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Autore: _MiAproAllaChiusura_    23/04/2015    4 recensioni
TEMPORANEAMENTE SOSPESA
Un nuovo arrivo nel BAU, Samantha Smith, ragazza solare all'apparenza ma con un passato difficile, che tutt'ora affronta.
Solo due persone conoscono ciò che le accaduto, Jason ed Aaron.
Lei non vuole dire la verità al resto della squadra, ma arriverà il momento in cui farlo sarà inevitabile..
Samantha è sempre stata una ragazza che ha cercato di allontanare tutti, ma con loro, con la sua squadra non ci riuscirà, soprattutto quando una persona inizierà a capirla fino in fondo.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aaron Hotchner, Derek Morgan, Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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~~Il Profilo

Mi svegliai un po’ frastornata, avevo dormito male e per di più avevo anche mal di testa.
Dovevo lavorare e cercare un Serial Killer con la testa che mi martellava in quella maniera… Ero tentata dal tornare a dormire quando notai qualcosa di strano.
Una sedia che la sera prima non c’era, ma quando mi guardai intorno notai che non era la sedia ad essere spuntata nella mia camera d’albergo nella notte, ma ero stata io ad aver cambiato stanza.
Mi alzai lentamente, dato che avevo la testa che mi girava, era come se qualcuno mi avesse dato una botta con qualcosa di duro, e proprio mentre pensai ciò, vidi una mazza da baseball nell’angolo della stanza.
Riuscii a vederla grazie ad una fioca luce che proveniva dalle mie spalle, mi girai ed infatti c’era una finestra così piccola da poter illuminare solo quel particolare e qualcosa, un piccolo anello, proprio sotto di essa.
Mi avvicinai per poterlo analizzare, volevo solo capire in che posto ero, e forse questo anello mi avrebbe aiutata; presi il piccolo oggetto, ma quando mi girai notai la sagoma di una persona, era immobile, probabilmente stava ancora dormendo, allora avvicinai la mano al suo corpo e quando la mia mano sfiorò il petto di questa, capii che era una donna. Era senza vestiti, ma non era questa la cosa che più mi lasciò interdetta, ma il fatto di non aver sfiorato nemmeno con la punta delle dita la parte inferiore, e quando riportai la mano alla luce, vidi con mio orrore che era sporca di sangue.
Allora presi la mano della donna per poterla portare sotto la luce per riuscire a guardarla e sperare di riconoscerla, ma quando lo feci, arretrai gridando.
Non ero riuscita a toccare le gambe, perché non le aveva, il corpo della donna andava dalla testa fin poco più sotto dell’ombelico.
Il sangue che avevo sulla mano… Era il suo, non aveva più la parte inferiore, l’avevano tagliata… Continuai a gridare e ad arretrare, fin a quando non urtai qualcosa, o meglio qualcuno… Probabilmente l’artefice di tutto questo.
Non avevo la forza per girarmi e guardare in faccia l’assassino, ma lo feci, quando lui parlò… E mi si raggelò il sangue.
<< Oh Sammy… Mia piccola Sammy, mi mancava sentirti gridare >> e fu a quel punto che mi girai e lo vidi, era lui, il mio incubo, era ritornato per fare ciò che non era riuscito a terminare 15 anni fa.
<< D… D… David >> iniziai a balbettare e gli occhi cominciarono a velarsi a causa delle lacrime che di lì a poco ero sicura sarebbero uscite.
<< D… D… David >> mi fece il verso lui << Fai tanto la ragazza forte, che è riuscita a superare tutto senza problemi, che è riuscita a dimenticarmi, ma non vedi come sei veramente, sei ancora quella bambina, che supplicava di non essere picchiata, che mi gridava di smetterla quando mi divertivo a giocare con il coltello sulla tua candida e morbida pelle.
<< Le cicatrici saranno pure scomparse sulla pelle, ma la cicatrice più grande, te l’ho lasciata dentro e mai se ne andrà, piccola mia Sammy, MAI! >> disse l’ultima parola urlando ed io iniziai a tremare, era proprio come 15 anni fa, lui aveva il potere ed io avevo paura, avevo paura di quello che di qui a poco avrebbe, avevo paura di rivivere ciò che avevo già passato.

