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Autore: narcyssa malfoy    26/04/2015    2 recensioni
Questa è una one-shot venutami di getto, in un momento particolare di nostalgia e tristezza.
Racconta, attraverso dei brevi flashback, il rapporto tra Draco e sua madre Narcissa e le innumerevoli emozioni che attraversano il giovane, proprio nel giorno del funerale della donna che lo ha messo al mondo...
si discosta nettamente dal genere che scrivo di solito, essendo assolutamente una storia introspettiva... spero comunque che vi piacerà!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Stringo il nodo della cravatta e sistemo il colletto della camicia. Impeccabile.
Eccolo, il giovane rampollo della famiglia Malfoy, perfetto nel suo abito nero.
Questo è ciò che vedranno le persone che incontrerò oggi: un elegante giovane uomo ben vestito.
Non è ciò che vedo io.
Quello che vedo, adesso, in questo specchio, è un giovane uomo dannato. Un giovane uomo che ha fatto tutte le scelte sbagliate, che lo hanno portato qui, oggi, a celare al mondo un dolore che lo sta divorando dall’interno.
Quel giovane uomo, tra pochi minuti, stringerà la mano a decide di individui, ostentando una sobrietà ed un’indifferenza tali da oscurare il dolore che lo sta annientando.
Alcuni, certamente, dubiteranno della mia sofferenza, perché sarò eccellente nell’indossare i panni dell’uomo privo di sentimenti.
Ma quei sentimenti ci sono, sepolti chissà dove, infondo all’organo che in molti credono non possegga: il mio cuore.
 
Un ricordo di quando ero piccolo riaffiora nella mia mente:
sono qui, proprio davanti al mio specchio, in un abito scuro decisamente inappropriato per la mia età. La schiena dritta, lo sguardo fiero e l’espressione soddisfatta, nello scoprire allo specchio una piccola copia di mio padre.
Mani gentili mi accarezzano i capelli biondi e, nella figura che vedo riflessa alle mie spalle, riconosco la donna che mi ha messo al mondo. Mia madre.
Sorride orgogliosa del piccolo uomo che ha davanti e, amorevolmente, si china abbracciandomi e avvicinando le labbra al mio orecchio mi sussurra “sorridi tesoro”. Mi volto e la stringo, annuendo. Sorrido a mia madre, abbandonandomi al suo abbraccio amorevole e protettivo.
 
Torno a focalizzare l’uomo che ho davanti e sul cui viso non vi è neanche l’ombra di quel sorriso. Quel sorriso è scomparso molti anni fa…. Mio padre dice sempre che un uomo che sorride è un uomo debole.
Lui non ha mai sorriso.
 
Raddrizzo la schiena ed esco, pronto ad essere investito da parole di cordoglio, pronunciate più per rispetto che per reale rammarico.
Vedo mio padre che, perfetto nel suo abito di alta sartoria, mi attende a braccia conserte nell’androne e mi fa cenno di seguirlo nel cortile.
Ci sono molte persone, ma nessuno che realmente mi conosce. Questo mi da un certo sollievo, perché solo chi conosce il vero me sa che, dietro la mia maschera di freddezza, si nasconde un connubio di rabbia e sofferenza pronto ad esplodere. Dietro questa maschera, si cela la mia anima distrutta, ma nessuno la vedrà.
 
Il prete enuncia la sua predica, elargendo parole cariche di devozione, probabilmente dettato direttamente da mio padre. Ma in quelle parole io non La riconosco, perchè Lei non c’è.
Quel prete non La conosceva.
Nessuno La conosceva davvero….
Ma io so cosa si celava dietro la sua espressione austera, dietro i suoi grandi occhi azzurri e le sue vesti scure….. e mentre tutti sono qui per dare il loro addio alla moglie di Lucius Malfoy, all’ultima erede della famiglia Black, alla rappresentante dell’aristocrazia magica londinese… io sono qui per salutare Mia Madre.
 
