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Autore: shadow_sea    24/04/2015    2 recensioni
La romance fra il comandante John Shepard e Jack, narrata in pochi capitoli ambientati alla fine di Mass Effect 3, ma costituita prevalentemente da rapidi flash back. Un'interpretazione personale del finale di questa saga.
Avverto i lettori che il linguaggio utilizzato è quello di Jack.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Uomo, Jack, Liara T'Soni
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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5. Ricordava bene la Terra

Ricordava bene la Terra, così come le era apparsa dalla finestra dell’alloggio sul ponte uno della Normandy poche ore prima dell'arresto di Shepard. La sua mente aveva partorito, prima di vederle realmente, le immagini di una banchina d'attracco affollata da militari che avrebbero preso in consegna il comandante.
- Fottiti, John. Questa è solo una cazzata micidiale - aveva detto all'uomo alle sue spalle.
- Non ha senso! Sai benissimo che non potrà finire bene questo processo di merda! Hackett, quel tuo ammiraglio del cazzo, se ne fregherà di te. Cosa vuoi che gli importi se ti metteranno in una cella scordandosi la chiave? Stanno solo cercando di pararsi il culo con i Batarian e sarai tu a pagare al loro posto! - aveva proseguito in tono stridulo, pur sapendo che quelle sue parole non sarebbero servite a nulla.
Shepard aveva continuato a fronteggiare quella scarica verbale senza mutare espressione: la faccia tranquilla e rilassata e quello sguardo azzurro, immobile e deciso, rendevano evidente che stava solo sprecando fiato e tempo. Era già tutto deciso e nulla di quanto avrebbe potuto dire gli avrebbe fatto cambiare idea.
Come unica concessione, il comandante aveva smesso di fissare la mappa galattica e aveva portato lo sguardo su di lei annuendo con lentezza. L'espressione del volto dimostrava che capiva cosa le passava per la testa e comprendeva le sue emozioni, ma non aveva parlato, sapendo bene quanto sarebbe stato inutile ripetere ancora una volta le sue motivazioni.
Si era limitato a stringersela al fianco e a trattenerla con il braccio sinistro. Poi si era girato verso di lei e le aveva fatto una carezza accompagnata da uno sguardo triste, da cane bastonato senza motivo.
Perché non c'era un motivo valido per quell'arresto e tutti e due ne erano ben consci. Ma laddove lei si sarebbe rifiutata di arrendersi e avrebbe voluto tirarselo appresso spingendolo a vivere una vita da pirata e da perenne ricercato, lui accettava senza proteste quel destino idiota.

- Ho prestato servizio nell'Alleanza ubbidendo agli ordini che mi erano stati dati non tanto per rispetto delle gerarchie, ma per il bene della galassia. Per questo stesso motivo, quando l'ho ritenuto necessario, ho rubato la Normandy e più tardi ho accettato di usare le risorse di Cerberus. Ora il bene della galassia esige che io mi faccia arrestare o non potrò più combattere per lei - aveva provato a spiegarle più volte, ma senza risultato.

“Il bene della galassia. La difesa di tutte le razze che l’abitavano… Si poteva dedicare tutta la propria vita a un obiettivo così sconsiderato?” si chiese per l’ennesima volta, pur conoscendo la risposta: Shepard poteva, lei no… ma lo amava, per sua disgrazia.
Amava un idiota che era andato a farsi ammazzare per gente che non conosceva, che non gli aveva creduto in passato e che in futuro non gli sarebbe stata riconoscente.
Era ovvio che Shepard non potesse accontentarsi di salvare la galassia premendo un bottone del cazzo. Dove stava la gloria in un gesto così banale? Ci voleva uno scontro epico, meglio se fatale, ovviamente… Perché, se pure l’amava con tutto se stesso, Jack era sacrificabile, così come lo era l'esistenza stessa del comandante. Il loro futuro in comune era un semplice optional, desiderabile ma secondario.
“Forse lo amo proprio per questo?” si chiese inorridita da quell’interrogativo, prima di lasciare che i pensieri proseguissero a ricordarle le ultime immagini che aveva di lui prima dell’arresto.

