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Autore: Achernar    26/04/2015    3 recensioni
“Ma lui è morto, Yugi. È morto!” ormai le lacrime scorrevano senza più un freno dalle sue guance e Anzu scuoteva la testa freneticamente. Non avrei dovuto alzare la voce, non avrei dovuto alzarmi di scatto dal divano. Non avrei dovuto lasciare quel maledetto dito sulla scrivania.
“No, non è morto finché non lo dico io!” ho urlato.
Non avrei mai dovuto lasciarlo andare.
Genere: Dark, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buona sera! Sono di corsa e sommersa di studio, perciò vi lascio velocemente a Yugi.

Buona lettura e buona Domenica a tutti!

We keep this love in a photograph, we make these memories for ourselves

Where our eyes are never closing, our hearts were never broken

And times forever frozen still


12 Dicembre 2004, Domino

Caro diario,

il mese di ottobre è trascorso placidamente, scevro di avvenimenti davvero importanti ma con Atem che ogni giorno mi rivelava qualcosa di più su di lui, un tassello in più che si andava a incastrare nel puzzle della sua personalità, e avendolo sempre in casa con me non sono davvero riuscito a trovare un momento per scrivere. È stata unimpresa anche trovare il tempo di lavorare al suo problema ma per la fine del mese ero riuscito a rimediare al mio errore e adesso Atem può finalmente mangiare. Ho controllato minuziosamente se ci fossero altri incidenti, se il fatto che i suoi ricordi fossero alterati fosse dovuto a qualche malfunzionamento nel cervello, o a un guasto, ma tutto era a posto: Atem è in funzione da quasi quattro mesi e non potrebbe essere più vivo... no, più umano di così.

Se non fosse per alcuni suoi comportamenti che mi fanno preoccupare...

Un giorno in novembre ad esempio pioveva a dirotto, le grosse gocce si accumulavano sul davanzale della finestra e lacqua penetrava lentamente attraversavano le fessure del vetro, bagnando il pavimento. Non era la prima volta che Atem vedeva la pioggia, ma da qualche giorno prestava attenzione alle cose in maniera diversa. Lho visto fissare le gocce, contandole con lo sguardo a una a una, e quando sono rientrato in camera sua, due ore dopo, Atem era ancora lì che le guardava.

Gli ho chiesto come mai fosse così pensieroso, e lui mi ha detto di lasciar perdere. Era la prima volta che rifiutava di confidarsi con me e la cosa mi ha colto alla sprovvista. Gli ho chiesto se avessi fatto qualcosa di sbagliato, se fosse arrabbiato con me, e cosa ancora più strana, Atem non ha negato nessuna di queste cose. Si è semplicemente girato verso di me, guardandomi con occhi vuoti: era perso, cera risentimento nel suo viso, ma allo stesso tempo passività, apatia. Atem... sembrava una macchina.

Ero spaventato, ma ho fatto finta di niente. Probabilmente il cambio di stagione stava avendo delle ripercussioni sulla personalità di Atem: succede a moltissima gente, non solo ai metereopatici. Da quel giorno però, Atem ha cominciato a chiudersi in sé stesso: non evitava la mia compagnia ma piuttosto cercava di passare più tempo da solo, a pensare mi diceva. Era come se avesse scoperto qualcosa, qualcosa che aveva bisogno di processare lentamente dentro di se e che non voleva assolutamente dirmi. E io ero troppo spaventato per provare a indovinare cosa fosse.

