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Autore: _Ala_    27/12/2008    5 recensioni
Ino Yamanaka è stata catturata, e ora giace abbandonata nelle segrete dell'Akatsuki.
Itachi Uchiha ha il compito di sorvegliarla e di estorcele i segreti di Konoha.
Ma non è lui che devi temere Ino, perchè si sa, la mente umana è fragile e contorta e in questa situazione, mentre sei soppraffata dal dolore e dalla paura, è solo di te stessa che devi dubitare.
Perchè ricorda; il ghiaccio a contatto con la pelle brucia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Ino Yamanaka
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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riassunto
 
 
 
 
Le mani di lui scorrevano sul suo corpo lentamente.
Senza l’intenzione di farle del male.
Le punte ghiacciate delle dita le provocavano brividi sulla pelle e lei socchiuse le labbra per sospirare piano, confusa.
La bocca di lui era calda contro il suo collo candido,
i suoi respiri affannati le arrivavano alle orecchie come una carezza
invitante e terrorizzante insieme.
Itachi abbassò di più il viso e lei sentì i suoi lunghi capelli sfiorarle distratti il seno.
Affondò le dita fra quei fili corvini,
ma poi si arrestò,
lacerata tra il bisogno di stringerlo con più forza
e la ragione che le imponeva di spingerlo lontano.
Lui percepì quel dubbio e la trasse a sé,
mormorando parole a voce troppo bassa per venire udite.
Ino le prese per rassicurazioni silenziose,
e, finalmente, si lasciò andare.
Abbandonandosi tra le sue braccia.

 

DAMNATION
 
L’oscurità era troppo potente per essere sconfitta, il buio premeva sui suoi occhi sbarrati, l’accecava completamente.
Le toglieva ogni senso della realtà, ogni percezione di tempo e spazio. L’unica cosa che le rimaneva ora era la paura.
Pura, irrazionale.
Lei cercava di combatterla, ci provava con ogni fibra di se stessa, ma era inutile.
In quel momento la paura era ovunque, era inarrestabile.
Era come combattere contro la notte.
Ino lo sapeva, che non sarebbe mai riuscita a disperderla.
Cercò di pensare, di ragionare in modo coerente.
Da quanto tempo la tenevano prigioniera oramai?
Un' ora? Un giorno? Un mese?
Da dove si trovava non riusciva a vedere l’esterno, non riusciva a scorgere il Sole sorgere e tramontare, non riusciva a sentire sulla pelle il calare della Luna.
A volte cedeva nel sonno, si arrendeva alla monotonia dello scorrere dei secondi, sempre uguali, sempre più opprimenti, soffocanti,
allora non si imponeva più di rimanere vigile, lasciava correre la fantasia, tornava a Konoha, tornava nel suo villaggio,
nei suoi prati, sotto il cielo che le aveva regalato il colore dei suoi occhi, ed era più facile non impazzire.
Altre volte invece non ci riusciva, e allora si abbandonava al panico che la divorava e cedeva; si scioglieva in pianti convulsi, distruttivi, patetici, oppure urlava, urla acute, incontrollate, la voce della disperazione le esplodeva attraverso le labbra, devastandole la gola, facendole mancare il respiro.
Si dimenava, picchiava il capo contro la parete alle sue spalle, si mordeva la pelle candida delle spalle fino a che sentiva il sangue scorrere nella sua bocca, poi quando ne sentiva il sapore ferroso sulla lingua, non riusciva a controllare il disgusto e vomitava, arrendendosi poi sfinita a quell’oblio angosciato che era la sua condizione più usuale oramai.
 
 
All’improvviso dei passi la ridestarono dal suo torpore.
Ci mise un attimo a collegare, i suoni arrivarono al suo cervello attutiti, come nascosti da uno spesso strato d’ovatta arruffata.
Ma poi sentì lo strisciare basso di una porta che veniva scostata.
Terrorizzata schiacciò la schiena contro la parete, stringendo i pugni incatenati che la tenevano inchiodata al terreno, e faticosamente trascinò le gambe verso di sè, ordinando alle sue ginocchia stanche di piegarsi, così che nascondessero almeno in parte il suo viso, i suoi occhi atterriti.
Uno spicchio di luce si fece largo nella stanza, arrivando lentamente, delicatamente, fino a lei.
Dopo l’ incessante nero a cui era abituata quella filtrazione luminosa le parve più accecante di un faro puntato direttamente in faccia.
Con uno scatto spaventato chinò il viso verso le ginocchia, e istintivamente vi premette gli occhi, strizzandoli forte e trattenendo il fiato senza accorgersene.
Anche così avvertì con chiarezza la luce esplodere nella stanza, spinse ancora di più la testa fra le gambe e le sfuggì un ansito terrificato.
 
