Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: Sea    23/04/2015    1 recensioni
Si sa, il blocco dello scrittore può farti impazzire ed Ed Sheeran stava cominciando a perdere colpi. Non voleva partire, per fuggire dai suoi problemi gli bastava il suo appartamento, non aveva bisogno di vacanze. Eppure si trovava lì, intrappolato dal suo manager, senza poter gestire la sua vita come una qualsiasi persona.
Non voleva che qualcuno interrompesse la sua solitudine, ma successe. Quell'incontro avrebbe trasformato la sua gabbia dorata in una via d'uscita, ma ancora non lo sapeva. Il suo deserto stava per trasformarsi in una florida oasi. Così, visse.
ATTENZIONE: IL CAPITOLO "TERZO GIORNO - PT II" è STATO MODIFICATO IN QUANTO MANCANTE DI UNA PARTE DELLA NARRAZIONE, ORA REINTEGRATA NELLO SCRITTO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo Giorno - II
 

Lei gli stava sulla destra e camminava con disinvoltura, o almeno così gli sembrava.
Ma nella sua testa continuava a ripetersi la frase “Sto camminando con Ed Sheeran”, come un disco rotto. Certamente, quando quella mattina si era alzata, non avrebbe mai creduto che avrebbe incontrato Ed Sheeran che faceva una passeggiata. Lei stessa non sapeva come stesse mantenendo la calma. Ok che non era una scalmanata, ma era comunque Ed Sheeran, quel tizio rosso che ascoltava sotto la doccia, mentre mangiava, mentre era in treno, mentre camminava per strada, mentre faceva la spesa, mentre dormiva. Non voleva certo che la prendesse per una ragazzina con gli ormoni in tempesta. Fece un sospiro.
  • Oh mio Dio, sto camminando con Ed Sheeran.
Gli occhi di Ed corsero su di lei, non aspettandosi di sentire la sua voce. Fu colto nel bel mezzo di un momento di distrazione e i suoi muscoli guizzarono per un attimo, scuotendolo. Quando realizzò cosa aveva detto quella ragazza, rise.
  • Scusa. – disse lei guardando dritto davanti a sé.
  • Non preoccuparti, ho visto di peggio.
  • Posso immaginarlo. Vieni, di qua.
Lei gli passò davanti tagliandogli la strada e si inoltrò in un minuscolo vicoletto, oltrepassando un arco bianco. Sentì un delizioso profumino invadere l’aria.
  • Ecco, siamo arrivati.
Alla fine del vicolo si ritrovò nel bel mezzo di una piazzetta perimetrata da vecchie palazzine colorate, esattamente come immaginava un sobborgo napoletano, con i pomodori appesi alle travi, le madonne negli angoli, i fruttivendoli e i pescivendoli che urlavano cose per lui incomprensibili. Il profumo di pizza veniva da un forno affollato, con una classica insegna appesa a due ganci.
Il vociare era costante, ma seguì quella ragazza all’interno, raggiungendo a stento il bancone.
  • Buongiorno, signurì. Cosa posso servirvi?
  • Sheeran cosa preferisci?
  • Ehm, una margherita? È il vostro forte, no?
  • Beh, qui è tutto buono, ma vada per due margherite da asporto. Oh scusa, forse volevi andare in un posto in cui potessi sederti.
  • No, va bene così – alzò la mano per farle capire di non preoccuparsi. Se avesse avuto il coraggio, le avrebbe detto che era più contento che lo avesse portato in un posto alla mano.
  • Va bene – sorrise – Antonio, due margherite da portare via!
  • Arrivano.
Non era la prima volta che vedeva un pizzaiolo lavorare l’impasto, ma non gli era mai capitato così da vicino. Restò appoggiato al bancone ad osservare.
Lei stava riponendo le cuffie nella borsa e lo guardava di sottecchi. Aveva ordinato una pizza con Ed Sheeran. ED SHEERAN. Più guardava i tatuaggi più si convinceva che fosse vero.
Poi il suo cellulare squillò e lui la sorprese a guardarlo. Non potè vedere la sua espressione perché si precipitò a zittire quell’affare che aveva per cellulare. Aveva il display così spaccato che aveva paura di frantumarlo definitivamente solo sfiorandolo. Si allontanò per rispondere alla madre.