Così ho evitato di disturbarlo e anche il mese di novembre è trascorso con una certa tranquillità. Ma mentre provava a isolarsi da me e cercare nella solitudine le risposte ai suoi problemi, ho visto Atem aprirsi di più con i mie amici: li cercava, li frequentava, faceva loro domande... come se loro potessero fornirgli delle risposte che io non avevo o se si fidasse più delle loro che delle mie. Eppure neanche loro sono sinceri nei suoi confronti, io lo so: sono stato io a chiedere loro di mentire, ma forse è un diverso tipo di bugie, è una realtà in cui Atem riesce ad accettarle. In particolare lho visto cercare la compagnia di Ryou. Ryou veniva a trovarci almeno une volta alla settimana e restavano a chiacchierare per ore, così a lungo che mi sentivo escluso e finivo per uscire dalla stanza e lasciarli da soli. Quando chiedevo ad Atem di cosa parlassero di così importante, mi rispondeva sempre in modo vago, come se fosse un segreto, e lo stesso valeva per Ryou. Così ho origliato le loro conversazioni e ho scoperto che Ryou gli racconta del suo passato, di Bakura, di cosa volesse dire trovarsi imprigionato in un corpo che non ti rispondeva, un corpo finto... Gli parlava di cosa si provasse a essere controllato da qualcuno, a perdere il senso di essere vivo. Gli ha raccontato perfino del suo tentativo suicidio- qualcosa di cui Ryou non parlava mai- e gli ha confidato che non lo aveva fatto nella speranza di poter fermare lo spirito, ma semplicemente perché non ne poteva più di non essere padrone di se stesso.

Ryou era consapevole del peso che quelle parole potevano avere su di Atem, potevano scatenare in lui unepifania o nuove domande... eppure non la smetteva. Continuava a raccontare e Atem lo guardava rapito ogni volta, la mente che viaggiava a cento allora e io che non riuscivo a seguirla o a capire dove stesse andando.

Così una volta li ho interrotti, sono entrato in salone chiedendo ad Atem di aiutarmi a sistemare degli scatoloni in negozio, proprio nel bel mezzo della loro conversazione. Ryou non ha detto nulla, ma Atem era contrariato: mi ha chiesto se potevo aspettare che Ryou finisse di parlare, o se poteva aiutarmi più tardi. Ryou aveva capito al volo, lho guardato negli occhi cercando aiuto. Non c’è problema, ha detto rivolto ad Atem, possiamo parlarne un’altra volta, tanto dovevo tornare a casa a quest’ora. Ma Atem non è stupido, mentre sistemavamo gli scatoloni in negozio il silenzio era gelido. Non mi ha rivolto la parola per tutto il resto della giornata.

Il giorno dopo ho deciso di parlare con Ryou: dovevo chiedergli di smetterla di raccontare ad Atem di Bakura, o per lo meno di non perdersi in troppi particolari.

«È per lui... potrebbero venirgli strane idee in mente...».

«Idee corrette magari?».

La sua risposta è stata tagliente, qualcosa che non mi sarei aspettato a questo punto, e faceva male. Perchè probabilmente aveva ragione. Ma io stavo solo cercando di proteggere Atem, di preservare la nostra routine, la nostra vita. Era troppo chiedere che per una volta le cose non terminassero nella solita tragedia?

«Anche se fosse, non voglio che lui lo sappia. Sono stato già molto chiaro su questo».

«Yugi, non puoi continuare a fare la parte della madre protettiva. Guardalo!» mi ha detto «Non è laltro Yugi, non è nemmeno la minima parte di quello che era laltro Yugi. Ammetto che allinizio eravamo tutti colpiti perché sono identici e anche se io non ho mai visto Atem non ho dubbi che lui e... il tuo robot siano uguali».

«Non chiamarlo robot». Aveva esitato: non aveva più idea di come rivolgersi ad Atem.

«Perché, cos’è secondo te? È ovvio che è una macchina, perfino tu avevi detto che doveva sapere di essere una macchina, e adesso vuoi cercare di convincerti che non è così? Non ci crede neanche lui, non riesci a vederlo? Atem non ne può più: non ha un passato, non ha un futuro, non ha nemmeno un presente perché tutto ciò che sa sono solo bugie. Lo tieni prigioniero: se tu dovessi sparire non avrebbe più niente, te ne rendi conto?».

E infatti era vero, perché sono un ipocrita: avevo detto che lo avrei lasciato libero di andarsene, invece ora Atem è incatenato a me.

«Ma lui è felice con me...».

