ecco a voi il terzo capitolo. Un po' struggente.
Spero vi piaccia.
xoxo
Capitolo 3
Il
preside si attaccò subito al telefono parlando con non so chi. Il guardiano
Felk si ritirò dicendo che sarebbe andata nella parte occidentale della scuola,
dove c’erano gli alloggi dei moroi e dei
dhampir più piccoli. Nikolai mi strattonò più volte per le spalle.
“Rose.
Rose!”.
Non
sapevo di essermi irrigidita in tale maniera. Ero in preda al panico. Ero vittima della paura, la sentivo strisciare
dentro.
“Non
farti prendere dal panico, Rose! Ho bisogno che tu adesso corra. Corri verso
gli alloggi dei moroi. Lì sarai al sicuro!”.
Stavo
cercando di sbloccarmi, ma il mio cervello era fermo solo su un punto.
“C-com’è
possibile? Noi abbiamo difese magiche…”.
La
mia voce si affievolì. Il signor Thompson si avvicinò dicendo qualcosa che non
capii, mentre Nikolai annuiva lui sparì
oltre la soglia.
“Rose,
ci penseremo dopo a come hanno fatto a rompere le difese, ora ti prego, dimmi
che andrai agli alloggi, hanno bisogno di me!”.
Lui
era un guardiano con forte esperienza, avrebbe ucciso quantità di strigoi ne
ero sicura, così come già indicava la sua nuca. I guardiani che avevano ucciso
degli strigoi avevano un contrassegno sulla nuca, oltre al tatuaggio col
simbolo della promessa che facevano una volta diplomati, e potevi trovarci
tanti molnija (delle saette
incrociate) quanti questi ne aveva abbattuto, e il collo di Nikolai ne era
zeppo.
Feci di si con la testa, forse enfatizzai
troppo il gesto, ma temevo che il mio collo non mi obbedisse, e lui teso corse
via.
Cercai
di muovere un passo, ma i miei piedi erano come asfaltati a terra.
Dannazione, Rose!
Mi dissi mentalmente, muovi quei
maledetti piedi!
È così che pensi di
diventare un guardiano?
No,
non dovevo farmi vincere dalle paure, o da qualsiasi altra emozione, dovevo
saperle comandare, dovevo sapermi controllare.
Non
era facile, ma mossi un passo, e poi un altro, e senza accorgermene stavo
correndo. C’era così tanto fumo in corridoio, che l’aria iniziò a mancare e
tossii. Cercavo di trovare ossigeno muovendo all’impazzata a destra e sinistra,
ma l’aria era ormai irrespirabile. Alzai la maglietta alla bocca e corsi nel
piazzale, lo so che non avrei dovuto, ma non resistevo più e quando trovai uno
spazio respirabile mi fermai e tossendo ripresi aria. Quando mi calmai alzai lo
sguardo verso l’accademia e lo spettacolo che mi attese fu spettrale.
Tre
quarti degli edifici stavano andando a fuoco, era surreale. La notte era come
illuminata a giorno e più mi sforzavo di trovarvi un senso, più la mia mente si
sconnetteva e andava in panico. Cercai di distrarmi, ma fu peggio. Ai margini
dell’ampio piazzale due guardiani stavano combattendo tre strigoi. Rimasi
scioccata. Non ne avevo mai visto dal vivo, e l’unica cosa a cui riuscivo a
pensare, era che all’accademia non ci istruivano come si deve. Erano
dannatamente più feroci e veloci, di quello che la mia mente, nei vari anni di
istruzione aveva infine metabolizzato.
Un
falshback mi fece rabbrividire. Le immagini dell’incubo della notte precedente
mi passarono davanti agli occhi e mi accorsi di quanto quel Martin-strigoi
assomigliasse a quelli originali.
Dannazione
a me, ma cosa credevo? Erano mostri, non potevano certo correre allegramente
con fiori in mano, ed io dovevo svegliarmi, era questo il mio futuro:
combatterli, ma sarei stata in grado? Volevo andare ad aiutare quei guardiani
in numero inferiore, ma appena mossi un passo, vidi che erano riusciti ad
impalarne uno e ora si preparavano ad affrontare i due che restavano.