Ed smise definitivamente di osservare il pizzaiolo all’opera e si concentrò sulla nuca scoperta della ragazza. Non riusciva a sentire cosa dicesse. I capelli corti si attorcigliavano in boccoli larghi e cercò di immaginarla con i capelli lunghi ma non ci riusciva. Poi Antonio richiamò la sua attenzione e gli consegnò due scatoli bollenti. Lo ringraziò e pagò anche per lei.
Lei lo vide raggiungerlo mentre raccontava a sua madre cosa stesse facendo e con chi e lei non le credeva, così gli chiese qualcosa che non si aspettava.
  • Sheeran, parleresti con mia madre al telefono?
  • Cosa?
Lui spalancò gli occhi, in effetti gli aveva fatto una richiesta insolita, ma per una volta voleva averla vinta su sua madre. D’altronde le sarebbe capitato solo una volta nella vita di incontrarlo, non l’avrebbe rivisto mai più, quindi bando agli scrupoli.
Con la mano tremante gli passò quella sottospecie di cellulare.
  • Pronto – non sapeva che dire.
  • Sei un amico di mia figlia? Chi sei, Francesco? – la voce era sospettosa.
  • No, miss, mi chiamo Ed. – la guardava in cerca di aiuto mentre lei manteneva le mani sui fianchi.
  • Francesco, potresti imitare benissimo anche la regina Elisabetta.
  • Miss, io non sono Francesco. I – I don’t know what to say.
  • Passamela, grazie.
Prese il telefono dalle sue mani e rispose alla madre.
  • Mà, ma quale Francesco, non senti che parla inglese? Ti sei convinta?
La osservò mentre i suoi occhi vagavano nel vuoto senza vedere realmente, mentre ascoltava la voce della madre dall’altra parte del telefono. Sorrise senza capire cosa si stessero dicendo, soltanto per la sua testardaggine. Poi lei chiuse la telefonata.
  • Scusa, ma volevo averla vinta.
  • Non fa niente. – sorrise.
  • Allora…io mangerei.
  • Dove andiamo?
Ed Sheeran le aveva chiesto “Dove andiamo?”. Non era abituata a una cosa del genere, era comprensibile, ma restò molto sorpresa. Forse lui non sapeva proprio dove andare. Di solito andava a mangiare ai bordi della fontana, così senza rispondere a parole, gli indicò il luogo e lui si incamminò anche prima che lei potesse fare il primo passo. Ed si sedette sul gradino più alto e lei lo imitò. Non pensava che una star della musica potesse mangiare sui bordi di una fontana di una città di provincia, ma lui era Ed Sheeran e forse lo stava dando troppo per scontato. Aprì il suo cartone cercando di non sporcarsi e – per una volta – ci riuscì. Aspettò che lui facesse lo stesso, sperando che non notasse quanto in realtà fosse agitata e confusa. Probabilmente glielo si leggeva in viso, ma sperava davvero di non fare figuracce.
Ed, dal canto suo, non sapeva davvero cosa stesse facendo. Ok, aveva deciso lui di venire in quella città, ma ora che stava mangiando in compagnia di una sconosciuta non sapeva come comportarsi. Erano mesi che non aveva contatti con persone normali, che non facessero parte dello sfarzo del mondo della musica. Questa era una ragazza qualunque e lui non sapeva neanche cosa dirle. Ora che ci pensava, non le aveva chiesto nemmeno il suo nome.
  • Scusa, non ti ho chiesto come ti chiami. – disse voltandosi verso di lei.
  • Sara. – rispose nettamente, ricambiando lo sguardo.
  • Sara senza ‘h’?
  • Senza ‘h’. Sei uno dei pochi che me lo abbia mai chiesto.
  • E Sara senza ‘h’ ha anche un surname?
  • Sara De Amicis, al tuo servizio.
Si strinsero la mano in modo ufficiale, per poi ritirarla a staccare il primo pezzo di pizza.
  • Cosa ascoltavi prima, Sara?
Lei si voltò, sorpresa di quella domanda. Le era sembrato un tipo taciturno.
  • Te. Ascoltavo per la precisione “Thinking out loud”.
  • Oh. Non mi aspettavo questa risposta.
  • E io non mi aspettavo la domanda.
La conversazione terminò lì. Ed era troppo preso dalla fame e Sara era troppo presa dal panico. Dopo che ebbero terminato anche l’ultimo trancio, Sara si alzò e prese le scatole per buttarle nel cestino della differenziata.
  • Come mai i cestini sono colorati?
