendermi per una gamba e trascinarmi più all'interno del vicolo.

"Pagherai per tutto il dolore che ho sofferto a causa tua." aveva uno sguardo determinato, come se avesse pianificato tutto per anni.

Mi alzò il braccio, prese un pugnale e me lo conficcò all'interno. Urlai dal dolore.

"Il mio tallone di Achille si trovava qui, ora sai quanto ha fatto male quella volta, sull'olimpo. Questa è soltanto una delle sofferenze che ho avuto a causa tua."

Si alzò in piedi. "Sai quant'è stato brutto finire nel tartaro?" mi chiese.

"Non credevo che tu.." cercai di parlare ma lui mi fermò.

"È stato come se mi avessero preso a bastonate ovunque." Si allontanò qualche secondo e tornò con un tubo di ferro.

"Un tubo di ferro? Da quand'è che è diventato masochista?" pensai.

Era spesso, persino lui faceva fatica a portarlo.

La paura prese il sopravvento ed iniziai a chiedere aiuto.

Luke sorrise mentre mi guardava, poi si voltò e fece uno sguardo infastidito.

"Se smetti di urlare, ti colpisco solo 5 volte." sbuffò.

Valutai la sua offerta. Cosa poteva succedere di peggio? Mi zittii.

"Lo vedi che ogni tanto sei intelligente?" Luke sorrise, alzò il tubo e mi colpì sul ginocchio.

Immaginatevi di venire schiacciati da un pianoforte. Bene, il dolore è 100 volte peggio.

Iniziai ad urlare e Luke iniziò a ridere come uno psicopatico. Mi colpì di nuovo, ma nell'altro ginocchio.

Mi mancava il fiato. Non riuscivo più neanche ad urlare.

Luke mi colpì un'altra volta, questa volta sulla spalla.

Trasalii.

"Siamo a tre, Jackson." Sorrise e mi colpì sull'altra spalla. "Volevo dire quattro."

Forse stavo iniziando ad abituarmi al dolore o forse era semplicemente uno spasmo ma feci un lieve sorriso.

"Stai impazzendo?" mi chiese.

Probabilmente stavo impazzendo sul serio.

Luke fece una faccia seccata, sbuffò e andò a prendere un pugnale.

Si avvicinò a me e lo piazzò direttamente dentro il mio stomaco.

Trattenni il fiato e cercai di non guardare la ferita.

Ma la curiosità prese il sopravvento quando sentii un urlo di una ragazza e il corpo di Luke cadermi addosso.

"Altro dolore." Pensai. "Che bello."

Cercai di muovere la testa e vidi Annabeth che correva da me piangendo.

Diedi un'occhiata anche a Luke e notai che respirava ancora.

Era soltanto svenuto.

Annabeth si inginocchiò accanto a me, mi tolse il pugnale dalla pancia.

Cercai di non urlare dal dolore.

"Scusami Percy, è tutta colpa mia." singhiozzò.

Mi ingozzò di nettare ed Ambrosia e finalmente iniziai a riuscire a muovere qualche parte del corpo.

"C-come hai fatto a farlo svenire?" Balbettai.

"Complimenti, Percy." mi dissi "La tua ragazza ti salva la vita e tu non la ringrazi nemmeno."

"Non mi interessa" aggiunsi in fretta. "Grazie per avermi salvato."

Annabeth si asciugò le lacrime e mi strinse in un abbraccio.

Nessuno di noi due si era accorto che Luke era scomparso.

Feci giusto in tempo a scattare con il mio corpo davanti ad Annabeth e a prendermi il pugnale di Luke.

Dritto al cuore.

Nonostante fosse un figlio di Ermes, Luke aveva una mira degna di Apollo.

Ma poteva andarmi peggio, meglio prendermi un pugnale nel cuore che lasciarlo prendere ad Annabeth.

Era la giornata torturiamo Percy Jackson.

Mi accasciai al suolo. Annabeth iniziò ad urlare.

Avevo un dolore lancinante al cuore ma non avevo il coraggio di togliere anche quel coltello.

Ormai la mia ora era arrivata, dovevo farmene una ragione.

"Annabeth.. un ultimo bacio, ti prego." chiesi disperato.

"Queste si che sono ultime parole degne di un eroe." commentai sarcasticamente.

Ma ad Annabeth non importava. Mi baciò nel modo più appassionato che poteva.

Mentre ci stavamo baciando iniziai a sentirmi in un qualche modo distaccato dal mio corpo, come se i miei sensi smettessero di funzionare.

Smisi di baciarla. Annabeth continuava a piangere.

"Ehi, stai calma." cercai di tranquillizzarla. "Lo so che penserai male, ma cerchiamo di non rivederci troppo preso, eh?" abbozzai un sorriso e le iniziai ad accarezzare i capelli.

"Sorridi, ti prego" la implorai. Volevo un ultimo ricordo di Annabeth felice. Era il mio ultimo desiderio.

 

Ogni secondo che passava percepivo sempre di meno il controllo del mio corpo.

Dopo poco Annabeth si sforzò di sorridere e tentai di ringraziarla, ma era troppo tardi.

La mia vista si stava annebbiando. Sentivo un formicolio ovunque e, fidatevi, non è una cosa bella.

Mi passarono davanti agli occhi tutte le cose belle che mi erano capitate:

Il giorno in cui ho raggiunto per la prima volta il campo Mezzosangue, a 12 anni.

Quando venni riconosciuto come figlio di Poseidone.

Quando io, Annabeth e Grover avevamo fermato Zeus e Poseidone dallo scatenare una nuova guerra.

Quando conobbi mio fratello ciclope, Tyson.

Quando Thalia si svegliò di nuovo, dopo anni.

Quando sconfiggemmo Atlante.

Quando Annabeth mi baciò per la prima volta, alle fucine di Efesto.

Quando mi svegliai sull'isola di Calipso.

Quando salvammo il mondo da Crono.

Quando mi proposero di diventare un Dio, per il mio sedicesimo compleanno.

Quando rividi Annabeth dopo che Era mi cancellò la memoria.

Quando uscimmo dal Tartaro.

Quando Gea venne distrutta.

 

In fondo, ne avevo passate tante. Forse anche troppe.

Mi resi conto troppo tardi che quel periodo di pace, andava più che bene.

 

Poi tornai in me.

Annabeth continuava a sorridere mentre piangeva ed io continuavo ad accarezzarle i capelli.

Poco dopo mia mano cadde sull'asfalto e tutto diventò nero.

 

Ero morto.

   
 
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