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Autore: Giorgia Alfonso    23/04/2015    0 recensioni
"Lontano dagli occhi lontano dal cuore", un motto che potrebbe confermare Gemma Brizzi. Passare dalla piena felicità ad una voragine di sentimenti cupi, contrastanti e senso di perdita, ma non volersi arrendere nemmeno per un secondo. Nemmeno per un attimo di riposo. Eppure, colui che l'ha spinta dentro quel buco nero è l'uomo che un tempo avrebbe considerato la sua stessa vita. Tanti sacrifici buttati in aria, tanti viaggi affrontati solo per lui. E quel fato diabolico che sembra volerle dare un'altra possibilità, un'ultima partenza, un ultimo arrivo, un ultimo viaggio, un'ultima occasione ... per riprendersi quell'amore apparentemente perduto.
Seoul, la grande città coreana che di primo acchitò la spaventò tanto, giungendo lì per una vacanza che, in teoria, doveva essere semplice relax. Invece si era rivelata una manna ... per lo meno inizialmente. Ora invece, tornare a calpestare quel suolo potrebbe portarla alla rovina più completa o ad un nuovo inizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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28 Capitolo

 

 

 

 

Si trattava di prendere una decisione apparentemente facilissima: dolce o salato? Quegli scaffali erano pieni di delizie da poter assaporare, qualsiasi tipologia, avevano solo l'imbarazzo della scelta.
Im Song Rok si era fermato di fronte al banco frigo, osservando i diversi alimenti, tra cui salsicce avvolte nella pastella, da scaldare al microonde, prosciutto per kimbab, bokkeumbab, mandu1, varie bibite gassate, quelle alcoliche, latte al melone, banana, fagola o cioccolato. Gemma invece aveva fatto la rassegna di tutti i gelati che si trovavano nel freezer, poi si era spostata nel reparto patatine, successivamente si apellò alla convinzione che scegliere il dolce è sempre la soluzione migliore. Si era impuntata con le merendine e i biscotti, specie quelli a forma di funghetti tanto carini. Afferrò la scatola mostrandola al ragazzo, richiamando la sua attenzione:

«Che ne dici? Questi ti piacciono?»

Lui sollevò le spalle, « li mangiano i bambini quelli. Piuttosto pensavo … » prese in mano una scatola bianca, « sei italiana, dovresti saper cucinare no? Me lo faresti un dolce tipico?»

Gemma fissò quella sottospecie di panna da cucina, la quale, se si aggiungeva una cucchiaiata di zucchero, si trasformava anche in una delizia per i dessert. «Non c'è la cucina all’Ilmol, mi dici come faccio?»
Lasciò la presa e si avvicinò alla giovane donna, che si stava spostando verso la zone ramyeon. Rimase alle sue spalle, appoggiandosi allo scaffale, con le mani in tasca.

«Io passo! Credo che comprerò un po’ di calamaro al chiosco qui accanto.»

Improvvisamente si trovò un dito puntato contro. «Non ci provare!!! Quella cosa puzza! Non voglio rischiare di soffocare. E immagino che tu non voglia passare due giorni a togliere quel fetore, no?»

Le fece nuovamente spallucce. «Io prendo pesce e birra, tu fai come ti pare, ma sbrigati.»

A quel punto Gemma passò all’attacco, afferrando tutto ciò che le ispirava: ramyeon, patatine, i funghetti di cioccolato, biscotti al burro. Lui per un attimo pensò di doverla frenare un tantino, sembrava che stesse per svaligiare il negozio, oltretutto non era un bene mescolare tutte quelle pietanze tanto differenti tra loro, per non parlare del fatto che nessuna era salutare. Ma alla fine non dovette nemmeno intervenire, perché la ragazza stessa rinunciò a quel “ben di Dio”, finendo per comprare del semplice riso bianco al vapore. Senza sale. Senza condimento ...



«Cosa ne dici se ti aiuto con lo studio finché mangiamo?» Aveva proposto una volta rientrati nel goshiwon. Entrambi non sembravano aver sonno, anzi al contrario dovevano scaricare un po’ le energie e la proposta dello studio si dimostrò interessante anche per Gemma, che corse a prendere i suoi quaderni.

«Pesce o riso?» Domandò Song Rok tirando fuori il cibo dal sacchetto.

Gemma rapidamente rubò la sua scelta primaria, «Il riso è mio!», disse scartando l'involucro del contenitore e cominciando a consumare la pietanza, prima che il ragazzo potesse cambiare idea sul suo orribile e puzzolente calamaro e richiederne un boccone del cibo altrui.

«Non mi piace il pesce.» Bofonchiò recitando la parte dell’infastidito.

Si bloccò con il cucchiaio sospeso a metà strada tra la ciotola e la sua bocca: «Nessuno ti ha obbligato a prenderlo!»

«Non possiamo dividerci il riso?» Propose all'inizio, per pooi afferrarle il polso prima che potesse ingoiare la cucchiaiata. Si sporse velocemente, rubando il cibo alla ragazza, che sgranò gli occhi allucinata.

«Scusa???» Esclamò, mentre Song Rok se la rideva, gustandosi il bottino appena conquistato. «Se non ti piace perché diavolo hai comprato quel calamaro puzzolente?»

«Perché sta bene con la birra.» Lanciò il sacchetto sul tavolino malamente, come per allontanarsene, «no, non voglio mangiarlo! Preferisco decisamente il tuo!» Ora la parte interpretata era quella di un bambino capriccioso. Si poteva dire di tutto di quell’uomo, ma non che fosse un pessimo attore. Ed in fondo, aveva già dimostrato in più di qualche occasione quali fossero le sue doti recitative. «Dividiamocelo, mmm?» Cercò di supplicarla, e lei per tutta risposta mosse la testa, inghiottendo un’altra cucchiaiata di fronte ai suoi occhi. «Jebaaaal!2 Ho fame anche io!»

