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Autore: Amantide    25/04/2015    5 recensioni
Una FF in cui vedremo i sette semidei nella loro quotidianità alle prese con una convivenza forzata e un satiro dal carattere difficile. Vi siete mai immaginati Jason ai fornelli o Percy versione lavapiatti? Beh, io ci ho provato e il risultato è piuttosto divertente. Ovviamente non mancheranno i colpi di scena, gli imprevisti e le storie d'amore.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Jason/Piper, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice: Ciao a tutti! Torno con una nuova FF sempre su Percy Jackson. Questa volta mi sono messa nei panni dei 7 della profezia che si sono trovati catapultati in una nuova avventura... la convivenza forzata a bordo della Argo II. La storia si svolge durante il viaggio verso verso Roma, quindi per quanto riguarda i libri siamo in corrispondenza de: "Il marchio di Atena", non ho ancora finito di leggere la saga (sto leggendo "La casa di Ade") quindi come sempre niente spoiler please! :-) 
La storia avrà più capitoli (come mi ha richiesto qualcuno), ma per non lasciarvi mai troppo sulle spiene ho deciso di portarmi avanti... ho sempre due o tre capitoli già scritti oltre quello che pubblico. In questo modo voi aspetterete di meno e io riuscirò più facilmente a seguire il filo della storia. Spero che gradirete questa novità ma soprattutto che apprezzerete la mia nuova storia!!! Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti, quindi non esitate ad esprimervi. Grazie a tutti voi per aver scelto di seguire questa storia! :-)





Due galli in un pollaio
 
 
Percy odiava lavare i piatti. Eppure, nonostante l’avesse fatto presente più di una volta, quel compito finiva sempre per tornargli indietro come un boomerang. Erano in viaggio verso le antiche terre solo da qualche giorno, eppure Percy era convinto di aver maledetto Leo per non aver inserito una lavastoviglie nella cucina della sua attrezzatissima trireme greca, almeno un centinaio di volte.
L’unica cosa che apprezzava di quel compito era il contatto con l’acqua, anche se doveva stare attento a non lasciarsi prendere troppo la mano. La prima volta che si era trovato a dover pulire una pigna di piatti, aveva pensato bene di ricorrere ai suoi poteri e aveva finito per fare un casino. Per fare più in fretta aveva aumentato la pressione dell’acqua causando l’esplosione di un paio di tubi e il povero Leo aveva passato un pomeriggio a riparare i danni mentre lui cercava di convincere l’acqua che allagava il pavimento ad abbandonare la cucina, il tutto accompagnato dalle occhiatacce di Annabeth e dagli insulti di Hedge. Da quel giorno a Percy era stato tassativamente vietato di utilizzare i suoi poteri per lavare i piatti.
“Percy, come va con i piatti? Non è che ti andrebbe di darmi il cambio di guardia sul ponte?” La testa bionda di Jason faceva capolino dalla porta della cucina.
“Sì, ho finito.” Rispose Percy asciugando l’ultimo bicchiere. Che poi ancora non aveva ben capito perché a Jason non toccasse mai lavare i piatti.
Percy uscì dalla cucina e raggiunse il figlio di Giove in corridoio.
“Dov’è Hedge?” Chiese Percy non sentendo il vecchio satiro canticchiare nulla di assurdo.
“Si è addormentato sul ponte dieci minuti fa” spiegò Jason indicando il ponte superiore “ha mangiato e bevuto talmente tanto che è crollato senza nemmeno accorgersene!”
Percy e Jason risero insieme. Un turno di guardia sul ponte senza Hedge che storpiava sigle dei cartoni animati e impartiva ordini a casaccio era proprio quello che ci voleva.