  • Qui facciamo la raccolta differenziata.
  • Cos’è? – aggrottò le sopracciglia cercando una risposta ovvia.
  • Separiamo i rifiuti per riciclarli. Anche se dubito che succeda davvero.
  • Oh. Come mai?
  • Perché la camorra ha otto braccia, proprio come una piovra e una di queste finisce sul riciclaggio dei rifiuti per trasformarlo in riciclaggio di denaro.
Forse stava gesticolando troppo? Forse si. Forse aveva anche parlato troppo.
  • Senti, io ora devo andare a fare delle commissioni. Grazie per aver pagato la pizza!
  • Di niente, Sara. – scosse la testa – Grazie a te per l’aiuto.
  • Figurati. – tese la mano verso di lui per salutarlo. – E’ stato un piacere conoscerti.
Ed istintivamente la afferrò e la strinse. Senza pensarci, sorrise. Per una volta aveva incontrato qualcuno che non strepitasse e non gli saltasse addosso.
  • Piacere mio. Davvero.
Sara tirò la borsa in spalla e lo salutò ancora una volta con la mano, prima di voltarsi e allontanarsi. Non si voltò indietro. Rigò dritta verso la sua meta, sperando di non essere impazzita o di stare ancora dormendo. Ad ogni modo, doveva andare via per forza, altrimenti avrebbe fatto tardi al suo appuntamento. Soltanto quando arrivò a destinazione si voltò, senza trovare nessuno, come si aspettava. Si chiese se l’avrebbe mai più incontrato.
 
Ecco, era di nuovo solo. Punto e a capo. La guardò allontanarsi, finché non sparì voltando l’angolo, poi si girò anche lui e ricominciò a camminare senza meta. Erano le 14.27 di un lunedì di Luglio, in una città sconosciuta e Ed Sheeran guardava le strade svuotarsi. Le persone si ritiravano nel fresco delle loro case per pranzare e lui non sapeva cosa fare. Lungo la strada, di tanto in tanto, si fermava ed entrava in qualche negozio, ma ben presto chiusero anche quelli. Alle 15.00 andò a riprendere la moto al parcheggio a ore, infilò il casco e tornò in hotel.
Pensò che un tuffo in piscina avrebbe potuto aiutarlo a ingannare il tempo, così tirò fuori il costume che J gli aveva fatto infilare in valigia, si coprì di protezione solare – “Altrimenti divento un pomodoro” – e con le infradito al piede raggiunse la piscina. C’erano dei bambini con i genitori, qualche coppia, per fortuna niente ragazzi. Prese possesso di un lettino e vi si stese, avendo cura che ogni parte di sé fosse all’ombra e si mise ad osservare i bambini che giocavano, con la musica a tutto volume.
In quel momento desiderò che Davide fosse con lui, per continuare quel discorso sul diario di Tom Riddle che stavano facendo. Erano interessanti le teorie di quel ragazzino. Avrebbe potuto portarlo in piscina, avrebbero giocato magari.
Quando il pensiero su Davide si fu esaurito e la sua mente fu vuota, si alzò e si accostò alla piscina per fare una nuotata. Nuotando, cercò di svuotare la mente. Era una cosa assurda per lui, perché il problema era proprio l’avere la mente vuota. Erano mesi che non scriveva un verso e J cominciava a preoccuparsi. Cosa avrebbe fatto se non avesse più scritto? Non era certo tipo da cantare canzoni scritte da qualcun altro. Era preoccupato più di quanto desse a vedere e quella preoccupazione gli riempiva la mente, allontanando una possibile ispirazione.
Ciò che stava cercando, non si trovava sul fondo di quella piscina.
Si fermò per riprendere fiato e uscì dalla vasca. Doveva darsi una mossa, fare qualcosa. Ancora una volta avrebbe voluto che Davide fosse con lui.
Poi gli tornò in mente quella ragazza – che clichè. Forse avrebbe potuto fargli compagnia. Sicuramente aveva i suoi impegni, ma…era l’unica persona che conosceva.
Senza pensare di cercarla davvero, chiese alla reception un elenco telefonico. Cercò quel cognome, lo trovò e segnò l’indirizzo su un post-it datogli dalla receptionist.
Tornò sul lettino, all’ombra e con l’amato GoogleMaps cercò l’indirizzo, per vedere quanto fosse distante. Non era esattamente dietro l’angolo, ma aveva una moto.