Mi feci indietro, fino a che non urtai contro il muro, ero nell’angolo della stanza, poco più lontana dalla finestra e dal cadavere della donna, dalla metà del cadavere della donna, e fu solo allora che capii come volesse finire ciò che aveva iniziato.
Voleva finire ciò che aveva iniziato in modo più atroce, aveva perfezionato il piano in questi anni e aveva trovato il modo migliore, il modo che gli piaceva maggiormente… Ed ero completamente terrorizzata, iniziai a piangere e scivolai giù, lungo il muro, fino a sedermi a terra, mi presi le ginocchia e me le portai al petto.
<< Hai visto piccola Sammy, il mio capolavoro non è ancora finito, tu sei il pezzo mancante, tu sei stata la mia musa ispiratrice in tutti questi anni ed ora finalmente metterò in atto ciò che ho sempre desiderato, so che sei intelligente e che hai già capito cosa ti accadrà e questo mi piace, sai quanto mi piace il terrore che vedo nei tuoi occhi, te l’ho sempre detto e sempre te lo dirò… No scusa, dopo questa sera non potrò più dirtelo, e un po’ mi dispiace, ma è così che va la vita >> detto questo si girò e prese una valigetta e l’appoggiò su un tavolo.
<< Ti prego, ti prego non farlo, ho già sofferto abbastanza, ho passato anni di inferno, ti prego…>> ma mi fermai e pensai, lui era un sadico, gli piaceva che la gente avesse paura di lui, questo lo eccitava, non dovevo dargliela vinta, se dovrò morire per mano sua, non lo farò proprio come vuole lui, gli rovinerò i piani, stavo per morire e non volevo supplicare per una cosa che non sarebbe mai accaduta.
<< Non ho più paura di te, sei solo un fallito, che marcirà in prigione. Non sono più la ragazzina terrorizzata di 15 anni fa, sono una donna e sono cambiata, tu non sei più niente, nemmeno un vago ricordo >> cercai di dire con la voce più ferma che riescii ad assumere.
E poi lo vidi, strinse i pugni e si girò in modo rabbioso, aveva in mano una mannaia e alla vista dell’arma cercai di non far trapelare dai miei occhi il terrore, non l’avrebbe avuta vinta, ne oggi ne mai!
<< Oh cara Sammy tu hai paura di me! >> disse con rabbia ed io gli risposi prontamente << No! >> <> disse allora lui, ma io continuai << Le lacrime non le posso controllare, non hanno un senso, ma io non ho paura di TE >> l’ultima parola la dissi con più convinzione.
<< SI, tu hai PAURA >> alzò la voce ed anche la mannaia.
<< NO! >> << SI, TU HAI PAURA… HAI PAURA >> e mentre disse queste ultime due parole corse verso di me ed allora la consapevolezza della mia morte imminente era più forte della mia convinzione di non volergliela dare vinta, e chiusi gli occhi ed urlai, con tutto il fiato che avevo nel corpo.