“Beh, io vado di sopra allora.” Disse Percy che non sapeva bene come congedare il figlio di Giove. Entrambi avevano difficoltà a rapportarsi l’un l’altro e in più erano sempre stati abituati a svolgere il ruolo di leader. Ma sulla Argo II era tutto diverso, erano una squadra, e come aveva detto saggiamente Annabeth un paio di giorni prima, dovevano finirla di comportarsi come due galli in un pollaio. Ovviamente era più facile a dirsi che a farsi.
Dopo quello che era successo in Kansas, cercare di andare d’accordo con uno che ti aveva fulminato non era la cosa più semplice del mondo.
I due raggiunsero il ponte e Percy fu ben contento di respirare l’odore del mare mentre una dolce brezza gli scompigliava i capelli.
“Senti Percy…” Disse Jason un po’ incerto. Percy alzò un sopracciglio e rimase in attesa. Sembrava che il suo interlocutore fosse impegnato a mettere le parole nell’ordine corretto prima di pronunciarle. “Se il coach dovesse svegliarsi… non è che potresti fare in modo che resti sul ponte?” Domandò Jason arrossendo lievemente in zona orecchie.
“Come scusa?” Percy era confuso.
“Si beh, insomma, volevo stare un po’ con Piper ma… beh, conosci Hedge…”
“Oh!” Fece Percy cominciando a cogliere il senso della richiesta dell’amico.
“Beh, ecco…”
Era difficile dire chi dei due fosse più imbarazzato. Se Jason che si vedeva costretto a chiedere l’aiuto di Percy per stare un po’ solo con la sua ragazza o Percy che doveva reggergli il gioco finendo per fare la guardia ad un vecchio satiro scontroso.
“Ok, credo di aver afferrato.” Mugolò Percy domandandosi quand’è che lui e Annabeth avrebbero potuto passare del tempo soli costringendo Jason a ricambiare il favore.
“Bene!” Esclamò Jason passandosi una mano tra i capelli. “Allora siamo intesi…”
“Si.” Rispose il figlio di Poseidone con poco entusiasmo.
“Sarà meglio che vada allora.”
“Già!”
“Beh, grazie.” E così dicendo Jason si avviò verso le scale che portavano di sotto dove si scontrò con Hazel che saliva.
“Avete finito di parlarvi a monosillabi voi due?” Domandò divertita la ragazza.
“Sì, direi di sì.” Esclamò lui che non vedeva l’ora di raggiungere Piper. E così dicendo riprese le scale scoccando un occhiolino d’intesa a Percy.
“Però!” Esclamò Hazel appena Jason fu sparito sottocoperta. “Voi due state facendo dei progressi!” Scherzò la ragazza fingendosi stupita.
Percy alzò le spalle come a dire che per ora doveva ritenersi soddisfatta di quel risultato.
“Dove sono gli altri?” Chiese Percy per cambiare argomento.
“Annabeth e Leo sono in sala macchine, non chiedermi a fare cosa perché non ci ho capito nulla. Parlavano di pistoni e candele e mi hanno fatto venire un gran mal di testa. Frank ha quasi finito di sistemare la dispensa e Piper…”
“Sta aspettando Jason.” Concluse Percy.
“Sì, suppongo di sì.” Commentò Hazel arrossendo un pochino.
“E tu?” Chiese Percy avvicinandosi al timone per controllare la rotta.
“Io stavo aspettando che Annabeth finisse di aiutare Leo con le sue diavolerie meccaniche per parlarle, ma di questo passo mi sa che faccio in tempo a morire un’altra volta!” Si lasciò scappare un sorriso triste e puntò gli occhi sull’orizzonte. A Percy sembrò di cogliere un po’ di malinconia nella sua voce e nel suo sguardo.
“Puoi parlare con me intanto che aspetti Annabeth… se ti va.” Buttò lì Percy nella speranza di risollevare il morale all’amica.
A quelle parole Hazel arrossì.
