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Autore: michaelgosling    23/04/2015    2 recensioni
Star Trek è il risultato della visione ottimistica di Roddenberry, ma se invece fosse stato pessimista? Se le cose fossero andate diversamente? Se non ci fosse stata la Flotta e l'Enterprise? Come sarebbero stati Kirk, Spock, McCoy e gli altri? Si sarebbero conosciuti comunque? Cosa li avrebbe uniti? E soprattutto come si sarebbero trovati in un mondo in cui valori come uguaglianza, pace e rispetto per il prossimo sono considerati quasi sbagliati dalla società?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Montgomery Scott, Nyota Uhura, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2. SCAPPA!

Ti uccideranno.
Farai una brutta fine.


Quelle parole continuavano a risuonargli nella testa, come una cantilena fastidiosa. Kirk cercava di non pensarci, ma non poteva farci nulla, per quanto si sforzasse.

La verità è che non era mai stato uno stupido, e sapeva bene come girava il mondo, ma voleva.. voleva fare la differenza. Non voleva essere uno dei tanti puntini. Forse non avrebbe potuto trasformare la città nel paradiso che era stata un tempo, ma voleva comunque dare un contributo. Voleva dare speranza alle persone, una ragione per credere nel futuro, una motivazione che sembrava avere solo lui in quella Terra maledetta. Non voleva piegarsi alle autorità, a leggi così sbagliate ma così instillate nella popolazione da essere diventate normali, ma non poteva neanche diventare un criminale. In fondo era sempre un poliziotto, e si era impegnato a difenderle, quelle leggi. Eppure doveva esserci una scappatoia..

E questo non significava non avere paura. Era coraggioso e dall'animo nobile, ma non era un pazzo. Sapeva cosa comportava, sapeva cosa rischiava, e non c'era affatto bisogno che il suo collega glielo ricordasse. La morte lo spaventava come chiunque altro, ma lo spaventava di più diventare un'altra persona, e finire con l'arrendersi ad una società che da solo non poteva cambiare.

Sospirò profondamente facendosi forza, e bussò.

Ad aprire fu una bellissima ragazza bionda dagli occhi chiari che doveva avere più o meno la sua stessa età, ma vestita in modo molto casual. Lo squadrò dall'alto in basso, e gli lanciò un'occhiata terribile non appena capì che era un poliziotto. Chiunque fosse, non doveva avere molta stima delle Forze dell'Ordine e Kirk, da parte sua, non poteva fare altro che capirla. Certo, lui non era un poliziotto come tutti gli altri, ma lei questo non poteva saperlo. Non ancora.

"Sto cercando.. Nyota Uhura. Vive qui?" chiese timidamente, ricordando il nome della vittima che a fatica era riuscito a trovare.

"Perché?" chiese la biondina in tono accusatorio.

"Dovrei parlarle.. in merito all'aggressione di cui è stata vittima. Sono qui per aiutarla."

La ragazza soffocò una risata.

"Certo, come no. Aiutarla. Come la volevano aiutare quei pezzi grossi che sono passati di qui qualche ora fa, ma che non hanno fatto altro che accusarla ingiustamente."

"Chi? Chi è venuto?" chiese subito Kirk, sinceramente sorpreso da quanto aveva scoperto ma che, ripensandoci, avrebbe dovuto prevedere.

"Ma voi sbirri pensate davvero che noi siamo così stupide? Se ne vada. Non permetterò che la mia amica venga aggredita due volte in un giorno quando in realtà è stata lei la vittima."

Kirk stava per ribattere, ma dall'interno dell'appartamento si sentì un'altra voce femminile. Probabilmente era la ragazza in questione.

"Fallo entrare, Leila."

La bionda sbuffò, e aprì la porta.

Kirk entrò nell'appartamento in punta di piedi, e vide in un angolo, seduta su un divano, una giovane e bella ragazza di colore,
che sarebbe stata ancora più bella se non fosse stato per i lividi e il sangue che aveva un po' in tutto il corpo.

L'agente si avvicinò lentamente, per poi sedersi accanto a lei.

Si sentiva giusto un tantino a disagio: sentiva dietro di sé la ragazza bionda che lo studiava minuziosamente, stando in piedi ad ascoltare tutto quello che gli fosse uscito dalla bocca. E Kirk la capiva. Si stava assicurando che alla sua amica non accadesse niente di male.

"Mi scusi per la mia coinquilina, agente. E' così abituata ad avere a che fare con i poliziotti senza scrupoli che si è dimenticata che ce ne sono di buoni."

"Non ti fidare, Nyota. E tu amico, fai un solo passo falso e te la vedrai con me." sbottò lei.

"Non dovevi andare al lavoro, Leila?" ipotizzò Nyota.