«Va bene, ho capito!» Per accontentarlo, allungò il braccio e con un gesto brusco conficcò letteralmente il cucchiaio in bocca a Song Rok, che rimase interdetto dai suoi modi. Questo fece scatenare la grande risata della ragazza.

«Aissi … jinjja!3» Mugugnò trattenendosi dal parlar male, con la bocca ancora piena, tentando di trangugiare quel boccone pesante.

Gemma nel frattempo placò la risata. Osservò i suoi libri semi aperti, doveva ritrovare la concentrazione per lo studio. Posò dunque il conenetore del riso di fronte a Song Rok, perché potesse servirsene, prese distrattamente una penna iniziando l’esercizio. Poco dopo però, questa, le venne sfilata di mano.

Sollevò lo sguardo verso il colpevole gli suggerì: «Non renderti ridicolo. Ridammela!»

«Hai iniziato tu.» Lui, ancora intento a masticare il boccone che lei gli aveva inferto.

Gemma ignorò quell'assurdo gioco, prese invece la matita, peccato che anche quella venne prontamente rubata dall'antipatico accanto. «Smettila! Hai forse due anni? Sei dispettoso come un bambino.» E mentre affermava ciò, si mosse rapidamente per impugnare l’unica penna che le era rimasta. Ci riuscì, sfoggiandola in modo arrogante, mettendola poi tra le labbra ed infine iniziando a masticarne il tappo, una delle tante pessime abitudini che hanno molti individui, compresa lei.

«Non metterla in bocca», la rimproverò, sollevando un sopracciglio interdetto, «è piena di germi …», allungò la mano per sfiorarle una guancia con le dita. Si avvicinò anche con il viso per osservare meglio da vicino, « … cos’hai qui?»

Gemma subito si irrigidì a causa di quella distanza serrata, poi sghignazzò, «non ci casco.»

«Ti sei sporcata, sciocca!» Affermò cercando di ripulirla premendo con i polpastrelli. «Difficile far andar via l’inchiostro.» Si arrese: ignorò quello sbuffo incancellabile e prese la sua birra, l’aprì e poi gentilmente posò di fronte alla ragazza il caramel macchiato, ma non prima di aver scartato la cannuccia ed averla infilata dentro al bricchetto.

Gemma nemmeno ci fece caso, era tornata a concentrarsi sugli esercizi, finalmente libera di farlo. Aveva pensato ad alcune frasi da tradurre, ma per cancellare il suo vizio della trascrizione alla lettera, aveva scritto solo il contesto, così facendo, avrebbe dovuto ideare la frase direttamente in coreano. Ad un tratto avvertì un leggero tocco sulla spalla, ma non gli diede importanza finché il contatto non si fece più concreto. Cercò di scostare quel peso, muovendo a sua volta l’arto, lanciando una sorta di segnale: “spostati che mi dai fastidio”, ma Song Rok non sembrava essere intenzionato a farlo, anche perché lui non si immaginava che sfiorarle appena la spalla potesse recarle enorme disturbo. Stava semplicemente controllando cosa combinava in quel quaderno, ed è quello che fa un comune tutor di lingua.

«Mi deconcentri.» Fece presente lei ad un tratto.

La fissò perplesso, raddrizzando però la schiena e tornando al suo posto. «Scusa.» Si mostrò falsamente offeso, senza caricare però troppo la recita, tornando ad osservare gli esercizi, questa volta allungando un tantino il collo, senza doversi per forza sporgere.
Nonostante sembrasse ascoltarla, stando bene attento a non sfiorarla nemmeno, per Gemma sentire lo sguardo del direttore sempre addosso, le creava un certo disagio. La distraeva troppo. Per ogni singola, minima mossa la ragazza reagiva irrigidendosi involontariamente. Ad esempio quando Mr. Im posò la mano sul tavolo, sfiorandole appena le dita, ipertesa la giovane si scostò. Apparve come infastidita da quel flebile tocco, proprio come poco prima era stata turbata dall’incontro lieve delle loro spalle. Sembrava quasi provare insofferenza verso quella presenza, ma non era insopportazione la sua. Non riusciva a comprendere il motivo di quella totale disarmonia con l’ambiante, con se stessa, con lui … Uno strano stato di agitazione stava avendo la meglio su di lei. Quel silenzio della sala, la solitudine che sottolineava la innervosiva. Anche se gli ospiti del goshiwon dormivano beati dentro le loro stanze, in quel momento sembravano completamente soli e fin troppo vicini. Eppure il problema che si poneva era davvero singolare: non era la prima volta che lei e Song Rok si trovavano a quella distanza e soli, aveva perfino dormito più di qualche volta a casa di quell'uomo! E senza provare il minimo disagio!
Il direttore, forse comprendendo lo strano nervosismo di Gemma, si scostò lentamente, grattandosi la nuca pensieroso. Continuò a fissarla stranito, tornando a bere la sua lattina di birra. Il bizzarro comportamento della ragazza sembrava in qualche modo influire negativamente anche su di lui. In un certo senso cominciava a sentirsi a sua volta agitato.

