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Autore: SinisterKid    26/04/2015    0 recensioni
- Steve? - chiamò Peggy, la voce incrinata. - Steve! Steve!
Nessuna risposta.
La ragazza si prese il viso tra le mani e iniziò a piangere. Di lui non le restava altro che la promessa di un appuntamento al quale non si sarebbe mai presentato.
(Scritta a quattro mani con PieraPi)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peggy Carter, Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V

Nei romanzi, nelle fiabe, nei racconti, l'amore è spesso celebrato attraverso gesti grandiosi. Il principe che sconfigge il drago per salvare la fanciulla. Giulietta che, non sopportando la morte di Romeo, si uccide a sua volta. Fin da piccola ho sempre trovato queste cose decisamente eccessive. E per Bianca, che invece era solita perdersi nelle romanticherie, ogni occasione era buona per ricordarmi che ero fin troppo pragmatica. Che dovevo imparare a lasciarmi stupire. Se fosse qui, ora, obietterebbe senz'altro che anche "ritornare dal regno dei morti", o aspettare per sei settimane una persona pur essendo certi che non sarebbe mai arrivata siano gesti altrettanto grandiosi. Ed è vero, ma non me la sento di definire in questo modo quello che abbiamo io e Steve. Cosa c'è di grandioso, infatti, nello stare qui, in silenzio, a stringerci tra le braccia? Cosa c'è di grandioso nel mio stare con la testa appoggiata al suo petto per ascoltare il cuore che batte? Perché nella maggior parte dei casi l'amore non lo vedi dalle imprese eroiche e dalle grandi gesta, ma dalle piccole cose. E non hai bisogno di gridarlo, perché puoi sentirlo anche nel silenzio. Come questo.
Anche se, in effetti, adesso il silenzio è fin troppo… silenzioso. Mi guardo intorno e mi accorgo che sulla pista da ballo non c'è più nessuno, e che i musicisti dell'orchestra stanno smontando e riponendo gli strumenti nelle custodie.
- Steve?
- Sì?
- Credo che tra un po' ci cacceranno via...
Come me, anche lui si guarda intorno e ride. Fa strano pensare che, all'improvviso e contro ogni aspettativa, la vita sia tornata ad essere così piena di leggerezza.
Mano nella mano ci dirigiamo all'uscita. Passando davanti al bancone del bar, però, mi ricordo che devo ancora pagare le consumazioni. Faccio per avvicinarmi ma il barista, che era intento a pulire e a riordinare, mi blocca con un gesto della mano e un sorriso caloroso.
- Offre la casa.
Lo ringrazio e ricambio il sorriso. Mi chiedo se sappia quanto i suoi tentavi di conversazione in queste settimane mi abbiano tenuto compagnia. Quando mi allontano lo sento aggiungere, piano, "Stia bene, Miss Carter".

Pur mancando ancora almeno un'ora all'alba, New York è lo stesso una città viva. Anche se, c'è da dire, quasi tutti quelli che sono in giro a quest'ora lo sono perché stanno andando al lavoro, o perché stanno rientrando a casa. Ogni tanto, però, capita di vedere qualche coppia passeggiare senza una meta precisa, quasi ad oltranza, perché ancora non si ha voglia di passare ai saluti. Io e Steve oggi facciamo parte di questa terza categoria. Non c'è alcuna fretta, ma sembra quasi come se sentissimo di dover recuperare in una sola notte tutti i giorni che fino a qualche ora prima credevo persi per sempre.
- Devi raccontarmi tutto - mi trovo poi a chiedere, turbando quella tranquillità silenziosa in cui eravamo piacevolmente immersi.
- No, penso che...
- No?
- Cioè, sì, è ovvio che ti racconterò tutto. Solo, non oggi. Così devi per forza darmi un altro appuntamento - si affretta a chiarire Steve, rivolgendomi un sorriso furbo.
- Se è di questo che ti preoccupi, ti assicuro che non ne hai motivo - dico, sorridendo a mia volta. - Davvero? Perché in effetti avrei in mente qualcosa.
- Per il secondo appuntamento?
- Si e no.
Siamo appena arrivati sul ponte di Brooklyn. Guardo Steve con un'espressione curiosa e leggermente impaziente, mentre lui si appoggia alla balaustra e osserva per un momento le luci di Manhattan brillare sull'East River.
- Ok, senti - dice ad un certo punto, voltandosi verso di me. - Probabilmente dirai che ancora non so proprio come si parla ad una donna, quindi abbi pazienza e lasciami finire.
- Devi ancora iniziare - gli faccio notare.
- Ah… beh, allora fammi iniziare, così poi mi lasci finire.
Lo invito a proseguire restando in silenzio. Un silenzio confuso e divertito al tempo stesso.
- Nel trambusto per salvare il mondo, ho perso la mia bussola. Sai, quella con la tua foto.
La ricordo bene, quella bussola. La prima volta che la vidi, in un filmato di propaganda, ne restai così sorpresa e… imbarazzata. Il colonnello Phillips, seduto vicino a me, non la smetteva di sghignazzare, compiaciuto a dire il vero, sotto i baffi.
- Non riuscivo a trovarla da nessuna parte. Certo, potevo semplicemente limitarmi ad essere grato di essere ancora vivo, ma… voglio dire, Bucky mi diceva in continuazione che ho sempre avuto le priorità tutte sballate.
Steve fa una piccola pausa, subito dopo aver nominato Bucky, ma noto che è deciso a non perdersi nella malinconia.
- In ogni caso - prosegue un istante dopo - poi ho capito che non avevo bisogno di un aggeggio di metallo per ritrovare la strada di casa.
Un sorriso timido. Un respiro profondo.
- Non ne avevo bisogno perché sapevo già dove andare. Perché, Peggy… se il mio cuore fosse una bussola, tu saresti il nord. E io saprei sempre che strada prendere.
Non ricordo l'ultima volta in cui rimasi così senza fiato. Se il mio cuore fosse una bussola, tu saresti il nord. Per la gioia di Bianca, quello era senza dubbio il momento in cui finalmente avevo imparato a lasciarmi stupire. Con suo probabile disappunto, però, il mio lato pratico, forse perché colto alla sprovvista e quindi in preda a panico, non può fare a meno di dire la sua. Così mi trovo a riflettere su quanto sia strano pensare che a pronunciare una frase del genere sia lo stesso ragazzo che, la prima volta che mi rivolse la parola, mi disse che ero una "bella pupa". Scusa, Bianca, un passo alla volta.
Se il mio cuore fosse una bussola, tu saresti il nord.
- Steve… - inizio, la voce che trema dall'emozione.
- Aspetta, aspetta, devi lasciarmi finire.
- C'è dell'altro? - chiedo, in un moto di meraviglia. Più di... questo?
- La parte migliore - sorride Steve, stringendomi le mani nelle sue.
Rimango senza fiato per la seconda volta nel giro di pochi secondi, mentre lo osservo mettersi in ginocchio.
- Ti amo, Peggy. Vuoi sposarmi?






   
 
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