"Ino Yamanaka" constatò una voce fredda, incolore.
La ragazza pigolò un misero verso strozzato e si morse a sangue le labbra secche, esangui per via della disidratazione.
La voce gelida non aggiunse altro, ma la kunoichi riusciva a sentire il suo sguardo inespressivo su di sé, impegnato a scrutarla, studiarla stancamente, quasi come avrebbe potuto fare lei davanti a un problema scolastico più insidioso del solito, ma non troppo da preoccuparla, giusto annoiandola leggermente.
"Ninja di Konoha, catturata tre giorni fa, unica sopravvissuta ad una squadra composta da tre jonin, Nara Shikamaru e Choji Akimichi deceduti, esatto?"
Alla ragazza si spezzò il fiato, all’improvviso i suoi polmoni sembrarono diventare di pietra, qualcosa di dannatamente doloroso le raschiò la gola.
Quando infine i singhiozzi eruppero sulle sue labbra Ino capì che erano lacrime. Scosse il capo, non poteva pensare, non poteva ricordare.
Non accettava ancora la loro morte, non riusciva nemmeno a concepire una cosa del genere, non doveva soffermarsi su quel pensiero, o non sarebbe sopravvissuta, lo sapeva con certezza.
"Cosa intendi scuotendo il capo? Asserisci di non essere tu?"
Ino continuò a scuotere furiosamente la testa, cercando di allontanare parole e immagini dalla sua mente.
"Ti puoi esprimere?"
"Smettila…" bisbigliò, a voce talmente bassa che quasi non si sentì da sola.
"Cosa? Non ho sentito." Dichiarò con indifferenza lui.
"Smettila di parlare! Stai zitto!"
La ninja finalmente sollevò gli occhi azzurro cielo, rossi di disperazione, stracolmi di lacrime, e gli urlò addosso quelle parole spezzate, piena di rabbia cieca.
Ma non riuscì a finire la frase, di nuovo si sentì bloccare il fiato, gli occhi spalancati, sconvolti.
Senza parole fissò il ragazzo che le stava di fronte, un misto di terrore, incredulità e rifiuto della realtà si ammassò contro il suo cuore.
Non poteva essere lui.
 