«Aaah! Non fa caldo?» Si sollevò appena dalla sedia per andare a regolare il termostato, sulla collona. Per farlo, allungò il braccio superando la ragazza al suo fianco. Costei spostò solo lo sguardo di lato, fissando una camicia azzurrina sbottonata fino al centro del petto. Fissò la pelle perfettamente liscia di Mr. Im, la quasi assente peluria che intravedeva e il lungo collo lungo dall'accennato pomo d’Adamo. Il profumo che avvertiva era davvero leggerissimo e non riusciva a capire se si trattava di un qualche rimasuglio di deodorante, un'essenza costosissima o se fosse la sua essenza al naturale. Sapeva che l'olfatto coreano non amava le fragranze troppo forti, come potevano essere quelle europee e addirittura a volta non utilizzavano nemmeno i deodoranti, poco venduti in quel paese. Preferivano profumi per la pelle, di quelli blandi, dopo doccia che scemavano in fretta o semplicemente creme, colonie dai toni nettamente inferiori a quelle di un qualunque maschio occidentale impomatato.
Persa a fissare il corpo di fronte a sé, non si accorse che quella persona aveva abbassato lo sguardo, cogliendo il suo interesse. La sua attenzione venne richiamata, sollevò il volto e così i loro occhi si incrociarono a pochi centimetri gli uni dagli altri: Gemma, che dimostrava una strana espressione impotente e colpevole e Song Rok, incuriosito da quel che stava accadendo in quel momento. Improvvisamente però cambiò la sua espressione. Divenne talmente intenso che Gemma, come un cogniglietto di fronte agli occhi di un lupo, avvertendo qualcosa simile al pericolo, fuggì immediatamente, tornando alla sua sola salvezza: gli esercizi. Raccolse la testa tra le mani fissando verso il basso il proprio quaderno, cercando di non pensare a nulla. Scappò con la prima scusa che le venne in mente.
Im Song Rok si rimise a sedere, cadendo distrattamente sulla sedia, ancora confuso da quello che stava accadendo. Non riusciva a decifrare l'attegiamento di quella donna, lo stuzzicava solo qualche infondato sospetto. E inaspettatamente una parte di sé sperava che quelle ipotesi fossero esatte.
Si alzò con aria vaga, osservandola tradurre le frasi come farebbe un professore sotto esami: sguardo sadicamente severo, braccia conserte. La ragazza poteva sentire la sua presenza pesante come l’ombra di un avvoltoio. Il suo cuore aveva cominciato a galoppare già qualche minuto prima, ma l'impanicamento stava peggiorando. Si aspettava chissà quale mossa da lui e invece quasi la deluse quando allungò solamente un braccio per indicare un punto, facendola comunque sobbalzare.

«Qui è sbagliato.»

Guardò il suo fino polso, che si estendeva in una grande mano. «E’ più corretta se uso-»

«Devi usare il tema.» Spiegò interrompendola.

«Okay, grazie.» Prese la gomma da cancellare, per poi lasciarla e andare a corrregere.

Il braccio del chilometrico attore non l’abbandonò, appoggiandosi al tavolo, seguito dall’altro. «Fammi vedere che stai combinando.» Song Rok la intrappolò in una sorta di abbraccio privo di contatto: la circondò, se pur rimandendo comunque distaccato da lei, lasciando un pericoloso dubbio sempre in agguato. Un interrogativo simile ad una snervante attesa.
Gemma strinse le spalle per non rischiare anche solo di sfiorarlo erroneamente. Cercò di ritrovare il controllo, ignorando l'aspettativa paurosa che la metteva in allerta. Non riusciva proprio a comprendere quella sua accozzaglia di emozioni.

«Anche la seconda frase non va bene.» La fece rabbrividire con la sua profonda voce, così Gemma si strinse ancor di pià a sé. «Come al solito hai tradotto troppo letteralmente. In coreano non suona bene.»

«Ho capito, la rifaccio.» Fece per prendere la gomma e fu in quell'istante che vide la mano di Song Rok muoversi rapidamente nella medesima partee afferrare la sua. Rimasero in quella posa per qualche secondo, come se il tempo per loro si fosse fermato. La ragazza fissò stralunata le loro dita, che quasi si intrecciavano. La mano di Song Rok accoglieva la sua delicatamente, sfiorandole il dorso con i polpastrelli, lievemente, ma avvolgendola quasi del tutto. La osservò poi scivolare verso il basso lentamente, finché la presa non si fece più sicura. Le abbracciò totalmente il polso, posandovi il pollice per ascoltarne il battito. Anche lei sentiva le sue stesse agitate pulsazioni, oltre ad avvertire lo sguardo di Song Rok, insistente. Lo sentiva come se fosse stato un vero e proprio tocco, addirittura come se fisicamente stesse premendo sulla sua nuca.
Si sottrasse a quella presa malamente, scappando infastidita. Raccolse i libri tra le braccia e velocemente corse a chiudersi in camera. In un primo momento Song Rok la lasciò scivolar via, appoggiandosi al tavolo di fronte, pensieroso. I pugni si chiusero decisi, si sollevò e rincorse la ragazza: entrò nella stanza prima che lei potesse serrarla e una volta dentro sbatté l'uscio, affinché gli si chiudesse dietro le spalle. Si bloccò per un attimo, osservandola di schiena, immobilizzata, forse ancora sotto sciock per quel qualcosa che non era ancora avvenuto, ma che poteva accadere. Bloccata da ciò che aveva provato a causa di quelle uniche attenzioni verso la sua persona, apparentemente prive di alcuna malizia e significato. Non si era mossa nemmeno per posare i libri, li teneva ancora stressi in petto, come se loro potessero proteggerla, come se fossero l'arma di cui necessitava per scacciare il pericolo.
Im Song Rok le si avvicinò lentamente, quasi senza fare rumore. Gemma comunque sapeva bene che ormai era entrato e si trovava proprio lì con lei. L'attraversò un brivido, una scossa emozionale, quando le afferrò un braccio per obbligarla a voltarsi. Lasciò dunque cadere i libri a terra, senza curarsene. Non ebbe nemmeno il tempo per farlo, perché il volto di quell'uomo si era già chinato su di lei. Così, le accarezzò le labbra. Nonostante la foga del gesto, inizialmente Mr. “bella mano” la baciò delicatamente, si lasciò trasportare solo successivamente dall'impeto, aumentando la presa su quella bocca. Avanzando di qualche passo, afferrò meglio Gemma per attirarla a sé e lei lo lasciò fare, incapace di rifiutarlo, incapace di correre lontano da quelle emozioni.
Improvvisamente Song Rok aprì gli occhi, compiaciuto dal fatto che anche Gemma partecipasse al bacio: la giovane ricambiò tanto da avvolgergli le spalle in un abbraccio e alzarsi in punta di piedi per poterlo assecondare, essendo parecchio più bassa di lui. A quel punto Song Rok la strinse intrecciando gli arti superiori e drizzò la schiena lentamente, sollevandola di peso. Nessuno dei due interruppe le carezze che si stavano scambiando le loro labbra, ma pian piano si mossero comunque, avanzando verso il letto. Il direttore, con gentilezza, la distese sul materasso e a quel punto il bacio si fece nuovamente più impetuoso, sempre più spinto: le loro lingue si intrecciarono in una danza sinuosa, mentre le loro mani accarezzavano il corpo dell’altro imparando così a conoscersi.
Gemma fu la prima a lasciare la presa. «Abbiamo bevuto troppo?» Chiese con il poco fiato che le era rimasto.

