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Autore: saltandpepper    26/04/2015    11 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che ha mai conosciuto e mai creduto viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Noi ci limitiamo a tradurla!
Slash, Louis/Harry esplicito.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
Capitoli:
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ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla vecchia e cara Blindfolded (che ha deciso bene di scomparire nel nulla insieme alla storia).
 
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Capitolo 38

 
Ma perché non posso tenerlo?

 
Non mi accorsi di aver avuto un intervento chirurgico prima di svegliarmi la mattina dopo. Ero stato un po' preoccupato la sera prima, cosa che mi aveva portato a guardare il bambino per ore ed ore, e l'effetto dell'anestesia non era ancora scomparso totalmente quando ero andato a dormire attorno all'una di mattina, quindi esso eliminò un po' del dolore che avevo sentito.
Quello che mi svegliò quella mattina fu il suono di voci silenziose che stavano parlando da qualche parte nelle vicinanze, e qualcosa – Dio sa cosa – mi fece trasalire e svegliare con un lamento di panico.
Era abbastanza possibile che fossi diventato un pochino paranoico. Non che fosse chissà quale grande sorpresa; avevo avuto segnali di questo anche la notte scorsa, quando un'infermiera era venuta per prendere il bambino così che potessi andare a dormire, ed io avevo risposto iniziando a lamentarmi e a piagnucolare come se il mondo stesse per finire e soffocando una piccola, rotta domanda: “Lo stai portando via da me, vero?”
“Lo stanno solo portando via per la notte in modo che tu possa dormire,” aveva detto Harry. “Sarà qui domani quando ti sveglierai, non preoccuparti.”
“Ma perché non posso tenerlo? Non sono stanco,” piagnucolai. Era assolutamente una bugia – mi sentivo pronto a svenire per lo sforzo -, ma avevo avuto il bambino solo per qualche ora e non ero pronto a darlo già via a qualcun altro.
“Si, lo sei,” disse Harry con un sorriso storto. “Puoi passare più tempo con lui domani, ma ora hai bisogno di dormire.”
Alla fine vinse lui, ovviamente, con l'aiuto del Dr. Hayes e l'infermiera, e quando presero il bambino e lasciarono la stanza, stavo di nuovo piangendo.
Harry sospirò.
“Oh Lou,” disse, suonando un po' esasperato mentre mi circondava con le braccia e mi portava più vicino a lui. “Sarà solo in fondo al corridoio, nessuno te lo porterà via, te lo prometto.”
Quando mi svegliai, in ogni caso, e sentii nel silenzio da qualche parte delle voci preoccupate, non potei evitare di pensare che fosse arrivato qualcuno per portare via il bambino dopo tutto. Tipo l'agenzia di adozione. Oh Dio, e se loro lo avessero portato via senza dirmi niente?
Aprii gli occhi, e con lo sguardo catturai la figura di Harry ed Anne in piedi ai piedi del letto.
“Dov'è lui?” chiesi con voce roca e stanca. Entrambi girarono immediatamente la testa, e il viso di Anne si illuminò subito con un sorriso.
“Come ti senti?” chiese mentre si avvicinava al fianco del letto. “Dolorante immagino.”
Sbattei le palpebre. “No, a dire il vero no,” dissi esitante.
“Prova a muoverti un po',” disse con un espressione che la sapeva lunga.
Ero abbastanza confuso su cosa si stesse riferendo, ma feci ciò che mi aveva detto. Mi mossi leggermente e-  oh. Mugolai di disagio perché, okay, si, in effetti sentivo un po' di dolore nella parte inferiore dello stomaco. Come avevo potuto dimenticarmi di tutta questa parte la notte scorsa? C'era qualcosa di strano in me su cui ancora avevo scelto di non soffermarmi.
“Passerà presto,” disse lei confortante. “Il dottore ha detto che il dolore si trasformerà in fastidio tra qualche settimana.”
Fastidio? Mi accigliai. Non sembrava divertente. Avevo problemi più urgenti a cui pensare comunque.
“Dov'è il bambino?” dissi, guardando prima Anne poi Harry, la quale espressione tramutò da normale ad estasiata in un secondo.
“E' proprio un bene che tu ti sia svegliato,” disse. “Perché è ora di mangiare, e ora puoi farlo tu.”
Il sollievo che sentii avendo la certezza che nessuno me lo aveva portato via durante la notte fu devastante, e chiusi gli occhi per un secondo prima di fare un profondo sospiro.
“Stai bene?” chiese Harry, guardandomi preoccupato.
Annuii velocemente. “Si, sto bene,” dissi.
Ci fu silenzio per qualche momento ed io tossii, schiarendomi la gola.
“Allora è ora di mangiare?” dissi. “Quindi? Vuoi che lo allatti al seno?”
Sogghignò. “Certo se avessi delle tette che producono latte. Mi piacerebbe guardarti farlo.”
“Niente tette e niente latte, mi dispiace,” dissi seccamente.
“Indovina chi continuerà ad userare il biberon allora?” disse con un sospiro.
“Chi continuerà ad usare il biberon?” dissi confusamente. “Gli hai già dato da mangiare prima?”
“E' nato dodici ore fa,” disse divertito. “Pensi che avrebbe potuto sopravvivere così tanto tempo senza cibo?”