Tra le tante facce dei presenti, riconosco molti esponenti della Londra Magica: Auror, politici, uomini d’affari,… ma dei nostri “amici” non vi è nessuno.
Poco prima che la guerra magica finisse, la mia famiglia voltò le spalle al Signore Oscuro. Mia madre, mossa dall’amore incondizionato per me, suo figlio, rischiò la vita per proteggermi e poi mi salvò dal declino, trascinando me e mio padre lontano dal campo di battaglia…. E se questo gesto ci salvò dalla prigioni di Azkaban davanti al Wizengamot che ci reputò come ex seguaci di Lord Voldemort, i suoi fedeli non lo videro se non per quello che, effettivamente, era: tradimento.
I Malfoy avevano tradito il Lord Oscuro e nessuno lo avrebbe mai dimenticato.
Le famiglie Zabini, Nott, Parkinson non sono presenti oggi. I capofamiglia delle dinastie purosangue più nobili della Londra magica non hanno dimenticato ed oggi, come allora, confermano il loro pensiero: ci hanno condannato. Perfino i Greengrass, che per anni hanno adulato i miei genitori affinchè sposassi la loro secondogenita, oggi non sono presenti. E mi chiedo se sia delusione quella che provo non trovando nessuna delle loro facce tra queste persone che mi scrutano attentamente, cercando di intravedere sul mio viso l’ombra di un dolore che non troveranno.
 
Una vistosa auto blu accosta a pochi metri dalla folla, distraendomi dai miei pensieri. Una  giovane donna dai lunghi capelli neri scende dal sedile posteriore e, nonostante i grandi occhiali scuri che le celano gli occhi, la riconosco: Astoria Greengrass.
Si avvicina di qualche passo, ma resta in disparte, con le mani strette in grembo ed il volto basso; mi sembra sia una lacrima quella che vedo scorgere da sotto gli occhiali ed il rapido gesto con lui la scaccia via me ne da la conferma: sta piangendo. Sta piangendo per mia madre.
 
Ricordo il giorno in cui la vidi per la prima volta…
Entrai nella sala da tè dove mia madre e la signora Greengrass stavano sorseggiando le loro tazze fumanti.
Tra loro, seduta sul divano, una bimba dai lunghi boccoli neri ed i grandi occhi verdi che, con estrema eleganza, teneva tra le mani la sua tazza bollente. Perfetta nel suo abito di velluto rosso, troppo piccola per quella posa e quei gesti da adulta.
Ricordo di aver detto a mia madre, subito dopo, di non volermi sposare
“ti fidi di me, tesoro?”
“certo, mamma”
“allora credimi, un giorno vorrai sposarti e, che io ci sia o meno, tu sceglierai lei. È lei quella giusta”
“e come fai a saperlo?”
“lo so perché sono una strega”
“ e quando sarò grande come farò a ricordarlo, mamma?”
“lei ti farà sorridere…e ti sentirai protetto, come quando sei tra le mie braccia tesoro”
“ma a che mi serve? Io ho già te…”
Mia madre sorrise, accarezzandomi la testa e lasciando al tempo il compito di darmi la sua lezione e le sue risposte….
 
 
Mentre la bara cala nella fredda e scura terra, mi avvicino al fianco di mio padre che, austero ed indecifrabile, la fissa. Getto una rosa bianca al suo interno, consegnando a quel candido fiore il mio dolore e la mia preghiera per Lei… l’unica persona al mondo che non abbia visto solo il rampollo di casa Malfoy, ma semplicemente… Draco.
 
