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Autore: _volpina_    26/04/2015    0 recensioni
La melodia di quell'ultimo soul riempie il piccolo salotto, questa notte come quarant'anni fa; le parole mormorate, ora come allora, suonano ancora una volta come una beffa, come una minaccia e, ancora peggio, come la più dolce delle promesse.
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Le ultime note di un anonimo brano jazz si consumano in uno stridulo assolo di tromba quando l’uomo si rende conto di aver lasciato acceso lo stereo fino a quel momento: la lettura l’ha assorto fin troppo e se non fosse stato per quella stecca non si sarebbe di certo interrotto.
Appoggia il libro su un tavolino accanto a lui, si toglie gli occhiali e massaggia dolcemente il ponte del naso, con la calma di un condannato a morte; contrae il viso al pensiero che lo ha appena sfiorato e si rimprovera: bisogna sempre accettare con gioia quello che si riceve dall’esistenza, dalla vita, Da Dio, diceva lei, che ancora un po’ ci credeva. Anche l’artrite che gli sta disfacendo le mani, così dolorosa che persino abbracciare i nipotini è una sofferenza: anche quella bisogna accettare con gioia.
Fa una smorfia e si solleva lentamente dalla poltrona per permettere alle gambe di rispondere alla sua volontà così non lasciarlo scivolare a terra: rialzarsi sta diventando più difficoltoso e il suo corpo risponde sempre meno ai suoi comandi. Un passo alla volta si avvicina alla finestra del salotto, sporca di ditate e di aloni di respiri troppo ravvicinati al vetro, e osserva i profili degli edifici chiedendosi da quando il panorama sia diventato così squallido.
Da quando lei non c’è più, si risponde e vorrebbe ridere, sì, perché non ha più la forza di piangere; eppure il suo riflesso sul vetro appannato non accenna nemmeno a un timido sorriso. Segue con lo sguardo quel reticolato di rughe e macchie malamente riflesse che hanno…deformato, ecco, i suoi lineamenti.
Si sfiora gli zigomi, le guance e il mento, ossuti sotto uno strato di pelle cadente e un nodo gli blocca il respiro quando si chiede cosa lei avrebbe detto vedendolo ridotto così.
Che non saresti potuto invecchiare meglio, avrebbe dichiarato.
Sorride, e questa volta sul serio, quando un improvviso, inaspettato e anche inappropriato pizzicato di basso riempie il salotto con le sue tre note gravi e incalzanti che gli accarezzano le orecchie e i ricordi.
 

" When the night has come
And the land is dark
And the moon is the only
light we’ll see,"
 

Quanto tempo? Venti? Trenta? Quarant’anni prima?
Quanto tempo prima aveva spalancato la porta dell’ingresso mentre cercava di tenerla in braccio, avvolta da quel lungo strascico di seta bianco che a detta di lei, Mi fa sembrare una bignè  su un letto di burro? All’improvviso era scesa giù dalle sue braccia in preda a una delle sue solite idee, gli aveva chiesto di non muoversi da lì ed era entrata in casa in tutta fretta, trascinando con ben poca grazia la lunga gonna che, a sentire i suoni sordi e i fruscii di fogli, aveva appena gettato a terra il progetto su cui stava lavorando, abbandonato giorni prima sul tavolino. L’aveva sentita trafficare e imprecare contro lo stereo mentre il vestito e i fumi dell’alcool ostacolavano quella che si era rivelata essere una titanica impresa, quindi era tornata da lui e gli era balzata fra le braccia con un sorriso disarmante in parte nascosto dalle ciocche castane che erano sfuggite dallo chignon ormai disfatto.
Possiamo andare, aveva annunciato, e una voce indistinta si era diffusa dal piccolo salotto nel momento in cui avevano attraversato con goffaggine l’ingresso. Si erano lasciati cadere sul divano in pelle che aveva scricchiolato rumorosamente sotto il loro peso, ma era stato ignorato dalle loro risate; poi le aveva scostatato i capelli dal viso e si erano guardati a lungo negli occhi, quel suo sguardo color del miele (di castagno, che è più buono, aggiungeva sempre lei) che sapeva sempre farlo sciogliere.
Lo senti il ritornello? Aveva ripetuto e lui aveva annuito, senza prestarci troppa attenzione; lei gli aveva appoggiato una mano sul viso e gli aveva ripetuto la domanda, questa volta con un’espressione corrucciata.
Non ho messo questo brano a caso, aveva continuato. Ascoltalo bene.
 

