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Autore: Amantide    27/04/2015    3 recensioni
Una FF in cui vedremo i sette semidei nella loro quotidianità alle prese con una convivenza forzata e un satiro dal carattere difficile. Vi siete mai immaginati Jason ai fornelli o Percy versione lavapiatti? Beh, io ci ho provato e il risultato è piuttosto divertente. Ovviamente non mancheranno i colpi di scena, gli imprevisti e le storie d'amore.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Jason/Piper, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Come promesso ecco il secondo capitolo in tempo record! :-) Grazie a tutti voi che avete già aggiunto la storia alle seguite/preferite ma soprattutto grazie alle prime due coraggiose che hanno addirittura recensito la storia! Dedico questo capitolo a voi due nella speranza che lo apprezzerete come il primo! Buona lettura e buon divertimento... si,avete capito bene, ci sarà da ridere! ;-)




 
L’incastro del ripostiglio
 


Piper si offriva spesso di cucinare. Le piaceva, e, a quanto pareva, a livello culinario era anche la più dotata. Il primo giorno era stato Frank a mettersi volontariamente ai fornelli, voleva fare assaggiare a tutti un’antica ricetta di famiglia che sua nonna gli cucinava sempre. Il risultato fu un disastro totale. Il piatto risultò praticamente immangiabile e Piper e Annabeth ci misero due ore a pulire la cucina, più che cucinare sembrava che Frank avesse lanciato ogni genere d’ingrediente a casaccio sui muri. Da quel giorno Frank era stato esiliato all’unanimità dalla cucina. Poi fu il turno Annabeth. Un giorno fu lei a preparare il pranzo, il risultato non fu per niente malvagio ma, meticolosa com’era, ci metteva due ore solo per tagliare le verdure e il risultato fu che pranzarono alle tre del pomeriggio e il coach minacciò più di una volta di sgranocchiare una gamba a Leo se non gli fosse stato servito subito il pranzo.
Per ovvi motivi Leo preferiva stare alla larga dai fornelli, non era sicuro che il gas e il suo talento naturale nel prendere fuoco spontaneamente fossero un’accoppiata vincente. Quando fu il turno di Jason, lui dichiarò che avrebbe potuto seriamente avvelenare qualcuno se solo si fosse avvicinato ad un fornello e nessuno volle scoprire se mentiva.
Anche Percy fece un tentativo. Se non altro tutti gli altri erano riusciti a mettere qualcosa che somigliava a del cibo nel piatto, mentre lui era stato capace di bruciare la pentola ancor prima di metterci dentro qualcosa, per non parlare del fatto che aveva avviato il frullatore senza mettere il coperchio finendo per imbrattare tutta la cucina di carne trita. Annabeth lo prendeva in giro ogni qualvolta se ne ricordava.
Hazel aiutava come poteva, non conosceva nessuna ricetta ma era brava con i coltelli e spesso aiutava Piper nelle preparazioni.
“Stasera pensavamo di fare quattro chiacchiere da Annabeth, ci stai?”
Chiese Hazel all’amica mentre sbucciavano le patate.
“Volentieri.”
“Essendo solo ragazze non dovremmo nemmeno avere il problema Hedge!” Aggiunse la figlia di Plutone accendendo il forno.
“Un motivo in più per vederci!”
 
La cena fu servita alle otto e mezzo. Leo arrivò a tavola per ultimo, voleva essere sicuro di aver inserito il pilota automatico correttamente e di aver attivato il sonar, onde evitare spiacevoli sorprese.
“Siamo in una botte di ferro!” Annunciò il figlio di Efesto sedendo al suo posto.
“Con voi tre a bordo non ne sarei così sicuro!” Borbottò Hedge ammiccando in direzione di Percy, Leo e Jason che sedevano uno accanto all’altro.  “Tra tutti non so chi sia il peggiore.”
“Forse quello che si è mangiato tutti i Cheeseburger della dispensa?” Disse Leo divertito.