Lei a malincuore si rese conto che la coinquilina aveva ragione, così prese la borsa e uscì, lanciando comunque uno sguardo terribile a Kirk, come se gli avesse detto "Non la farai franca, amico. Se le farai del male, stai pur certo che lo scoprirò."

Quando si chiuse la porta alle spalle, Kirk tirò un sospirò di sollievo.

"Non è cattiva, agente. Facendo la biologa, ha accumulato una tale rabbia nei confronti delle istituzioni per via dello sfruttamento degli animali e della natura che ormai non si fida più di nessuno."

"Lo capisco. E' fortunata ad avere un'amica come lei."

"Cosa è venuto a fare, agente?"

"Sono qui perché voglio che i responsabili della sua aggressione vengano puniti. E mi serve il suo aiuto per farlo."

Nyota scosse la testa.

"Lei mi sembra un bravo ragazzo agente, il che è raro al giorno d'oggi, ma neanche con tutto l'aiuto del mondo lei riuscirebbe a rendermi giustizia. E se pensa il contrario, è un folle. Ma apprezzo lo sforzo, per cui le darò un consiglio: stia attento, quelli come lei sono perennemente in pericolo. E non si preoccupi per me. Questa non è stata la mia prima aggressione e si fidi, non sarà
neanche l'ultima. Ci sono abituata ormai."

"Cosa dovrei fare secondo lei? Girare la testa dall'altra parte e far finta che non sia mai successo nulla?"

Nyota aprì la bocca per dire qualcosa, ma un suono che proveniva dalla tasca posteriore di Kirk li fece sobbalzare. Era il suo cellulare, che Kirk si affrettò ad afferrare per rispondere alla chiamata.

La ragazza non riuscì a capire chi fosse dall'altra parte né la ragione della chiamata, ma non fu difficile arrivarci, soprattutto intravedendo la preoccupazione di Kirk e il sudore che gli rigava la fronte, per poi scendere per le guance.

 Jim avrebbe voluto mostrarsi più coraggioso, soprattutto davanti ad una ragazza che aveva passato l'Inferno, ma quella reazione fu del tutto istintiva.

Non era stata una conversazione lunga, quella tra lui e il suo capo, ma era bastata a fargli capire a cosa avrebbe comportato.

Vieni subito al Distretto. Ci occorre la tua presenza qui, prima che le cose peggiorino ulteriormente.
Prima che le cose peggiorino ulteriormente.
PRIMA CHE LE COSE PEGGIORINO ULTERIORMENTE.

Quelle dannatissime sei parole le aveva temute per tutta la vita.
Tutti sapevano cosa significavano.


 A cosa.. comportavano.

Ricordava alla perfezione dell'episodio che si collegava a quelle parole. Uno dei suoi primi giorni in polizia. C'era un agente, un certo Pike, che era esattamente come lui. Credeva nella giustizia, nella legge, nell'uguaglianza. Kirk lo guardava con orgoglio, con ammirazione. Lo considerava un mentore, anche se lo conosceva da qualche giorno e le volte che avevano parlato lo avevano fatto di sfuggita, quando ne avevano avuto il tempo. Poi un giorno, quando si trovava con lui da un ricco imprenditore che era stato rapinato, gli squillò il cellulare. Il Capo gli disse che avevano bisogno di lui al Distretto. Che doveva sbrigarsi ad arrivare prima che LE COSE PEGGIORASSERO. Fu l'ultima volta che lo vide.

Da quel giorno, Kirk sentì un enorme vuoto dentro di sé. Un vuoto che non riusciva a colmare né guardando le stelle la sera né rimorchiando sempre ragazze diverse.
Da quel giorno, Kirk capì il prezzo che si pagava a non essere corrotto in quel mondo, un mondo che lui non sentiva suo.
Da quel giorno, Kirk si era ripromesso di fare il bravo, di non dare nell'occhio.
Non voleva morire, ma era più forte di lui.
Non riusciva a far finta di niente.
Non poteva stare in silenzio.
Non poteva e non voleva.
E ora aveva finito con i giochetti.
Ora era arrivata la sua fine.
Sapeva cosa gli sarebbe successo, lo sapeva troppo bene, e se avesse osato anche solo sperare in un destino diverso da Pike, allora sì che era un folle.

Nyota non sapeva che erano quelle esatte parole a far scattare l'operazione "eliminiamo chi può danneggiarci prima che sia troppo tardi", ma sapeva che la polizia era abituata a togliere di mezzo uno dei loro per convenienza.
Ora era il turno di Kirk.
Tutto perché voleva aiutarla.
No, non poteva permetterlo.
Doveva fare qualcosa.

Gli si avvicinò, e lo prese delicatamente per un braccio.
Lui la guardò: aveva uno sguardo perso e spento, ma nonostante tutto riuscì a trovare il coraggio di incontrare quello della ragazza.