E fu così che mi svegliai, urlando e piangendo.
Mi girai verso il comodino per vedere l’ora dal cellulare e notai che erano solo le 4.07 a.m. ed io ero sveglia, fortunatamente aggiungerei.
Posai il cellulare da dove l’avevo preso e mi girai verso il muro, mi toccai la fronte e notai che ero tutta sudata e passati pochi secondi mi misi a ridere.
Ma non era una risata come quelle di ieri nell’auto con Derek e Spencer, no, era una risata isterica; avevo davvero creduto di morire, un’altra volta, sembrava così vero.
Ad un certo punto mi alzai e feci la cosa che mi calmava ogni volta che avevo un incubo, presi dalla mia borsa il portafoglio ed estrassi una foto, un po’ rovinata per tutte le volte che l’avevo presa e maneggiata, per tutte le volte che me l’appoggiavo al petto, era questo l’unico modo in cui riuscivo ad addormentarmi, pensando a loro due, le due persone raffigurate nella foto, la stessa foto che Aaron aveva nel suo ufficio, quella in cui ci abbracciamo, tutti e tre, felici.
Mi sedetti un attimo sul bordo del letto e mi portai proprio come quando ero piccola la foto al petto, e fu in quel momento che mi accorsi che il cuore mi stava ancora martellando forte nel petto.
Quando mi calmai, o per lo meno quando il mio cuore smise di tentare di uscire fuori dalla mia gabbia toracica, andai a farmi una doccia, che durò più di trenta minuti, perché mi soffermai sulle parole dette da Spencer e da Derek, alla mia battuta sugli incubi… Secondo le mie battute di ieri, sarei dovuta andare dall’agente sexy in questo momento.
Quando uscii finalmente dalla doccia, dopo essermi rigenerata mi accorsi di aver appena definito il mio probabile collega sexy e arrossii per questo.
Mi preparai e per quando finii di vestirmi ed asciugare i capelli si erano fatte le 5.13 a.m., era ancora troppo presto per andare da qualsiasi parte, tutti dormivano, quindi decisi di andare in bagno e cercare di darmi una sistemata.
Mi guardai allo specchio e vidi che i miei occhi erano gonfissimi e rossi, a causa del pianto che era durato tutta la notte o quasi.
Iniziai a cercare di coprire in qualunque modo le occhiaie quando sentii qualcuno bussare alla porta.
In un primo momento sobbalzai, avevo ancora in mente le immagine del mio incubo, pensando potesse essere lui, ma poi mi diedi mentalmente della stupida; ma comunque esitai, non volevo aprire.
Poi mi ricordai che su questo piano c’eravamo io e Derek e andai leggermente in panico, perché se mi aveva sentito sentito, avrei dovuto dargli delle spiegazioni sul perché avevo urlato e non credevo avrebbe bevuto alla storia del solito incubo da primo giorno di lavoro, perché sapevo che per quando una persona potesse sognare cose orribili i primi giorni, non arrivava fino ad urlare come un’ossessa.
Quando credetti che la persona dietro alla porta se ne fosse andata ed ero sul punto di ricominciare a cercare di mascherare i segni di questa notte dalla mia faccia, sentii ribussare
 << Samantha sono Derek, tutto bene? >> la sua voce mi arrivò come un sussurro, completamente diversa da quella dell’uomo del mio incubo, era dolce, rassicurante.
Ma comunque decisi di non rispondere, così quando domani, anzi dopo mi avrebbe chiesto cos’era successo questa notte potrò far finta di niente e dire che stavo dormendo, per quanto improbabile la riuscita di questo piano mi imposi di crederci.
Quando Derek tornò nella sua stanza io continuai il mio lavoro, ora più determinata che mai a nascondere le mie occhiaie, dovevo riuscire a convincerlo, in un modo o nell’altro!
Essendo ancora presto mi sedetti sul tavolino rotondo che si trovava nell’angolo della stanza accanto alla porta, presi il mio blocco dei disegni e cominciai a raffigurare le immagini vissute quella notte, ne avevo a migliaia di blocchi di disegni così, perché ogni volta che facevo un incubo li riportavo, per vedere come la mia mente cambiava, gli intervalli tra un incubo ed un altro; avevo sempre trovato questo un metodo molto efficace per allontanarli dalla mia mente, era come se nel momento in cui li riportavo questi non si ripresentavano più, è per questo che le ambientazioni erano simili ma mai uguali, perché cambiava sempre qualcosa, sempre qualche particolare.

