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Autore: Beatrix Bonnie    25/04/2015    1 recensioni
Dublino, gennaio 2002.
Maryon, Chris e Colin sono alle prese con un compito davvero difficile: devono risistemare il vecchio teatro della scuola in tempo per la recita su "Sogno d'una notte di mezza estate" di Shakespeare, preparata per la festa di saint Patrick. Ma l'ardua impresa è resa quasi impossibile da un misterioso sabotatore che rallenta i lavori e che riesce addirittura a far sembrare colpevole Chris. I tre amici riusciranno a risolvere il mistero in tempo per la recita? E se la loro ricerca li portasse a scoprire che le antiche tradizioni dell'Irlanda non sono poi così lontane dalla realtà? Forse i folletti non vivono solo nella fantasia delle opere di Shakespeare...
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo di Faerie'
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CAPITOLO 3
La porta per Eldorado




Christopher


L'audizione per la parte musicale si teneva in aula magna. Sulla pedana, spostato il tavolo, due svogliatissimi bidelli stavano sistemando il pianoforte elettrico temporaneamente rubato dall'aula di musica. Seduti sulle poltroncine rosse stavano quei pochi studenti interessati e quelli che non avevano voglia di andare a casa a studiare. Ai primi posti sedevano l'immancabile Cloe e la signora Mauren, entrambe munite di penna e blocco per gli appunti.
Christopher non era agitato, quella volta: se sapeva che recitare non era proprio il suo forte, sulla musica poteva stare tranquillo. Dopotutto, doveva pur dimostrare di meritarselo quel titolo di enfant prodige.
Il primo candidato era una bambina del quinto anno che suonava un contrabbasso più grande di lei. Eseguì un'arietta di Mozart con tante di quelle steccate che la maestra la rimandò al posto prima che potesse cimentarsi in un secondo brano. La situazione non migliorò nemmeno per i cinque successivi candidati, tutti bambini troppo piccoli per avere una capacità musicale adeguata ad un brano da solista. Christopher sorrise: la parte era già praticamente sua. Solo il settimo ragazzino, che frequentava la prima liceo, suonò il suo flauto traverso eseguendo un brano quasi perfetto. Ma non avrebbe avuto problemi a stracciare anche lui.
«Oh, no!» proruppe Colin, non appena vide salire sulla pedana i prossimi suonatori. I gemelli Joy e Luke Weaving si inclinarono ad un pubblico immaginario prima di presentarsi alla giuria. Colin sprofondò sempre di più, fino a che non sbucò solo un ciuffetto biondo oltre lo schienale della sedia davanti. «Io non li conosco...» biascicò disperato.
Christopher compatì l'amico: i gemelli Weaving non erano certo famosi per il loro ritmo musicale, anzi, al liceo erano già conosciuti per gli scherzi e le buffe improvvisazioni teatrali, nonostante fossero solo al terzo anno.
«Suoneremo un pezzo composto...» cominciò Luke.
«...da noi» completò Joy.
«Pianoforte a quattro mani...» riprese il primo.
«...e anche qualcos'altro» aggiunse il secondo, con una strizzata d'occhio. Si sedettero sullo sgabello con fare teatrale, si sgranchirono le dita di entrambe le mani e iniziarono a devastare il pianoforte schiacciando tasti a caso con qualsiasi parte del corpo avessero a disposizione.
