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Autore: Daeva    18/02/2005    0 recensioni
Un racconto di vampiri, naturalmente AU. Una nota sul titolo che ho scelto, letteralmente "Una Lanterna e una Campana", un modo di dire giapponese, in cui si vogliono paragonare due cose che sono senza confronti (un pò come il nostro "la differenza tra l'oro e la latta"); in questo caso si paragona un oggetto di carta ad uno di bronzo...
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Chochin ni Tsurigane ~ Omicidio nella Palude Spinse il bacino contro il lavandino della cucina.
Nell'altra stanza, suo padre dormiva su un letto sfatto, avvinghiato a quegli orribili corpi nudi.
La sera prima aveva portato a casa due prostitute.
Non aveva neanche cenato, nonostante lei fosse riuscita, con quei soldi guadagnati vendendo i suoi capelli a un negozio di parrucche, a comprare dello stufato di maiale.
Carne. Erano millenni che non ne mangiavano. Da quando la mamma fu uccisa. Da quando suo padre perse il lavoro, riducendosi a quello straccio d'essere.
Quello stesso uomo era rimasto chiuso in quella camera possedendo avidamente quelle femmine ormai straziate.
Lei era rimasta in cucina, attendendo che lo stufato si cuocesse, per poi consumare la sua parte osservando la porzione di suo padre raffreddarsi di fronte a lei.
Aveva consumato il suo pasto e infine aveva lavato il piatto, mentre dalla porta a fianco arrivavano i gemiti e le urla delle tre bestie.
Era ritornata al tavolo, risedendosi al suo posto in perfetto silenzio.
Si era addormentata così, con l'aria della tumefatta abitazione riempita dagli osceni gorgoglii.
La mattina seguente, finalmente il silenzio.
Si era sciacquata il viso con l'acqua del lavello, la stessa dove aveva pulito il suo piatto.
In quel momento, mentre ancora stringeva i bordi del mobile con rabbia, suo padre uscì dalla stanza indossando solo la camicia sbottonata e strappata.
L'uomo guardò con sfida la figlia, la sua testa dai capelli tagliati disordinatamente sopra il collo.
I capelli della vergogna, proprio come i suoi.
Con sufficienza posò gli occhi sul piatto di carne al suo posto.
-Lo stufato non và bene per colazione.- obiettò.
La figlia lo guardò in viso.
Aprì la credenza ed estrasse il barattolo con sugo di pomodoro e carne che conservava gelosamente per le grandi occasioni, poggiandolo a fianco dello stufato.
Di seguito afferrò un pezzo di pane, porgendo una metà strappata a suo padre, con l'espressione più ovvia e tranquilla che potesse fingere.
-Questa non è una colazione, è una cena.-
Poi spostò la sedia, invitando il padre a prendervi posto -Quindi siediti, e mangia.-
Lui costernato, guardò la sedia e annuì, mentre la figlia afferrava il coltello per tagliare la carne di maiale dalle stoviglie...