"Uchiha Itachi..?" mormorò senza voce, solo un muoversi di labbra torturate.
Il ragazzo inclinò la testa da un lato, fissandola di nuovo con uno sguardo vuoto, inespressivo.
Ino fissò a lungo il suo volto, la sua bellezza devastante quanto irreale, le fattezze di un angelo caduto nel bel mezzo dell’inferno.
Occhi neri, un tunnel d’oscurità infinito che sembrava risucchiarla in un'altra dimensione, pelle chiara come quella di un morto, capelli scuri come l’ala di un corvo, neri, una cascata d’acqua liscia che gli scendeva sulla schiena, trattenuta in una coda elegante.
La ragazza lasciò il capo libero di ricadere, senza vita, sul suo petto, gli occhi aperti, completamente vuoti, che non vedevano realmente niente.
- Sono finita - pensò stancamente, e l’ombra di un piccolo sorriso si formò negli angoli della sua bocca.
Il ragazzo non fece nessuna piega, le si avvicinò e le liberò i polsi arrossati e feriti, poi si rialzò e le si mise di fianco.
"Alzati" ordinò. La kunoichi non diede nessun segno di averlo sentito.
Itachi assottigliò pericolosamente gli occhi,con un piede le spinse una spalla, fiaccamente.
Come un peso morto Ino si riversò a terra senza un suono, fatta eccezione del tonfo morbido della carne sul pavimento di pietra.
Svuotata, assente, come già morta.
Il Mukenin la guardò sprezzante, ma poi il suo sguardo si posò sulla sua figura snella, su quei capelli che, malgrado sporchi e arruffati, le scendevano fino alla vita, lisci, preziosi come oro albino.
Quelle bocca incrostata di sangue secco, gli occhi fissi sul nulla, eppure così limpidi, trasparenti.
Le labbra di Itachi si arricciarono pericolosamente, un ghigno perfido, crudele.
"In piedi ho detto" ripeté, imperioso.
Ancora la ragazza non accennò a muoversi.
Bruscamente l’Uchiha le afferrò un braccio, tirandola con uno strattone in piedi, all’istante le gambe di lei cedettero, e fece per cadere di nuovo, senza provare minimamente a impedirselo.
Ma il ragazzo subito la inchiodò contro il muro, schiacciandole violentemente il collo con una mano e bloccando la sua caduta con il proprio corpo.
Ino si ritrovò improvvisamente soffocata, gli occhi ipnotici del mukenin a pochi centimetri dal suo viso.
Scioccata lo guardò, l’espressione piena di paura, come quella di un animale braccato.
"I miei ordini sono assoluti, ragazzina. E questo vedi di capirlo chiaramente.
Ora mettiamo subito in chiaro una cosa; io posso farti soffrire, e lo posso fare al di là di ogni tua previsione, non ti conviene contrariarmi. Hai capito?"
La sua voce era tagliente, glaciale. Ino fissò il suo viso pietrificata, averlo così vicino le toglieva ogni facoltà di ragione.
Era assolutamente intrappolata in un labirinto di puro, totale terrore.
Non c’era via di uscita.
"Ho detto: hai capito?!" sibilò di nuovo Itachi.
Ino annuì, tremante.
"Bene. Ora seguimi"