Finii di disegnare e riposi tutto nella borsa, quando qualcuno bussò alla porta; sperando non fosse Derek andai ad aprire la porta, non ancora mentalmente pronta per mentire, non riuscivo mai a farlo a stomaco vuoto.
Aprii e mi ritrovai davanti non Derek, per mia grande fortuna, ma Aaron, con un cappuccino ed un cornetto tra le mani.
<< Ti ho mai detto che sei il mio salvatore? >> domandai con ironia.
<< Forse, in circostanze diverse >> rispose lui andando ad appoggiare il tutto sul tavolino e sedendosi sulla sedia dove poco prima mi trovavo, mentre io mi sedetti sull’altra sedia pronta a gustarmi la colazione.
<< Aaaw, ricordi ancora che preferisco il cornetto vuoto, il mio stomaco ti sta ringraziando infinitamente >> e detto questo mi ingozzai, ma quando andai a bere il cappuccino mi ustionò la lingua.
<< Ahia… Mi potefi dife che efa caldo, grafie >> dissi cercando di soffiarmi sulla lingua.
<< Sei rimasta la stessa buffa e dolce ragazzina di tanto tempo fa >> le disse Aaron facendole alzare lo sguardo. Ma non sapeva di aver toccato il tasto sbagliato, ma di lì a poco se ne sarebbe accorto.
<< Non sono più quella di una volta Aaron, sono cambiata, ma questo tu non puoi saperlo, perché te ne sei andato, abbandonandomi. Sapevo che non sarebbe durata, ne ero consapevole e di certo non te ne avrei fatto una colpa, per una bambina di 8 anni ero molto intelligente, e capivo. Ma te ne sei andato da un giorno all’altro, senza dirmi niente, ovvero, senza dirmi niente di persona, ma solo per telefono. Non sei più venuto a trovarmi, di te mi restava solo il ricordo e quei regali che ogni anno mi facevi, per compleanno, Natale ed altre festività.
<< Vorrei dire di non aver conservato nessuno dei tuoi regali, di averli buttati, ma non è così, mi mancavi >> Non avrei voluto che lui venisse a conoscenza di queste cose, ma non ero riuscita a fermare le parole; almeno ero riuscita a non far trapelare la rabbia, camuffandola con la tristezza, anche se non era stato molto difficile farlo, dato che era anche ciò che provavo.
<< Era per lavoro, mi ero ripromesso di tornare, ma appena terminava un caso ed ero pronto per venire da te, ne spuntava fuori un altro, e così via. Ti assicuro che quei regali non li facevo per rimorso, ma per farti ricordare di me e per non farti dimenticare che io c’ero e che non me ne ero andato completamente >> era la voce più tenera che gli avessi mai sentito adottare prima d’ora e questo mi piaceva. Mi piaceva come sapeva adattarsi a persone diverse, come riusciva a comunicare con loro, mi era sempre piaciuto.
Hotch la guardò dritto negli occhi mentre diceva ciò e si rese finalmente conto che non era più la bambina di una volta.
Certo rimaneva sempre la piccolina che aveva salvato tempo fa, ma solo da un lato, perché da un altro, quello più persistente, era una donna, forte, che aveva affrontato tutto a testa alta, ed ora era qui.
Notò le occhiaie sotto i suoi occhi, che aveva cercato di nascondere al meglio col trucco, ma non disse niente, perché sapeva che era una donna alla quale le domande dovevano essere fatte in determinati momenti, e quello non era un momento giusto.
Gli sorrisi e dissi in tono scherzoso << Bene, ora andiamo. Non facciamo insospettire nessuno >>
Raccolsi le mie cose, borsa, scarpe, portafogli ed altre poche cose che aveva cacciato, ed insieme ad Aaron uscii dall’albergo dirigendosi alle macchine e si divisero come ieri.

Centrale di polizia 8.00 a.m.