2 ~ Omicidio nella Palude

1897, New Orleans

New Orleans la sera dava numerose opportunità di divertimento.
Non avendo nulla da fare, quella sera, la ragazza dai capelli tagliati aveva deciso di fare un salto nella zona dei divertimenti, l'angolo più frizzante della città, frequentato costantemente da ricchi e nobili personaggi.
Ma portare i capelli tagliati in quel modo la rendeva decisamente poco affascinante e anche l'abito che indossava la domenica per andare in chiesa non migliorava la sua situazione di stracciona, prontamente schivata dai ricchi signori e le loro altere dame.
Si guardò nel riflesso di uno dei vetri del Teatro dell'Opera, e constatò che tagliare i suoi lunghi capelli rossi per pagare la cena finita in un secchio e neanche gustata era stata davvero una pessima idea.
Con le mani afferrò i pochi ciuffi rimasti, cercando di portarli dietro le orecchie e sistemarli sulla fronte.
Pessimo risultato.
-Ehi, ragazzina!- una voce dura le si rivolse.
-Dici a me?- mormorò lei irritata alla guardia che la guardava con sospetto.
-Sì, dico a te, pezzente!- e la afferrò per un braccio candido, strattonandola -Sparisci da qui, spaventi la gente per bene!-
La ragazza si liberò dalla presa e con l'astuzia di una vipera diede uno schiaffo al suo aggressore, il cui suono secco e deciso catturò l'attenzione di distinto giovane dai tratti orientali, che si dirigeva, come molti, verso l'entrata per l'inizio dello spettacolo.
-Lurida puttana io ti...-
-Lei, mi scusi..-
Mentre la ragazza si copriva già il viso con le braccia incrociate, lui afferrò il braccio dell'anonima guardia con una sua mano guantata.
-Uh?!- l'uomo si voltò irritato verso colui che cercava di impedire la sua sacrosanta vendetta.
-La signorina è con me...-
Sia la guardia che lei osservarono con lo stesso sguardo stupito l'uomo dall'atteggiamento gentile ed elegante.
-..Buonasera cara. Mi hai aspettato molto?- continuò lui.
La ragazza colse la palla al balzo, afferrando il braccio che l'uomo le porse -Ma no, certo. Solo, questo rozzo individuo mi stava infastidendo.-
-Uh? Davvero?..-
La guardia attonita non sapeva cosa dire.
-..Nel mio paese è usanza strappare l'anima della servitù inopportuna e chiuderla in un vaso di sake.-
-Oh, io..- cercò di difendersi lui.
-Avanti, chieda scusa alla signorina.-
-M..Ma..-
-Chieda scusa.-
-Sì, chiedimi scusa!-
L'uomo diede un'occhiata torva alla ragazza e annuì -Scusa.-
-Stà parlando con sua sorella? Le dia del voi.-
Lei trattenne uno sghignazzo sadico.
-S...Scusatemi.-
-Faccia un inchino, adesso.-
E l'uomo si inchinò di malavoglia davanti la ragazza.
-Bene, che non si ripeta mai più.- e se ne andò così come era apparso, con la ragazza che si fingeva altezzosa e superba come le altre dame.
Quando furono abbastanza lontani, l'uomo sbottò in una sonora risata.
-E' stato divertente vero?- disse rivolgendosi alla sua damina.
Lei sorrise -Molto appagante, anche se ha esagerato un pò!-
-Mai esagerare con chi è scortese con le belle ragazze.- la lasciò per portarsi la delicata mano della ragazza alle labbra, baciandogliela.
-Ooh..- sussurrò lei, scossa da un improvvisa serie di brividi freddi.
-Mi dica, qual'è il suo nome, o splendida fanciulla?-
Sorrise -Il mio nome è Aska, Aska Langley, o mio salvatore.-
-Aska. Che nome insolito. Che origini ha?-
-Mia madre era tedesca..-
-Oh, lo splendido sangue del Vecchio Continente... Ora capisco da dove viene tanto soave splendore.-
Aska non nascose l'imbarazzo, e strappando la sua mano dai guanti dell'uomo cercò di svignarsela per non incappare in problemi più spiacevoli dello schiaffo di un poliziotto -Beh, la ringrazio ancora, arrivederci.-
-Ma come?..- si stupì lui.
Lei lo guardò con preoccupazione.
-..Non viene con me a vedere lo spettacolo?-
Aska serrò le labbra e degluttì -D..Davvero posso?-
-Certamente. Avevamo un appuntamento, no?-
Aska avvolse dunque le mani intorno al braccio del misterioso uomo in scuro, dirigendosi verso l'entrata del Teatro.
+ + + + + + +

"Perchè mi fidai di lui così ciecamente quel giorno? Non ne ho tutt'ora idea.
Sicuramente sono quel tipo di decisioni in cui a ragione ha poco a che fare...
Non mi sono mai piaciuti gli uomini più grandi di me.
Tuttavia non potei fare a meno di avvinghiarmi fiduciosa a lui, quella sera, quel demonio dagli occhi a mandorla.
Non era istinto, perchè l'istinto non è distruttivo.
Fu una spinta atavica, ancestrale, della mia anima, del mio stesso corpo.
Furono le mie viscere a gettarmi tra le sue braccia.
Sprovveduta e già talmente devota da seguirlo fino in capo al mondo.
Disgraziatamente, ero già condannata ad essere sua."
+ + + + + + +