Il rumore di carne contro carne è particolare, è un suono basso, profondo, di solito è un rumore quasi dolce, quasi opaco, nebbioso.
Ma sulla sua pelle Ino lo sentiva in modo diverso.
Bruciava, faceva un male acuto, insopportabile. La mano di Itachi era gelida mentre schiaffeggiava la sua guancia, ma lasciava fuoco al suo passaggio.
Mille aghi incandescenti che torturavano ogni millimetro del suo viso. Attraverso gli occhi offuscati dalle troppo lacrime, Ino lo guardò, e di nuovo non poté impedirsi di tremare.
Lui le sferrò un nuovo colpo, un calcio dritto nell’addome. Era incredibile come riuscisse a restare elegante, quasi aggraziato anche mentre riduceva una come lei in carne da macello.
La ragazza si piegò su se stessa, annaspando con le mani per non crollare rovinosamente a terra, disgustata sputò una boccata di sangue che andò a sporcare in parte il pavimento, in parte il suo corpo già sudicio e martoriato.
"..ba…basta!" pregò con la poca voce che le rimaneva, mentre si stringeva con una mano il busto, quel cuore che minacciava di esploderle nel petto, ma che allo stesso tempo sentiva così fragile, come se dovesse fermarsi da un momento all’altro.
"Dimmi dov’è Kyuubi e tutto questo finirà!"
Lei scosse il viso, per quanto il dolore glielo consentisse, e strizzò gli occhi facendo schizzare ovunque le lacrime e il sangue.
"Non lo so! Te lo giuro! Non lo so…!"
All’improvviso sentì la mano di Itachi afferrarle bruscamente i capelli, mentre con uno scatto si acquattava di fianco a lei.
"Non osare mentirmi!" sibilò la voce furiosa e glaciale del ragazzo, Ino rabbrividì a sentire il suo respiro accarezzarle l’orecchio, quasi delicatamente.
Con movimento fulmineo e inaspettato lui si alzò in piedi, trascinando anche lei contro il muro, colta alla sprovvista la ragazza urlò, portandosi le mani al capo in un tentativo istintivo di soffocare il dolore.
Itachi la inchiodò di nuovo al muro, e le premette una mano sulla bocca, senza alcuna attenzione al suo viso e al suo corpo doloranti e sfiniti.
Dal nulla un kunai spuntò nella sua mano.
Impietrita la ragazza seguì il suo lento movimento mentre lo alzava all’altezza della sua gola, e poi lo avvicinava tanto da toccarle la pelle sensibile del collo.
Rabbrividì, gli occhi sbarrati.
"Se è così allora sei completamente inutile" dichiarò il ragazzo, con voce dolcemente affilata.
L’espressione di Ino si frantumò in un ultimo singhiozzo sotto lo sguardo dell’Uchiha, apatico.
- Non voglio morire - pensò, in un impeto di totale terrore - non voglio…! -
L’ultimo istinto di ribellione la fece dimenare, incontrollata.
Ma la presa del Mukenin era salda.
Era irremovibile.
Ino serrò di nuovo gli occhi, codarda, aspettando la fine.
Ma la risata armoniosa del ragazzo glieli fece dischiudere istantaneamente, confusa lo fissò.
Un insieme di pensieri scoordinati e incoerenti le affollarono la mente e lei, troppo stordita per riordinarli, li lasciò liberi di sommergerla e torturarla a loro piacimento.
Itachi, mantenendo quel sorriso ambiguo sulle labbra pallide fece scomparire il kunai sotto il suo largo mantello nero ricamato con nuvole rosso fuoco, e si allontanò di qualche passo da lei, liberandole il viso dalla sua morsa.
"Allora davvero non sai nulla…" constatò, " una codarda come te davanti alla morte avrebbe rivelato ogni cosa, pur di vivere per altri pochi minuti".
Ino sentì l’amara verità di quelle parole scivolarle dentro, e mortificata chinò la testa.
Il ragazzo le carezzò una guancia con la punta delle dita, la kunoichi si scostò; le sue mani erano gelide.
"Lo sai, non sei male, piccola. Puoi farmi divertire un po’ prima di farla finita, non pensi?"
Ino sussultò, appena si rese conto del significato di quelle parole, avvilita si strinse inconsciamente le braccia intorno al corpo, cercando in tutti i modi di sfuggire al suo sguardo improvvisamente malizioso.
L’Uchiha notando quel gesto sorrise ancora di più, un compiacimento malato dipinto sul viso, e le poggiò una mano tranquilla sul ventre.
Sentì il corpo di lei contrarsi a quel contatto, e finalmente la ragazza sollevò i grandi occhi cristallini su di lui, pieni di vergogna e orrore.
Arrossì sotto il suo attento esame, che indugiò sul sangue rappreso sulla sua gola, sulle sue spalle, e che le colava in rivoli caldi su tutto il corpo, sul suo mento, insieme al vomito e alla saliva. Il ragazzo osservò i suoi capelli arruffati, unti, annodati, per poi finire coi suoi vestiti sudici e stappati.
Quando infine arrivò agli occhi lei sentì un ultima vampata d’orgoglio percorrerla e alzò un poco il mento, fissandolo insolente e sfacciata.
Un leggero divertimento si accese in Itachi al suo comportamento arrogante, e inclinò la testa da un lato, così che i lisci capelli neri gli celassero in parte un occhio.
"Sarà meglio lavarti prima, dolcezza. Tu puzzi tanto da fare vomitare."
Disse con leggerezza, con l’esatto proposito di farla vergognare, cosa che puntualmente accadde, ed Ino sentì le guance bruciare di imbarazzo mentre la rabbia le ribolliva in corpo.