Diventai subito taciturno. Il primogiorno e già mi ero dimostrato essere un cattivo genitore.
“Certo che no,” dissi, un leggero rossore mi attraversò il viso. “Solo che non ci ho... pensato.”
Feci una pausa. “Quindi chi... gli ha dato da mangiare?”
“Io,” disse Harry, sembrando davvero fiero. “E non ho sbagliato niente.”
“Hai fatto schizzare il latte su tutta la sua faccia e sulla tua mano,” commentò Anne. “E non so come tu abbia fatto visto che la bottiglia è stata fatta apposta per essere a prova di schizzo.”
Gli lanciò un occhiataccia. “Era la prima volta, cosa ti aspettavi? Non avevo mai usato un biberon prima.”
“Beh, nessuno si è fatto male e questo è quello che conta,” disse lei con un debole sorriso.
“Quindi ha mangiato abbastanza?” chiesi prima che Harry potesse rispondere con un commento indecente.
Harry ridacchiò. “Oh, mangia abbastanza, è come se cercasse di succhiare l'intero biberon.”
Si zittì per un momento, e la sua espressione si ammorbidì. “E si addormenta con quello in bocca, completamente esausto. Non ha molte energie.”
“Anche tu ti sei addormentato con lui tra le braccia, quindi anche tu sei carente di energie,” disse Anne, ora con uno sguardo di disapprovazione rivolto verso di lui.
“Non dormo da ventiquattro ore,” disse in sua difesa. “Che cosa ti aspetti?”
“Non dormi da ventiquattro ore?” esclamai, spalancando gli occhi verso di lui. “Ma che cazzo, Harry! Vai e casa e dormi!”
“Oh, rilassati, sto bene,” disse sprezzante con un movimento casuale della mano.
Strinsi le labbra.
“Beh, non sei autorizzato a tenere il bambino fino a che non avrai dormito,” dissi. “Potrebbe cadere lui o potresti cadere tu o qualcosa di questo tipo, e poi si farà male.”
Per un secondo sembrò rimanere totalmente interdetto, ed iniziai a preoccuparmi che avrebbe iniziato ad urlarmi contro, ma poi sorrise ampiamente sembrando per qualche ragione contento.
“Visto? Siamo già sommersi dai tipici problemi da genitori,” disse.
Sembrava così felice e ottimista ora che non avevo potuto ricordargli che noi non avremmo avuto l'opportunità di essere genitori ancora a lungo. Sembrò che i pensieri di Anne fossero sulla mia stessa lunghezza d'onda però, perché mi rivolse un'occhiata piena di significato, ed io gli risposi con un triste piccolo sorriso.
Quando ebbi di nuovo il bambino tra le braccia, l'orologio segnava quasi mezzogiorno e, a quanto detto da Harry, l'ultima volta che gli avevano dato da mangiare erano state le nove e mezza.
“E' affamato o cosa?” chiesi alla giovane infermiera che me lo aveva portato. Il bambino stava piagnucolando e i suoi occhi, che ora erano aperti, erano pieni di lacrime e guardavano in alto senza focalizzarsi su qualcosa in particolare. Era normale?
“Probabilmente è affamato,” disse. “Di norma bisognerebbe dargli da mangiare ogni due/tre ore, quindi è ora di dargli di nuovo il biberon.”
Arrivò con un biberon pieno di quello che sembrava essere latte – o 'miscuglio' era probabilmente il termine più appropriato – e mi sorrise. “Vuoi farlo tu, vero?”
Annuii vigorosamente, ed il suo sorriso si allargò in un espressione compiaciuta.
“Non so bene come...farlo però,” dissi mortificato quando mi allungò il biberon.
Lo accettai esitante, ma poi lo tenni semplicemente fermo in aria. “Devo tipo, tenergli la testa o-”
“Assicurati solo che la tettarella sia sempre piena di latte così che lui non mandi giù troppa aria,” disse. “Gli farà venire mal di pancia, cosa che decisamente non vogliamo. Ed inclina leggermente il biberon in modo che per lui sia più facile bere.”
“Lui deve restare così?” Chiesi, guardando in basso dove il bambino era steso tra le mie braccia con la testa un po' più alzata rispetto al resto del corpo. Stava indossando una tutina blu con un piccolo orso stampato sopra e un piccolo cappello sulla testa. Le mani erano strette in due pugni e le gambe, con le ginocchia piegate, erano sospese in aria.
Se io fossi rimasto steso in quella maniera a lungo, mi sarebbero venuti i crampi ai muscoli.
L'infermiera non ebbe l'occasione per rispondere prima che improvvisamente, e senza nemmeno alcun avviso, i piccoli e miserabili singhiozzi si trasformarono in un vero e proprio pianto. O 'urli' era la parola migliore. Spalancai gli occhi verso l'infermiera.
“Che cosa ho fatto?” chiesi disperato. “Mi odia?”
“E' solo affamato tesoro, non preoccuparti,” disse con un sorriso tranquillo.
“Mi odia,” mi lamentai. “Mi odia per non avergli dato da mangiare.”
Guardai in basso verso di lui e lo guardai tristemente.
“Mi dispiace piccolo, mi dispiace,” dissi. “So che sei affamato, ma sono veramente una frana in queste cose e non so cosa fare.”