Seduti comodamente nei posti centrali del secondo loggione i due aspettavano l'inizio dello spettacolo.
-Cosa..Cosa l'ha spinta a invitarmi qui questa sera? Ho notato che mentre entravamo molte persone l'hanno salutata con rispetto... Alla sua immagine non nuocerà farsi vedere in mia compagnia?-
-Cara Aska, in verità la mia immagine non può che giovarsi delle tua presenza...- rispose galantemente l'uomo -...Quindi non preoccuparti del superfluo parere di costoro. Cara mia, vedi? La loro vita è tanto grigia quanto insignificante. Conseguentemente, non mi interessa molto la reale opinione che hanno di me, per me è più che sufficiente che non mi tolgano il prestigio della mia carta e la mia penna.-
-Oh, è uno scrittore?-
-Se fossi uno scrittore, dolce angelo, mi impegnerei nel dedicarti deliziosi sonetti, non starei certamente seduto qui. Il destino mi volle critico in un giornale locale.-
-Critico?-
-Sì. Suggerisco alle persone quali spettacoli e mostre che vengono presentati in città seguire.-
-Ma lei..Lei sembra venire da molto lontano... E' venuto a New Orleans per diventare questo?-
-Dolce Aska. Ho girato molto il mondo in verità. E sai cosa ho sempre cercato in tutti questi anni?-
-I soldi?-
L'uomo sorrise -Ma no, Aska...- il suo tono di voce si fece estremamente languido -Solo...Qualcosa di bello.-
Gli occhi azzurri di Aska non poterono più distaccarsi dalle labbra dell'uomo.
-Sai Aska? Fino a un secolo fa... Vedi queste tendine intorno al palchetto?..-
La ragazza annuì con la testa, come ipnotizzata.
-...Servivano a isolare quest'ambiente dal teatro, dall'ambiente circostante. Un tempo i teatri erano luoghi destinati a ben meno nobili attività, cara-
-Oh..Tipo?-
-Beh, si mangiava, si giocava d'azzardo... E nel caso specifico, nei palchetti isolati dalle tendine... Sai cosa si faceva, tesoro mio?-
Aska riuscì a riprendersi prima che l'uomo le si avvicinasse ulteriormente -Ah-ah! Menomale adesso siamo in un nuovo secolo, decisamente più calibrato!-
L'uomo si ritirò dal suo giovane corpo -Già. Decisamente.-
-E..E mi dica, cosa daranno oggi?-
-Tesoro, sarà messa in scena un'opera che mi interessa da vicino, poichè è un lavoro giapponese, del mio paese d'origine.-
-Oh!-
-Una compagnia itinerante di kabuki metterà in scena alcuni componimenti di Chikamazu.-
-Chika..?-
-Chikamazu, cara Aska. Sai, lui era scrittore di storie per burattini, ma i suoi lavori sono spesso scelti da rappresentare dalle compagnie di kabuki.-
-Burattini?-
-Sì, burattini.-
Asuka rise beffarda.
-Perchè ridi, soave fanciulla?-
-Le sue parole così dolci...Mi ubriacano. Non capisco ciò che dice, e percepisco solo le vibrazioni della sua voce nel mio cuore.- la ragazza posò una mano sul volto dell'uomo dirigendolo verso la sue labbra -...Tiri le tendine.-
L'uomo tuttavia la scostò gentilmente da sè -No Aska cara. Inizia lo spettacolo.-
+ + + + + + +

"Non tutti gli uomini sanno fare così. Quando lo fanno, non posso fare a meno di apprezzarli."
+ + + + + + +