“Valdez! Cosa stai insinuando?” Ringhiò il satiro salendo in piedi sulla sedia.
“Nulla, nulla!” Disse Annabeth che colse al volo l’occasione per dare il via alla riunione. “Ma è vero, le nostre scorte si sono già dimezzate… a breve dovremo fare una sosta per rifornirci!”
“Una sosta? E dove pensi di fermarti ragazzina? Siamo in mezzo all’Atlantico!”
“Coach a dire il vero siamo ancora abbastanza vicini alla costa Americana…” Spiegò Annabeth.
“Non vorrai certo tornare indietro?” Domandò Jason.
“No, ma…”
“Fermi!” Intervenne Hazel. “Ho un’idea, potrei chiamare Arion!”
“Chi?” Chiese Leo.
“Arion è un cavallo in grado di correre su qualunque superficie ad una velocità incredibile.” Spiegò la figlia di Plutone.
“Pensi che con lui riusciresti a fare scorta di cibo in America per poi tornare a bordo senza farci modificare la rotta?” Chiese Annabeth felice di aver trovato una possibile soluzione.
“Assolutamente sì!”
“Perfetto allora! Siamo tutti d’accordo?”
La tavolata annuì con convinzione. Persino Hedge sembrò entusiasta della soluzione a patto che potesse avere una scorta di bottiglie di chinotto solo per lui.
“Affare fatto!” Sentenziò Hazel. “Partirò alle prime luci del mattino.”
“Annabeth…” La voce di Percy suonava quasi come un sussurro ma lei la colse senza problemi. “Cosa ne dici se dopo riprendessimo da dove abbiamo lasciato quello che stavamo facendo sul ponte?” Domandò il figlio di Poseidone a bassa voce cercando la sua mano appoggiata sul tavolo. Annabeth cercò di non arrossire ma improvvisamente si ritrovò costretta a schivare una forchetta volante che arrivava dall’altra parte del tavolo e mirava proprio alle loro mani.
“Jackson tieni quei tuoi tentacoli a posto!” Disse Hedge puntandogli contro un cucchiaio che risultava molto meno minaccioso della sua solita mazza da baseball.
“Lei mi tiri un’altra forchetta o qualsiasi altra posata e giuro che la butto a mare!” Ringhiò Percy trattenendosi dal mettere le mani al collo del satiro.
“Sono qui per mantenere l’ordine sulla nave!” Gracchiò Hedge salendo in piedi sulla sedia e additando Percy e Annabeth come se loro fossero una minaccia alla sicurezza.
“O per finire tutti i Cheeseburger della dispensa!” Brontolò Leo a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutta la tavolata.
“Adesso basta!” Ruggì il satiro mentre tutti ridacchiavano. “Tutti fuori tranne voi due.” Aggiunse indicando Leo e Jason. “Valdez datti una mossa a sparecchiare che il tuo amico Jason non vede l’ora di mettersi a lavare i piatti!”
Percy non se lo fece ripetere due volte, imboccò il corridoio e non appena furono lontano dalla portata del satiro trascinò Annabeth dietro la prima porta disponibile. Per loro sfortuna la porta in questione era quella del ripostiglio delle scope.
Piper, che camminava subito dietro, li vide sparire dietro la porta facendo un gran baccano e quando Frank, che procedeva poco più avanti, si girò incuriosito dal rumore lei fece spallucce fingendo di non aver visto niente.
“Vado su al timone finché non arriva Leo.” Annunciò il figlio di Marte. Piper annuì e in quel momento la raggiunse Hazel. “Dov’è finita Annabeth?” Domandò guardandosi intorno alla ricerca dell’amica.
Piper indicò la porticina invitandola a fare silenzio. “Andiamocene, non è carino origliare! Aspetteremo Annabeth davanti alla sua cabina.” Hazel annuì e insieme proseguirono lungo il corridoio.