«Come lo sai? Glielo hai chiesto? Gli hai mai chiesto se è felice? Magari allinizio lo era, ma era confuso, te lo ricordi. Il primo mese è stato tutto un portarlo avanti e indietro, lo trattavi come un turista, e adesso che ha finito di vedere tutto quello che hai da mostrargli cosa pensi di fare? Atem si annoia, Yugi, credi che possa provare emozioni, ma la verità è che lunica emozione che vedo io è lo sconforto. Non sa cosa fare non ha una direzione-».

«Non puoi dire queste cose, non lo conosci nemmeno!».

«E perché tu lo conosci? Quanto tempo passate a parlare di voi due? Lo aiuti mai? Se lui ti fa una domanda gli rispondi?».

«Certo-».

«Quando ti chiederà se è un essere umano tu cosa gli risponderai?». Quando. Non se.

«Perché dovrebbe chiedermi una cosa simile-».

«Laltro giorno,» Ryou ha sospirato passandosi una mano tra i capelli «L'altro giorno mi ha parlato di come si sente. Dice che a volte ... riesce come a vedersi vivere: tocca le cose e non avverte nessuna sensazione, non ha mai fame, non ha mai sete. E tu sia perché, Yugi. Ma lui no e mi ha chiesto se fosse colpa dellamnesia, se fosse possibile che lincidente gli avesse danneggiato il cervello fino a questo punto. E ringrazia che non sappia granché del sistema legale o sanitario, altrimenti ti avrebbe chiesto di vedere almeno una cartella medica».

Vedersi vivere. Quando ci ripenso mi tremano ancora le mani.

«E tu che gli hai detto?».

«E questo che ti preoccupa, vero? Ti è mai importato di Atem, invece?».

«Certo che mi importa! Sono cinque anni che mi importa di lui!».

«Di lui o di te stesso Yugi? Chiedilo a lui quello che ci siamo detti, io non voglio più avere a che fare con questa faccenda».

«Che cosa-».

«Sono tuo amico, Yugi, e ti voglio bene. Ma ne voglio anche ad Atem, per quanto sia strano, e non ce la faccio ad andare avanti... non è giusto, non chiedermi di continuare a mentire. Se Atem ritorna da me gli dirò come stanno davvero le cose».

Ryou aveva promesso di aiutarmi, di reggermi il gioco, di non abbandonarmi. Anche gli altri lo avevano fatto, ma non avevano su di Atem lo stesso ascendente che chissà perché Ryou esercitava. Eppure adesso Ryou mi aveva detto che non mi avrebbe più aiutato. Lunica cosa che potevo fare era limitare il più possibile gli incontri fra i due, evitare che si parlassero e che la verità saltasse fuori.

Allinizio ho cominciato mettendomi in mezzo durante le loro conversazioni. Con me presente Atem evitava di fare domande su certi argomenti, e io mi sentivo ancora più distante. Non so se questo suo chiudersi in se stesso significa che sospetti che la responsabilità di ogni cosa è mia, magari vuole solo proteggermi, ha paura che i suoi dubbi potrebbero farmi preoccupare... ma allora non sarebbe stato così ostile verso di me. Credevo che Atem mi amasse, ma per lui ormai sono un qualcosa da evitare.

Forse Ryou ha ragione, forse lo tengo in gabbia, ma la gabbia è per proteggerlo: se venisse a sapere come stanno davvero le cose ne sarebbe sconvolto, potrebbe decidere di andarsene, di morire... potrebbe rivoltarsi contro di me, in fondo è colpa mia... in quel caso non saprei cosa fare. Non posso combattere Atem.

Piano piano, sono passato dallintromettermi fra i discorsi di Ryou e Atem allimpedirli del tutto. Piano piano ho fatto in modo che si vedessero sempre più raramente e ho cercato di recuperare la fiducia di mou hitori no boku. Mi sono dimostrato più aperto, ho incoraggiato le sue domande, sono stato attento ai suoi stati danimo e ai suoi bisogni. Ho cercato di diventare io quello che Atem vedeva in Ryou e ho provato a seguire il suo consiglio. E Ryou aveva ragione.

