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Autore: Only_Words    25/04/2015    0 recensioni
Riuscivo a scorgerla da oltre la coltre spessa di alberi che costituivano il boschetto, che da quel che sapevo si trovava proprio accanto alla scuola. L’edificio era di un bianco sbiadito, opaco, e aveva un’aria talmente antica che sembrava di sentire l’odore della polvere solo a guardarlo. Nonostante ciò non pareva in procinto di crollare, o almeno speravo che non fosse così. Inoltre sopra al porticato troneggiava la scritta “St. Hylton High School”, decorata con dei dettagli rossi e oro in contrasto con il nero delle lettere.
Decisamente pacchiano.
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Alida Shield si trova a dover frequentare contro la sua volontà una scuola piena di streghe, vampiri, ninfe e folletti, cercando di sopravvivere a quella bizzarra routine che deve intraprendere. Nascondendo però un grande segreto... che neanche lei sa di possedere.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1: Vengo stritolata dalla Luna Piena




Osservai l’immenso edificio di fronte a me, lasciandomi scappare un fischio sorpreso. Cavolo, non scherzavano quando farneticavano sulla possanza e sullo stile di quella scuola. Ah già, la mia nuova scuola, quella che avrei dovuto frequentare per altri due lunghissimi e noiosissimi anni.
L’idea non mi entusiasmava per niente.
Il fatto che i miei genitori mi avessero costretto a frequentarla, insieme a mio fratello, fungeva da aggravante, e proprio non mi andava giù. Ricordavo perfettamente il momento della mia partenza: mamma e papà, stretti l’uno all’altra, che guardavano mio fratello con occhi sognanti, mentre si apprestava a salire sul treno che ci avrebbe portato lì. Non avevano sprecato fiato prezioso per salutarmi. Oh no, l’unica cosa che mi dissero fu “Studia, e porta a casa voti che siano all’altezza di quelli di Jonathan.
Che ingiustizia. Sempre Jonathan era il migliore in tutto, mentre io cos’ero? La sorellina più piccola, che non ne combinava una giusta e che non riusciva mai ad arrivare a quell’ideale di perfezione che mio fratello sembrava incarnare sin dalla nascita, con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri come i miei.
Bleah.
Scossi la testa, nauseata dai quei pensieri. Avrei dovuto concentrarmi su dove stavo andando, invece di rivolgere pensieri maligni su mio fratello.
Presi la valigia e lo zaino, e iniziai a incamminarmi lungo il viale. Mister perfezione doveva essere sparito mentre ero troppo presa con i miei contrariati pensieri, lasciandomi sola nel bel mezzo del vialetto, deserto. Sbuffai, appuntandomi mentalmente che avrei dovuto dirgliene quattro non appena lo avrei incrociato nei corridoi. Se l’avrei incrociato, a giudicare dalle dimensioni della scuola.
Riuscivo a scorgerla da oltre la coltre spessa di alberi che costituivano il boschetto, che da quel che sapevo si trovava proprio accanto alla scuola. L’edificio era di un bianco sbiadito, opaco, e aveva un’aria talmente antica che sembrava di sentire l’odore della polvere solo a guardarlo. Nonostante ciò non pareva in procinto di crollare, o almeno speravo che non fosse così. Inoltre sopra al porticato troneggiava la scritta “St. Hylton High School”, decorata con dei dettagli rossi e oro in contrasto con il nero delle lettere.
Decisamente pacchiano.
Le suole delle mie scarpe producevano un rumore irregolare mentre calpestavano la ghiaia e i sassolini che costituivano la strada, maledettamente lunga. Da quant’era che stavo camminando? Dieci secondi? Dieci minuti? Avevo perso la cognizione del tempo.
Una volta arrivata, mi guardai intorno. Il cortile era deserto, tant’è che le uniche forme di vita erano i cipressi allineati accuratamente ai margini della strada, e qualche lucertola che scorrazzava allegramente tra i cespugli di rose, ai lati della scalinata. Ah, e le rose, naturalmente.
Senza ben sapere cosa fare, decisi che era il momento di entrare senza troppe cerimonie. In fondo cosa poteva andare storto il primo giorno di scuola? Al limite avrei improvvisato.