La ragazza posò la sua chioma stracciata sulla spalla del misterioso signore, mentre la scena si riempiva di tanti piccoli bambù, che spuntavano dall'altro, dai lati, mentre altri erano trascinati come se posati sul ghiaccio da misteriose figure scure, simili a fantasmi.
E nonostante il palco fosse pieno, i mille bambù continuavano ad ammucchiarsi, metodicamente, chirurgicamente, come a riempire ogni spazio, sul palco liscio e lucido.
Quello spettacolo fu più che sufficiente ad Aska, che non seguì il racconto del narratore, spostato su un lato del palco, che introduceva la vicenda in uno stentato inglese.
Mentre le luci simulavano una perfetta tarda sera orientale, sbucò, circospetto, da dietro il semplice pannello che ignorava il sipario, un uomo vestito di un ricco abito, stringendo a sè un piccolo sacchetto sul cuore, agitando le mani intorno alla stoffa pregiata.
Un tamburo batteva ritmicamente l'atmosfera, mentre altri strumenti a fiato imitavano i ronzii delle paludi.
Ed ecco spuntare dal lato opposto un tipo poco raccomandabile dalla camminata pesante, ma estremamente poetica nonostante la rozzezza dei suoni secchi dei suoi passi sul palco.
Volti e corpi tinti di bianco, a sottolineare il trucco del viso, pavido dell'uno e ferino dell'altro, mentre gli sfarzosi costumi estraniavano quelle due figure demoniache dai mille bambù della scena.
E sembrò quasi che fossero quei bambù a spostarsi per permettere ai due il primo confronto verbale, estremamente minaccioso nonostante la sommessità ed amichevolezza dei dialoghi.
-Non è prudente avventurarsi nella palude di sera, anche se è la via più breve per giungere al villaggio.
Non è prudente avventurarvisi a mani vuote, figuriamoci con del denaro.
Onorevole amico, riposati nel mio giaciglio, mentre io da fuori farò la guardia-
Aska seguiva assonnata i movimenti dei due, la loro strana danza stilizzata in lenti e silenziosi movimenti, ascoltò le lunghe pause di silenzio, con la testa posata sul braccio del suo benefattore e un dito posato infantilmente tra le labbra.
La notte passava, scandita dalle cicale e il vento che si districava tra i bambù.
L'uomo si chinò sul viso della giovane, dandole un leggero bacio sulla fronte.
Aska alzò il volto donandogli le sue labbra, che lui accettò di buon grado, succhiandogliele.
Il mattino era vicino, e l'uomo di guardia inizia a stiracchiarsi.
Sguaina la sua lunga spada, che riflette macabramente la luce dei riflettori, facendola splendere come un astro nel firmamento.
E inizia i suoi esercizi, muovendola, corteggiandola, quasi parlandole, con l'abilità del polso e lo sguardo compiaciuto.
Aska afferrò con la mano la spalla dell'uomo tirandolo avida verso di sè.
La soave poesia delle spade messaggere di morte, la soave poesia dei fantasmi di luce tra i bambù...
Continuò a farsi corteggiare dall'uomo e le sue labbra, cercando di premersi il più possibile verso di lui, ubriaca.
E con un singolo gesto, tranquillo, spontaneo, lo spadaccino infilzò il suo ospite all'interno della capannina tra i bambù.
Silenzio.
Il vento e le cicale, il tambureggiare fiero smisero d'un tratto.
E la vita finì, poichè la vita cessò, nella palude.
Aska si bloccò un secondo, con gli occhi sulla scena, ipnotizzata dalla spada infilata discretamente nel giaciglio invisibile.
Con un piccolo strattone, l'uomo estrae la spada, la spada pulita e lucida, nonostante il crimine.
Ma il sangue? Dov'è il sangue?
Il sangue c'è, poichè il malfattore passa su un lembo del suo abito la lama, come pulendola e lucidandola.
Poi infila una mano nel buco e tira, estraendone il sacchettino.
Statuario, dà due colpettini al sacchetto facendolo balzare compiaciuto sul palmo della mano.
Aska si volta sorridente verso il suo complice sorridendogli, porgendosi ancora verso di lui -Il male ha dunque trionfato...-
Un colpo secco di fucile fece sobbalzare tutti i presenti, persino Aska che si volta di scatto verso il palcoscenico, con gli occhi fissi sul malfattore.
L'uomo immobile non cadde. Rimase in piedi, con lo sguardo spalancato, come congelato.
E sul suo volto dipinto di bianco... Dalle sue labbra ugualmente dipinte... Un sottile... Delicato... Violento... Filo di sangue scuro.
Che continuò anche sulla gamba scoperta, spostata in avanti.
Una sola solenne linea di sangue.
Fine primo atto.
-Il male non trionfa mai, piccola Aska.- le mormorò l'uomo nell'orecchio.
-Andiamocene.- rispose lei col gelo in gola.
-Cosa? Ma..Mancano due atti!-
-Non mi importa. Andiamocene.-
-E dove vorresti andare?-
Aska si voltò verso di lui, con le lacrime gli occhi -Lontano... Da qui.-
+ + + + + + +