 
Dentro quel ripostiglio si stava veramente stretti, ma questo non faceva altro che alimentare le fantasie di Percy. Lui era finito con un piede dentro il secchio del mocho e ad Annabeth era caduta in testa un’intera pigna di asciugamani. La scena di per sé era comica ma entrambi sapevano di non potersi mettere a ridere sonoramente. Hedge doveva essere nei paraggi perché sentivano il rumore dei suoi zoccoli rimbombare nel corridoio. Percy aveva una scarpa completamente fradicia ma non osava tirare fuori il piede dal secchio per paura di scivolare. Si fece largo tra le scope per arrivare ad Annabeth, sollevò due o tre asciugamani per arrivare alla sua bocca e poi la baciò mozzandole il respiro. Si staccò un momento per ascoltare i rumori che provenivano dal corridoio e Annabeth non riuscì a trattenere una risata.
“Shhhhh!” Fece lui premendole una mano sulla bocca mentre dal ripiano più alto cadevano altri stracci. “O ci farai scoprire.” A quanto pareva Hedge stava facendo la ronda nel corridoio perché il suono dei suoi zoccoli continuava ad andare e venire.
“A quanto pare siamo bloccati qui!” Disse Percy facendo una smorfia. “Solo tu e io, baby!”
“E gli asciugamani!” Aggiunse Annabeth lanciandogliene uno in faccia.
“Sarà meglio decidere come impiegare questo tempo, perché potremmo rimanere qui a lungo sai…” E così dicendo la baciò di nuovo schiacciandola contro il muro. La baciò con così tanta foga che finì per scivolare ribaltando il secchio, rovesciando l’acqua lurida che conteneva sul pavimento.
I due franarono per terra sperando di non aver fatto troppo rumore e continuarono a baciarsi finché Annabeth non vide l’acqua rovesciata che stava per fuoriuscire da sotto la porta.
“Percy!” Disse staccandosi il figlio di Poseidone dalle labbra e mostrandogli cosa stava per accadere. “Fai qualcosa!”
Percy fece un gesto con la mano che prosciugò l’acqua e gli impedì di rivelare la loro posizione.
“Dov’ero rimasto?” Domandò un secondo prima di baciarla di nuovo.
“Ahi!” Disse Annabeth sforzandosi di mantenere la voce bassa. “Percy, il gomito, ahia, mi fai male!”
Quello stanzino era talmente piccolo che era impossibile anche solo stare seduti per terra senza doversi contorcere. Percy imprecò contro Leo per averlo progettato così piccolo.
“Scusa!” Mormorò Percy col fiato corto. Entrambi si tirarono su e un attimo dopo le loro labbra s’incontrarono di nuovo. Ad Annabeth girava la testa e tremavano le gambe, per non parlare dello stomaco che stava letteralmente facendo le capriole. Percy prese ad armeggiare con la camicetta di Annabeth, e, con la delicatezza che lo contraddistingueva, nel giro di un paio di minuti le aveva slacciato un solo bottone e ne aveva fatti saltare altri tre.
“Percy, non è il momento né il posto per fare queste cose!” Lo rimproverò lei, ma la sua voce non suonava del tutto credibile. In un certo senso era come se lo stesse spronando a continuare.
“Sul posto posso anche darti ragione.” Mormorò Percy baciandola sul collo. “Ma sul momento non puoi dirmi proprio nulla! Sono sette mesi che non stiamo un po’ soli!”
Annabeth sospirò. Poi scostò Percy di malavoglia.
“Non adesso Percy.” E così dicendo abbottonò l’unico bottone che il suo ragazzo non aveva fatto saltare.