Trassi un respiro profondo. Nonostante fosse già ottobre inoltrato, mi stavo squagliando come la cera di una candela; le goccioline di sudore sembravano solidificarsi, appiccicandosi alla mia schiena, senza più staccarsi. Stizzita da quella serie di reazioni chimiche di cui maledicevo l’esistenza, mi sfilai l’elastico per capelli che portavo al polso, e iniziai a pettinarli in uno chignon disordinato. Controllai il risultato specchiandomi in una finestra abbastanza riflettente. Con le ciocche di capelli neri che scivolavano via dallo chignon, sembravo un corvo spennacchiato.
Scossi la testa e salii la scalinata, titubante, ogni passo sembrava echeggiare nell’aria fino all’infinito, tanto era silenzioso l’ambiente, che iniziava a risultarmi abbastanza inquietante.
Con mio grande sollievo, nessun fantasma si trovava nell’atrio quando varcai l’ingresso principale.
Si trattava di una ninfa.
La ragazza non doveva avere più di quindici anni, a giudicare da come sghignazzava tra sé mentre leggeva una rivista di gossip. Altro elemento che mi fece giungere a quella conclusione, furono i suoi vestiti: calze color carne, o meglio, verde pistacchio, di una sfumatura troppo scura rispetto al colore della pelle della ninfa, abbinate ad un vestito bianco e casto, dall’aria innocente e pura… solo le ninfe avevano il coraggio di andare in giro vestite in quel modo, come se fossero santarelline, pronte a sorriderti e ad amarti come se ti conoscessero da sempre.
- Hey, tu!
Come per dimostrare la veridicità dei miei pensieri, la ragazzina mi corse incontro, leggiadra. Sembrava non toccasse terra, ma tutte le volte che provavi a concentrarti sulla camminata di una ninfa venivi afflitto da un terribile mal di testa. Forse a Madre Natura non piaceva che qualcuno cercasse di capire se le ninfe fluttuassero davvero, o se dietro quella camminata ci fosse un corso di portamento intensivo.
- Ciao anche a te – la salutai freddamente, non volevo che venisse a rivolgermi la parola.  Dopotutto ero una perfetta sconosciuta, ma si sa, le ninfe sono solite prendersi troppa confidenza, anche se non richiesta.
- Sei nuova? Non ti ho mai vista qui.
I suoi occhi, completamente neri, mi scrutavano dal basso con vivo interesse, per quanto potesse essere interessante una normale ragazza all’apparenza umana.
Annuii appena – Sì, sono nuova – le risposi, indicando la valigia e lo zaino alle mie spalle. Evidentemente le ninfe non potevano classificarsi come tipe molto sveglie.
- Oh, capisco – mormorò Capitan Ovvio come se fosse in estasi. Sbatté le palpebre un paio di volte, lisciandosi i capelli bianchissimi, lisci come la seta – Beh, se vuoi posso mostrarti la strada più breve per la segreteria – propose accennando un sorriso. I suoi occhi, se possibile, divennero ancora più grandi.
Semplicemente agghiaccianti.
- Oh, ehm, io …  - riflettei un istante. In effetti non sarebbe stato male andare in segreteria a ritirare tutti i miei libri e gli orari delle lezioni – va bene – acconsentii, anche se non del tutto convinta – fammi strada – la esortai notando che non si era ancora mossa di un millimetro.
La ninfa sembrò riprendersi da un sogno, perché iniziò a sbattere le palpebre ad una velocità supersonica. Ma come diavolo ci riusciva?
- Certo, da questa parte.
Sì voltò, e senza accertarsi che la stessi veramente seguendo, iniziò a camminare, pardòn, a fluttuare verso la fine del corridoio.
Le arrancai dietro, trascinando con me i bagagli. L’ambiente era molto buio, con qualche candelabro appeso alla parete a illuminare un paio di piastrelle ogni dieci metri.
Non riuscii a trattenere la mia impellente curiosità – Senti … tu – non sapevo il suo nome, ma non mi fermai – come mai questo corridoio è così … tetro? – le chiesi mentre cercavo di scorgere dei particolari di alcuni quadri appesi alle pareti, che ritraevano personaggi illustri e non, dall’aria incredibilmente noiosa.
Capitan Ovvio non si voltò – qui ci troviamo nell’aula della scuola riservata ai vampiri – spiegò mentre continuava ad allisciarsi le pieghe del vestitino – in questo momento stanno facendo lezione … credo “Difesa contro la luce del sole” … o comunque qualcosa del genere.