Era sceso dalla nave dopo un ultimo bacio che lei aveva interrotto respingendolo con rabbia. Poi si era incamminato sulla banchina con il suo solito portamento austero, senza farsi piegare le spalle dalla pena che provava nel consegnarsi in mano a gente ignara, che ancora si ostinava a non comprendere il pericolo rappresentato dai Razziatori.
Era rimasta a bordo, a fissarlo dalla finestra. Se fosse scesa si sarebbe avventata sulla coppia di soldati e sul maggiore che avevano salutato rispettosamente il comandante, prima di affiancarlo.
Li aveva osservati mentre si dirigevano verso un piccolo veicolo militare che era volato via senza che il comandante si fosse girato una sola volta a guardare indietro. Se lo sarebbe aspettato da lui, non tanto per lei, quanto per la sua nave. Ma probabilmente quella visione gli avrebbe spezzato il cuore e John non poteva permetterselo, con quel processo da affrontare a breve.
Si era attardata nella sua stanza, in cui ancora aleggiava il profumo del suo dopobarba, fino a quando un militare sconosciuto era entrato dalla porta dicendole che l'avrebbe accompagnata presso gli uffici dell'Alleanza per un colloquio con un certo David Anderson.
- Il comandante Shepard le ha fissato questo appuntamento qualche giorno fa e mi ha chiesto di accompagnarla.
Aveva annuito, si era fatta dare l'indirizzo, ma aveva declinato gentilmente la sua scorta.
- La ringrazio molto, ma preferisco andarci sola - aveva risposto, recitando la parte di una gran dama di qualche secolo prima.
Il militare non aveva protestato e lei era scesa dalla nave. Poi era andata a sbronzarsi in un bar vicino scegliendo un buco seminterrato pervaso dal fumo di sigarette e da miasmi vari.

Ricordava bene le ore che aveva trascorso in quel locale, seduta ad un tavolino in modo da poter guardare la Normandy ancora attraccata al molo, attraverso la grata della piccola finestra che affacciava all'altezza del marciapiede esterno. Aveva fissato a lungo il simbolo esagonale giallo e nero che risaltava sullo scafo sorridendo ironicamente al destino che le aveva giocato ancora una volta uno scherzo inatteso.
Se Shepard non fosse stato tanto disperato da accettare l'aiuto di Cerberus per combattere contro i Razziatori, sarebbe stata ancora prigioniera sulla Purgatory. Di certo l'Alleanza non lo avrebbe mai incoraggiato ad assoldare personaggi ambigui e pericolosi come lei stessa, Thane, Kasumi o Zaaed, solo per citarne alcuni.
E invece lei, una nota criminale, era entrata a far parte dello strano equipaggio della Normandy e aveva seguito il suo carismatico comandante al di là del portale Omega 4. Aveva combattuto per lui e se ne era perdutamente innamorata.

Due uomini che si erano avvicinati al suo tavolino l’avevano distratta da quei ricordi. Le era bastata un'occhiata per capire che tipi fossero: delinquenti di mezza tacca, sicuri di essere invincibili, anche grazie al tatuaggio che ostentavano sulle braccia. Pur senza conoscerlo, aveva capito che era il simbolo di una qualche banda del luogo.
- Ehi, bellezza. Non dovresti startene tutta sola a ruminare i tuoi guai - aveva attaccato quello biondo dagli occhi slavati.
- Hai degli splendidi tatuaggi. Mi piacerebbe vedere la fine di quello - aveva aggiunto il nero che aveva strizzato l'unico occhio rimastogli indicando una linea scura sul petto di Jack, parzialmente nascosta dal giubbotto di pelle.
- Tieni lontane le tue manacce fetenti - lo aveva avvertito, nauseata dall'idea che quell'individuo repellente potesse contaminare il chiodo che John le aveva regalato qualche giorno prima.
- La piccoletta non sa chi siamo, a quanto pare...
- Ma possiamo rimediare. Sarebbe un vero peccato se ripartisse prima di aver conosciuto le bellezze di Vancouver, non trovi?
- Assolutamente. Il vecchio Harper ha una grossa sorpresa per una bimba bella come te...