“Fai solo ciò che ti ho detto e andrà bene,” disse tranquilla l'infermiera. “Inclina la bottiglia in modo che la tettarella sia piena di latte e poi appoggiala sopra le sue labbra, lui sa già cosa fare.”
Sconsolato per averlo già fatto piangere, presi la bottiglia e la inclinai appena, mettendoci qualche secondo per capire quanto dovessi inclinarla esattamente per fare in modo che si riempisse. Quando lo capii, i suoi pianti divennero ancora pià forti e disperati, ed ebbi la tentazione di iniziare a piangere a mia volta perché ero davvero così terribile a prendermi cura del mio stesso bambino?
Fu un grande sollievo quando, però, appoggiai esitante la tettarella del biberon sopra le sue labbra e lui immediatamente tirò su i piccoli pugni per cercare di aggrapparsi alla bottiglia, ed iniziò a succhiare. Sorrisi un po' al suo entusiasmo. Harry aveva ragione – sembrava che volesse succhiare l'intera bottiglia. Tutti i bambini erano così o solo lui?
Preferii pensare che fosse unico.
“Per quanto devo farlo andare avanti?” chiesi dopo che passarono uno o due minuti e lui stava continuando a mangiare come se non ci fosse un domani.
“Si fermerà da solo quando sarà pieno,” rispose l'infermiera. “ma puoi provare ad allontanare il biberon ora e vedere la sua reazione.”
Lo feci, ma la risposta arrivò in forma di singhiozzo, qualche lacrima e un dimenarsi di mani in aria, e non ci misi più di un secondo prima di rimettere il biberon tra le sue labbra. Non c'era bisogno di farlo piangere di nuovo.
“Non penso abbia finito,” commentai.
Come previsto, Harry aveva ragione anche sul fatto che il bambino si sarebbe addormentato con il biberon in bocca. Continuò a succhiare felicemente per un po', ma quando era ormai arrivato alle ultime gocce, iniziò a rallentare e notai le sue palpebre diventare sempre più pesanti. Rimasero solo una o due gocce quando i suoi occhi si chiusero completamente e le sue mani persero la forza, ed io sorrisi goffamente alla vista.
“Penso sia sicuro dire che ha finito ora,” dissi dolcemente mentre allontanavo il biberon e lo appoggiavo sul comodino di fianco al letto. Continuando a sorridere, lo accarezzai dolcemente sulla testa e giù sul petto dove sentii il suo cuore battere forte, rassicurante, sotto le mie dita.
“Devo chiederti di lasciarlo ora,” disse l'infermiera, ed io alzai lo sguardo, le sopracciglia alzate.
“Perché?” chiesi. “Non lo darai via a qualcun altro, vero?”
Lei ridacchiò a quelle parole e scosse la testa.
“No, ovviamente no,” disse. “Ma ora tu andrai a fare una piccola passeggiata e non sei ancora in grado di camminare e tenerlo allo stesso tempo.”
“Andare a fare una passeggiata,” dissi dubbioso. “Come? E' fastidioso solo stare sdraiato qui.”
“Lo so, ma ti riprenderai molto prima se ti alzi e permetti al tuo sangue di circolare meglio, e questo aiuterà la prevenzione di stitichezza e il coagularsi del sangue.”
Non ebbi bisogno di altri discorsi persuasivi oltre a quelli – non avevo voglia di ritornare alla cosa della stitichezza ora che se ne era andata da un po' di giorni. Quindi, quindici minuti dopo, ero in piedi con lo sguardo rivolto verso il mio stomaco, che sembrava essere tanto grande quanto lo era il giorno prima.
“Perché è ancora così grosso?” mi lamentai mentre attraversavo la porta che dava sul corridoio, Harry aggrappato al mio braccio sinistro e l'infermiera a quello destro. Anne era rimasta dentro la stanza a prendersi cura del bambino. “Ora il bambino è fuori, quindi il mio stomaco non sarebbe dovuto tornare alla sua forma normale?”
“Sfortunatamente, non funziona in questo modo,” disse lei. “Ci vorranno sei settimane per il tuo... beh, non so esattamente cosa sta succedendo all'interno del tuo corpo, ma se fossi una donna, ci vorrebbero sei settimane prima che il tuo utero ritorni alla sua forma originale, e anche dopo questo, ci vorrebbe un po' e un sacco di esercizio prima che i tuoi muscoli addominali ritornino come erano prima della gravidanza.”
Il mio cuore perse un battito, e gli angoli della mia bocca si incurvarono verso il basso. Voltai la testa verso Harry e gli rivolsi uno sguardo avvilito.
“Dovremmo andare al ballo il 17 Giugno,” dissi tristemente. “E manca solo un mese. Sarò orribile e tutti rideranno di me.”
“Non sarai orribile,” disse con un sorriso. “Tu-”
“Si, lo sarò,” lo interruppi. Strinsi la mascella per un momento. “Non verrò, dovresti portare Lauren al posto mio.”
“Non essere ridicolo,” disse, roteando gli occhi. “Ne riparleremo quando sarà il momento, va bene?”
Non avevo abbastanza energie per discutere con lui, quindi voltai la testa ed iniziai a camminare lentamente.