Quegli studenti che si erano assopiti, si svegliarono di colpo e iniziarono a ridere sguaiatamente, mentre la signora Mauren cacciava i gemelli dal palco. «Lo sapevo che da voi due non potevo aspettarmi altro!» strillò disperata, mentre Joy e Luke si inchinavano e ricevevano gli applausi dal loro pubblico divertito.
Scendendo dal palco, salutarono Cloe con uno schiocco della lingua e due immaginari colpi di pistola. Passando davanti a Colin, che per quanto tentasse di nascondersi, non poteva evitare di essere visto, i gemelli esclamarono in coro: «Ciao, fratellino!»
Colin si nascose la faccia rossa tra le mani, mentre Maryon ghignava senza ritegno.
Dopo quell'interruzione non programmata, salì sulla pedana un ragazzo del sesto anno di liceo, compagno di classe di Cloe. Prima di sedersi al pianoforte, scosse la testa, lasciando che i capelli castani ondeggiassero col movimento, come ad un vento immaginario.
«Ma ti prego!» sibilò Maryon, forse un po' troppo ad alta voce. Il ragazzo le lanciò un sguardo inacidito ma, notando che la minaccia veniva da una bambina delle elementari, finse di essere superiore. Christopher ghignò. Pessima mossa, amico, davvero pessima mossa.
«Suonerò un brano tratto da uno dei Concerti di Chopin» annunciò al pubblico. Christopher fu costretto ad ammettere che fosse effettivamente molto bravo: si vedeva che era uno che studiava pianoforte da parecchio tempo. Quando concluse la sua suonata, tutti applaudirono con entusiasmo. Ovviamente tutti tranne tre ragazzini delle elementari seduti in terza fila.
Christopher era l'ultimo tra i canditati. Si alzò tranquillo dalla sedia e si diresse verso il pianoforte proprio mentre il ragazzo di sesta tornava verso il proprio posto. «È inutile che ci tenti, pivello. Il posto è già mio» gli sussurrò quando si incontrarono.
Christopher sorrise. Un sorriso più adatto ad un vampiro tratto dal Dracula di Bram Stoker che ad un ragazzetto di dodici anni. «Dopo di te verrà uno a cui non sarai nemmeno degno di sciogliere i sandali» gli rispose serafico. E fu certo che quel bellimbusto non avesse nemmeno colto la citazione.
Poi, con tutta la naturalezza del mondo, si sedette sullo sgabello del piano e annunciò che avrebbe suonato una sinfonia di Beethoven.
«Sì, come no... senza spartito? Sarà un'edizione scolastica, riveduta e semplificata, di Beethoven» commentò sarcastico il ragazzo del sesto anno.
Christopher gli riservò un'occhiata di puro disprezzo: nessuno doveva osare contraddirlo. «No. Suonerò le note di Beethoven, così come sono uscite dalla sua penna.» Quindi sfiorò lievemente i tasti e iniziò a suonare. Dal momento preciso momento in cui fece risuonare i primi accordi di Beethoven nell'aula magna, si perse completamente nella sua musica, dimenticando ogni cosa: sembrava che le note stesse gli uscissero dalle dita per tutta la passione che ci metteva. Quando ebbe terminato la sua esibizione, tutti erano troppo estasiati per poter applaudire. Solo quando Maryon, colta da un'ispirazione improvvisa, si alzò in piedi e batté le mani tanto forte da farle diventare rosse, in poco tempo anche il resto della sala si riempì di un battimani fragoroso. La signora Mauren aspettò il silenzio per poter parlare. «La parte è tua, Christopher» annunciò soddisfatta.
«Yeah!» Lo strillo di Maryon risuonò in tutta l'aula magna, seguito da una sonora linguaccia al ragazzo di sesta.