Il primo colpo biotico aveva colto di sorpresa i pochi avventori seduti attorno al bancone, che si erano ritrovati in terra quando il corpo dell'uomo biondo si era schiantato contro le gambe di uno sgabello. La violenza di quell'onda era stata tale da dare il via ad un effetto domino che aveva mandato a gambe all'aria ogni persona seduta lì vicino. L'uomo di colore si era invece esibito in un salto mortale involontario che era terminato contro lo specchio alle spalle del barista, facendo rotolare in terra vari contenitori metallici che avevano riversato in terra liquori scadenti provenienti da sistemi stellari diversi.
Pochi decimi di secondi dopo era scoppiata una vera rissa fra i criminali delle due bande che erano soliti radunarsi in quello squallido buco fumoso e puzzolente, divisi da una barriera invisibile tracciata fra tavolini e bancone. Ma quella prima manifestazione di violenza aveva raggiunto il culmine all'ingresso degli agenti di pubblica sicurezza, quando le due bande avevano tacitamente deciso di metter da parte le proprie rivalità per fronteggiare il comune nemico appena comparso sulla scena.

Appoggiata con la schiena alla parete vicino al tavolino, Jack aveva ammirato divertita lo spettacolo per qualche secondo, ma presto aveva deciso che sarebbe stato opportuno dileguarsi.
Per un breve attimo aveva preso in esame la possibilità di consegnarsi alle autorità, ma finire in una squallida cella non le avrebbe reso più semplice cercare di mettersi in contatto con l'idiota che si era fatto arrestare qualche ora prima. Di certo la sistemazione che le avrebbero trovato non sarebbe somigliata affatto a quella riservata al celebre comandante Shepard.
“Dannato imbecille” aveva pensato per l'ennesima volta maledicendo l'uomo che il suo cuore aveva scelto per lei, cercando di passare inosservata fra la folla di litiganti e di raggiungere l'uscita del locale, ormai straripante di agenti che ne avevano bloccato l'uscita.
- Vaffanculo - aveva sibilato al ragazzino inesperto con indosso una divisa che l'aveva afferrata per un braccio mentre cercava di svignarsela, prima di mandarlo a sbattere contro il soffitto, insieme ad altre tre o quattro delinquenti che si trovavano a troppa poca distanza per evitare il colpo biotico.
- Vaffanculo - aveva ripetuto ancora, dopo essersi insinuata nella grata mezzo divelta di una delle finestre del locale: il chiodo che indossava era rimasto impigliato fra le sbarre spezzate e contorte e aveva dovuto sfilarselo di dosso per riuscire a sgusciar via attraversando la finestra senza danneggiarlo.
Si era accucciata sul marciapiede tenendolo saldamente fra le dita della mano sinistra, mentre aveva utilizzato la destra per liberare cautamente l'indumento, attenta a non rovinarlo. Non lo avrebbe lasciato per nessun motivo, neppure per sfuggire agli agenti di pubblica sicurezza.
Il terzo - Vaffanculo! - lo aveva rifilato al robusto uomo di colore che le aveva imprigionato le braccia nel momento stesso in cui si stava infilando il giubbotto che era riuscita a liberare.

La nova in cui si era esibita non era bastata a farle riconquistare la libertà, perché quell'uomo, chiunque fosse, doveva sapere il fatto suo e conoscere bene i biotici. Si era ritrovata stretta in una sorta di abbraccio che le impediva qualsiasi movimento.
- Lasciami andare, brutto stronzo! Fatti i cazzi tuoi - aveva strillato, cercando di sgusciar via da quella stretta decisa, rassicurata dal fatto che la divisa indossata dall'uomo apparteneva all'Alleanza e non alla polizia locale.
- Ti stavo cercando - aveva risposto lui con voce tranquilla, limitandosi a rafforzare la presa sul cuoio che le ricopriva le spalle.
- Mollami, razza d'idiota. Dovresti combattere contro i Razziatori, non contro le ragazzine - aveva commentato cercando di mordergli la mano che si trovava più vicina alla sua bocca, ma senza successo.