Il resto della giornata la passai a letto con il bambino tra le braccia e Harry seduto – o steso – al mio fianco sul letto con un braccio attorno alle mie spalle e l'altro accarezzado le braccia, le gambe e la pancia del bambino. Erano quasi le nove di sera e Anne era andata a casa per la notte; era andata a casa presto quella sera e ritornata con Connor e Adrian che erano diventati entusiasti alla vista del bimbo appena nato, e anche se le cose erano diventate un po' strane quando avevano chiesto da dove fosse arrivato, era stato bello avere la loro compagnia per un'ora o due.
“Ho ricevuto un messaggio da Liam prima,” disse Harry stancamente tra i miei capelli dove aveva seppellito la faccia. “ha detto che lui, Zayn e Niall verranno a farci visita domani. Va bene per te?”
“Ma certo,” dissi con gli occhi fissi sul bambino addormentato nelle mie braccia. Esitai per un secondo. “A te va bene invece? Per quanto io mi ricordi, le cose sono finite un po'... male tra voi tre ieri.”
“Non vuol dire che io mi perda l'occasione di mostrare mio figlio,” disse con un enorme sorriso.
Inclinai la testa di lato.
“Seriamente Harry,” dissi. “Sei ancora arrabbiato con loro?”
Lasciò cadere il sorriso e abbassò lo sguardo per un secondo.
“Non sono arrabbiato con loro,” disse poi. “Sono solo... deluso che non me l'abbiano detto prima.”
“Volevano solo essere sicuri che nessun altro lo scoprisse,” dissi. “Non aveva niente a che fare con te.”
“Lo so, lo so,” disse sconsolato. “E' solo che- mi avrebbe aiutato sapere per certo che non mi avrebbero giudicato se io... beh, lo sai. Loro sapevano bene che per me era difficile accettare tutto quello, quindi è solo così- frustrante che loro abbiano deciso di tenere tutto per loro stessi.”
“Loro lo sapevano?” dissi. “Non gli hai mai detto di essere attratto dai ragazzi, no?”
“Non gliel'ho mai detto, ma lo sapevano bene.”
Alzai le sopracciglia e mi leccai le labbra inconsciamente.
“Okay, solo per mettere le cose in chiaro,” dissi lentamente. “Sei arrabbiato con loro per non essersi fidati abbastaza di te da dirti di loro, quando nemmeno tu ti sei fidato abbastanza di loro da dirgli di te stesso?”
Il suo viso si ghiacciò leggermente, e lui mi rivolse uno sguardo senza emozioni. Non stava per iniziare ad urlarmi contro ora, vero? Non quando il bambino era lì tra le nostre braccia, già addormentato. Contrassi le labbra ed attesi una risposta.
“Odio quando hai ragione,” fu tutto quello che disse alla fine.
Sorrisi, sollevato, e nascosi la testa sotto il suo mento. “Sii gentile con loro domani, okay?”
“Sono sempre gentile.”
“Ne sono sicuro.”
“Mhm,” divenne silenzioso per un piccolo momento. “Quindi tu sapevi di loro?”
Mi irrigidii appena per un secondo, ma tramite la sua voce sentii che non mi stava giudicando né accusando, e quando non mi impose di alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi, lo presi come un buon segno.
“Si, lo sapevo,” risposi.
“Da quanto? Hanno deciso semplicemente di dirtelo?”
“No, io... ero nel bagno della scuola e loro sono entrati mentre si baciavano, quindi non avevano molta altra scelta se non dirmelo suppongo,” dissi, e non riuscii ad evitare un tono di scuse nella voce.
“Oh,” voltò di lato il viso in modo da appoggiare la guancia sulla mia testa. “Quando è successo?”
“Molto tempo fa,” dissi. “Qualche settimana prima di Natale penso.”
“Me lo hai tenuto nascosto per così tanto tempo?”
Sospirai. “Non era il mio il segreto da dire, Harry.”
“Suppongo di no.”
Silenzio. “Quindi siamo a posto su questo?”
Lui ridacchiò e sentii un piccolo bacio ad un lato della mia testa. 
“Tutto a posto,” disse. “Penso che abbiamo cose molto più importanti su cui discutere comunque.”
“Tipo cosa?”
“Il bambino Lou,” disse tranquillamente. “Cosa abbiamo intenzione di fare?”
Avrei dovuto aspettarmi che prima o poi questo discorso sarebbe spuntato fuori, ma con tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore non ci avevo... pensato molto. Forse avevo solamente soppresso quel pensiero, chi lo sa? Il punto era che non ci avevo pensato, non avevo permesso a me stesso si pensarci forse, ma ora Harry mi aveva messo faccia a faccia con il problema ed io non avevo altra scelta che rispondere. 
“Io- dobbiamo parlare di questo proprio ora?” chiesi, la voce piccola. “E' tardi e sono stanco, non penso sia il momento giusto per discuterne.”
“Non ci sarà una prossima volta,” mormorò. “E' nato ora, è qui-” strisciò gentilmente il pollice lungo il viso del bambino “-e noi torneremo a casa martedì a meno che non succeda qualcosa, quindi dobbiamo prendere una decisione prima di allora.”
Martedì.
Tra due giorni da ora. No, non erano nemmeno due giorni completi, solo uno e mezzo. Pensare che in un giorno e mezzo il bambino sarebbe potuto essere portato via da me per sempre mi fece uscire un involontario singhiozzo contro il collo di Harry, e scossi la testa. 