Serio Song Rok le sussurrò sulle labbra l'ovvia risposta: «Non abbiamo bevuto affatto.» E la zittì prepotentemente con un altro bacio, volendo riprendere da dove erano rimasti.

Lei non poté nemmeno questa volta rifiutare, anzi dimostrò tutta la sua attenzione osservando il direttore sollevarsi da lei, quel tanto per potersi sbottonare la camicia, partendo dal centro del petto, dove effettivamente si concludeva la scollatura. Nel mentre, quegli occhi a mandorla seri e pieni di desiderio, non si staccarono nemmeno un secondo da Gemma. Quella sua espressione la turbava e eccitava allo stesso tempo. Non volendo aspettare, questa volta fu lei a fare una mossa azzardata: attirò Song Rok a sé, sporgendosi per baciarlo ancora e così lui cedette. Tornò ad avvolgerla tra le sue braccia, labbra e le mani, dalla carezza delicata, cominciarono ad accarezzarle le cosce, risalendo verso la vita, la schiena, indugiando quando arrivarono al seno prosperoso.
E lì si concluse il piacere. Perché la signora fece cenno di volersi fermare.
La lasciò andare, permettendole così di parlare liberamente, ma sempre tenendola egoisticamente ancora incollata a sé.

«E’ una complicazione … ci stiamo complicando la vita.»

In quegli occhi non trovò più quel fervore di un momento prima, ma solo poca convinzione. Per questo decise di ascoltarla, interpretando bene le sue parole: si sedette sul materasso, riabbottonandosi la camicia quasi del tutto aperta. «E’ davvero per non complicare il nostro rapporto, qualunque esso sia o è perché sei ancora innamorata del tuo ex?» Chiese mentre si alzava e avanzava verso l’uscita.
Attese un attimo la risposta, ma non ricevendo altro che il silenzio, lasciò la stanza.

 

 

 

 

 

 

 

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29 Capitolo

 

 

 

 

Ciao. Scusa, dove ti trovi ora? Dovrei parlarti.

 

I sentimenti intrecciati in un confusionario groviglio, emozioni che nemmeno lei riusciva a capire fino in fondo. Doveva essere una semplice caduta, un semplice momento di debolezza fisica. La carne si sà, è debole. Aveva passato tutto il giorno a pensarci: non poteva incasinarsi con una nuova relazione, che poi non sapeva nemmeno se quella storia avrebbe potuto davvero concretizzarsi.

In fin dei conti cosa voleva Im Song Rok da lei? Anche dal suo lato la situazione poteva essere varia ed eterogenea:
si era innamorato?

Poco probabile.

Voleva solo sesso?

Anche se non sembrava un uomo di quel genere, probabile. Doveva ricordare a se stessa che si trattava pur sempre di un essere di sesso maschile.

Quindi … lo aveva sedotto e intrappolato nella sua reta?

Anche questo poteva essere possibile, ma bocciò la cosa a priori, non si sentiva una grande seduttrice. Era stato un errore.

Anch’egli si era lasciato andare forse un po’ troppo per un attimo?

Altra possibilità valida. Fatto sta che non ci voleva! In quel periodo non serviva avere un altro problema al quale far fronte. La mente era già troppo occupata da qualcuno in particolare e sebbene si stesse stancando di quella situazione, non poteva certo ammettere con leggerezza che ormai non provava più nulla per Jin Yon U, anzi tutt’altro.

Doveva scusarsi con Song Rok dumunque?

Ma non era stata tutta colpa sua, avevano sbagliato entrambi. Pensò anche che, magari, se l’avesse cercato per parlare più razionalmente dello sbaglio che stavano per compiere la notte scorsa, forse pure lui avrebbe convenuto con il suo pensiero e si sarebbe scusato con lei. Immaginava che anche per lui fosse tutto un po’ strano e surreale. Poco decifrabile come situazione.

 

Commediante

Mi trovi qui. Sono ad una cena con lo staff ma puoi venire.

 

Osservò la mappa incorporata, comprendendo che si trattava di una noraebang nella zona vicina a Suyu. Andare con la metro sarebbe stato scomodo, avrebbe comunque dovuto cambiare linea e prendere addirittura un bus. Ormai conosceva quella zona, dopotutto ci lavorava Yon U. Così decise di cercare nell'applicazione del cellulare gli autobus di linea per fare un giro più comodo. Meglio cambiare più volte una sola tipologia di mezzo, che passare dall'uno all’altro.