"Scappa. Vai via." gli suggerì lei.
"Mi troveranno." bisbigliò lui.
"La città è grande. Se ti nascondi bene.."
"Mi troveranno. Hanno sempre trovato tutti. Troveranno anche me."
"Se indossi l'uniforme da agente, di sicuro. Aspetta, dovrei avere dei vecchi abiti di mio padre, credo ti andranno bene. Ti conviene andare nel bosco. E' molto fitto e forse lì non ti troveranno.."
"Se scoprono che mi hai aiutato, sarai nei guai."
"Nei guai? Mi hanno picchiata e violentata. Cos'altro possono farmi?"
"Non posso accett.."
"Non fare l'imbecille e mettiti subito questi abiti." mormorò lei, lasciandogli una camicia a righe e un paio di jeans, per poi lasciare la stanza per dargli un po' di privacy.
Kirk si spogliò e si mise gli indumenti, che in effetti, gli stavano a pennello.
Nyota ritornò, e gli passò la pistola.
"Vai!" sbottò lei, spingendolo a forza verso l'uscita.


"Non so come, ma ti ripagherò. Per ogni cosa."
"D'accordo! Ora però sparisci!"

Kirk avrebbe voluto continuare ad esprimerle gratitudine, ma aveva ragione.
Non aveva tempo.

Avrebbe voluto correre, ma correndo si sarebbe fatto notare.
Cercò di nascondere il viso il più possibile, e a passo svelto si diresse verso la campagna.
Stava continuando a sudare, e sembrare tranquillo non era affatto facile, neanche per lui, ma quella era l'unica chance che aveva di sopravvivere. Un piccolo errore ed era finito.

Camminò a lungo, per ore e ore. Camminò così a lungo che si dimenticò la preoccupazione: la stanchezza iniziava a crescere, e le energie iniziavano a mancare.
Alzò lo sguardo, e quando si rese conto che si trovava già in campagna, cercò di tirare fuori tutta l'energia che aveva rimasto per allungare il passo. Riuscì persino a correre, ma fece solo pochi metri.

Respirò affannosamente e con le mani si appoggiò ad un albero, ma era troppo tardi.
Sentii dietro di sé le auto volanti della polizia, il rumore degli scarponi che indossavano gli agenti.
Erano arrivati.
Lo avevano trovato.
Come diavolo avevano fatto a trovarlo?
Che importava?
Tanto ora sarebbe morto, e sapere il come non lo avrebbe aiutato né avrebbe reso meno inevitabile la sua morte.

"Saresti stato un gran poliziotto, James Tiberius Kirk. 

E' un vero peccato che tu abbia scelto la strada sbagliata." sbottò il suo capo in tono solenne.

Kirk continuava a guardare dall'altra parte.
Non voleva girarsi, non ne aveva l'intenzione.
Non avrebbe dato loro quella soddisfazione.
Non sarebbe morto guardando le loro uniformi, che non erano mai stati degni di portare.
No, sarebbe morto guardando la natura e gli alberi.
Pace.
Pace e serenità.

"Sto aspettando. Sparate. SPARATE!" urlò, stringendo l'albero vicino a sé, tremando.


Avrebbe voluto essere più coraggioso, ma la verità era che era terrorizzato. Era solo un ragazzo, aveva solo vent'anni, non riusciva a nascondere di avere paura.

Sentì un colpo.
Poi un altro.
E poi sentì freddo, e il rumore dei poliziotti che se ne andavano si faceva sempre più lontano, più confuso, più distante.
Si accasciò a terra, e chiuse gli occhi, sfinito in ogni senso.

Quello di cui non si era accorto nessuno, né lui né tanto meno i poliziotti, era che qualcuno aveva assistito alla scena.



note: già, questa volta le metto in fondo U.U



Allora, intanto ringrazio tutti quelli che hanno letto questo capitolo per intero e che sono arrivati fin qui (eh già, forse questo è un tantino lungo rispetto al primo, chiedo venia> .< ) e ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione per il primo capitolo, e spero recensirete anche questo!

Ora veniamo al capitolo..

Leila! Nessuno se lo aspettava che spuntasse fuori lei, eh?
L'ho voluta inserire nella storia perché è un personaggio che mi ha sempre incuriosito: nel descriverla mi sono trovata un po' spaesata, perché per tutto il tempo in cui lei appare in Al di Qua del Paradiso è sotto l'effetto delle spore, quindi non la vediamo mai com'è veramente, e secondo me sarebbe stata così: una grintosa biologa che non ha paura di dire ciò che pensa. E poi l'ho voluta inserire per fare un piccolo omaggio a quel meraviglioso episodio, che amo alla follia e che potrei rivedere 345876 volte!
E poi volevo mettere anche un po' di pepe alla storia, e mettere qualche avvenimento, come dire, inaspettato!

E niente, grazie di tutto e ci sentiamo alla prossima! :D



  
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