“E' troppo difficile,” sussurrai. “Non- io- io non posso semplicemente lasciare che loro lo prendano, ma io- sarebbe così egoista da parte mia tenerlo.
“Non sarebbe egoista.”
“Si, lo sarebbe,” soffocai fuori. “Perché io- io non potrò dargli una buona vita e tutto ciò che si merita. Voglio che lui abbia la più bella vita possibile, ma non l'avrà con me come suo genitore, non importa quanto io voglia tenerlo.”
Non ne ero sicuro, ma giurai di averlo sentito tirare su con il naso leggermente. Ci volle un po' di tempo prima che mi arrivasse una risposta.
“Tu lo ami,” disse serio. “E anche io lo amo, e, cazzo, non posso proprio pensare di darlo via, non così presto.”
Non riuscii nemmeno a provare a rispondere; mi faceva male la testa, il cuore, lo stomaco ed ogni altra singola parte di me al pensiero della decisione che ero costretto a prendere in poche ore. Piansi silenziosamente nel collo di Harry e mi avvicinai il più possibile a lui mentre stringevo la presa delle braccia attorno al bambino.
“Possiamo dargli una buona vita, amore, sai che possiamo,” mormorò. “Ti ho già detto il mio piano; ha senso ed alla fine andrà tutto per il meglio.”
“Non stiamo nemmeno insieme Harry,” dissi miserabile. “Ma proviamo qualcosa l'uno per l'altro, e tu continui a voler vivere insieme e crescere un bambino. E' una follia e qualcuno si farà del male ad un certo punto.”
“Perché?”
“Huh?”
“Perché qualcuno si farà del male ad un certo punto?”
“Perché vivremo insieme,” dissi con voce rotta. “Ed io ti amo, ma ad un certo punto tu inizierai ad uscire con qualcuno e li porterai a casa e a quel punto io vi vedrò e ti sentirò fare sesso, e non posso- non posso farlo perché mi è già successo di vederti con qualcuno per tanto tempo, e mi ha fatto male, e se iniziassimo a vivere insieme mi innamorerei ancora di più di te e tutto finirebbe nella merda, specialmente visto che c'è anche un bambino coinvolto, e non posso fare questo a me o a lui.”
Avevo parlato talmente in fretta che mi mancava il respiro quando mi ero finalmente fermato, ed ero abbastanza sicuro che se avessi guardato l'espressione di Harry, lo avrei visto attonito.
“Di che cosa cazzo stai parlando?” era totalmente attonito, ora lo sapevo per certo.
Non risposi e lui ridacchiò leggermente. “Quando ho detto che  volevo che vivessimo insieme, intendevo farlo come coppia.”
Smisi di tirare su con il naso e mi agitai tra le sue braccia. 
“Come coppia?” squittii.
“Si. Voglio dire, ovviamente ci sono un sacco di cose da capire e non possiamo semplicemente immergerci in una relazione subito, ma possiamo prendercela con calma, concentrandoci nel mettere a posto le nostre vite e vedere ciò che ci aspetta,” fece una piccola pausa e ridacchiò. “Pensavi davvero che avremmo vissuto insieme come amici quando è ovvio che siamo molto di più di questo?”
Scrollai le spalle e lui ridacchiò di nuovo. “Non funzionerebbe mai, persino io, con la mia intelligenza limitata, lo capisco.”
Soffocai una risata.
“La tua intelligenza non è limitata,” dissi. “A volte non ti si attiva la mente semplicemente.”
“Si, beh, è la stessa cosa,” disse semplicemente.
Ci fu silenzio per un po' di tempo prima che lui facesse uscire un sospiro. “Il punto è che non uscirei mai con nessuno arrivato a questo punto, per nessuna ragione.”
Esitò un po'.
“Ho te,” disse poi piano, “E ti amo.”
Aveva già detto prima queste tre parole, ma era sempre stato un commento frettoloso e non una vera e propria confessione. Questa, però, sembrava essere proprio una confessione, ed io sorrisi debolmente a me stesso prima di alzare la testa e voltare lo sguardo in modo da riuscire a guardarlo negli occhi. Certe cose è meglio dirle guardando il diretto interessato negli occhi.
Questa sembrava proprio una di quelle cose.
“Si,” dissi dolcemente. “ti amo anche io.”
I suoi occhi luccicavano di felicità, e non esitò a lungo prima di avvicinarsi e stamparmi un leggero bacio sulle labbra. Era durato solo pochi secondi, ma era stato abbastanza da far impazzire il mio cuore e lasciarmi con le farfalle nello stomaco.
Non dimmo o fecemmo niente di più di quello perché la porta si aprì e l'infermiera – che avevo scoperto chiamarsi Sydney – entrò nella stanza. Sembrava un po' perplessa quando gli occhi le caddero su di noi, ed io arrossii quando realizzai che probabilmente la nostra posizione poteva essere un po' compromettente.
“Scusate per l'interruzione,” disse con un sorriso che mi disse che sapesse molto bene quello che stava succedendo. “Sono solo passata a chiedere se volete che lo porti via ora.”
