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Jaejoong
Untitled thougths part. 1
- when the sun shines -
Jaejoong
torna a casa sotto un cielo senza stelle, quella sera; sopra di lui un manto
scuro ricopre la metropoli, ma non dà nessun segno di volersi illuminare.
Si muove lento, un passo dietro l’altro: le gambe pesano e si lasciano
trasportare sull’asfalto faticosamente, scontrandosi con tutto quello che
trovano al loro passaggio, mentre la mente galleggia leggera nella fresca aria
notturna, persa tra i ricordi ed un passato che continua a farsi vivo, ad esigere
la sua parte in questo presente che nessuno si aspettava, che nessuno voleva.
Sta lottando,
ma nessuno lo vede, nessuno nota lo sguardo sconsolato di chi si vorrebbe
arrendere, per strapparsi alla sofferenza, ma non può farlo perché la meta
finale va raggiunta, ad ogni costo.
Alza gli occhi nella notte, domandandosi il motivo di tanto dolore: dai litigi,
alla separazione, ai loro volti sempre più lontani, e quel nome che non può più
pronunciare, ma che anche oggi gli è sfuggito dalle labbra.
Perchè non va più bene, non sono più loro.
Eppure Jaejoong tiene forte, stringe i denti e va avanti, inseguendo quel sogno
che non si decide ad abbandonare.
Sono in tre,
ma manca sempre qualcosa; a volte i sorrisi sono così sinceri che per un attimo
lo dimentica, a volte la stretta sulla sua mano è così salda che quel pensiero
viene soffocato, ma sono tutte finzioni, inutili tentativi di nascondere una
realtà che è proprio di fronte a loro, impossibile da evitare, e all’alba
quando si sveglia e non c’è nessuno ancora pronto a trasportarlo nel suo mondo
fittizio, questa lo travolge e fa male, fa dannatamente male.
Sono ancora
li, insieme e da soli, statue in marmo ed alberi in fiore che provano di nuovo
a toccare il cielo; batte una mano contro il petto e si ripete di avere fede,
che tutto, un giorno, tornerà come prima.
Ma appena
varca la soglia di casa, la sua corazza invisibile si rompe, le gambe cedono e
il letto della grande stanza diventa la sua tomba; Jaejoong quasi non riesce a
respirare, le lacrime cadono copiose e scivolano veloci sulle guance per poi
bagnare il cuscino del grande letto. Ansima e il petto segue i suoi movimenti:
si alza e si abbassa, confuso, senza seguire un ritmo costante. Il fiato è
irregolare e gli occhi ormai arrossati vengono strizzati in continuazione, per
cercare di alleviare il dolore, forse, ma l'effetto che ottiene è esattamente
quello opposto.
La pelle diafana si irrita a forza dei troppi strofinamenti e le coperte sono
diventate fantasmi contro i quali combattere; invisibili, imbattibili.
Jaejoong soffre in silenzio, da solo,
quando non c'è nessuno a cui aggrapparsi, nessuno che possa aiutarlo a fuggire;
soffre quando la memoria prende vita e fantasia e realtà non riescono più a
distinguersi: Jaejoong soffre quando sa di non poter essere salvato.
Si pugnala dall'interno, rigettando l'anima
racchiusa nel suo corpo: si rifiuta.
Rifiuta se stesso, dal sangue alle ossa,
dai pregi ai difetti, il sorriso cosi bello e l'animo cosi gentile. Rifiuta il
suo passato, gli errori, le decisioni prese e quelle non prese, quelle mani che
forse bastava si allungassero solo un altro po' perchè riuscissero a sfiorarsi.
Rifiuta il sole che continua a illuminargli
il viso, i ricordi felici che ormai non sente più appartenergli e ancora gli
sguardi, gli scherzi, le risate e quelle melodie che continuano a perforargli
le orecchie: lo cullano la notte e lo accompagnano durante il giorno, lo
seguono ovunque e ogni qual volta pensa di essere riuscito a liberarsene,
tornano, sempre, come un boomerang sonoro incapace di andarsene.
Sussurrano piano durante le crisi, quando
nemmeno i calmanti riescono a far effetto, e come l'acqua nel deserto, compiono
il miracolo.
Il mondo attorno a sé smette di girare, le immagini si mettono a fuoco e le
visioni che aveva creato tornano nel suo inconscio, chetandosi, almeno per ora.
Si lascia scivolare sul pavimento e
socchiude le palpebre, allargando le braccia e disegnando figure immaginarie
sul pavimento, come quelle che aveva sempre visto fare sulla neve.
Prova ad immaginare un futuro, uno qualsiasi purché gli permetta di guardare
avanti; poi si porta una mano al petto, là dove batte, e stringe, accennando un
debole sorriso.
I just want to tell you that tomorrow will always come.