Si bloccò quando la sua mano toccò la maniglia della porta. Corrugò la fronte pensierosa: perché stava correndo da lui senza riflettere? E perché le aveva inviato le sue coordinate?

Era all'Empeulex Noraebang4 con i colleghi, la sua presenza sarebbe stata superflua. Rilesse il messaggio, pensando che avesse sbagliato ad inviarlo. «Sicuramente era per qualcun altro.» Sospirò quasi delusa, per poi tornare in se stessa e lasciare la presa sulla maniglia.

Come poteva presentarsi davanti a lui dopo quello che era successo? Dove trovava il coraggio e la voglia? Eppure una parte di lei desiderava correre da lui, per mettere le cose in chiaro, affrontare il problema che stava rovinando tutto e mettere a tacere alcuni dubbi ancora in agguato. Chiudere ogni discorso, guardarsi negli occhi ridendo e scherzando come sempre, eliminando tutte le complicanze che si erano contrapposte.

 

Con la mappa e l’indirizzo della via, giunse a destinazione senza problemi. Inoltre i karaoke sono edifici solitamente molto appariscenti e quello in questione non faceva distinzione. C’era un viavai di gente, alcuni pure che si reggevano in piedi a stento. Entrando andò subito in quella che si poteva chiamare reception, chiedendo informazioni ai giovani dietro il bancone, referendo il nominativo della compagnia teatrale.
Non era una noraebang qualsiasi, anche se da fuori poteva sembrare pure piuttosto di bassa lega, con il solito neon lampeggiante e la sagoma di una donnina tutta cosce con un microfono in mano. Invece all’interno l’ambiente era intimo, dai toni scuri, luci soffuse e la confusione che si sentiva appena. L’ambiente pulito e piuttosto curato. 
Uno dei ragazzi le fece strada, e già che la stavano accompagnando, senza lavarsene le mani dando solamente il numero della stanza, sottolineava l’accuratezza del personale e quindi la particolarità del luogo. Le aprì addirittura la porta, permettendole di entrare. Vide così un enorme salone illuminato da luci psicadeliche, un mega schermo dove passavano i video dei migliori successi tra kpop e ballad, un lungo tavolo pieno di bottiglie mezze vuote e le poche persone che lo attorniavano, sedute su delle comode poltrone. Quel posto doveva costare un occhio della testa confronte a tanti altri karaoke. Il classico posto frequentato da manager, dove si riunivano dirigenti e gli staff di chissà quali aziende.
Doveva esser stata una bella tavolata ricca di gente, ma ormai erano rimasti in cinque, perciò non si sforzò troppo per trovare colui che le interessava, tra l’altro con un peso morto accanto: addossata a lui, vi era una donna sicuramente molto avvenente. Solo poco dopo capì che si trattava della collega che aveva già visto dietro le quinte del teatro. Costei stava chiaramente attuando piani seduttivi che sarebbero stati ovvi anche ad un cieco e lui sembrava lasciarla fare, per nulla disturbato. I loro volti poco distanti l’uno dall’altro, senza che vi fosse alcun imbarazzo.
Vederli così intimi e appartati, sicuramente intenti a scambiarsi occhiate languide, le fece ben pensare di uscire prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza, lasciandoli continuare a tubare. Ma prima che potesse muovere anche solo un muscolo, lo sguardo di Song Rok la individuò. Perciò dal momento in cui la chiamò a sé con un gesto della mano, la ragazza non ebbe via di scampo. Non poteva più tornare indietro, prese coraggio e, anche se infastidita, avanzò verso quei due.

«Kim Sae Bom, ti ho già presentanto Gemma Brizzi?» Pronunciò sorridendo e indicando la ragazza in questione con un gesto galante della mano, guardando la bella al suo fianco. «Gemma …», spostò l’attenzione verso la giovane appena arrivata, « ricordi la mia collega Sae Bom?»

La donna in questione spostò una ciocca di vaporosi capelli castani, osservando con sguardo guardingo colei che poteva sembrarle ancora una ragazzina acerba, a causa della loro differenza di età. «Sei quella dell’altra volta se non erro», guardò strabiliata Song Rok, « di solito hai buona memoria. Sì, ci hai già presentate, ma dimmi … per caso voi state insieme?»

«No. Siamo solo amici.» Rispose subito Mr. Im, portandosi in avanti, appoggiando un gomito al tavolino di cristallo. «Di cosa volevi parlarmi?» Domandò ad una Gemma ammutolita, continuando a guardarla con sguardo serio e imperturbabile.

Gli occhi incuriositi delle ragazza però si spostarono verso le bottiglie sparse in tutto il tavolo e in preciso a quelle radunate davanti ai due attori di teatro. Non sembrava ubriaco, eppure dovevano aver bevuto non poco. «Non è tutta roba tua quella, vero?»

Anche l’uomo seguì il suo sguardo, abbassandolo sul soju e il wischky ormai concluso. «E anche se fosse?» Sogghignò poi. «Sai che reggo bene l’acool e come vedi sono in ottima compagnia», affermò tornando a distendersi comodo sullo schienale della poltrona, cingendo con un braccio la donna seducente che gli stava accanto. «Allora … perché avevi urgenza di vedermi?»

Gemma assunse un’espressione simile alla sua, una smorfia che si poteva dire di sfida, ma che faceva trapelare anche un certo fastidio. La gestualità degli occhi le sfuggì: si sollevarono velocemente, mostrandosi davvero spazientita. «Perché ho il sospetto che tu stia giocando?»

Song Rok spostò il volto di lato, mostrandosi falsamente perplesso: «Di quale gioco stai parlando?»

Incrociò le braccia trattenendo una certa rabbia. «Una cosa simile a quello per cui ci siamo conosciuti.»