“Oh, beh… grazie di esserti offerto, ma… sai, sono cose da ragazze…”
Percy si lasciò scappare una risata nervosa e si sentì un’idiota. Era già la seconda volta nel giro di un quarto d’ora che si sentiva in imbarazzo, prima con Jason e adesso anche con Hazel.
Per fortuna a rompere il ghiaccio ci penso il vecchio coach che russò talmente forte da far sobbalzare i ragazzi e da svegliare se stesso. I due semidei videro Hedge svegliarsi di soprassalto e sfoderare la mazza da baseball gridando “a morte!” ad un paio di poveri gabbiani che sorvolavano ignari la nave. Poi come se tutto fosse normale il satiro si voltò verso Percy gridando: “Ti tengo d’occhio Jackson!” e si riaddormentò abbracciato alla sua fedele mazza da baseball.
I due amici si scambiarono un’occhiata e poi scoppiarono a ridere.
“Che mondo sarebbe senza di lui?!” Disse Hazel divertita.
“Un mondo in cui io non dovrei fargli la guardia per coprire le spalle a Jason, direi!” Rispose Percy sarcastico.
“Percy!” Disse Hazel in tono di rimprovero. “Se ti dà così tanto fastidio coprirlo potevi dirgli di no.”
 “Siete voi ad insistere che dobbiamo andare d’accordo,” brontolo Percy “e avete ragione perché essere una squadra è l’unico modo per portare a termine l’impresa con successo.”
“E allora qual è il problema?” Chiese la ragazza in tono quasi materno.
“Nessun problema… è solo che anch’io vorrei stare un po’ con Annabeth.” Percy si appoggiò al parapetto della nave e abbassò la testa sconsolato. “Hazel, non hai idea di quanto mi sia mancata.”
“Si che ce l’ho invece.” Disse la ragazza comprensiva facendo un immancabile tuffo nei suoi ricordi più remoti.
“Scusami.” La voce di Percy suonava sinceramente dispiaciuta. “Non volevo fare affiorare vecchi ricordi.”
Hazel si sforzò di trattenere le lacrime e diede un bacio a Percy sulla guancia. Lui sorrise.
“Mi offro volontaria per coprire le spalle a te e ad Annabeth, quando ne avrete bisogno. A costo di stare sveglia tutta la notte a fare la guardia al vecchio Hedge!” Il viso di Hazel si aprì in un gran sorriso. Adorava Percy e Annabeth come coppia. Adorava il modo in cui si scoccavano occhiate d’intesa durante i pasti o come lui la prendesse per mano nei momenti più improbabili. Ma più di tutto adorava il luccichio che Annabeth aveva negli occhi quando parlava di lui. La loro complicità le ricordava quella che lei aveva con Sammy, e dopo tutto quello che avevano passato era convinta che meritassero un po’ di tempo insieme tranquilli, cosa che per due semidei era una rarità.
Un rumore sordo accompagnato da esclamazioni di gioia e applausi li colse di sorpresa.
“Valdez ce l’ha fatta anche questa volta!” La voce di Leo giunse vittoriosa dalle scale.
“Io vado a vedere cosa succede di sotto!” Disse Hazel accennando alle scale. “A più tardi.” E così Percy rimase solo sul ponte a scrutare l’orizzonte. Nonostante fossero partiti già da qualche giorno, non avevano ancora subito nessun attacco e Percy non era del tutto sicuro che fosse una buona cosa.
 
Hazel scese in sala macchine dove fu accolta da un sonoro boato. Gli amici erano tutti intenti a festeggiare Leo che aveva riparato con successo i motori della nave per l’ennesima volta. Di questo passo non arriveremo nel Mediterraneo tutti interi, si disse Hazel ripensando a tutte le volte che Leo aveva già dovuto metter mano al loro mezzo di trasporto.
“Hazel!” Esclamò il figlio di Efesto notando l’amica che osservava la scena sulla porta. “Sei venuta anche tu a festeggiare superLeo?”