Percy rimase immobile nella penombra dello sgabuzzino a riflettere su quelle parole. Era perplesso. Stava insieme ad Annabeth da quasi un anno anche se, grazie ad Era, in realtà i mesi che avevano passato insieme erano molti meno. Il primo era stato senza dubbio il più bello di tutti. Erano ancora al campo mezzosangue e di conseguenza si vedevano tutti i giorni, la maggior parte del tempo sdraiati in mezzo ai campi di fragole. Il mese successivo erano dovuti tornare a New York dove, anche non essendo vicini di casa come al campo, riuscivano a frequentarsi spesso e a fare cose normali come andare al cinema o passeggiare al parco mano nella mano, senza nessun mostro che gli rovinasse la giornata. Poi Era aveva pensato bene d’intervenire usando Percy come pedina per il suo piano e Annabeth si era ritrovata improvvisamente sola, senza avere la minima idea di cosa stesse accadendo al suo ragazzo. Era aveva letteralmente rubato sette mesi della loro vita di coppia e, nonostante lui ricordasse praticamente solo le settimane che l’avevano visto impegnato in Alaska, sapeva che per Annabeth era stato diverso. Lei ricordava ogni singolo giorno di quei sette mesi. Le aveva raccontato che faceva spesso visita a sua madre e di come piangessero insieme temendo il peggio. Poi, Jason e il suo racconto le avevano fatto tornare la speranza e da lì era cominciato il loro viaggio verso il campo di Giove.
Si erano ritrovati solo da tre giorni e lui la desiderava terribilmente dal primo istante in cui l’aveva rivista. Ora, nella penombra di quel minuscolo sgabuzzino, si domandava se non stesse correndo troppo.
Stavano insieme da nove mesi, oppure da due? Era indubbiamente un bel dilemma, e Percy non sapeva come venirne a capo. Di certo non poteva chiedere consiglio a nessuno, Percy dubitava che ci fossero altre coppie, normali o semidivine, ad aver vissuto una storia simile.
“Ehi” la voce di Annabeth lo riscosse dai suoi pensieri “le ragazze mi stanno aspettando.”
“Oh” fece Percy quasi colto di sorpresa “si, certo, buona serata.”
“Testa d’alghe, che succede?” Domandò lei notando l’espressione abbacchiata del suo ragazzo. Lui fece spallucce e lei abbassò la testa dispiaciuta. Il suo sguardo si posò sui bottoni mancanti della camicetta. Non ci voleva una figlia di Atena per capire cosa c’era che non andava in Percy. Le sue intenzioni erano chiare, o per lo meno in quello sgabuzzino era stato particolarmente esplicito. Annabeth risollevò lo sguardo, era arrossita ma sperava che la penombra mascherasse il suo imbarazzo. Percy la guardava intensamente senza dire nulla, come se si stesse trattenendo dal saltarle addosso.
Annabeth non sapeva come affrontare l’argomento, non aveva mai pensato a loro due in quel modo, o meglio, si certo, ci aveva pensato eccome, ma non si era mai domandata in quale momento della loro storia sarebbe accaduto. I primi due mesi che stavano insieme Percy non aveva mai forzato la mano, non aveva mai neanche lontanamente accennato a un desiderio di quel tipo e, visto il poco tempo da cui stavano insieme, ad Annabeth andava bene così. Ma adesso, adesso era diverso. Percy sembrava più grande e consapevole, e Annabeth si domandò se non fosse quel tatuaggio ad avergli infuso tali caratteristiche. Forse aveva semplicemente preso coscienza del fatto che i semidei avevano vita breve, e visti i costanti attacchi che subivano, non voleva più rimandare a domani nulla che li riguardasse. Come figlia di Atena, forse quel pensiero avrebbe dovuto formularlo lei.
“Credo che Hedge se ne sia andato.” Disse Percy che sembrava aver completamente rinunciato a qualsiasi attività non approvata dal coach.
“Bene!” Sussurrò Annabeth. “Nel dubbio sarà meglio prendere due direzioni opposte.”
“Va bene, io vado a destra che raggiungo gli altri sul ponte.”
“Io a sinistra.”
Percy mise una mano sulla maniglia della porta e controllò il corridoio dalle fenditure tra le assi di legno. La strada era sgombra.
Fece per aprirla ma Annabeth lo fermò per dargli un altro bacio. Rispetto a quelli precedenti fu decisamente casto e innocente. Percy sorrise, sembrava aver definitivamente calmato i bollenti spiriti.
In silenzio i due si riversarono nel corridoio e, come d’accordo, presero due strade differenti.