Sae Bom nel frattempo osservava i due senza comprendere realmente la situazione, ma gustandosi la scena interessante e preoccupante allo stesso tempo. Uno dei due stava stuzzicando e l’altro ribatteva, ma ciò che le sfuggiva era la motivazione di quella sfida.

«Esattamente come vi siete conosciuti voi due?» Provò a chiedere, ma venne ignorata.

Il direttore scostò il braccio dalle sue spalle per afferrarle la mano. E la donna si lasciò trasportare da quella sua improvvisa voglia di contatto fisico, intrecciando addirittura le dita e sorridendo compiaciuta alla ragazza in attesa. Finché si comportava così, poteva anche permettersi di non rispondere alle sue domande. Se le dimostrava che poteva ottenerlo, anche solo per una notte, non servivano altre conferme. Se per far ingelosire quella bambina fosse riuscita a portarselo a letto, non avrebbe esitato. In fin dei conti nemmeno lei era interessata ad una relazione sincera e duratura. Non cercava amore da quell'uomo.

«Non pensavo fossi un tipo che usa così le donne.» Affermò l’italiana, scatenando il sorriso di scherno dell’uomo, che nel frattempo rafforzava volutamente l’idea che fosse piuttosto intimo con quella sua collega.

Sollevò di scatto le sopracciglia, recitaㅜndo nuovamente la parte del sorpreso. «C’è interesse?»

«Interesse?» Chiese Gemma seriamente confusa. «No! Nessun interesse.»

A quel punto Song Rok fece spallucce, «allora stai tranquilla. Nessuno sta giocando con te.» Le sorrise quasi malignamente. «Cancella quella sensazione dalla tua mente.» Per poi ignorarla e tornare a dare la più completa attenzione alla collega: «Cosa facciamo? Da te o da me?»

Un unico e rapido suono d’offesa lo indusse a voltarsi verso la straniera, che si trovava ancora lì, di fronte a quei due, immobile. «Quindi inviti così facilmente chiunque a casa tua?»

«No», oscillò la testa, «solo le persone speciali.» I loro occhi rimasero incollati per un breve momento, che però sembrò prorogarsi in eterno. Quella confessione portò Gemma a rilassare la fronte, lasciando che una strana sensazione positiva mista ad imbarazzo si espandesse. Leggere la serietà in quegli occhi a mandorla, le fece battere il cuore all’impazzata.

Ma il tutto scomparve con una rapidità impressionante quando Im Song Rok tornò ad indossare una maschera piena di malizia. «E quelle pietose.» Si girò verso Sae Bom, «speciale … » e poi tornò a fissare Gemma, «ti presento la pietosa.»

Aveva appena terminato la frase quando ricevette la doccia fredda. Nel suo caso si trattava di una vera lavata di cocktail, uno di quelli rimasti imbevuti sul tavolo. Gemma infatti, per tutta risposta, aveva afferrato a caso un calice pieno, gettandogli addosso il contenuto. «Grazie. Mi hai appena ricordato il motivo per cui ho provato antipatia verso di te appena hai aperto bocca la prima volta che ci siamo conosciuti.» Si voltò e avanzò verso l’uscita, dove si fermò solo un istante per concludere: «Ah, comunque tanto per intederci … Mi hai fraintesa. Non volevo dire che stai giocando con me, ma con lei.» E se ne andò lasciando entrambi gli attori impietriti.

Song Rok deglutì. La gola si stava seccando a forza di tenere le labbra dischiuse. Abbassò lo sguardo accogliendo il fazzoletto da parte di Sae Bom. «Forse ho esagerato.» Susurrò mentre si asciugava il volto.

«Posso farti una domanda Rok?» La bella attrice non si era offerta di ripulirlo con le sue stesse mani, perché nessun tentativo di seduzione avrebbe funzionato in quel momento e sembrava esserne consapevole. «Quella ragazza … ti piace?»

Le labbra del direttore si piegarono in un debole sorriso. «Ho bevuto troppo.» Ribatté misterioso.

Sae Bom si sporse per afferrargli il viso tra le belle mani affusolate. «Se non ti piace, dimenticati di lei. Sei con me ora.» Lo lasciò per riempire un altro calice, «ti farò star bene io stasera.» Tornò a civettare, approfittando della sua confessione: se era davvero un tantino ubriaco, forse poteva sperare in un suo cedimento.

 

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Era tardi per cercare il sottopassaggio della metro, ma non per riprendere il bus, eppure Gemma Brizzi continuò a camminare pensierosa, passo veloce e pesante. Avrebbe voluto pestare i piedi dalla rabbia, ma si limitava ad avanzare con la testa china e i pensieri che la inseguivano. Stava già caminando da mezz'ora per le strade di Suyu, alzando lo sguardo verso lo stradone che gli si prospettava davanti, pieno di gente, negozi di gadget e ristoranti di carne, pub e chiken&beer, comprese di essere a pochi isolati da lui.
Avanzò per un po’ e poi svoltò nella via vicina, ricordando la strada per arrivare al pub 8Pal. Questa volta però non si limitò a fissare l’insegna senza entrare, anzi priva di alcuna indecisione scese le scale e aprì la porta del locale.

«Kogenim, siamo chiusi.» Avvisò immediatamente il barista, che stava servendo al collega seduto davanti. La sala era vuota e gli unici presenti lì erano proprio quei due. Gemma non ci mise molto a notare che era proprio Yon U l’altro barista seduto sullo sgabello. Dopo un attimo di titubanza gli si avvicinò, comprendendo che quello sul bancone non doveva essere il suo primo bicchiere di alcool. «Kogenim-»

«Yon U.» Il tizio dietro il bancone stava per ripetere la medesima cosa di poco prima, ma lei lo interruppe, e le bastò pronunciare quell'unico nome.

