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Autore: Hiccup Loss    24/04/2015    0 recensioni
La modesta storia di un umile uomo. Come è possibile vivere nel mondo? Per il protagonista non sarà complicato: gli basterà sognare.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Julian Rêveur è un uomo che, del genere umano, si potrebbe definire un individuo normale. Cammina come chiunque altro, avanzando prima un piede, poi l'altro, inarcando leggermente il busto in avanti,  appoggiando prima il tacco e poi la punta, con la testa talvolta dritta sul collo, in altri momenti abbassata verso il suolo, a riflettere un non so che di misterioso nelle oscure profondità delle piccole crepe del marciapiede: come quando si perde qualcosa e lo si ricorda con animo afflitto, convinti che non lo si ritroverà più, salvo miracolo divino. Respira anche, come un qualsiasi altro essere: inspira l'aria nei polmoni, percepisce il flusso di ossigeno trapassare la trachea e raggiungere il sangue, e, dopo un attimo di intima frescura, espira quell'aria calda e pesante che tanto gravava poco prima sulla schiena del pover'uomo e ne rendeva così lento e faticoso il passo. Inoltre ha un lavoro, una libreria piccola ma ricercata, nel centro storico, di quelle che emanano dall'insegna e dagli scaffali, tutt'altro che vuoti, il profumo inebriante della lettura. E le persone che vi passano davanti e si fermano un secondo, incuriositi da quella scritta legnosa e dal gusto antico che detta "L'Albatross", si bloccano, affascinati da quel magico odore, e lo seguono come le api col miele: e la libreria si trasforma in un alveare di persone tanto silenzioso nella parola quanto rumoroso nella carta, che continua ad essere provocata dai simpatici fruscii delle dita dei clienti sulle superfici bianco-panna delle pagine. E, in quest’universo ordinato, Julian non può far altro che contemplare in estasi la musica prodotta da un’orchestra di libri che meriterebbe teatri ben più prestigiosi della sua umile libreria. Ma normalità non è sinonimo di banalità e un individuo normale potrebbe presentare delle sorprese che lo renderebbero, secondo natura, un’entità normale diversamente speciale. Perché Julian è un’artista, e come tutti gli artisti segue una propria corrente di pensiero, sceglie la sua ispirazione, pone fiducia in una musa scelta accuratamente per potersi garantire uno stimolo poetico continuo. Del resto essere librai è un’arte, non si sottovaluti questo mestiere: il libraio, o bibliotecario, lo si chiami a proprio piacere, è il servitore della carta, e servire è l’arte suprema, soprattutto se ad essere serviti sono i libri, che altro non sono che un pezzo di anima di qualcuno, donata dallo stesso per spingere le persone ad aprire una parte di sé al mondo, per renderlo migliore. Il libraio non fa altro che servire questi libri e tutelarli, diffonderli e curarli. Ma anche a questo punto Julian appare normale, relativamente agli altri bibliotecari s'intende. La sua dote, che si presenta subito come un paradosso, è la cecità, e certamente non può che essere straordinario un bibliotecario ceco. Come la cecità può essergli una dote? Come serve i libri senza averli mai letti? O come li diffonde? Non è facile vendere libri di cui non si conosce nemmeno il titolo o le prime parole! Ma se è vero che lo sguardo dell’anima è di gran lunga più esteso di quello degli occhi, allora bisogna cercare di non preoccuparsi, che i libri sono in buone mani. Julian li sa ascoltare, e gli raccontano un sacco di cose: chi li ha scritti, per chi e per quale motivo, di cosa parlano, quando sono stati pubblicati. Sono dei gran chiacchieroni, e Julian presta sempre loro ascolto e li accarezza, li studia, analizza il tipo di carta, la consistenza e il tipo di taglio, l’odore dell’inchiostro, la malleabilità e la rigidità della copertina, se il titolo e il nome dell’autore sono stati plastificati o stampati in rilievo, in caratteri grandi o poco più piccoli. Julian non ha mai visto i colori, non ha mai visto un libro né letto, come non ha mai preso in mano una penna per scrivere. Come potrebbe, misero, destinato dal caso a rinunciare a una vista più diretta affacciata sul mondo. Lui però non si è mai lamentato, forse perché la vista che conosce lui è una finestra su qualcosa di più imponente e meraviglioso. E’ infatti di notte che Julian comincia la sua giornata, non di giorno: la notte è il regno dei limiti, dove tutti vanno a riposare e chiudere gli occhi e nessuno avrebbe il coraggio di uscire allo scoperto. Julian di notte invece esce dalla sua libreria e cammina per le strade, immaginandosi in mezzo a un villaggio medievale, tutto agghindato come un prode cavaliere, in sella al suo destriero bianco, spada sul fianco ed elmo in testa, portamento fiero e animo nobile. E’ un sognatore, è la cosa che gli viene meglio, e l’unica che può vedere apertamente: di notte, nel regno dei confini invalicabili, Julian ha la chiave e il coraggio per romperli ed accedere al sacro regno della fantasia. Mica tutti sognano, sognare non è capitare di svegliarsi e ricordarsi i pensieri notturni dell’inconscio. Sognare implica un estraniamento, un vivere anima e corpo nella propria mente, e leggere tutti i libri che ne potrebbero scaturire: se un pacco di fogli è il risultato di una frammentazione dell’animo di un autore, si provi anche solo ad ipotizzare la favolosa potenza d’immagine che scaturirebbe da un’anima intera. Qualcuno potrebbe ritrovarsi in un paradiso di fenomeni surreali, proprio come Julian. Allora la notte si trasforma in giorno, e il giorno in notte, e tutti gli schemi empirici dell’esistenza vengono rovesciati nella loro fragilità da un solo uomo, così piccolo e debole dinnanzi al mondo. Così Sir Julian cavalca al galoppo per praterie sterminate, diretto al castello della principessa; ella lo aspetta con ansia, prigioniera di un dragone dorato che la vuole tutta per sé. La pazienza regale della ragazza fa coraggio al cavaliere, che desidera con tutto se stesso raggiungerla e poterla trarre in salvo. Ogni notte il libraio percorre la città trasformandola in un paesaggio eccezionale, e si avvicina passo dopo passo al caro oggetto della sua missione. Di giorno però tutto torna normale: il cavaliere si toglie l’elmo, mette via l’armatura, saluta il suo cavallo e va a riposare. Torna in mezzo ai suoi libri, ascolta nuove storie e cerca ispirazione per la sua prossima avventura. Lo ricordano tutti come un soggetto docile e piacevole, gentile, cortese e sempre disponibile a fare quattro chiacchiere. Ora lo cercano tutti, tutti gli individui normali hanno bisogno del soggetto speciale per poter conoscere altre storie che, altrimenti, da soli non potrebbero sognare, incapaci di dominare una realtà che non gli appartiene. E’ scomparso da un po’ di tempo ormai, nessuno lo ha visto e ci si chiede dove possa essere andato a finire questo bravo bibliotecario. Forse bisogna solo lasciarlo stare lì dove si trova, non disturbarlo, e prendere esempio da lui. Continuo comunque a sperare che non sia morto, anzi ne sono sicuro: me lo immagino io, possente e gagliardo su un cavallo bianco, a sfilare rapido e leggero poco fuori un boschetto di querce, con in sella la sua tanto agognata principessa. Dov’è mi chiedete? In paradiso. E se di notte, per caso, vi capiterà di vedere un cavaliere d’acciaio e il suo destriero, non stupitevi: il suo nome è Julian, Sir Julian Rêveur.    

   
 
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