"Spogliati" ordinò lui, pacato.
L’aveva condotta in una piccola stanza in pietra non differente dalle altre, l’unica cosa discordante erano i tubi di gomma che pendevano dal soffitto e giacevano abbandonati per terra.
Ino strinse le labbra rovinate, e lo fissò con odio, senza accennare a muoversi.
"Credevo avessimo risolto questa incomprensione, tesoro. Se io dico qualcosa, tu devi eseguire."
La voce di Itachi non riuscì nemmeno a finire la frase.
"Fottiti" sibilò la shinobi, il tono deformato dalla rabbia.
La mano del Mukenin ebbe uno scatto pericoloso sotto il mantello, ma a parte questo non mostrò nessuna reazione a quella parola.
Impassibile alzò un braccio e con poche fulminee, feroci mosse strappò via completamente i brandelli di tessuto viola rimasti addosso a Ino.
La ragazza balzò all’indietro con un urlo turbato e smarrito e cercò di coprirsi il corpo esposto con le braccia e le mani. S enza nessuna emozione l’Uchiha le afferrò un braccio trascinandola contro una delle pareti della stanza - doccia, e le incatenò i polsi a due catene che pendevano dal soffitto.
"Le regole erano chiare, Ino"
La ragazza nel sentire il suono del suo nome uscire dalle sue labbra si girò sorpresa, e per un attimo sembrò dimenticarsi dello sdegno e del disgusto che prima le ardeva dentro, Itachi ricambiò il suo sguardo con un occhiata imperturbabile, distaccata , poi, con un movimento distante, controllato afferrò uno dei tubi di gomma che era posato al suolo e, calmo, glielo puntò addosso.
Ino fece solo in tempo a chiudere gli occhi e trattenere il respiro che un getto di acqua ghiacciata le si infranse contro.
S enza poterselo impedire urlò, urlò tanto quanto non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
Lottò per scostarsi ma le catene la immobilizzavano, tirò e si dimenò fino a che i suoi polsi già sfregiati colarono sangue e macchiarono indelebilmente la sua carne bianca e la sua anima.
Crollò al suolo, in ginocchio, mentre le catene le trattenevano le braccia verso l’alto, strattonando le sue spalle fragili una volta ancora.
L’acqua si fermò ma lei continuò a urlare, frenetica, fino a quando sentì il corpo di lui circondarla e premerla contro il suo petto, facendo affondare la sua schiena contro la stoffa pesante e calda.
Con un sospiro Ino si abbandonò tra le sue braccia, mentre ancora sussultava e piangeva come una bambina delirante, e lui la strinse teneramente.
"..per…per favore" supplicò.
"Che cosa, piccola?" disse lui dolcemente.
"Per favore… basta, non ce la faccio più…" non le importava più di nulla.
Respirava affannata, febbricitante , persa, e voleva solo che tutto finisse.
Che qualcuno arrivasse a salvarla, la proteggesse e la portasse via di là.
"Devi solo fare la brava, e andrà tutto bene" le disse ancora lui.
La shinobi continuò a piagnucolare, patetica, e cercò di liberarsi.
- no, lasciami -
Itachi senza nemmeno mostrare di aver notato le sue proteste la prese in braccio, e, senza fretta, la portò via.