Guardai in basso verso il bambino tristemente. Non volevo che lo portassero via, non ora, ma allo stesso tempo ero stanco, così stanco che sapevo mi sarei addormentato di lì a poco, e non volevo che questo succedesse con lui ancora tra le mie braccia. 
“Si, okay,” dissi e mi spostai leggermente in modo da riuscire a tenerlo meglio mentre lo alzavo. Era ancora profondamente addormentato, sembrava una bambola di pezza nelle mie mani, e gli stampai un dolce bacio sulla testa, mormorandogli un “notte piccolo,” prima di darlo a Sydney.
“E io? Perché non posso dargli la buonanotte?” disse Harry, sembrando scandalizzato.
“Tu hai un corpo ben funzionante, puoi alzarti e farlo ora,” dissi.
Scosse la testa con finta indignazione.
“Mi dice che mi devo alzare,” borbottò mentre lo faceva. “quando mi ero già messo comodo e tutto.”
Il suo processo della buonanotte non fu così veloce come il mio; passò due minuti buoni ad accarezzare ogni parte possibile del corpo del bambino addormentato, accarezzandogli la schiena e le braccia, e mormorando una serie di dolci: “Dormi bene, piccolino, stai bene, si?”
Volevo prenderlo in giro per quello, perché, davvero, come poteva un bambino mettersi in pericolo? Sembrava così preso, però, così fuori dal mondo, talmente perso nei suoi pensieri che non ebbi il coraggio di fare o dire niente per interromperlo. 
Quando Sydney se ne andò con il bambino tra le braccia, Harry ritornò nella posizione precedente sul letto al mio fianco, e non esitai nell'avvicinarmi a lui e chiudere gli occhi. Aveva uno strano profumo, a dire il vero, probabilmente dovuto dal fatto che era stato qui per ventiquattro ore, avendo a che fare con vari liquidi che gli sono caduti addosso, senza avere l'opportunità di farsi una doccia dopo.
“Penso che dovresti andare a casa,” dissi con un debole sbadiglio. “Fai uno strano odore e dovrai essere esausto.”
“Non ti lascio qui,” disse. “Voglio essere qui in caso succeda qualcosa.”
“E quindi? Non hai intenzione di lavarti o dormire?”
“Posso dormire qui con te, no?” Sembrava divertito per qualche ragione a me sconosciuta.
“Il letto è abbastanza piccolo,” commentai, non proprio convinto; a dire il vero non volevo che se ne andasse. Volevo che si facesse una doccia, però.
“Sopravviveremo,” disse e lo sentii stiracchiarsi.
Lasciai uscire un sospiro di sconforto quando si alzò dal letto, forzandomi ad usare il cuscino.
“Non guardarmi così,” mi rimproverò quando gli rivolsi uno sguardo tradito. “Vado a farmi una doccia, almeno non soffocherai nella mia puzza.”
“Nella tua puzza?” sbuffai. “Puzza di latte e cacca semmai.”
Incrociò le braccia la petto. “Ho dovuto cambiargli il pannolino e mia mamma non ha voluto aiutarmi, è stata ferma lì a guardarmi e a ridere. Mi sono sentito tradito.”
“Si, dalla cacca del bambino.”
Cercò di tenere lo sguardo minaccioso, ma l'angolo della sua bocca si inarcò.
“Come vuoi,” disse. “Tu stai qui e fai un buon sonnellino, io vado a farmi una doccia, va bene?”
Sorrisi ampiamente. “Certo. Assicurati di eliminare tutta la... puzza.”
Lui sorrise semplicemente in risposta e si voltò proprio quando mi ricordai di una cosa. “Hey, hai almeno qualcosa da metterti?”
Si girò con uno sguardo confuso stampato in faccia. “Cosa vuoi dire?”
“Io- beh, se dormirai qui, hai bisogno di qualcosa da metterti, no?”
Alzò le spalle. “Pensavo di dormire nudo, in genere lo faccio.”
“Harry! Siamo in un ospedale, non puoi-” notai il sorriso nascente sul suo viso, e chiusi la bocca inviandogli un'aspra occhiata.
“Mamma ha portato qualche vestito per me quando è venuta con Connor e Adrian,” disse semplicemente. “Ha anche portato un paio di pantaloni del pigiama.”
“Hai pantaloni del pigiama?” Ero piacevolmente sorpreso.
“No, penso sia uscita e li abbia comprati,” disse con sguardo pensieroso. Rimase lì per qualche altro secondo prima di voltarsi per la seconda volta e camminare verso la porta, aprirla e scomparire.
La stanza cadde in un silenzio tombale, davvero silenziosa e davvero fredda quando non c'era nessuno a tenermi compagnia, e realizzai che questa era la prima volta che rimanevo da solo da ieri mattina. A pensarci bene, era la prima volta da nove mesi. Guardai in basso verso il mio stomaco, che era coperto da uno strato di bende, e i lati della mia bocca si inarcarono verso il basso quando mi resi conto che non c'era più niente lì dentro, solo uno stomaco da persona in gravidanza che non era più in gravidanza.
Non avevo nemmeno nessuno con cui parlare ora.