Atem è cambiato, in un modo che mi rifiuto di accettare. E non so se è cambiato adesso o è sempre stato così e io non sono mai riuscito a notarlo perché troppo preso dalleuforia di riaverlo a fianco. È malinconico, è distante, le battute e i sorrisi che mi regalava i primi giorni ci sono ancora... ma non sono veri. E io ho paura.


4 gennaio 2004, Domino

Caro diario,

Da quando non può più parlare con Ryou, Atem si è chiuso ancora di più in se stesso. Eppure lo sento più vicino perché è con me che ora passa la maggior parte del suo tempo, anche se contro voglia, e io sono diventato di nuovo il suo punto di riferimento.

A volte lho trovato a parlare anche con Anzu, via Skype. Forse preferirebbe la sua compagnia alla mia, ma la cosa non mi piace. Non si tratta di gelosia, ma non so come potrebbe reagire Anzu a un contatto così prolungato con Atem visto quello che provava per mou hitori no boku... non so se si accorgerebbe che lui e Atem non sono uguali, magari si illuderebbe che questa differenza non c’è. È quello che faccio anche io in fondo, e che dovrei smettere di fare. Per fortuna Anzu vive in America e ora che le feste di natale sono finite le occasioni per sentirci più spesso sono rare, e lo stesso vale per Ryou e gli altri.

Una volta passata leuforia iniziale anche Jono e Honda hanno cominciato ad allontanarsi, un po per via del lavoro, un po per altri motivi. Da un parte mi dispiace perché è come se Atem fosse privo di amici, ma dallaltra è lunico modo che ho per proteggerlo dalla verità. Il vuoto si sta aprendo anche intorno a me in fondo, e anche questa volta sono io ad alimentarlo. Forse avevano ragione quando dicevano che i vecchi tempi non sarebbero mai potuti tornare, ma adesso io ho Atem, e lui ha me. Ci bastiamo. Non ho bisogno degli altri.

Ora che non ha più Ryou, Atem ha cominciato a farmi delle domande più mirate e per la prima volta da quando si è svegliato mi ha chiesto del suo passato. Voleva sapere chi era Bakura, il ruolo degli oggetti del millennio, chi era il faraone. Chi era lui. Ma sa che non è un argomento di cui parlo volentieri e ha preferito prenderlo alla lontana, permettendomi di girarci intorno. E così ho fatto.

«Perché, tu cosa ricordi?» proprio come gli avevo chiesto quel giorno di fine agosto, quando me lo sono ritrovato davanti per la prima volta. Se avessi saputo quanto della verità potevo rivelare senza correre rischi sarebbe stato più facile per entrambi.

Dopo una pausa troppo lunga si è girato per guardarmi negli occhi, anche oggi la pioggia cadeva fitta fuori dalla finestra, ma non con la stessa irruenza di un paio di mesi fa. Era come se la pioggia e Atem condividessero lo stesso spirito, la stessa assenza di luce.

«Niente» ha scosso la testa. «Non credo di ricordare più niente. Invece di diventare più chiari i ricordi stanno svanendo, perfino…». Mi sono avvicinato a lui per stringergli la mano.

«Non arrenderti, vorrà dire che ne creerai di nuovi, ci sono io con te, ce la faremo».

«Tu…» ha annuito distrattamente «Di te mi ricordo invece ricordo la tua voce e ricordo una stanza…».

«Una stanza?». La stanza dellanima? La mia camera? Quella stanza?

«Non è da molto che me ne ricordo, ma ho queste immagini di una stanza e...». Ho aspettato che andasse avanti, ma Atem si era fermato e non accennava a continuare. Erano ricordi preziosi? Non voleva condividerli forse? Oppure erano rischiosi e non voleva che io ne venissi a conoscenza? Mi sembrava di camminare su di un filo e il baratro era così vicino, così facile cadere giù. Dondolavo paurosamente ma ormai non potevo più tornare indietro.