 
Annabeth arrivò davanti alla sua cabina tutta trafelata. Le amiche dovevano aspettarla da parecchio perché ormai si erano sedute per terra.
“Scusate!” Disse Annabeth aprendo la sua stanza e facendo strada alle amiche.
“Figurati!” Disse Hazel. Piper invece rimase zitta, un po’ troppo zitta per i gusti di Annabeth. La figlia di Atena si sentiva gli occhi dell’amica puntati addosso, la stava studiando da cima a fondo.
“Beh, quindi?” Cominciò Annabeth richiudendo la porta e facendo segno alle amiche di accomodarsi. “Hazel dicci tutto.”
“Io non ti dico un bel niente finché non ci racconti per filo e per segno cosa è successo in quello stanzino con Percy!” Spiegò la figlia di Plutone dando di gomito a Piper nella speranza che le facesse da spalla.
Annabeth diventò viola. Le due amiche sedevano fianco a fianco sul suo letto in attesa di un resoconto dettagliato mentre lei era in piedi agitata come se dovesse sostenere chissà quale esame.
“Dai, su!” La spronò Hazel.
“Ma ragazze non è come pensate voi.” Mentì Annabeth sperando che la sua voce non la tradisse. “Non è successo niente!”
“Aha” fece Piper con la faccia di una che la sapeva lunga. “Un niente durato ben…” la figlia di Afrodite si guardò l’orologio da polso e sorrise “venti minuti!” Annunciò piuttosto soddisfatta.
“Cavolo!” Continuò Piper! “Jason se arriva a quindici minuti è tanto!”
“Beh ma tu sei figlia di Afrodite! Come puoi pensare che un ragazzo resista più di un quarto d’ora?” Hazel e Piper non sembravano minimamente a disagio a trattare certi argomenti e Annabeth ne rimase esterrefatta.
“Forse hai ragione… detesto essere figlia di Afrodite!” Mugolò Piper affranta. “Guarda te se mia madre deve influenzare anche la mia vita sessuale!”
Annabeth avrebbe voluto sotterrarsi.
“Ragazze, veramente, siete fuori strada!” Disse sempre più imbarazzata.
“Si certo! Dillo alla tua camicetta!” Scherzò Piper a cui non erano sfuggiti i bottoni mancanti.
“Così a occhio nei venti minuti non c’è stato tempo per i preliminari!” Aggiunse Hazel incapace di trattenere una risata.
“Ragazze!” Annabeth stava cominciando a superare la fase d’imbarazzo e adesso le veniva quasi da ridere.
Hazel invece stava ridendo di gusto. Al campo di Giove era abituata ad essere emarginata, invece, a bordo della Argo II, aveva trovato due amiche fantastiche ed essere lì a scherzare con loro le fece quasi dimenticare il dubbio che la attanagliava. Poi Piper la riportò alla realtà.
“Beh tu che ci dici del figlio di Marte?” Chiese curiosa.
“Piper! Hazel ha solo tredici anni! Come puoi pensare che loro due…”
“Ehi bella” intervenne Hazel con un sorriso malizioso. “Se fossimo negli anni ’40 sarei in età da marito… non so se mi spiego!”
“Vuoi dire che tu e Frank…” Annabeth era allibita.
“No.” Ammise Hazel. “Io e Frank no, ma in passato…”
“Sammy?” Chiese Piper. A Hazel brillarono gli occhi.
“Già!”
Annabeth era sconcertata. Quello che diceva Hazel era vero, in passato ci si sposava giovanissime quindi non c’era da stupirsi che Hazel avesse avuto esperienze di quel tipo. Quello che la stupiva era il fatto che, senza volerlo, aveva appena scoperto di essere l’unica a non aver mai avuto rapporti col suo ragazzo e la cosa la mise a disagio. Ma la cosa peggiore in assoluto era che le sue amiche erano convinte del contrario. Annabeth sperò con tutta se stessa che non le chiedessero nessun particolare perché non avrebbe saputo cosa inventarsi. S’insultò per non aver ammesso la verità quando era ancora in tempo.