- Occupatevi dei tipi nel locale. A lei ci penso io - aveva ordinato l'uomo con un tono di voce pacato e sicuro di sé ai due agenti di polizia che si erano prontamente avvicinati, attirati dalle grida.
- Come desidera, signore - aveva risposto il giovane tenente tornando sui propri passi, dopo aver appoggiato una mano sulla spalla del suo compagno per invitarlo a seguirlo in direzione del locale da cui cominciavano a defluire gli avventori che venivano fatti entrare a forza in un veicolo destinato al trasporto prigionieri.
- E ora, Jack - aveva aggiunto l'uomo di colore - vorrei parlare un po' con te.
- Ma io no - era stata la sua pronta risposta. Aveva continuato a divincolarsi inutilmente, ottenendo l'unico risultato di rimanere mezza nuda, con il giubbotto aperto fino alla vita e il top di stoffa sottile tutto sghembo, a mostrare un seno su cui era mollemente appoggiata la medaglietta di John che brillava sotto la luce artificiale dei lampioni.
L'uomo l’aveva lasciata finalmente libera, con un sorriso in volto e gli occhi fissi sulla medaglietta identificativa.
- Rivestiti, per favore. Decisamente gli assomigli molto. Beh, mi riferisco al John prima che diventasse comandante. Sono sicuro che ti abbia raccontato poco di sé. Ma io conosco qualche storia del suo passato e penso che ti piacerebbe ascoltarne qualcuna... Sempre meglio che finire in prigione, no? Anche perché devi restarne fuori per conservare una minima speranza di rivederlo prima di quello stupido processo.
Quella frase finale l'aveva decisa a seguirlo, anche se non lo conosceva. E quando lui aveva detto di chiamarsi David Anderson, poco più tardi, mentre guidava l'astroauto su cui l'aveva invitata a salire, Jack si era limitata ad alzare le spalle.
- Il tuo nome dovrebbe dirmi qualcosa? So poco di John. Nulla di precedente al nostro incontro avvenuto pochi mesi fa - aveva ammesso dopo qualche secondo di silenzio - Nulla che non riguardi questa cazzo di guerra contro i Razziatori - aveva proseguito a voce bassa, come parlando a se stessa, provando un'irritazione sorda e irrazionale verso il comandante che non le aveva rivelato nulla di sé e verso quell'uomo che invece diceva di conoscerlo tanto bene.
- Ma tu non sai neppure di cosa sto parlando o, se lo sai, di certo pensi che i Razziatori siano solo la fantasia di una mente malata - aveva aggiunto, accorgendosi che Anderson le aveva rivolto un'occhiata incuriosita.
- Ti sbagli - aveva replicato l'uomo scuotendo la testa - Ma quello che penso io conta poco o John non sarebbe in stato di arresto.
- E' un fottuto idiota.
- Suppongo che sia possibile vederla così, ma non sono d'accordo con te.
- Tu approvi questa scelta del cazzo? Farsi arrestare per aver salvato la galassia dall'attacco immediato dei Razziatori? Con tutto quello che ci sarebbe da fare per preparare una difesa... ammesso che esista un modo per difenderci da quelle fottute seppie giganti... - aveva commentato ironicamente, sputando le frasi come se suonassero disgustose al palato.
- John è un soldato. Rispetta gli ordini ricevuti e accetta di compiere il suo dovere. Sa che non avrebbe ottenuto nulla se si fosse rifiutato di sottoporsi a questo processo - aveva iniziato a rispondere Anderson usando un tono che l’aveva irritata.
- Non trattarmi come se fossi una bambina capricciosa o egoista!
- Non intendevo farlo. Ma sto sprecando il fiato: immagino che lui abbia già provato a spiegartelo…