Maryon


Il vecchio teatro della scuola era poco distante dall'edificio scolastico. La facciata era completamente scrostata, con pezzi enormi di intonaco che con gli anni e le intemperie si erano staccati, lasciando scoperte macchie di mattoni e cemento. La porta era sprangata da tre massicce assi di legno che impedivano l'entrata. Nel giardino davanti all'ingresso, che era diventato il regno di erbacce a gatti randagi, c'erano sparse alcune tegole e qualche vecchio mattone, che davano al teatro un'aria molto dismessa, più di quanto non fosse effettivamente. Passò qualche giorno prima che la maestra Mauren riuscisse ad ottenere il permesso dal preside per cominciare i lavori, ma soprattutto i fondi necessari per investire nella struttura. Quando finalmente le fu data l'autorizzazione per entrare, dovettero aspettare ancora qualche giorno perché arrivasse un operaio dall'aria truce a levare le assi sulla porta d'ingresso.
La prima operazione era quella di ripulire il giardino dalle erbacce a da tutto quello che non aveva a che fare coll'erbetta verde del prato. Così, mentre l'operaio schiodava le assi, i ragazzini, muniti di guanti e di enormi sacchi neri, si trasformarono in spazzini improvvisati.
«Che lavoro infame» si lagnò Chris quando ricevette il suo sacco.
Era assurdo quante cose potesse buttare via la gente, senza usare gli appositi cestini. «Dopo questo, credo che diventerò ambientalista» osservò Colin, mentre raccoglieva disgustato una lattina di birra.
«Cos'è un ambientalista?» gli chiese Maryon, perplessa. Era abituata al fatto che Chris se ne venisse fuori con paroloni incomprensibili, ma odiava quando ci si metteva anche Colin, che sicuramente rubava quei termini astrusi ai suoi fratelli maggiori.
«Vuol dire che vuoi bene all'ambiente» spiegò il ragazzino. «L'ha detto Luke a papà, quando voleva convincerlo a coltivare sul balcone quella piantina con le foglie che sembrano stelle: si chiama... ah, sì, marijuana» raccontò allegro. «Papà si è arrabbiato molto, ma non so perché.»
«Meglio che non racconti troppo questa cosa in giro, Colin» lo avvertì Chris, mentre spostava disgustato una cartaccia con un bastoncino di legno che aveva trovato in terra.
Maryon lo osservò con compassione. «Va bene, facciamo così: tu tieni il sacco e io ci butto dentro lo sporco» gli propose rassegnata. Chris accettò di buon grado, così i tre amici cominciarono a gironzolare intorno al teatro per riempire i loro sacchi alla svelta. La maestra, infatti, aveva promesso un voto positivo sul registro a chi avesse raccolto più sporco.
Vista l'elevata concorrenza, i ragazzini cominciarono ad inoltrarsi sul retro del parco del teatro, alla ricerca di zone inesplorate con più sporco da mettere nei loro sacchi.
«Ehi, guardate qui!» esclamò ad un certo punto Colin, indicando una pila di scatoloni, dietro i quali si intravedeva una porta di servizio.
«Non è possibile! I tre esploratori hanno finalmente trovato l'entrata di Eldorado!» esclamò Maryon estasiata.
«Wow!» commentò Colin, abbandonando il suo sacco e decidendo di stare al gioco.
Chris li osservò scettico. «E che genere di ricchezze sperano di trovare gli esploratori?» chiese in tono piatto.
Maryon gli si avvicinò e gli lanciò uno sguardo complice. «Lo gloria!» fu il suo annuncio teatrale.
Maroyn e Colin, sotto lo sguardo di rimprovero di Chris, non ebbero troppe difficoltà nello spostare gli scatoloni, come se fossero stati posizionati in modo strategico per essere rimossi alla svelta. «Avanti, compagni!» li incitò la ragazzina, quando finalmente l'ingresso fu sgomberato del tutto. La porta si aprì cigolando sotto il suo tocco e la bambina si lasciò risucchiare dal cupo corridoio.
«C'è un po' buio...» commentò la voce tremolante di Colin, entrato qualche secondo dopo l'amica.
«Attenzione, compagni! Da qualche parte potrebbero esserci degli indigeni bellicosi!» sussurrò lei, troppo presa dalla parte del capo.