Gli altri erano già scesi dalle auto e si stavano dirigendo all’interno della centrale. Nella nostra auto il primo a scendere fu Spencer e quando feci per seguirlo Derek mi fermò.
<< Ti ho sentita >> mi comunicò lui ed io feci finta di non aver capito << Ma se non ho detto niente >> dissi scherzando.
<< Dico questa notte, ti ho sentita mentre urlavi >> disse lui schietto.
<< Io non ho urlato >> cercai di convincerlo ma lui mi rispose prontamente << Certo che hai urlato, non far finta di niente, eravamo separati da uno stretto corridoio. Perché urlavi? >> domandò Derek cercando di essere il meno invadente possibile, anche se la domanda non lo permetteva.
<< Non ho urlato. E se pure fosse stato così, non sono affari tuoi comunque >> dissi in modo un po’ troppo burbero e scontroso forse, ma non mi importa in quel momento.
Mi girai verso la portiera, la aprii e mi diressi verso l’entrata raggiungendo gli altri dentro, seguita subito dopo da Derek.

Erano passate un paio d’ore dalla mia pseudo discussione con Derek e noi della squadra stavamo preparando il profilo, quando un poliziotto del distretto ci interruppe << Scusate l’interruzione, ma è trapelata la notizia che l’FBI sta lavorando a questo caso ed ora c’è un’orda di giornalisti fuori che vuole delle informazioni e non demorderanno fin quando non le avranno >>.
<< Abbiamo il profilo, comunichiamolo agli agenti e poi terremo una conferenza indetta all’ultimo minuto per informare i media >> comunicò Hotch all’agente, il quale corse immediatamente a comunicare ciò che aveva appena appreso ai colleghi, mentre noi uscivamo dalla stanza in cui c’eravamo appoggiati, dirigendoci verso un’altra stanza, dove tutti gli agenti avevano già preso posto.
Il primo a parlare fu Gideon << Allora questo SI odia i transessuali, odia gli uomini che fanno di tutto per cambiare e diventare un'altra persona, una donna. Per questa ragione unisce la parte superiore di questi, con quella inferiore di una vera donna, per fargli capire cosa non avranno mai, quello che con qualunque intervento non potranno avere >>
<< Questa è una forma di umiliazione, ammazza prima le donne e dopo gli uomini, per far si che vedano il male che essi stanno facendo all’umanità. Per l’SI le donne sono solo uno strumento, non sono loro le vere e proprie vittime, ma sono indispensabili per suo scopo >> intervenne Spencer.
<< Ed è proprio per questo che le copre con un lenzuolo e le ripulisce dal sangue, lo fa per scusarsi. Lui non si fermerà, vuole eliminare questi sbagli dal mondo, con ogni mezzo possibile >> aggiunse Derek.
<< E’ un uomo bianco tra i 35 e i 45 anni, forte, probabilmente gode di una posizione di prestigio, sia a lavoro che tra gli amici, ma non da peso a questa cosa, per non far ricadere troppo l’attenzione su di se >> concluse Hotch << Ora io e JJ informeremo i media, voi continuate con le ricerche >> << E voi… >> si girò verso Jason, Derek, Spencer e me << … Pensate un piano per questa sera >> detto questo si girò ed uscì dal distretto, per andare a parlare con i giornalisti.
<< Allora mettiamoci all’opera >> dissi e ci dirigemmo nella stanza da dove dieci minuti fa eravamo usciti.


Salve genteeee ^^
Allora, prima di tutto buonasera, mi scuso per l'orario, ma avevo completamente perso la cognizione del tempo e non mi ero resa conto che è già, fortunatamente aggiungerei, giovedì.
Pensavo di aver pubblicato mezz'ora fa, ma non è stato così, avevo solo cliccato "anteprima" e non pubblica *faccia della disperazione più totale*.
Prima di tutto vorrei sempre ringraziare chi ha letto, aggiunto tra i preferiti e tra le seguite la mia storia, e coloro che hanno recensito, anche se sono stati in moooolto pochi.
Non vorrei che la mia storia sia stata messa già in un angolino.
Passiamo ora alla storia, in questo capitolo abbiamo visto come Sam non sia la ragazza forte che vuole far credere a tutti.
Inizia ad uscire la sua parte ferita, anche se non vorrebbe, e qualcuno se ne sta accorgendo eheheheh
Detto questo, spero che vi farete sentire, con una piccola recensioncina, *si nasconde*
Alla prossima ^^

- F

 
  
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