Svoltammo a sinistra, in un altro corridoio buio come quello precedente. Più ci inoltravamo lungo quel vero e proprio labirinto, più sulle pareti comparivano finestre, lasciando entrare la luce del sole. Di fatti dopo un paio di minuti arrivammo in quello che doveva essere l’ingresso vero e proprio di quella scuola. Il soffitto era altissimo, e affrescato di dipinti che rappresentavano paesaggi di tutti i tipi, mentre il pavimento era di marmo bianco. Alcune colonne sorreggevano il peso di quella sala, intrecciandosi attraverso un intricato incrocio di archi a tutto sesto, che sembravano sfiorare il finto cielo del soffitto.
- Wow – mi lasciai sfuggire assistendo a quello spettacolo. La scuola stava prendendo punti.
- Bello, vero? – quella ragazzina sembrava soddisfatta nel notare il mio stupore, ma non mi soffermai a capirne il perché – comunque, la segreteria è laggiù. Vuoi che resti a farti un po’ di compagnia? – mi domandò spostando il peso da una gamba all’altra.
Non ci pensai due volte – tranquilla, posso farcela da sola. Grazie – mi sforzai di sorriderle, non volevo che scoppiasse a piangere nel bel mezzo del corridoio. In effetti si rattristò, ma annuì – okay. Ci vediamo in giro, strana ragazza.
Detto questo se ne andò.
Strana ragazza? A me?! Oh cielo, il mondo stava veramente andando a rotoli!
Lasciai le valigie in corridoio e mi avvicinai verso la finestrella posta nella parete di fronte a me. Oltre il vetro c’erano una scrivania piena di fogli e documenti, qualche libro, e un cestino pieno zeppo di chiavi diverse. Bussai cautamente al vetro, e da sotto la scrivania saltò fuori una signora dai capelli rosso scuro, lunghi fino alle spalle e arruffati, che le incorniciavano il viso da luna piena, pallidissimo – Ah, ti ho trovata! – esclamò con aria trionfante, scattando in piedi.
La guardai senza capire – Stava cercando … me?
La donna mi squadrò da capo a piedi – Non tu, sciocchina – avvicinò una mano al vetro e aprì le dita grassocce, rivelando una grossa chiave d’ottone – bensì questa qui! credevo di averla persa per sempre! – aggiunse con aria addolorata, gettandola poi con assoluta noncuranza nel cestino. Fatto ciò, si sedette sulla sedia girevole (dopo aver preso la mira per essere certa di non finire a terra con il suo largo fondoschiena) e iniziò a leggere un libro.
Mi schiarii la voce – ehm … mi scusi …
La signorina Luna Piena, che notai indossava una T-Shirt bianca con scritto “Big girls are beautiful” alzò appena lo sguardo, analizzandomi da dietro le piccole lenti degli occhiali come se fossi un batterio al microscopio – Sì?
Presi fiato – Io … sono una nuova studentessa, e avrei bisogno dei miei libri e degli orari delle lezioni – dissi tutto d’un fiato, aspettando una sua risposta che non tardò ad arrivare.
- Ma certo, cara. Nome …?
Sì alzò e aprii un cassetto di un alto scaffale di metallo alle sue spalle.
- Mi chiamo Alida Shield
La donna si voltò di scatto verso di me, e a causa delle sue scarse doti motorie, fece cadere a terra un vaso, che si frantumò in mille pezzi. Tuttavia, più velocemente di quanto avessi ritenuto possibile, spalancò la porta ritrovandosi a pochi centimetri dal mio viso.
- Ho sentito bene? Shield? Esse, acca, i, e, elle, di? - sillabò per essere sicura di aver capito bene.
Devo ammettere che quella reazione mi aveva un po’ colta alla sprovvista – uhm, sì – in altre circostanze avrei risposto “Complimenti, è capace a sillabare! Si merita un dieci e lode in grammatica”. O qualcosa del genere.
In men che non si dica mi ritrovai in una morsa stritolatrice – Oh cielo, ma allora tu sei la sorellina di Jonathan! – esclamò quasi fuori di sé dalla contentezza.
Ah, ora iniziavo a capire il suo comportamento. Ma certo, il fatto di essere la sorella di colui che vinceva sempre i concorsi a livello nazionale e che otteneva voti eccellenti in tutte le materie, mi aveva reso una specie di “prodigio di emergenza” agli occhi degli altri.
Non sapevo se fosse un bene o meno.
- Comunque io sono la signorina Allyson – riprese lei, frivola – e sarò ben lieta di accompagnarti personalmente nella tua stanza!
Le sorrisi – è molto gentile da parte sua, signorina Allyson.
La donna tornò nell’ufficio e prese con sé il mazzo di chiavi – dimmi, Alida cara, anche tu sei nella classe degli stregoni come Jonathan?