Forse era ridicolo, perché non è che ricevessi qualche risposta quando parlavo con il bambino settimana dopo settimana, ma almeno lui era lì ad offrirmi un calcio o un movimento ogni tanto, facendomi capire che non fossi totalmente solo. Ora lui non c'era, però. Non era nemmeno tra le mie braccia, era in qualche stanza senza di me, tutto solo e senza nessuno che lo stringesse e che si prendesse cura di lui. Okay, forse questo era un po' esagerato, ma lui continuava a non essere lì con me dove sarebbe dovuto essere.
Quando Harry ritornò, i capelli bagnati ed indossando un paio di pantaloni del pigiama di flanella con degli scacchi blu e neri – senza intimo a quanto sembrava – io ero ridotto ad un piagnucolante, pasticcio di lacrime, arricciato su me stesso e con il viso sepolto nel cuscino.
“Lou?” disse cauto mentre si avvicinava al letto. “Cosa c'è che non va?”
Alzai lo sguardo e tirai su con il naso. 
“Lui non è qui,” dissi, suonando come se mi fossi gelato tutto ad un tratto.
Lui si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi con sguardo preoccupato. “Chi non è qui?”
“Il bambino,” risposi. “Non è qui, è tutto solo e... non è qui con me.”
“Non è da solo, Lou,” disse lui con un piccolo sorriso mentre appoggiava le gambe sul letto e si metteva comodo. “Ci sono altri bambini lì, e le infermiere sono lì per dargli da mangiare e cambiarlo e tutto il resto, sta bene.”
“Si, ma non è qui,” piagnucolai. “Dovrebbe essere qui, con noi, non con degli estranei. Si prenderanno anche cura di lui e tutto, ma non è dove dovrebbe essere.”
Lo guardai e fui un po' sorpreso di vederlo guardarmi a sua volta con le sopracciglia aggrottate e un'espressione affabile sul viso.
“Odio davvero infierire quando sei giù di morale,” disse cautamente mentre passava una mano tra la mia – probabilmente unta – frangia. “Ma quello che hai appena detto è ciò che sto cercando di dirti da un sacco di tempo e ciò che tu hai rifiutato di ammettere.”
Mi calmai un pochino e aggrottai la fronte. “Che vuoi dire?”
“Ti sto dicendo da mesi che voglio tenerlo perché l'idea di altre persone che lo crescono mi fa male e che lui dovrebbe stare con noi. Questo è quello che hai appena detto anche tu, lo sai.”
“Io- non è-  no, non è quello che ho detto,” protestai debolmente. “Volevo semplicemente dire che... voglio lui con me adesso, non in una stanza diversa dove non posso vederlo.”
La sua espressione mutò in una di esasperazione. “Odio davvero essere io quello a dirtelo, piccolo, ma... guardati.”
Fece una pausa, guardando la mia espressione sconcertata, per poi sospirare.
“Sei quasi diventato isterico e stai piangendo perché lui è a dieci metri lontano da te. Come pensi ti sentirai quando lui se ne andrà con un'altra coppia e tu non potrai vederlo mai più?”
“Non- non dire così,” dissi, scuotendo la testa lentamente e rifiutandomi di incontrare il suo sguardo. “Non è- io- non voglio parlarne Harry, ti prego.”
“Ti stai contraddicendo,” disse. “E questo non aiuta, perché dobbiamo prendere una decisione il prima possibile qui.”
Mi morsi tremante il labbro inferiore impedendo a me stesso di iniziare a piangere di nuovo.
“Smetti di forzarmi,” dissi poi, la voce quasi totalmente assente. “Non voglio pensarci, tanto meno parlarne.”
“Porca puttana, Lou!” esclamò. “Quello che stai facendo ora è rifiutarti di affrontare ciò che dobbiamo affrontare!”
“Avevo già affrontato questo argomento, ma poi tu sei arrivato e ti sei rifiutato di accettare che volevo darlo in adozione!”
Strinse i pugni. “Questo non cambia il fatto che tu sarai totalmente a pezzi se lo daremo via.”
“Stai dicendo questo solo per ottenere ciò che vuoi,” dissi freddamente, guardandolo negli occhi con aria di sfida.
Lui annuì lentamente, come se stesse elaborando le mie parole.
“Okay, quindi non è vero?” disse. “Starai bene se lo daremo in adozione?”
Abbassai lo sguardo e deglutii. Non diedi nessuna risposta perché ero abbastanza sicuro che la mia voce si sarebbe rotta se avessi provato a parlare. Invece scossi la testa e incrociai le braccia in modo protettivo attorno a me stesso.
“Non starai bene, Lou,” disse piano dopo un lungo, lungo silenzio. “Sarai devastato. Non lo sto dicendo solo perché voglio tenerlo, lo sto dicendo perché non riuscirò a sopportare di perderlo e di vedere te depresso allo stesso tempo. Non voglio vederti soffrire così, e so che anche tu sai che soffrirai a lungo se lo daremo all'agenzia di adozione.”
Ovviamente che avrei sofferto, lo sapevo perfettamente, ma questo non cambiava il fatto che non potevo pensare solo a me stesso in questa situazione. Era troppo grande, troppo costoso, troppo importante per me prendere in considerazione anche i miei sentimenti.
“Sarebbe troppo egoista da parte mia tenerlo, Harry,” sussurrai.
“Non sarebbe egoista, non quando sappiamo che possiamo prenderci cura di lui,” si agitò per un momento prima di stendersi al mio fianco e appoggiare la sua fronte contro la mia. “E non sei egoista nemmeno per pensare al tuo bene, lo sai.”