E due caschi.
 
Alla fine cosa aveva da perdere? Se anche lo avesse preso per un pazzo, non l’avrebbe rivista mai più. Eppure era ancora sotto quel portone senza avere il coraggio di premere il bottone del citofono. Non poteva neanche sbagliare, visto che erano gli unici De Amicis in città. A meno che non gli avesse detto un cognome falso, ma dubitava che fosse così.
Si sentiva tanto Amleto mentre recitava il suo dilemma, bussare o non bussare, è questo il problema. Fifone. Sentiva la voce di J che lo tartassava. Stava passeggiando avanti e indietro forse da più di mezz’ora e ancora doveva decidersi a fare qualcosa, ancora un po’ e avrebbe creato un solco nell’asfalto, come nei cartoons che ogni tanto vedeva in tv.
Si appoggiò al muro e guardò le pietruzze sul suolo, mentre teneva le mani in tasca, poi sentì il tintinnio di un mazzo di chiavi e istintivamente alzò lo sguardo. Indovina un po’? Eccola lì, che prende le chiavi dalla borsa. Si accorse di lui soltanto qualche passo più avanti.
Ma cosa ci faceva lì fuori? Era uno stalker?
Forse la sua espressione sorpresa l’aveva tradita, poiché vide Ed guardare in là, un po’ in imbarazzo.
  • Ciao, Sheeran. Stai facendo una passeggiata? – ironizzò per distoglierlo dall’imbarazzo che gli leggeva in viso.
  • Ciao. No, in realtà. – tornò con lo sguardo su di lei.
  • Hai bisogno di qualcosa? – disse dopo un attimo di silenzio.
Beh, il destino aveva deciso che l’avrebbe incontrata, o almeno è di questo che voleva convincersi, quindi bando alle ciance. Non aveva niente da perdere.
Sperava solo che in futuro non avrebbe letto “Sheeran seduce italiana e poi la delude” su tutti i giornali.
  • Ti stavo cercando. – sfilò una mano dalla tasca – volevo chiederti se…
Lei cercava di dare da sola una conclusione a quella frase, ma non riusciva a trovare un finale che desse senso alla sua presenza sotto casa sua. Voleva che gli indicasse qualche strada?
Il baccano che regnava nella sua mente, fuori non era altro che silenzio.
  • …Se… - un sospiro e via – se ti andrebbe di farmi da guida. Aiutarmi a visitare un po’ il posto.
  • Oh. – un attimo di silenzio, il tempo di analizzare la portata della sua richiesta – E sei venuto a cercarmi fino a casa? Bastava chiederlo subito.
Lei vide il suo sorriso e il tentativo di soffocare una risata, probabilmente rivolta a se stesso. Si era portato una mano al collo, strofinandosi la nuca, le spalle alzate, tese.
  • Vuoi salire? – chiese con naturalezza.
  • Ehm. Ok.
Sapeva che i napoletani erano famosi per la loro ospitalità, ma gli faceva un po’ strano accettare un invito del genere. Sperò che lei non avesse frainteso, ma volle credere che quel doppio senso lo avesse immaginato solo lui. Cercò di mascherare lo stupore nascosto nei suoi occhi, mentre lei incurvava le labbra.
Sara si avvicinò al citofono e pose il dito sul secondo bottone in alto, lo stesso che Ed aveva fissato poco prima. Riconobbe la voce della madre e la sentì dire che stava arrivando in compagnia di Ed Sheeran. La madre rispose con una risata.
Il rumore del portone che strisciava a terra gli fece venire i brividi e l’aspetto dell’ascensore non era per niente rassicurante. Le porte si chiudevano con dei magneti molto rudimentali.
  • Non preoccuparti, non morirai. – rise – Ah, ti avverto, mia madre rimarrà sconvolta, poi ti offrirà un caffè. Farai meglio ad accettare. – il suo modo di gesticolare lo distraeva.
  • Va bene, lo farò. – ricambiò con un sorriso.
Contò i piani, finché non si fermarono al quinto. La madre la aspettava sotto l’uscio della porta ricoperta di mogano. La targhetta recitava “Fam. De Amicis”.
  • Allora, ci credi?
  • Buonasera, miss.