La signorina Allyson pronunciò quel nome con aria sognante.
- A dire il vero no … - il mio sguardo si scurì – faccio parte della classe dei druidi, signorina Allyson.
Lei annuì tra sé, e iniziò a camminare.
Già, questo era il fardello che mi portavo dietro fin dalla tenera età: il fatto che dovessi spudoratamente mentire a chiunque mi si parasse davanti.
Da sempre nel mondo esistevano due tipi di razze, a grandi linee: quella umana e quella degli Elevati, che comprendeva una larga cerchia di creature … beh, non umane, come per esempio folletti, elfi, vampiri, lupi mannari, linfe, e compagnia bella. I miei genitori erano entrambi degli stregoni, così come mio fratello. Ogni volta che nasce un bambino, viene sottoposto al test per stabilire la sua vera natura. Si tratta di una semplice analisi del sangue, che dovrebbe dirti se tuo figlio è un Elevato o meno. Ecco, quando fu il mio turno, il computer andò letteralmente in cortocircuito, causando un blackout nell’intero ospedale. Il motivo? Stando ai risultati delle analisi, la macchina non era stata in grado di riconoscere la mia classe di appartenenza.
Inutile dire che in seguito fui sottoposta al medesimo test più e più volte, sempre ottenendo lo stesso esito. Presentavo infatti una percentuale di caratteristiche umane, e una parte di caratteristiche non umane che i ricercatori non erano riusciti a classificare in nessuna classe di appartenenza. Non avevo per esempio la pelle verde come le ninfe, non creavo esplosioni quando starnutivo, come capitava spesso agli stregoni in fasce, e non mi scottavo alla luce del sole come un vampiro. Eppure non ero completamente umana.
Il fatto stranamente tardò ad arrivare alle orecchie dei magistrati, che, allarmati, convocarono subito un’udienza, affinché il mio caso fosse risolto alla svelta. Era già capitato in passato che alcuni bambini nascessero con questo “difetto” ma la maggior parte non sopravviveva per più di poche settimane. All’epoca io avevo superato i cinque anni di vita.
L’incognita era l’ambiente che avrei dovuto frequentare e l’educazione che i miei genitori mi avrebbero dovuto impartire. Mandarmi nelle città umane da qualche lontano parente, o in quelle in cui risiedevano gli Elevati? Bella domanda. Dopo qualche settimana di discussione, il tribunale arrivò alla conclusione che sarebbe stato immorale e sbagliato far crescere una ragazza con una percentuale di sangue d’elite insieme agli umani, che gli Elevati consideravano come degli scarafaggi; per questo permisero ai miei genitori di farmi restare con loro, a patto che tutta questa faccenda restasse segreta. Ben presto i giornali dimenticarono l’incredibile evento e andarono a concentrarsi su altre notizie più succulente.
Per questo Jonathan, da mente brillante che aveva, aveva persuaso i miei genitori a farmi iscrivere nella classe dei druidi. “Insomma, non ci vuole niente a imparare il nome di qualche pianta e a buttare delle bacche in un pentolone. Se la caverà benissimo e nessuno scoprirà mai niente”
Le sue parole continuavano a riecheggiarmi nella testa.
Avevamo percorso già due piani di scale, e la signorina Allyson continuava a salire.
- Quanto manca? – le chiesi, impaziente. Non vedevo l’ora di buttarmi su un letto caldo.
- Siamo arrivati, Gioia.
La donna si fermò di fronte a una porta laccata di un verde smeraldo, la camera numero 409 – La tua compagna di stanza si chiama Aileen, è davvero una brava ragazza. All’interno della stanza troverai tutto quel che ti serve, non preoccuparti. La cena verrà servita alle otto in punto, mi raccomando, non fare tardi, o ti metterai nei guai il primo giorno di scuola.
Detto questo, mi scoccò un bacio sulla guancia e trotterellò di sotto, canticchiando.
“Sono capitata in una gabbia di matti”, pensai, mentre la mia mano andò a posarsi sulla maniglia per aprire la porta.




Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction, spero che l'inizio vi piaccia :)
Dunque qui conosciamo la storia della nostra protagonista, anche se mancano ancora molti dettagli che non tarderanno ad arrivare nei prossimi capitoli. Che ne pensate della ninfa? Io la trovo già insopportabile!
Come sarà questa misteriosa Aileen? E la cena?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che pubblicherñ entro domenica prossima!
Recensite per farmi sapere cosa ne pensate :*
Ci sentiamo!
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