Probabilmente sarei stata solo d’intralcio. Ricordai che Nikolai voleva che
fossi in salvo e perciò, anche se una parte di me era amareggiata, mi voltai.
Guardai
lo stabile degli alloggi moroi e con mio sollievo vidi che le fiamme non lo
avevano toccato. Non ancora almeno.
Corsi
verso la sua ubicazione, ma quando fui nei pressi, sentii qualcuno urlare
aiuto.
Affannata
mi guardai attorno, cercando di capire da dove provenisse quella richiesta.
Proseguii per il lato dello stabile che dava sull’enorme prato e dietro ad
alcuni cespugli vidi una moroi inginocchiata a terra, che gridava e piangeva.
Se l’avesse sentita uno strigoi sarebbe morta e mi stupivo del fatto che non
fosse ancora successo. Dovevo portarla in salvo, subito!
“Ehi,
tu!”.
La
ragazza strillò.
“Sshhh,
va tutto bene. Sono …”
“Hathaway!”
piagnucolò.
Guardai
meglio e sotto i chili di mascara sciolto, riconobbi Lucinda Ivashkov, sorella
di Martin mani lunghe. Oltre il danno, la beffa.
Scacciai
il disprezzo che provavo, anche perché era niente in confronto alla vita reale,
era stupido.
“Lucinda,
ce la fai ad alzarti?”.
Lei
mi guardava con le lacrime che ancora sgorgavano, terrorizzata.
“I-io…
sono… c-c’era una f-festa.. non..”.
La
strattonai per le spalle.
“Torna
in te, maledizione. Devo portarti al sicuro o moriremo!”.
“Moriremo…”
disse lei con filo di voce, mentre tremava come una foglia in una burrasca.
Mi
inginocchiai alla sua altezza, e con voce più ferma possibile le dissi: “Se non
vuoi morire, devi alzarti! Subito!”
L’ultima
parte parve darle un po’ di lucidità. Iniziò a guardarsi intorno spaventata.
“Riesci
ad alzarti in piedi?”.
Cercò
forse di capire le mie parole, e poi annuì. La aiutai.
“Ora
ascoltami bene, dobbiamo correre verso i vostri alloggi. Li saremo al sicuro,
come le norme ci hanno insegnato. Pensi di farcela?”.
Annuì
ancora.
“Al
mio tre. Uno. Due. Tre.”.
La
trascinai e presi a correre. Stavo allerta e come ci veniva insegnato, misi il
moroi in una posizione protetta, in questo caso, tra me e lo stabile. Io
all’esterno controllavo ogni angolo visibile e fu ciò che mi permise di vedere
un’ombra sulla mia sinistra. Uno strigoi ci stava per attaccare.
Mi
fermai da stupida e con me Lucinda. Lui a pochi passi ci guardava trionfante.
Perché
mi ero fermata?
Vidi
un sasso a terra e il più velocemente possibile lo presi e glielo tirai contro,
mentre lui lo afferrava come fosse arrivato lentamente, io avevo spintonato via
Lucinda e con una voce che non ammetteva repliche, le dissi di correre senza
mai fermarsi. Fortunatamente mi ascoltò.
Ecco
cosa avevo fatto: un diversivo. Io ero il diversivo.
Lo
strigoi mi puntò e mi diede un pugno che faticai a parare, ma non so come ebbi
la giusta lucidità per sferrargli un calcio a sorpresa, che andò a segno, ma
non lo stordì.
Cominciammo
a girare attorno studiandoci. Era più alto di me, di ben venti centimetri. I
suoi vestiti erano sporchi e strappati. I suoi muscoli in tensione gridavano:
pericolo e i suoi occhi: morte. Non potevo non guardarlo in faccia, ma la cosa
mi turbava parecchio. Quegli occhi cerchiati di rosso erano orribili.
All’improvviso
fece una mossa, persi un secondo e fu lo sbaglio più grande che potessi fare,
perché si trattava di una finta e lui spostandosi di lato mi colpì così forte
che mi mandò a terra, sbattendo la testa al suolo.