“madre, io e Astoria non vogliamo sposarci”
“concordo con suo figlio, Signora Malfoy, siamo troppo giovani per pensare al matrimonio… credo seriamente che Lei e la mia famiglia dovreste ripensarci”
Mia madre rise, rise di gusto, osservando le nostre espressioni serie e turbate. Le espressioni di due adolescenti che, seduti al suo cospetto, le chiedevano la grazie come due condannati a morte chiedono di poter vivere.
“ragazzi miei, la state prendendo un po’ troppo tragicamente, non credete?”
“madre, davvero, non vogliamo convolare a nozze….” Dico, certo delle mie affermazioni e mia madre mi guarda compassionevole
“bene…” dice, prima di alzarsi ed allontanarsi. Io e la ragazza seduta sulla poltrona accanto alla mia sospiriamo di sollievo, ma lei arresta il suo passo e si volta
“Draco, Astoria… sorridete….”
Mia madre era una donna che credeva che un sorriso potesse risolvere qualunque problema.
Quando piangevo, mi diceva di sorridere…
Quando le esponevo un dubbio, mi diceva di sorridere…
Quando mio padre la umiliava, lo rimproverava di non sorridere mai…
E mentre per Lucius il sorriso era una debolezza, per mia madre era la forza più grande.
“il sorriso sprigiona una forza indescrivibile, ragazzi… non permettete mai che qualcuno vi impedisca di sorridere” aveva detto in quell’occasione, prima di congedarci.
Mia madre reputava il sorriso un arma invincibile e lo ripeteva in continuazione, quasi fosse un mantra.
Sono colpevole di molte azioni sbagliate, la più imperdonabile è che non le ho mai dato ascolto e, con il tempo, ho dimenticato come si sorride…
 
 
Il ricco buffet fatto allestire nel patio sembra più idoneo per un compleanno che per un funerale, ma nessuno sembra accorgersene. Nessuno rammenta più il motivo per cui si trova qui, troppo intento a banchettare e scambiare battute sui più vari argomenti; me ne sto in disparte, in un angolo del giardino, li osservo mentre bevo un cocktail altamente alcoolico, il cui veleno non fa che aumentare la mia rabbia verso questa gente e, soprattutto, verso colui che, proprio al centro del patio, intrattiene gli ospiti con aria solenne. Dalla sua espressione e dai politici che lo stanno ascoltando attenti, so qual è l’argomento trattato: politica.
Mia madre non merita il rispetto di suo marito, neppure oggi….
 
“Narcissa, ti ho detto che quando siamo in pubblico devi essere impeccabile”
“Lucius, ti ricordo che sono tua moglie, non la tua concubina!”
“non osare….”
Stringo le braccia intorno alle gambe, strette al petto. Non voglio sentirli quando litigano. Tremo per il freddo del gelido marmo delle scale su cui sono seduto e neppure le calde lacrime che mi bagnano in volto, riescono a scaldarmi. Ho paura.
Mio padre grida insulti e imprecazioni e sento mia madre piangere…. Poi, d’un tratto, il rumore di una porta sbattuta mi fa sobbalzare e, dopo pochi secondi, scorgo mia madre venirmi in contro.
Si blocca a pochi scalini da me, mi fissa con le guance arrossate e umide e gli occhi gonfi. La sua esile mano si affretta ad asciugarsi il volto e le sue labbra rosee si distendono in uno splendido sorriso mentre apre le braccia facendomi cenno di correre da lei.
Mi alzo di scatto e, percorrendo i pochi gradini che ci separano, le salto al collo e la stringo.
Mia madre.
L’unica persona che mi ha regalato i suoi sorrisi, la sua debolezza, la sua forza.
 
Una mano mi sfiora la spalla, destandomi da quel ricordo e, quando mi volto, riconosco l’esile figura che mi scruta con profondi occhi verdi, carichi di compassione.
Non avrei mai creduto che sarebbe venuta: lei, la bambina – ormai donna- cui ero promesso; lei, la bambina che mia madre adorava; lei, l’erede della famiglia che ci voltò le spalle anni fa; lei, Astoria Greengrass.
“Astoria… grazie per essere venuta” le propino la stessa frase che ho riservato a tutti i presenti, ma dovrei sapere che, stavolta, non me la caverò con cosi poco. Lei è troppo intelligente per accontentarsi di essere congedata in questo modo. Lei è la donna che mia madre aveva scelto per me.
Scuote la testa e si avvicina, portando le sue braccia intorno al mio collo ed abbracciandomi inaspettatamente, un gesto che provoca in me un turbine di emozioni sopite, che mai avrei creduto di provare ancora. D’istinto, la stringo a me, respirando a fondo il profumo che emana e beandomi del calore del suo corpo e del senso di protezione che mi trasmette.
Una sensazione che mai avrei creduto di poter provare, ancora….
“Sorridi, Draco” mi sussurra ed io so che non è un caso.
Lei sa, lei mi conosce.
Lei, solo lei, tra tutti, sa chi era mia madre….
  
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