“Ovvio!” Rispose la ragazza con un gran sorriso. Il figlio di Efesto s’illuminò e Hazel dovette controllarsi più del solito per evitare di far comparire gemme preziose sul pavimento della sala macchine. Il sorriso di Leo era ammaliante.
“Ragazzi” disse Frank raggiungendoli dalla dispensa “mi spiace dirvelo ma siamo a corto di cheeseburger!”
Nell’udire la voce del suo fidanzato Hazel fu percorsa da un brivido, quasi come se si sentisse in colpa per quello scambio di sguardi con Leo.
“Come sarebbe?” Domandò Annabeth strabuzzando gli occhi. “Siamo partiti solo da tre giorni!”
“Vallo a dire a Hedge! Nella dispensa ci sono le sue impronte dappertutto, e non mi risulta che nessun’altro a bordo sia dotato di zoccoli!”
“Ok, stasera riunione!” Sentenziò Annabeth sospirando amareggiata. Quel satiro li avrebbe fatti impazzire tutti.
Gli altri annuirono e poi si sparpagliarono per la nave.
Annabeth aspettò che Leo e Frank fossero usciti dalla sala macchine, poi prese Hazel per un braccio costringendola a voltarsi. “Devi dirmi qualcosa per caso?” Domandò con l’aria di chi aveva già capito tutto. Alla figlia di Atena non sfuggiva proprio nulla.
Hazel tentennò, ma questa volta non riuscì a fare a meno di arrossire mentre un piccolo smeraldo compariva ai suoi piedi.
“Io… beh, in effetti volevo scambiare due chiacchiere con te.” Disse la figlia di Plutone. “Ma non qui.”
“Problemi di cuore?” Domandò Annabeth anche se era evidente che conosceva già la risposta a quella domanda.
Hazel abbassò lo sguardo e per Annabeth fu tutto chiaro. Nonostante si conoscessero da pochi giorni quella ragazza sembrava in grado di leggerla come un libro aperto ed essendo figlia della Dea della saggezza, Hazel la considerava dispensatrice di ottimi consigli. In un certo senso sapeva di potersi fidare ciecamente di lei. E poi era la ragazza di Percy, e questo era una garanzia. Tutte le persone di cui Percy si fidava meritavano piena fiducia anche da parte sua, o per lo meno così la pensava Hazel.
“Cosa ne dici di una riunione a tre stasera? Piper è molto più esperta di me in materia… dopotutto è figlia di Afrodite!”
“Ma abbiamo già la riunione con gli altri!” Le ricordò l’amica.
“Beh ma quella la faremo durante la cena… dopo abbiamo tutto il tempo.”
“Serata solo donne?” Disse Hazel rinvigorita da quell’idea.
“Esattamente! Tutte nella mia cabina!”
“Ci sto!”
“Bene, stasera ci racconti tutto allora, adesso non ci resta che avvisare Piper, a proposito, dov’è?”
“Penso che sia impegnata con Jason.” Rispose la figlia di Plutone soffocando una risata maliziosa.
Annabeth storse la bocca e si torturò una ciocca di capelli. “Certo che quei due si danno un gran da fare!” Commentò quasi come se lo stesse dicendo più a se stessa che a Hazel.
Alla figlia di Plutone sembrò di cogliere una nota d’invidia nella sua voce.
“Hazel, io raggiungo Percy sul ponte. A più tardi.” E così dicendo congedò l’amica.
 
Sul ponte superiore Percy sedeva annoiato a fianco al timone scrutando gli appunti e le rotte che Leo aveva tracciato su delle vecchie mappe nautiche.
“Ehilà!” Annabeth comparve sulle scale sfoggiando il suo sorriso più bello.
“Ehi!” Esclamò Percy felice di avere qualcosa di più interessante delle mappe nautiche da guardare. Annabeth indossava un paio di jeans stretti e una camicetta a quadri sopra una canotta nera. Tutti i suoi capi erano sporchi di grasso e olio, persino i suoi capelli biondi non erano usciti indenni della sala macchine. Percy notò più di una ciocca striata di nero.