Certo che ci aveva provato, fin troppo spesso. Ma lo spettacolo che i suoi occhi stavano fissando non poteva non suggerirle la certezza che lei aveva avuto ragione. Era stato tutto un maledetto sbaglio.
Solo le letture incontestabili del factotum riuscivano a convincerla che John non era spacciato. Nessun altro essere avrebbe potuto superare traumi di quella portata, ma lui continuava ostinatamente a respirare: gli impianti che Cerberus gli aveva inserito nel corpo, sostituendo gran parte dei suoi organi interni, lavoravano infaticabilmente per mantenerlo in vita.
Si passò le dita ancora umide di medigel sulle palpebre, nel tentativo di familiarizzare con la luce rossa che riluceva nell'orbita distrutta del comandante. Era quel piccolo raggio che aveva consentito a quell'essere di vedere, da quando era stato ricostruito. Aveva inviato impulsi elettrici ad un cervello che forse era stato modificato a sua volta, in modo da essere in grado di leggerli e decifrarli, traducendoli in immagini. Ma ora il medigel scorreva a fiumi nei condotti artificiali che svolgevano la funzione dei vasi sanguigni, annebbiando tutti i suoi sensi e impedendogli di rendersi conto di dove realmente si trovava. Per quello si era perso in quelle allucinazioni prive di senso. O forse il delirio di John era dovuto alle ferite che aveva ricevuto alla testa o a un tentativo di indottrinamento dei Razziatori.
Non conosceva la causa scatenante e non sapeva se avrebbe mai potuto riportarlo indietro, nel mondo reale. Sapeva solo che lui non vedeva e non sentiva nulla di ciò che li circondava. Era vivo, ma in un mondo lontano, che lei non riusciva neppure a immaginare e che non sapeva come raggiungere.

- Scusami, Liara. Te la senti di riprovare? - chiese a bassa voce quando si accorse che il comandante aveva cominciato a muovere debolmente il braccio sinistro, come cercando di raggiungere qualcosa oltre la sua portata.
- Credo stia succedendo qualcos'altro... - aggiunse con voce preoccupata, scostandosi dal ferito per far spazio all'asari.
Adesso il silenzio di quella notte scura era interrotto dai gemiti di Shepard e il cuore delle due donne divenne ancora più pesante.
- Mi sembra abbia sentito la voce di Hackett che gli stava chiedendo aiuto - fu la risposta di Liara, giunta dopo dopo qualche minuto eterno.
- Gli ha ha detto che non era accaduto nulla, che il crucibolo non si era attivato. Neppure la guerra di Shepard è ancora finita. Nemmeno lì i Razziatori sono stati sconfitti.
Jack alzò istintivamente lo sguardo verso il cielo, là dove fino a poco prima la sagoma della Cittadella riluceva, illuminata dalle esplosioni e dagli spari dei cannoni. Ma da un po' di tempo, anche se non sapeva dire quanto, i Razziatori l’avevano trasportata via, probabilmente per metterla al sicuro dalla flotta alleata.
- Fissava la sua uniforme ricoperta di sangue e si premeva la mano su una ferita al fianco - proseguì Liara, senza riuscire a trattenere le lacrime - Non si reggeva più in piedi. Era stremato, ma ancora rifiutava di arrendersi. Ha risposto ad Hackett che non capiva cos’altro potesse fare. Poi si è trascinato in terra per raggiungere ancora una volta la console. Per la Dea...
Appena completata l'ultima frase, l'asari prese a singhiozzare senza più ritegno. Le sensazioni che le erano penetrate nella mente erano state troppo intense, le avevano gridato disperazione assoluta e morte imminente.
- Ti prego, tieni duro. Puoi ancora farcela, Shepard - si ritrovò a mormorare l'asari asciugandosi gli occhi.
- Forza, comandante. Non puoi arrenderti ora - le fece eco Jack, sussurrando vicino all’orecchio del ferito - Ricorda i nomi incisi sul memoriale della Normandy. Ricorda Jenkins, Ashley, Thane e Mordin. Ricorda Anderson. Rialzati, John, e combatti per loro.
- Se si arrende, muore - si giustificò poi, alzando lo sguardo e cercando di incrociare gli occhi dell'asari, ma non c'era alcun bisogno di giustificarsi. Entrambe sapevano che solo la necessità di continuare a combattere il nemico avrebbe potuto tenere in vita il comandante fino all'arrivo della Normandy.

- Hai visto altro? - chiese Jack poco dopo, in un tono che suonava simile a una preghiera.
- No, non c'era più nulla. Sembrava avesse perso i sensi. O forse sono solo troppo stanca... Devo riposare, mi spiace - rispose l’asari, sentendosi avviluppare in un vortice che le faceva perdere il senso dell’equilibrio.
Si rese conto a malapena che il buio circostante veniva risucchiato via, lasciando posto ad un bianco accecante, poi si trovò a vomitare sull'asfalto.
  
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