Jin Yon U si voltò, sorridendo come un ebete. «Ooooh! Eccola! Sonbae, ti presento la mia bellissima ex fidanzata, Gemma. L’ho piantata mesi fa e lei si ostina a venire da me, incredibile vero?» La vide roteare gli occhi infastidita. «Colei che mi ricorda che sono un vero idiota. Che sono stato uno stupido a lasciarla andare.» Aggiunse catturando un’espressione sorpresa nel volto di Gemma.

Ma la giovane si rattristì tutt’ad un tratto. Gli rubò il bicchiere da sotto il naso, «ora basta bere. Ha del caffè?» Chiese direttamente al barista, che fece un unico cenno e si spostò a preparare ciò che il cliente aveva richiesto.

«Perché diavolo sei qui?» Domandò lo sbronzo accasciato al tavolo.

Quella persona non si meritava altro che solo sguardi di pietà. «In verità non lo so nemmeno io.»

«Perché non sei venuta da me quando te l’ho chiesto?» Continuò ad esporsi.

Gemma sospirò, prima di cacciare una scusa: «Ero impegnata.»

Yon U si sollevò dal banco, fissandola con sguardo smarrito, perso dal liquore. «Con quello

«No!» Gli urlò di rimando, per poi placare la voce: «Non c’è nessuno, okay? Non c’è nessun uomo nella mia vita.» Confessò improvvisamente, lasciando il giovane quasi allibito.

Costui si alzò dal suo sgabello, «vi siete già lasciati?» il tono ironico, barcollando qua e là nella stanza, si spostò verso l'uscita.

Gemma tentò di fare un cenno al barista, ma era troppo impegnato nelle sue faccende per darle una mano, o forse non voleva immischiarsi in cose che non dovevano minimamente interessargli. Comprendendo di esser stata lasciata sola a gestire quella situazione, cosa assolutamente normale visto che si trattava di faccende personali, uscì dal locale all’inseguimento dell’ubriaco, che immediatamente ritrovò chino in un angolo, intento a vomitare tutto l'alcool che aveva ingurgitato probabilmente pure a stomaco vuoto.

«Come va ora?»

Le dava le spalle, ancora proteso verso il basso, lo stomaco dolente. «Ora che mi sono liberato ... meglio, ma sono ancora ubriaco se è di questo che volevi sincerarti.» Rispose freddamente, prima di raddrizzare la schiena e incamminarsi per una via a caso. «Vai a casa Gemma, io me la cavo da solo.»

«Proprio perché sei ubriaco non dovrei fidarmi a lasciarti solo.»

Lui non ribatté, lasciò solo che la sua ex facesse ciò che meglio credeva per se stessa, sperando invece che prima o poi avrebbe mollato l'osso, e lasciato in pace. Era orribile apparire in quel modo di fronte ai suoi occhi, era terribile comprendere quanto le mancasse e per il suo orgoglio era pietoso e disdicevole farglielo comprendere. Eppure era capitato, improvvisamente era giunta al pub proprio la sera in cui aveva deciso di soffocare la sua indecisione e il suo dolore nell’alcool. Doveva accettarlo, come aveva accettato che Gemma Brizzi ormai non fosse più accanto a lui, a causa della sua stessa volontà poi. Doveva mandare giù il magone e rincuorarsi del fatto che fosse accanto a qualcuno di migliore. Si erano lasciati? Non si erano lasciati? Non erano mai stati insieme? Non importava poi molto. Gemma doveva comunque cercare un altro uomo, migliore di lui e lui doveva dimenticare la ragazza che aveva amato e ferito contemporaneamente.

In silenzio, Gemma lo seguiva preoccupata, scattando ad ogni minimo brusco movimento del ragazzo, pronta ad aiutarlo, sollevarlo, curarlo. La comunicazione tra loro si era conclusa, spenta, morta. Non sapeva nemmeno dove si stessero recando, anzi era convinta che Jin Yon U si fosse perso. Se no perché ogni tanto si fermava per guardarsi attorno? Avevano superato la piazzola ricca di gente e negozi, ormai quasi del tutto chiusi visto l’ora tarda. Forse voleva trovare la fermata del bus, o una strada trafficata da taxi, o ancora provare con la metro, dove sicuramente qualche taxista pattugliava in cerca di guadagno, fermandosi a soccorrere i pedoni rimasti a piedi con i mezzi. Ma nella via che stavano percorrendo vi era solo il deserto, sia di gente che di macchine. I presenti erano soltanto gatti randagi, spazzatura e salite di tutto rispetto.
Conclusa una di queste, discesero fino a ritrovare un po’ di civiltà, data da alcuni mezzi privati che si spostavano lungo la strada principale. Costeggiarono un muretto, camminando in un strettissimo marciapiede. Qui uno dei due si fermò, voltandosi verso l’altro: «Non te ne vai? Cosa vuoi?»

«Dirti tutta la verità. Voglio spiegarti meglio come stanno le cose … » Affermò Gemma, stringendo i pugni. «Era un attore! Un … un amico! E doveva aiutarmi a farti ingelosire.»

La risata carica di un fastidioso nervosismo non tardò a farsi sentire. «Ah! Davvero? E cosa pretendi che dica ora?» Sollevò lo sguardo verso l’alto, «a maggior ragione Gemma … vai al diavolo!» Professò incattivito, tornando a camminare davanti a sé.