Era
stato velocissimo ed io ora ero senza fiato, poiché mi aveva centrato allo
stomaco. Lo sentii avanzare ancora, ma non arrivò nessun colpo. Nikolai si era
messo in mezzo e ora combattevano davanti a me. Erano alla pari, ma notai che, mentre
i colpi dello strigoi erano dettati dal nulla, in quelli di Nikolai riconoscevo
gli insegnamenti che mi aveva dato.
Perché
non mi ero mai impegnata di più?
Con
una finta da maestro, Nikolai infilzò il suo paletto nel petto dello strigoi,
uccidendolo. Era stato impeccabile.
“Rose,
perché non sei al sicuro?”.
Era
accorso da me, tastandomi la testa. A quanto pare ero ferita, perché vidi la
sua mano cosparsa di sangue. Ecco cos’era quella cosa che sentivo colarmi lungo
il viso.
“Una
moroi era in pericolo, dovevo aiutarla! In quel momento mi è sembrata la scelta
giusta da fare!”.
Mi
sorrise gentile.
“Si,
hai fatto bene!” il suo sguardò però si allarmò di nuovo “Alzati, dobbiamo
andare…”.
Non
finì la frase che uno strigoi lo attaccò alle spalle. Aveva abbassato le difese
e questo lo metteva su una situazione di svantaggio. Lo strigoi gli sferrò un
pugno, colpendolo, ma mentre egli perdeva l’equilibrio riuscì a tagliarlo con
il paletto facendolo urlare.
“Corri
Rose!”.
Non
volevo muovermi, ma in questo caso, qual era la cosa giusta da fare?
Mi
alzai barcollando e incapace di intendere e di volere, provai a correre e vidi lo
strigoi seguirmi.
Perché
diamine mi seguiva? Perché gli strigoi oggi si stavano comportando nel modo
contrario in cui li conoscevamo? Di solito attaccavano il più forte, non il più
debole.
“No!”
urlò Nikolai. “Stai combattendo con me!” e lo chiamò in qualcosa di russo.
Lo
strigoi parve non sentirlo, io mi girai per guardarlo avanzare verso di me,
magari sarei stata una distrazione che avrebbe permesso a Nikolai di finirlo,
ma a quanto pare la stessa tattica, la usò lo strigoi.
Vidi
la scena a rallentatore.
Nikolai
stava per acchiappare lo strigoi, il quale con una lama che non avevo visto
nascosta dalla mano aperta tirò un fendente alla sua gola… squarciandola.
Il
sangue iniziò a zampillare… ovunque. Era così rosso, che riuscivo a vederlo
nonostante fosse notte. Lo strigoi
cambiò atteggiamento subito, era famelico e si fiondò sul collo di Nikolai.
In
quell’istante il mio mondo si fermò e tutta la mia vita, tutte le mie scelte mi
passarono davanti. Rividi le lezioni di quel dannato vecchio, i suoi
insegnamenti. Tutto ciò in cui credevo andò in frantumi. Uccidere strigoi non
sarebbe più stato solo lavoro, non più.
Volevo
urlare, volevo dilaniare le mie corde vocali pur di far in modo che quel
strigoi la smettesse, che avesse un modo per rimettere tutto in ordine, che
ridasse la vita a Nikolai. Quello che vedevo però, era che lui gliela stava
togliendo… a sorsi, e mi venne da vomitare. Non poteva essere vero. Nikolai non
poteva essere… e quell’essere non poteva…
Iniziai
a guardarmi attorno in cerca di qualcosa, dovevo fermare questo orrore, e fu allora
che lo vidi. Il paletto di Nikolai. A metà strada tra me e lo strigoi.
Qual
era la cosa giusta? Questa!