Quella serata doveva essere una semplice chiacchierata tra amiche e invece per Annabeth si stava rivelando più difficile del previsto. Le erano sorti un sacco di dubbi sulla sua relazione con Percy e continuava a domandarsi cosa voleva dirle Hazel anche se non aveva il coraggio di chiederglielo. Per fortuna fu Piper a dar voce ai suoi pensieri.
“Hazel, sbaglio o c’era qualcosa in particolare di cui volevi parlarci?”
Hazel sgranò gli occhi come se si fosse ricordata solo in quel momento che era stata lei a richiedere quell’incontro alle amiche.
“Io, beh, la verità è che sono confusa…” Ammise Hazel abbassando gli occhi. “Molto confusa.”
“Tiro ad indovinare?” Domandò Piper.
Hazel alzò lo sguardo e cercò quello delle amiche.
“Leo” dissero all’unisono Annabeth e Piper.
Al solo udire quel nome la figlia di Plutone si sentì avvampare.
“È così evidente?” La voce di Hazel era quella di chi si sentiva in colpa.
“Abbastanza” disse Annabeth lieta che lei e Percy non fossero più oggetto di discussione.
Hazel nascose la testa tra le mani e sospirò.
“La mia vita è un gran casino!” Sentenziò scuotendo la testa. “Sto insieme a Frank da meno di un mese e già mi sono invaghita di un altro!”
“Smettila di rimproverarti” intervenne Piper. “Al cuor non si comanda!”
“Questa frase è proprio da figlia di Afrodite!” La prese in giro Annabeth stupita da quella perla di saggezza.
“Guarda Annabeth!” Continuò Piper. “Appena lei e Percy si ritrovano in uno stanzino per le scope non sono più in grado di controllarsi!” Accompagnò l’ultima frase con una risata.
Quello stanzino sarà la mia rovina, pensò Annabeth tra sé e sé.
“Dico sul serio ragazze!” L’atteggiamento scherzoso di Hazel era stato rimpiazzato da un’ondata di panico. “Non so cosa fare, io voglio bene a Frank, non voglio fargli del male, ma allo stesso tempo mi sento incredibilmente attratta da Leo, e non solo perché mi ricorda Sammy. Voglio dire, è brillante, spiritoso, sa fare un sacco di cose e lo trovo molto carino.” Parlava con aria sognante e le s’illuminavano gli occhi, cosa che non sfuggì alle altre due semidee.
“Povero Frank!” Commentò Piper mentre Hazel era ancora intenta ad elencare tutte le qualità di Leo.
“Per non parlare del suo dono! È in grado di evocare il fuoco! Ma vi rendete conto? Non lo trovate estremamente sexy?!”
“Sexy?” Domandò Piper accigliata.
“Il fuoco?” Chiese Annabeth che al massimo amava il potere opposto: l’acqua. E in quel momento non poté fare a meno di figurarsi Percy che usciva dal laghetto delle canoe con la maglietta bagnata che gli s’incollava al petto.
“Sì!” Esclamò Hazel. “Io lo trovo fantastico!”
“Ad essere sincera, a me fa un po’ paura la capacità di evocare il fuoco.” Disse Piper intimorita.
“Non male, detto da una che rischia di finire fulminata ogni volta che va a letto col suo ragazzo!” Commentò Hazel.
Annabeth guardò l’amica come a dire: ‘cos’è questa storia?’
“Ogni tanto si surriscalda un po’ e diventa elettrico a tutti gli effetti!” Piper arrossì.
Annabeth non sapeva più cosa dire, si sentiva come se fosse stata colpita da un fulmine, giusto per restare in tema.
“Pensa che la prima volta che l’abbiamo fatto, ha involontariamente evocato un piccolo monsone!”
“Un monsone?!” Ripeté Annabeth incredula, immaginandosi cosa avrebbe potuto fare Percy la loro prima volta. Come minimo avrebbe provocato un’onda anomala.