“Siamo sicuri che Leo non stia cercando di tramutarti nella meccanica più sexy del pianeta?” Domandò scrutando avidamente ogni centimetro del corpo della fidanzata. “Potrei cominciare seriamente ad essere geloso!”
Annabeth si rassettò i vestiti e si guardò imbarazzata le mani ancora sporche di grasso.
“Ma finiscila!” Protestò in tono scherzoso nascondendo le mani dietro alla schiena. “In questo momento mi sento tutto tranne che sexy!”
“Questo lo dici tu!” E così dicendo tirò Annabeth verso di sé baciandola appassionatamente.
“Ora sarà meglio che tu vada a cambiarti, o potrei non rispondere delle mie azioni.” Le suggerì Percy alternando un bacio ad ogni parola.
“Jackson! Chase!” La voce di Hedge li fece trasalire improvvisamente. “Siete due disgraziati!” Il coach si ergeva in tutta la sua misera altezza brandendo la mazza da baseball.
“Ok, io esco di scena!” Disse Annabeth che amava dileguarsi obbligando il suo ragazzo a subire le ire del satiro.
“Così non vale!” Protestò Percy sfoderando i suoi occhioni verde mare, ma Annabeth stava già tornando sottocoperta.
“Jackson!” Il coach continuava a strillare come un pazzo.
“Presente!” Rispose Percy alzando la mano come se fosse a scuola.
“Non fare lo spiritoso con me, ragazzino!”
Percy fece spallucce.
“Se ti rivedo un’altra volta in atteggiamenti poco consoni con lei, assaggerai la mia ira!”
“Fantastico.” Commentò Percy con scarso entusiasmo.
Andando avanti con quella conversazione trattenere Hedge sul ponte come aveva promesso a Jason sarebbe stato più facile del previsto.
Quasi come se si fosse sentito chiamato in causa, il figlio di Giove comparve dalla scala di poppa con il suo solito sorriso smagliante.
“Come va Percy?” Domandò avvicinandosi al timone. “Il vecchio burbero è ancora in coma!?” Chiese ridacchiando.
“Veramente…”
“Grace!” Ringhiò Hedge dalla base dell’albero maestro.
“Ops!” Fece Jason mentre Percy si metteva una mano sulla fronte e si sforzava di non ridere.
“Ti sei appena guadagnato una bella punizione!” Strillo il satiro dal basso. “Stasera lavi i piatti!”
“Si!” Esultò Percy alzando i pugni in segno di trionfo.
Jason sbuffò avvilito.
“Comunque non ho capito perché se lo faccio io è un compito quotidiano e se lo fa lui è una punizione!” Protestò Percy.
“Tu stai zitto Jackson che sei nei guai fino al collo!”
Jason lanciò uno sguardo interrogativo all’amico domandandosi cosa avesse combinato questa volta per finire nei guai, poi notò una strisciata di grasso sulla sua guancia e fece due più due. Aveva appena incrociato Annabeth nel corridoio di sotto ed era ricoperta di grasso fino ai capelli, non ci voleva un genio per capire cosa avevano combinato quei due sul ponte.
“Grande Percy!” Strillò Jason dandogli di gomito e assestandogli un paio di pacche parecchio forti sulla spalla. Percy si domandò quando mai gli avesse dato tutta quella confidenza. Jason era un tipo un po’ manesco ma Percy sapeva che con quel gesto era intenzionato a dimostrargli una sorta di solidarietà maschile, quindi evitò di lamentarsi.
“Gliel’avete proprio fatta sotto al naso!” Aggiunse soffocando una risata. “Oh, comunque grazie per… beh lo sai! Ti devo un favore!”
“A buon rendere!” Disse Percy affidando il timone a Jason. “Ci vediamo a cena.”
  
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