«Mi sporco i pantaloni di Armani» si lagnò Chris dal fondo della fila. Alla fine li aveva seguiti anche lui, quel fifone! Forse aveva più paura a starsene fuori da solo che non ad affrontare l'ignoto insieme a loro.
«Ma insomma! Ssssh!» sbottò Maryon, giusto per rompere un po' le scatole a quella lagna di Chirs. «Volete che ci scoprano? Volete morire infilzati dalle frecce nemiche?» domandò, bloccandosi di colpo. Colin sbatté contro la sua spalla e così Chris, poco dietro, si schiantò contro la schiena del compagno. I tre ragazzini stavano per riprendere il cammino, quando qualcosa strisciò contro la caviglia di Maryon. «AAAH!» strillò in preda al panico.
Colin, che aveva sempre avuto paura del buio, si unì all'urlo, anche senza un vero motivo. Chris non era mai stato un cuor di leone e, sentendo gli altri gridare, si fece prendere dal panico e prese a strillare anche lui. Un bel coretto, non c'è che dire.
Dopo qualche attimo di grida acute, Maryon cercò di ricomporsi. Chiuse la bocca di scatto e mise una mano su quella di Colin, per bloccare il suo urlo. Chris, sentendo che gli altri avevano smesso di strillare, si bloccò, lasciando a metà il suo grido.
«Ok, compagni. Probabilmente era un topo.» Maryon assunse un tono sicuro da vero capo.
«Un topo?» pigolò la vocina tremante di Chris, da qualche parte nel buio dietro di lei.
Maryon lo ignorò. «I nemici ci hanno messo alla prova, ma non sanno di che pasta è fatto il MccDragon!» Con quelle parole di incoraggiamento, la ragazzina riprese il cammino.
Chris, sempre brontolando dal fondo della fila, tirò fuori dal portafoglio il suo cellulare ultra moderno e lo utilizzò per fare un minimo di luce. «Non ci si vede comunque un tubo» puntualizzò Colin.
«È un telefono cellulare, non una torcia» lo rimbeccò l'amico. «E comunque è un Motorola di ultimo modello, sottilissimo, con lo schermo a colori...»
«Truppa, non distraiamoci!» li richiamò all'ordine Maryon. Finalmente il tortuoso corridoio giunse al termine: i loro occhi ormai abituati al buio riconobbero una stanza quadrata dal soffitto basso, colma di tanti aggeggi sinistri che alla luce bluastra del telefono parevano macchine infernali.
«Siamo sotto il palco» sentenziò Chris, osservandosi intorno. Poi si chinò e illuminò il pavimento. «Strano» commentò, sfiorando con il dito la superficie di legno.
«Ehi, guardate qui!» esclamò Colin, richiamando l'attenzione degli amici. Nascosta da stracci e vecchi costumi di scena, c'era una botola che faceva molto film d'avventura.
«Apriamola e scendiamo!» propose entusiasta Maryon ma Chris fece notare che, se si trovavano sotto il palco, sarebbe stato meglio risalire.
«Cervellone!» gli rispose Maryon, facendogli una linguaccia, mentre Colin cercava il modo di risalire.
«Per di qua!» Il ragazzino indicò ai compagni una scala, i cui gradini avevano un'aria molto pericolante: certo non doveva essere una grande idea percorrerli al buio, ma d'altronde avevano a disposizione solo il cellulare di Chris per farsi luce. Nel salire le scale, alzavano nuvolette di polvere che si spandevano nell'aria come soffici bolle di sapone. Dopo una sola rampa, raggiunsero un'ampia sala colma di vecchi costumi, scenografie consunte e oggetti di scena. Colin afferrò un teschio rotto, abbandonato su un tavolo, e iniziò una buffa imitazione di Amleto: «Essere o non essere...»
«Piantala!» gli intimò Chris, lanciandogli una polverosa parrucca bionda. E mancandolo di parecchio.
Colin finse un attacco di tosse piuttosto teatrale. «Sei fortunato che non sono allergico alla polvere!»
Maryon alzò gli occhi al cielo: i suoi due compari di avventure avevano la concentrazione di un canarino smemorato. Meno male che c'era lei a riportare l'ordine. «Smettetela, compagni! Siamo qui per una missione ben precisa» ricordò loro, con la sua solita aria da capo.