“Sì!” Confermò la figlia di Afrodite. “È stato veramente molto romantico farlo sotto la pioggia!” Piper era in balia dei ricordi e aveva un sorrisetto soddisfatto dipinto in volto.
“Scusate, ma voi dovreste trovare il modo di sollevarmi il morale e magari darmi anche qualche buon consiglio, non statevene lì a parlare dei superpoteri dei vostri fidanzati.” Disse Hazel incrociando le braccia al petto.
“Hai ragione!” Convenne Annabeth che iniziava a sentirsi a disagio per i troppi particolari che Piper le stava raccontando.
“Hazel, io credo che tu abbia bisogno di chiarirti le idee, e per farlo penso che tu debba isolarti da entrambi e riflettere sui tuoi sentimenti.”
“La fai facile tu!” Intervenne Piper. “Nel caso non te ne fossi accorta, siamo tutti sulla stessa barca!”
“Già, ma domani mattina Hazel partirà con Arion…” le ricordò la figlia di Atena. “Potrebbe essere il momento giusto per staccare da tutti e riflettere.”
Hazel sembrò ragionare a lungo sul suggerimento di Annabeth, poi guardò l’amica e annuì. “Mi sembra un ottimo consiglio! Stare lontano da entrambi mi aiuterà di sicuro a fare mente locale.”
Piper e Annabeth annuirono con convinzione. Sarebbe stato tutto perfetto se solo Leo non avesse bussato alla loro porta in quel preciso momento.
“Permesso…” Disse aprendo piano la porta e facendo capolino. Aveva i capelli più scompigliati del solito e Annabeth intuì che sul ponte doveva essersi alzato il vento.
“Piper, Annabeth, credo ci sia bisogno di voi di sopra!” Annunciò il figlio di Efesto.
“Che succede?” Chiese Piper allarmata.
“I vostri fidanzati stanno litigando e Frank sta cercando di evitare che si uccidano a vicenda, ma ho come l’impressione che voi due possiate farli ragionare più di lui!”
Annabeth e Piper si scambiarono un’occhiata.
“Uomini!” Mormorò Piper alzando gli occhi al cielo.
“Magari!” Esclamò Annabeth. “Questi sono semidei, ed è molto peggio!”
Risero insieme, poi uscirono dalla cabina, pronte a prendere i rispettivi fidanzati per i capelli.
Hazel rimase seduta sul letto impietrita, cercando di ristabilire un battito cardiaco normale.
Leo si fece largo nella cabina e cominciò a ravanare nella sua cintura degli attrezzi. Hazel rischiò di sciogliersi, adorava i suoi modi impacciati.
Un minuto più tardi riuscì ad estrarre quello che stava cercando, un piccolo oggetto in legno. Leo tese la mano e fece segno ad Hazel di fare lo stesso. Lei aprì il palmo un po’ titubante e li figlio di Efesto depose nella sua mano l’oggetto misterioso.
“È un fermacapelli intagliato nel legno.” Spiegò il ragazzo. “L’ho fatto io.” Hazel lo ascoltava rapita. Il fermacapelli riportava un disegno geometrico estremamente complesso che il ragazzo doveva aver intagliato completamente a mano. Leo era veramente un fenomeno.
“Grazie!” Fu l’unica cosa che Hazel riuscì a dire. “È veramente molto bello!”
“Oh, si, beh…” Leo arrossì vistosamente e si grattò la testa imbarazzato. “Non è un semplice fermacapelli… in realtà è un dispositivo di sicurezza.”
Hazel sgranò gli occhi. Quel ragazzo non avrebbe mai finito di stupirla.
“Vedi, se lo ruoti c’è un piccolo pulsante che ti permette di comunicare a distanza, un po’ come se fosse una ricetrasmittente.” Spiegò lui con enfasi. “Dato che domani partirai da sola, ho pensato che fosse un ottimo modo per restare in contatto con la nave.”
O con te, pensò Hazel il cui cuore aveva ripreso a martellare nel petto come un pazzo.
“È un pensiero molto carino, ti ringrazio.”
  
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