«E comera questa stanza?» ho deglutito. Avevo lorribile presentimento di conoscere la risposta e anche se avrei preferito chiedermi come fosse possibile che ricordasse la mia voce nel laboratorio perché a quei tempi era ancora spento non ci riuscivo, perché langoscia mi stringeva la gola come una morsa e anche parlare diventava difficile. Se Atem avesse scoperto tutto io non avevo un piano di riserva, non avevo idea di cosa fare. Vedevo solo il panico e un futuro privo di futuro.

«Non lo so era buio. Ma cera come un letto sotto di me, qualcosa che faceva bip». Ha ridacchiato sommessamente allonomatopea. «Forse computer, probabilmente ce nerano parecchi. Era una stanza molto piccola comunque. E spesso avevo un lenzuolo, credo fosse un lenzuolo... addosso». Buio. Certo. Atem aveva gli occhi chiusi. «Yugi, stai bene?».

«Sì, pensavo, scusa. E poi?».

«Te lho detto, non ricordo molto. Ma sono sicuro che fosse in questa casa perché quando ho aperto gli occhi mi sono alzato e ho salito le scale per entrare in camera tua. Ricordi quella sera vero?». Ho annuito silenziosamente. «Ma quella stanza non può essere qui perché non lho mai vista. A meno che non sia quella che tu tieni sempre chiusa a chiave, vicino al negozio. Ma non avrebbe senso no? Hai detto che è solo un magazzino».

«Infatti, ci sono solo ragnatele». Sì, probabilmente ce nerano parecchie ormai...

«Quindi non ho davvero idea di cosa possa essere forse ho sognato ma... era così reale. Tu eri così reale».

«E io cosa dicevo?».

«Mi confortavi, mi stavi vicino. Mi auguravi la buona notte o il buon giorno. Ricordo che mi hai carezzato i capelli una volta, sussurrando che mi sarei svegliato...». Da quanto tempo Atem ricordava tutti quei particolari, quanto gli ci era voluto per trovare la forza di dirmeli? «Era prima che mi riprendessi dal coma vero?».

«Già». Ho annuito ancora, ora capisco cosa provava Ryou: non ce la facevo nemmeno io a mentire più, le bugie erano un macigno orribile, mi tiravano giù, dentro il baratro, il filo si spezzava sotto il loro peso, ma non cera nientaltro che potessi fare.

Pensavo di provare a sgomberare il laboratorio. Un giorno i flashback di Atem potrebbero farsi più frequenti, magari più intensi, potrebbe davvero chiedermi di visitare il retro bottega, solo per curiosità, e allora non potrei mostrargli tutto ciò che nasconde. Perché, ragnatele a parte, tutto è ancora come era il giorno in cui Atem si è svegliato. Sono stato così stupido da non averlo mai sistemato. Forse potrei chiedere a Jonouchi di restare con Atem mentre io mi occupo della faccenda, ma ormai non mi fido più a lasciarlo da solo con i miei amici e io e Atem siamo sempre insieme, se dovessi svuotare la stanza da solo o di notte se ne accorgerebbe. Potrei farlo fare a Jonouchi, ma non credo accetterebbe. Quando gli ho parlato della nostra conversazione mi ha detto che secondo lui è arrivato il momento che Atem scopra la verità, qualcosa che io invece non sono ancora pronto a dirgli. E probabilmente non lo sarò mai.

Ci sono i miei computer nel laboratorio, e fogli su fogli di appunti e disegni, tutti gli strumenti di lavoro, i microscopi, i macchinari cosa verrebbe in mente ad Atem se li vedesse? Sono oggetti ingombranti, non si possono portare via come se niente fosse, non li posso nascondere. Devo sperare che non mi chieda mai di entrare in quella stanza, che dopo un po si stanchi dei suoi nuovi ricordi e si convinca che sono solo sogni. Eppure Atem è sempre più malinconico. Lui crede a quelle immagini, anche se quando glielo chiedo dice che non è vero e che sono solo sciocchezze perché non dubiterebbe mai di me. Stiamo cadendo tutti e due, le bugie ci trascinano in basso, ci schianteremo e io non potrò più proteggerlo.


Lyrics da Potograph (Ed Sheran)

  
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