L’adrenalina
scorreva a fiumi in me, e mentre correvo verso il paletto e lo prendevo in
mano, mi ero resa conto che Nikolai non mi aveva spiegato come colpire il cuore
da dietro, ma solo da davanti. E si era trattato solo di ieri, ma sembrava un
anno fa. Tutto era lontano ormai, annebbiato, triste. Scossi violentemente la
testa per concentrarmi. Dovevo far girare lo strigoi, così forse avrei avuto
una possibilità per piantargli il paletto nel cuore, anche se forse avrei avuto
solo la possibilità di farmi ammazzare. Dovevo tentare, doveva onorare quel
dannato vecchio. Una lacrima sfuggì incontrollata, mentre un piano stupido, si
davvero stupido, perché così lo avrebbe definito un guardiano, mi apparve in
testa e non solo per il fatto che mi trovassi ancora lì.
Nascosi
il paletto nella mano sinistra lungo il corpo e contemporaneamente alzai il
braccio destro, fingendo di avere un’arma pericolosa, o così speravo avrebbe
inteso quel mostro. Urlai, per attirare la sua attenzione che era mezza sfocata
nella sete di sangue, come se stessi per colpirlo, e questa era la parte
stupida del piano. Un guardiano doveva muoversi in silenzio, non attaccare i
cartelloni del suo arrivo, ma io, non avevo scelta. Se fossi scappata, me ne
sarei davvero pentita, per il resto della mia vita.
Come
sperai, lo strigoi pensò che avessi un’arma e ancora in ginocchio di fronte a me, si voltò a destra col busto
per bloccarmi il braccio in una morsa, ahimè, di ferro. Dovevo muovermi o un
braccio spezzato sarebbe stato l’ultimo dei miei pensieri. Con la mano sinistra,
quella nascosta in cui stringevo il paletto, tirai un fendente sulla sua nuca,
che lo fece urlare e piegare macabramente la testa all’indietro, luogo in cui
accorsero anche le sue mani. Speravo reagisse così.
Ora
sapevo che quella era la mia unica possibilità di sopravvivere, non potevo
perdere neanche un secondo. Mi spostai di lato e inquadrai il suo cuore, poi
con l’angolazione che mi aveva insegnato Nikolai lo infilzai con tutta la forza
che avevo in corpo, forza che non pensavo di possedere.
“Muori!”
dissi, e la cosa che mi spaventò di più fu la mia voce. Irriconoscibile.
Lo
strigoi stramazzò al suolo, sapevo che era morto, o almeno una parte lontana di
me forse se ne era resa conto, ma era un voce così impercettibile, che la
sensazione che lui fosse ancora li in grado di fare del male, era mille volte
più grande. Con la coda dell’occhio scorsi il corpo inerme di Nikolai e rimasi
scioccata di quello che vedevo, o meglio non vedevo. La sua faccia sempre
seria, era una maschera di sangue e il suo collo squarciato. Sembrava sbranato.
Iniziai ad affondare il paletto nel cuore ancora, e ancora e ancora. Ormai
aveva una voragine. Non vedevo niente. Non sapevo niente. Ero persa. Sapevo
solo che dovevo vendicare Nikolai.
Quando
non ebbi più forza di alzare il braccio, mi accovacciai vicino al mio vecchio,
dovevo vegliare su di lui. Se un altro mostro fosse arrivato a richiamo del suo
sangue, lo avrei difeso.
Il
braccio mi faceva male, ma non volevo mollare la presa, strinsi il paletto più
forte, tremando, anche se non ne capivo il motivo.
Non
so dopo quanto tempo udii delle voci, mi sembrava che chiamassero il mio nome,
ma non ne ero certa.
Forse
si trattava di un trucco, dato che questi strigoi erano come preparati.
“State
indietro!” dissi prontamente.
Con
la mano libera attirai il corpo di Nikolai più vicino a me.
“Non
osate avvicinarvi!” e per enfatizzare il mio ordine, tirai un fendente con il
paletto in aria, di fronte a me, nella direzione in cui avevo sentito le voci.
La
mia mente cercava di capire come fare a riattivarsi, non riuscivo a mettere a
fuoco quanti avversari avevo.
Presi
a battere più volte gli occhi e sentii una voce lievemente familiare.
“E’
sottoshock. Serve del tranquillante!”.
Non
vedevo niente, tutto era offuscato e chi parlava? Chi era sottoshock?
Non
feci a tempo a pensare ad altro, perché un fastidio alla nuca mi fece perdere
le forze, i sensi, e me stessa.