Ed tese la mano, ma dovette attendere più o meno 5 secondi prima che la madre di Sara ricambiasse. Non era molto sorpreso del fatto che non le credesse, in effetti quella che si stava verificando in quella giornata, era un’eventualità altamente improbabile. Alla fine lo salutò e lo invitò in casa. Sara sorrideva sorniona e Ed cercava di trattenere una risata dinanzi a quelle facce buffe.
La signora gli offrì un caffè e lui accettò, come gli era stato ordinato.
Sara lo guidò verso il divano e lo fece accomodare. Ed posò il casco sul tavolino basso. Non sapeva che dire, ma fortunatamente il silenzio fu interrotto dalla voce di un ragazzo.
  • Lui è mio fratello, Davide.
Ma guarda che coincidenza. Davide non lo aveva ancora notato, ma quando si voltò rimase di sasso. Ed alzò timidamente la mano per salutarlo, poi la rimise in tasca, continuando a guardarlo in attesa di un cenno. Quella situazione era alquanto comica.
Sara sapeva che sarebbe successo, sapeva che sarebbe stato il panico. La prima cosa che uscì dalle labbra del fratello fu un “Oh mio Dio”, pronunciato con molto entusiasmo. Sara pensò di essere l’unica idiota che non lo aveva riconosciuto subito o che, perlomeno, dubitasse della sua concreta presenza in quella città. Ed assecondò la situazione: foto, autografo, pacca sulla spalla, per poi tornare sul divano vicino a Sara. Sembrava spaventato come un pulcino, intimidito com’era nelle spalle.
Quando la madre giunse col caffè, Ed ringraziò e prese una delle piccole tazzine. Era quasi inconcepibile per lui bere una così striminzita quantità di caffè.
Fu sorpreso da lei mentre guardava incuriosito quella mini-tazzina.
  • Non è come il caffè americano. Assaggia.
Senza proferire parola, fece un piccolo sorso e quando sentì il sapore corposo del caffè sulla lingua, dalla sua bocca uscì un “WOW”. La madre di Sara rise.
Mentre Ed terminava il suo caffè in quel pesante e imbarazzante silenzio, la signora salutò, annunciando alla figlia che stava andando via. Si salutarono con una stretta di mano e quando la signora se ne fu andata, l’atmosfera si alleggerì.
  • Allora… - cominciò lei – sei fortunato, perché proprio stamattina ho dato l’ultimo esame e sono libera. Cosa vorresti fare?
  • Ah, meno male. Veramente, non lo so. Vorrei vedere dei bei posti, visitare Napoli, Sorrento.
  • Sei dalla persona giusta, io vado solo in posti belli, ma devo informarti che io non ho una macchina.
  • Tu non hai una macchina, ma io ho una moto – disse battendo la mano sul casco.
  • Bene! – non sapeva più nemmeno se sorridere o essere sconvolta.
Lui sorrise, imbarazzato.
  • Senti, Sheeran…
  • Chiamami Ed. – la guardò.
  • Senti, Ed – continuò – io accetto di accompagnarti, ma tu devi promettermi che non sarai sempre così imbarazzato. Guarda che io sono più agitata di te. – terminò, mordendosi il labbro inferiore.
Ed aveva le mani intrecciate, le dita si tormentavano, il piede batteva nervoso a terra, ma quando lei terminò la frase interruppe qualunque attività. In effetti era piombato nella sua vita come se fosse piovuto da cielo. Tirò su le spalle e poggiò le mani sulle gambe.
  • Va bene, Sara. Amici? – disse mostrandole il pugno.
  • Amici. – concluse, battendo il pugno sul suo e sorridendo davanti a quel gesto.
  • Allora, dove mi porti?
  • Ti va di cominciare da qui? Ormai sono le 18, non vale la pena allontanarsi troppo.
  • Sono…come si dice…a tua disposizione. – era un po’ arrugginito.
  • E per cena?
  • Sei tu la mia guida.
La vide portarsi le dita al mento, in un gesto di riflessione. Si chiese cosa stesse pensando, quando riprese a parlare.
  • Va bene. Andiamo.



Angolo autrice:

Mi auguro che i lettori silenziosi siano rimasti incuriositi. La storia non sarà sempre così "placida", questo è solo l'inizio dell'avventura, date tempo al tempo. So di non essere una grande scrittrice (XD), per questo mi piacerebbe tanto conoscere le vostre opinioni - su qualsiasi cosa! Spero di leggere qualche recensione e che il capitolo vi sia piaciuto.
Bye! :D

 
  
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