«Lo farò! Me ne andrò dalla Corea tra meno di un mese, ma volevo rivederti prima di ripartire.» Spiegò avvicinandosi velocemente a lui, «lascia solo che ti riaccompagni a casa, non sei nelle condizioni adattate per-» si interruppe da sola, provando ad afferrare un braccio del ragazzo, che però rifiutò quel tocco, scostandosi quasi bruscamente e indietreggiando verso la strada.
Proprio in quel momento una macchina sopraggiunse, entrambi se ne accorsero quando i fari li investii. I movimenti di Yon U erano troppo lenti per evitare di barcollare fuori dal marciapiede, ma per fortuna non quelli della persona che aveva accanto: Gemma gli afferrò velocemente una manica del cappotto, tirando verso di sé più che poteva per indurlo a scostarsi. Il ragazzo, privato della sua normale agilità, si rivelò praticamente un peso morto per lei, che cadde all’indietro per bilanciarsi e contrapporsi al corpo del suo ex fidanzato.
Jin Yon U si scostò goffamente. Era involontariamente caduto sopra alla ragazza, che si era praticamente distesa a terra, appoggiando mezzo busto alla muretta. «Sciocca …», sussurrò socchiudendo gli occhi dallo sforzo. L’atterraggio era stato piuttosto morbido grazie a qualcuno, eppure gli doleva un po' il capo. « … potevi farti male!»
Lei non rispose e quando Yon U riuscì a mettere bene a fuoco notò subito che teneva ancora gli occhi chiusi. Le toccò un braccio, chiamandola per nome, ma questa non ebbe nessuna reazione.

«Non scherzare!» Prese a scuoterla con poca forza, quel tanto che bastava ad indurre un incoscente a risvegliarsi. «Gemma!» Si avvicinò per capire meglio la situazione, notando una mano spellata, ma quella era la minore delle preoccupazioni. Ciò che gli premeva era capire perché avesse perso i sensi. Le posò allora una mano dietro la nuca per sollevarla e distenderla meglio, ma si bloccò immediatamente quando avvertì una sensazione viscida tra le dita. Controllandosi la mano, scoprì essere sangue e lo sguardo puntò subito sul muretto di fronte a lui.
Gli occhi a mandorla dalla triste forma sgranarono in preda al panico. Afferrò il cellulare dalla tasca del giubbino e chiamò immediatamente il 118, il numero del pronto soccorso in Corea del sud.

«Pronto! C’è stato un incidente … », fece una pausa guardando il volto pacifico di Gemma, « … non lo so, io …», indeciso sul da farsi titubò al telefono. Era logico che dovesse chiamare aiuto, le condizioni della sua ex potevano essere anche gravi, ma cosa doveva dire esattamente? O meglio, cosa poteva dire?
Perché si sentiva in colpa per quanto le era successo? Il cervello ancora un tantino annebiato, cominciò a sfornare preoccupazioni troppo grandi e ipotesi inverossimili, come: e se dessero la colpa a me? E se fosse Gemma la prima ad addossarmi tutta la responsabilità? In questo modo potrebbe anche vendicarsi di me, avrebbe la scusa servita su un piatto d'argento. «Si tratta di una ragazza, passavo per di qua e l’ho vista a terra … No, cioè non lo so. Non credo …», ascoltava le domande del medico al telefono, innervosendosi minuto dopo minuto. «No, non lo so con esattezza, potrebbe essere stata investita, ma non mi sembra. Non sono un medico né un detective, non so cosa possa essere successo, io non ho visto nulla. So solo che la ragazza è distesa sul marciapiede, non si muove, e c'è del sangue ... Sì, siamo a Suyu… », si guardò attorno in cerca di un’indicazione. «Ah! Siamo a credo tre chilometri dalla Insu School e dalla via posso vedere un Family Smart. La signorina è vicino al muretto, sembra aver sbattuto la testa. Pensavo fosse ubriaca, volevo aiutarla ad alzarsi ma poi mi sono accorto del sangue dietro alla nuca. No, a parte un graffio alla mano, non vedo altre ferite.» Si fermò ad ascoltare la voce alla cornetta, continuando ad osservare Gemma e ogni tanto la strada in attesa dell’ambulanza in arrivo. «Okay, ma la batteria sta per scaricarsi quindi affrettatevi.» Poco dopo riagganciò. Il medico aveva intimato il giovane di rimanere al fianco della persona ferita, stando al telefono ed effettuando il primo soccorso, mentre attendevano il mezzo ospedaliero. Ma Jin Yon U cominciò realmente a perdersi nel panico. Si sentiva inadatto ad affrontare quella situazione e a poter far qualunque cosa per Gemma.
L'importante per lui era che respirasse. Si rancuorò da solo convincendosi che doveva essere svenuta, la ferita non sembrava nemmeno tanto grave. Alla fine la paura lo spinse a scappare appena giunse l'ambulanza, prima che potessero vederlo. Più che temere i pensieri della gente, temeva la reazione di Gemma al risveglio. L’aveva sicuramente delusa una seconda volta, ferita anche fisicamente oltre che nell’animo.
Si sentiva sporco, un inetto incapace di proteggere gli altri da se stesso, dalla sua incapacità di affrontare le responsabilità, tanto che una volta tornato a casa si lavò dalla testa ai piedi grattando la pelle con la spugna, come se fosse stato lui personalmente a spingerla contro il muretto, furentemente, quando invece si era effettivamente trattato solo di un incidente. La coscienza effettivamente voleva punirlo.



1 Bokkeumbab e mandu: il primo 볶음밥 è una sorta di riso fritto e i secondi 만두 ravioli che si possono fare sia fritti che al vapore.
Jebal: 제발 significa "ti prego".
Aish jinjja: tipica espressione alla coreana, un modo per non lamentarsi senza imprecare
Noraebang: 노래방 sono i karaoke. Norae 노래 è canzone e bang 방 sta per stanza. I karaoke coreani sono edifici con delle stanze private dove potersi intrattenere con gli amici a suon di canzoni sia del mondo musicale del posto sia internazionale, o asiatico in generale. In alcune Noraebang si può anche mangiare e bere.

 

   
 
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