Colin appoggiò sul tavolo il vecchio teschio e Chris mise il broncio. Strano.
Maryon lo ignorò e si concentrò invece su un consunto cappello da esploratore, lasciato sopra un manichino senza più braccia; lo fissò con aria arcigna, come se fosse lui il responsabile della scarsa disciplina della truppa, poi, presa dall'entusiasmo del gioco, lo rubò e, dopo averlo ripulito del più grosso, se lo calò in testa. «Avanti, marsch!»
Vagando alla cieca per i labirintici cunicoli del teatro, i tre amici giunsero ad un enorme tendone rosso, strappato in alcuni punti; o meglio, si immaginarono che fosse rosso, visto che era coperto da uno strato di sporco.
«È il sipario, siamo sul palco» sentenziò Chris, guardandosi intorno con la fioca luce del telefonino. Si avvicinò lentamente al lato destro del palco, alla ricerca del cordone per aprire il tendone: quando lo trovò, non pensando alla polvere che avrebbe sollevato, lo tirò con energia. Una nuvola grigiastra li investì, ricoprendoli completamente.
«Ma bravo, Chris. Complimenti» commentò sarcastica Maryon, cercando di ripulirsi i pantaloni.
«Meno male che sei super mega intelligente e quella roba lì!» rincarò la dose Colin.
Chris fece una smorfia spazientita, che venne illuminata dalla luce bluastra del cellulare. «Guardate» disse solamente, indicando la platea che si estendeva ai loro piedi. Le alte finestre coperte da spessi tendoni lasciavano filtrare alcune strisce di luce che illuminavano le poltroncine rosse.
Maryon si sentì improvvisamente come uno speleologo che scopre una grotta enorme piena di stalattiti e stalagmiti cristalline. «Uau...»
Chris illuminò la platea più che poté come se reggesse una torcia.
«Eldorado» sussurrò la ragazzina tra i denti.
D'improvviso una luce accecante arrivò dal cielo e colpì i tre giovani esploratori con la sua intensità. Dovettero sbattere le palpebre un paio di volte prima di riuscire ad abituarsi. Poi capirono quello che era successo: qualcuno aveva acceso la luce. Qualcuno di molto arrabbiato.
La signora Mauren stava in fondo alla platea con l'operaio che aveva tolto le assi dalla porta. Sulla sua faccia i ragazzini videro passare velocemente prima stupore, poi rabbia. Tanta rabbia. Aprì la bocca per sgridarli, quando alcuni dei loro compagni affluirono all'entrata, osservandoli con gli occhi sgranati. Il passaparola fu così veloce che nel giro di poco tutti gli studenti del sesto anno furono in platea.
Maryon pensò che dovevano avere un aspetto eroico, lì sul palco, tutti sporchi di polvere con un cappello di paglia sulle ventitré. Avevano eguagliato i gemelli, erano la leggenda. Un applauso scoppiò all'improvviso dai compagni, un applauso che dipinse sul suo volto un sorriso di vittoria. Gloria!
«Siete in punizione! Tutti e tre!» strillò la maestra, sovrastando il fragoroso battimani.
Ecco, ora arrivano i guai!, pensò Maryon, contrariata. Si levò il cappello con aria pentita, ma sapeva che quella volta non sarebbe bastata la sua faccina dolce per tirarli fuori da quel casino.
«Dovrete lavorare alla ristrutturazione del teatro un'ora in più al giorno per una settimana» sentenziò la signora Mauren, arrabbiata.
Colin lanciò un'occhiata depressa all'amica. «Ora come faccio a dirlo ai miei vecchi?»






Eccoci al terzo capitolo della storia (che partecipa al contest Tutti in scena, di cui fra un po' avremo i risultati).

I nostri amici hanno scoperto una porta segreta, la stessa tramite cui i gemelli erano riusciti ad entrare nel teatro. Ma cosa avrà notato Chris di tanto strano? Lo saprete presto! ;)
Nel frattempo, dopo aver visto QUI l'immagine dove sono rappresentati Chris, Maryon e Colin e QUI invece l'immagine che rappresenta la DDD (David, Dorian e Daniel), vi lascio l'immagine dei gemelli Weaving:
QUI gli adorabili Jonathan (Joy) e Luke Weaving.

A presto, carissimi!
Beatrix B.

   
 
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