Ino si sentì depositare su una superficie morbida, accogliente, senza pensare afferrò quelle coperte e se le strinse addosso, in una disperata ricerca del calore, ma il ragazzo la bloccò.
"No, stenditi." Lei ricominciò a tremare e si portò una mano esile e tremante sugli occhi.
Lui, gentile ma con fermezza, la fece sdraiare sul letto e la costrinse a stare ferma.
Poi le si sedette a fianco, e dolcemente le liberò il viso.
"Sei bellissima, Ino. Non ho intenzione di farti del male." La rassicurò in un basso sussurro.
La ragazza a quelle parole trovò il coraggio di guardarlo negli occhi, e dentro vi lesse solo passione, una passione esagerata, spaventosa persino.
Più che rincuorata si sentì ipnotizzata dalla sua presenza, dalla forza magnetica che sprigionavano quegli occhi, occhi ora rossi, scintillanti come rubini, sentì se stessa fremere, e confusa cercò di ricoprirsi gli occhi con le mani, ma la presa di Itachi era salda, non le permise nessun movimento.
"Non ti farò del male" ripeté con quella voce calda, che sembrava così fuori luogo sulle sue labbra gelide.
Ino non riuscì a fare altro che guardarlo impotente, in attesa.
Sempre con una lentezza esasperante, quasi per non spaventarla, il ragazzo si piegò su di lei, esitando per un istante appena sopra il suo volto, incatenandola ai suoi occhi un' ultima volta, poi lei li chiuse, socchiudendo le labbra, e lui fece lo stesso, chinandosi a baciarla.
La kunoichi non capì cosa la fece arrendere in quel modo, non capì cosa le facesse rinunciare al suo orgoglio, piegandosi così ai desideri del suo carceriere, accondiscendendo ad accogliere la sua lingua nella propria bocca, capitolando in quel gorgo di sensazioni contrastanti in cui lui, incurante, la trascinava senza pietà.
Forse, semplicemente, nemmeno se lo chiese, forse in una situazione del genere ascoltò solamente la sua parte più irrazionale, la parte che non seguiva la ragione, che le urlava di accettare conforto, di accettare sostegno, sollievo.
E Itachi, al momento, era l’unica persona in grado di dargliene.
In quel malato gioco di dannazione era l’unico essere abbastanza contorto da capirla, da darle libertà, anche se solo per un istante, anche se era lui, nella realtà, a tenerla prigioniera.
Ora era l’unico che poteva sciogliere le sue catene e farla volare di nuovo, anche se solo in un' illusione che sarebbe svanita troppo in fretta.
Dopo ore di angoscia, inquietudine e annullamento Ino aveva bisogno di sentire di nuovo i colori, aveva bisogno di ricordare cosa volesse dire non essere trasparenti.
Voleva tepore, voleva fuoco. E il ghiaccio a contatto con la pelle brucia.
Più tardi non sarebbe stata in grado di ricordare chiaramente ogni suo movimento, ogni suo gesto,ogni mutazione nei suoi sentimenti.
Avrebbe respinto i ricordi e la passione, avrebbe rifiutato quelle emozioni, quei sapori che ora bramava di accogliere su di sé, dentro di sé.
Ma la mente umana è debole, è fragile.
Ino allontanò ogni cosa da sé stessa che non fosse Itachi.
Lo lasciò libero di dipingerla, di modellarla come meglio credeva, come meglio gli aggradava, si sentì creta nelle sue mani, colori sulla sua tela.
Rispose alle sue esigenze con la stessa appassionata urgenza che sentiva in lui.
Non si limitò, non si contenne in nessun modo.
Non ebbe freni, vorace, implacabile.
Fu quello che Itachi le chiese.
Quello che lei voleva essere, che aveva bisogno d’essere.
 
Quando si risvegliò lui dormiva sul suo seno.
Lo fissò a lungo, con sguardo duro, ardente, con una padronanza che non sapeva di avere.
Distrattamente passò le bianche, affusolate dita fra i suoi capelli lunghi, quella nera perfezione che le scorreva sul corpo, mischiandosi con la sua altrettanto impeccabile chioma oro pallido.
Presa da qualche desiderio infantile fece una inconsistente minuscola treccia coi loro capelli, ammirando lo splendido contrasto che creavano insieme, poi veloce la disciolse.
Sfiorò gli occhi chiusi del Mukenin, quelle palpebre che tremavano impercettibilmente, accarezzò le ciglia lunghe che lambivano le guance spigolose, le occhiaie profonde, violacee che spiccavano sulla pelle candida.
Quando arrivò alle sue labbra il ragazzo le discostò sotto il suo tocco, e lei sentì il respiro freddo, glaciale, sulla punta delle dita.
Piano, per non svegliarlo, si piegò su sé stessa e soffiò leggera il suo alito caldo su quelle labbra, quando poi fece toccare le loro due bocche sentì per un istante il sapore del ragazzo innaturalmente caldo, di lei.
In quell’istante sentì gli occhi di Itachi aprirsi di scatto.
A rilento Ino si sollevò e lo guardò pigramente.
Lui restituì il suo sguardo senza far trasparire nulla dei suoi pensieri.
Se la trovava strana non lo fece vedere, se era compiaciuto non lo mostrò.
La guardò, e basta. Lei anche.
Solo alla fine, quando sentì che il rossore le stava salendo alle guance, Ino cedette e batté le palpebre.
Azzardò un tremulo sorriso, che però non si estese al resto del viso.
"Ora mi ucciderai?" chiese, con voce opaca, ma anche emozionata.
"Vuoi che ti uccida?" rispose lui nello stesso tono.
Lei sembrò pensarci un istante.
" No" ammise alla fine, con amarezza.
Lui la studiò ancora per un altro istante poi, senza una parola si alzò, raccolse rapidamente la veste e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Rimasta sola Ino sentì distrattamente le lacrime rigarle le guance.
Si raggomitolò su sé stessa e chiuse gli occhi.
 