 " I won’t cry, I won’t cry,
No, I won’t shed a tear
Just as long as you stand
Stand by me "
 
 
Starai al mio fianco?, aveva ripreso senza distogliere lo sguardo da lui nemmeno per un istante. Le aveva sorriso, anche se in fondo si sentiva un po’ offeso: temeva che avesse già dei dubbi sulle promesse fatte solo dodici ore prima?
Che domande fai, cretina. Certo, aveva risposto.
Anche quando ingrasserò e non sarò sempre truccata? Anche quando diventerò sciatta e più disordinata del solito? Quando la menopausa e le rughe mi rovineranno? Anche quando… si era interrotta ed era arrossita improvvisamente, come se si vergognasse a continuare la frase; …anche quando diventerò una balena per la gravidanza?
Era rimasto basito per una manciata di secondi, il cuore in gola e lo stomaco in subbuglio; aveva deglutito con fatica e preso un lungo respiro prima di chinarsi su di lei e sfiorarle le labbra con un bacio.
Non potresti farmi un dono più bello, le aveva sussurato. Lei aveva ridacchiato in tutta risposta.
Sono contenta che la pensi così, aveva mormorato facendo scomparire una mano tra i cuscini del divano per recuperare un piccolo flaconcino di cartone, lungo e stretto, che gli aveva picchiettato sul naso.
Questo è il mio regalo per te, aveva detto con un sorriso, il più bello che le avesse mai visto. Auguri, amore, per una vecchiaia meravigliosa.


Quanto tempo?
Le dita scivolano sul vetro e l’uomo si allontana dalla finestra; lentamente cammina verso la porta del salotto e imbocca un piccolo corridoio al buio su cui incombono numerose fotografie, dagli svariati soggetti e dimensioni, ma non ricambia il loro sguardo questa sera: si è già fatto assalire fin troppo dai ricordi e non ha bisogno di altri rimpianti. Apre una porta socchiusa, preme l’interruttore e una timida lampadina illumina il mobilio della stanza dopo qualche difficoltoso tentativo: qualche quadro, un armadio grosso, una cassettiera, due comodini, un letto a due piazze.
Nel letto, avvolta tra le coperte c’è qualcosa; l’uomo si avvicina e non può fare a meno di osservarla con una punta di disgusto: la bocca è aperta e un abbondante rivolo di bava gli sta colando lungo il mento e il collo, l’odore che emana è un misto di sudore e…putrefazione, ecco, e il respiro è affannoso e irregolare.
Qualunque cosa fosse stata o sarebbe potuta essere, ora non era nient’altro che l’ombra di un essere umano, una larva.
Stringe i pugni con rabbia, come quando gli amici e i famigliari si erano stretti intorno a loro con frasi rassicuranti come Potete sempre contare su di noi!, oppure Vi staremo sempre vicini!, o anche Affidatevi a Dio, lui vi ascolterà! Dio però non era mai arrivato, benchè lei ci avesse sperato fino all’ultimo; quando lei se ne era andata, non era rimasto più nulla.
Tranne quella cosa.
Si china su di essa e sfila uno dei due cuscini sotto la sua testa: la larva inizia a mugugnare e ad agitarsi, si sta per svegliare. Un gesto  non indolore, ma veloce: ha già difficoltà a respirare, sembrerà un incidente, la malattia che fa il suo corso; sarà la fine di tutte le sue sofferenze, anzi di tutte le loro sofferenze, della solitudine che lo consuma giorno dopo giorno e della sofferenza che lo logora. Perchè questa non è vita, pensa fra sè mentre affonda con forza le dita nella federa bianca: alza il cuscino sul viso dell’essere, le mani tremano violentemente per il rimorso che già lo assale, eppure è più risoluto che mai, deciso e distrutto nel compiere quel gesto così estremo come una versione distorta di Medea poco prima di compiere la sua ultima vendetta su Giasone.
All’improvviso la larva spalanca le palpebre e lo guarda, gorgoglia e sputa bava come se volesse attirare l’attenzione dell’uomo e infine ne incrocia lo sguardo attonito; dopo qualche istante il cuscino sfugge dalle mani tremanti e lui scivola a terra in strazianti singhiozzi mentre occhi color del miele lo cercano disperatamente senza riconoscerne il volto.
Dal salotto, accompagnate da una melodia rilassante e soffusa, risuonano le ultime, beffarde parole.
 

" Darlin’, darlin’ stand by me
Oh, stand by me
Oh, stand now,
Stand by me, stand by me."
  
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