Si fermò lì e lo sentii deglutire prima di continuare. “Ho... ho paura che tu finirai clinicamente depresso se lo dessimo via, e... mia madre è d'accordo con me.”
Sbattei le palpebre, e mi allontanai un po' in modo da riuscire a guardarlo per bene. “Cosa-”
“Ne abbiamo parlato prima mentre stavi facendo la doccia,” si interruppe cautamente. “E lei è d'accordo con me che tu... impazziresti se continuassimo con l'adozione.”
“Non puoi saperlo,” dissi, ma uscì fuori appena udibile. “Forse starò meglio dopo pochi giorni.”
“Forse,” disse. “Ma ne dubito.”
“Grazie per la fiducia,” mormorai.
Lui sorrise e mi sfiorò la punta del naso con la sua. “Ne riparleremo domani quando mia madre sarà qui, okay? Forse sarà più facile prendere una decisione con un adulto presente.”
Annuii silenziosamente e mi feci più avanti in modo da rannicchiarmi su di lui. 
“Pensi che potremmo... sai, andare lì e prenderlo?” mormorai contro il suo petto. “Nel senso, pensi che potremmo tenerlo qui con noi stanotte?”
“Vado a chiedere,” rispose e baciò velocemente la mia fronte prima di alzarsi dal letto e scomparire attraverso la porta. Non ebbi il tempo di immergermi nella mia solitudine questa volta, perché lui fu di ritorno in meno di tre minuti con Sydney, che stava spingendo la piccola culla di vetro di fronte a lei.
“Non riesci a stargli lontano a lungo, huh?” disse lei con un piccolo sorriso.
Mi misi a sedere sul letto velocemente, trasalendo un pochino al dolore proveniente dalla ferita nel mio stomaco, ed allungai il collo per vedere il bambino.
“Non sforzarti,” disse Harry con un accenno di risata mentre prendeva il bambino e se lo avvicinava al petto. Mentre Sydney spostava la culla ad una estremità del letto e lasciandola ad un metro di distanza dal comodino, Harry si avvicinò e tornò a sedersi al mio fianco. Allungai immediatamente le braccia, dicendo silenziosamente ad Harry di appoggiarlo lì. Con un sorriso e una piccola occhiata al bambino, Harry lo lasciò attentamente a me, e lo cinsi con una mano attorno al sedere e l'altra dietro la sua testa.
“Hey, piccolo,” mormorai dolcemente. “Scusa per tutte queste manovre.”
Lui, ovviamente, non disse o non fece niente visto che continuava ad essere profondamente addormentato, ed io sospirai felice.
“Mi sei solo mancato, ecco tutto,” aggiunsi piano mentre lo appoggiavo sulla mia spalla. Lui fece un piccolo suono e sentii le sue manine, che erano ancora chiuse in due pugni, appoggiarsi sul mio petto, ma continuava a dormire.
Almeno non lo avevo fatto piangere due volte in un giorno.




I'm Here.

Okay, mi faccio piccola piccola e mi inginocchio davanti a tutte voi lettrici straordinarie.
SCUSATEMI. So che avevo detto che avrei aggiornato la settimana scorsa e non mi sono nemmeno fatta più sentire, ma vi giuro che è stata tutta colpa della scuola e di alcune cose che sono successe.
In ogni caso ora sono qui, finalmente.
Mi dispiace tanto anche di non aver risposto a tutte le ragazze che ci hanno scritto su twitter, ma non ho avuto tempo di entrarci praticamente per niente e in ogni caso non avrei saputo dirvi a quando sarebbe slittato l'aggiornamento. Spero mi perdoniate.
Ora, innanzitutto mi scuso anche per gli errori madornali che sicuramente ci saranno, ma, visto che l'ho appena finito e voi non vi meritavate di aspettare ancora a lungo l'aggiornamento, il capitolo non è passato sotto la supervisione di Ana, quindi pietà!
Non so voi, ma io ho seriamente rischiato di sciogliermi a terra dall'inizio alla fine del capitolo. Non so chi mi fa più tenerezza, se Aidan, Louis o Harry. Sono la famiglia più bella del mondo non si discute. Non so come Louis possa anche solo pensare di dare via quella bestiolina, è una delle cose più belle del mondo ragazze :'''')
Bene, detto questo vi ringraziamo immensamente per tutto. Per essere rimaste nonostante i recenti casini, per continuarci a seguire anche su twitter, per tutti i complimenti che ci fate, per le bellissime recensioni. Davvero grazie, non vi meritiamo. UN'INFORMAZIONE: QUALCUNO PER CASO HA SALVATO ANCHE ALTRE STORIE DELL'AUTRICE? ANCHE UN'ALTRA RAGAZZA STA CERCANDO UNA DELLE STORIE CANCELLATE: "CAN YOU SEE THE SIGNS". SE QUALCUNO LE AVESSE, POTRESTE CONTATTARMI? GRAZIE MILLE.
Non mi soffermo molto che devo correre a studiare storia che domani mi aspetta un bel compito in classe :)
Un bacione a te, piccola ma grande lettrice che sei arrivata fino a qui.

Giulia.
 

 
  
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