Si ridestò dal torpore quando la porta si aprì senza riguardo, un ninja che non aveva mai visto entrò nella stanza e le gettò sul letto un ampio mantello nero.
Non la guardò. Le disse "seguimi" e poi si incamminò senza preoccuparsi che lei eseguisse o meno.
Ino rimase per un momento immobile, poi scavalcò le coperte e balzò giù dal letto, nascondendosi nel mantello mentre già camminava.
Percorsero una serie di corridoi tutti uguali, e alla fine arrivarono all’esterno.
"Sei libera" disse il ninja, incolore, poi la lasciò sola e rientrò.
 
La ninja si guardò attorno, senza capire. Era in una foresta, e quella da cui era appena uscita sembrava l’entrata di una caverna.
Cercò di imprimersi nella mente ogni dettaglio di quel luogo, senza tuttavia trovare particolari punti di riferimento.
La caverna si apriva su un breve dirupo, giusto pochi metri, al di sopra c’erano delle rocce, davanti a lei solo alberi.
Di scatto, con un turbinio di domande che le esplodevano continuamente nella mente e le impedivano di concentrarsi prese a correre senza una direzione precisa.
Poi, immediatamente si rimproverò.
Basta fare l’idiota. Basta fare la bambina spaventata.
Era una ninja di Konoha, era una jonin.
Si fermò e alzò lo sguardo al cielo, cercando le costellazioni per orientarsi.
Trovate quelle che le servivano un sospiro di sollievo le alleggerì il cuore, e, più sicura fece per ricominciare a correre verso la via giusta.
Ma qualcosa la congelò sul posto.
Una sensazione, un' intuizione più che un pensiero coerente.
Lentamente si voltò, guardando verso la caverna che si era lasciata alle spalle.
Gli occhi le si spalancarono leggermente, il cuore cominciò a battere più veloce. O forse si fermò.
 
Itachi Uchiha la guardava rannicchiato sulle rocce al di sopra del dirupo, stagliato contro la luna, gli occhi rossi che brillavano nell’ombra della sua sagoma contro luce.
La guardava come l’aveva guardata al momento del suo risveglio.
Duro, ardente, ma anche completamente vuoto, senza emozioni.
Lei aprì la bocca per dire qualcosa, ma davanti al volto di lui la richiuse, capendo che non avrebbe avuto senso parlare.
Lui l’aveva lasciata libera.
Lei gli aveva donato se stessa, non sarebbe più stata come una volta, gli aveva lasciato macchiare di nero le sue ali candide ed era scesa all’inferno insieme a lui.
Si guardarono per un tempo che sembrò infinito, o forse fuggì via in un battito di cuore.
Poi lei si voltò.
Un passo, poi un altro, un altro ancora, più veloce, poi cominciò a correre, con tutta l’energia che aveva, una fuga disperata, una fuga con le lacrime negli occhi.
Si allontano più veloce possibile dal Mukenin, corse come se la sua anima ne dipendesse.
E per tutto il tempo, fino a che fu troppo lontana anche solo per sentire il vento che portava il suo odore, sentì lo sguardo si lui inchiodato sulla schiena.
E bruciava, come il ghiaccio.

 

 

***

 

Lo ammetto, sono innamorata di questa fic e considerato che sono l'autrice la cosa potrebbe sembrare piuttosto patetica.
O vanesia.
Ma che ci posso fare?^^
Adoro Itachi e Ino insieme *_______*
Sono perfetti. il buio e la luce *____________*
Si, tema un po' poco originale (moooolto ritrito) ma che riesce ancora ad appassionarmi!
L'avevo già postata, ma mi hanno fatto notare nel leggerla che c'era qualcosa che non andava,e , perfezionista come al solito, ho dovuto scervellarmi per migliorarla^^
(Ma tanto mi sa che non ci sono riuscita^^ Era già perfetta prima, Lena! Muaaahahahhahahahuuuu!
*tentativo di risata malvagia che tanto nella realtà non mi verrà mai, rifacciamoci qua!*)
Va beh, sto impazzendo definitivamente, sarà il Natale che mi fa 'sto effetto?! XD
Se vi va mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate.
Come al solito... (*)___(*)
Un bacio a tutti!
   
 
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