"Così facemmo. Solo così potevamo fare. Dovevamo semplicemente fuggire, per i criminali che eravamo.
Quella sera nel mio appartamento, dove vivevo con mio padre,furono trovati tre cadaveri dal ventre cavato, tre cadaveri seduti a tavola, davanti lo stufato delle proprie viscere.
Le labbra sporche di sangue, poichè prima della loro morte, durante l'agonia, li avevo costretti a mangiarne un pò.
Che cosa crudele. Far mangiare a qualcuno l'organo stesso dove sarebbe dovuto arrivare il cibo.
Ma era ora di cena. E avevo addirittura tirato fuori il sugo delle grandi occasioni per i miei ospiti..."

+ + + + + + +

Lei lo seguiva discretamente con lo sguardo, nascosta dietro le mura fatiscenti dei magazzini del porto, la tarda sera, quando andava a caccia di belle immigrate di razza creola.
Adorava le donne giovani, adolescenti, timide e maliziose quanto basta, affascinate dai suoi abiti scuri e i suoi inoffensivi tratti orientali.
Lo guardava sempre con invidia, mentre baciava le labbra delle sue vittime fino a tingergliele di sangue.
Ma era il bacio gentile, il bacio sommesso e galante che le affascinava e le faceva cedere, il bacio per cui la morte sembrava il prezzo più consono per pagarne la dolcezza.
Non faceva mai sesso con loro, gli era indifferente.
E nonostante la corteggiasse di contino, lei, il suo piccolo Angelo, neanche con lei aveva mai fatto sesso, neanche una cosa che le somigliasse.
E a lei non aveva neanche mai strappato tutto quel sangue, solo quanto ne bastava per saziarlo durante un languorino appena sveglio.
Quando si sarebbe deciso a renderla come lui, maledetto bastardo?!
L'uomo sdraiò il corpo esanime della donna dal collo squartato sul freddo retro di un magazzino, mentre Aska, col suo nuovo abito e le sue scarpe col tacchetto si avvicinò a lui.
Adesso i capelli le sfioravano le spalle.
I capelli rossi finalmente acconciati per rendere giustizia alla poesia sfacciata del suo capo.
Si voltò verso di lei, inebriato dal suo odore -Piccola Aska?-
-Sì, sono io, Kaji.-
L'uomo si pulì le labbra con un lembo dell'abito del cadavere.
-Eh, è meraviglioso.-
-Ditemi, quando renderete anche me partecipe del dono oscuro?-
Kaji si alzò, prendendo una ciocca acconciata dei capelli di Aska, percependone a fibra tra le dita -Un altro anno, cara Aska. Un altro anno, quando i tuoi capelli saranno più lunghi e la morte ghiacciata potrà finalmente renderti splendidamente immortale.-
Aska sorrise -Lo avete promesso.-
-Mantengo sempre le mie promesse.- disse porgendole la mano.
Aska gli affidò la sua convinta.
-Non c'è niente di più bello Aska, niente di più bello di chi riesce a mantenere puro il suo aspetto nonostante l'orrore del suo animo. Ricordati Aska, tu diventerai leggenda.
E le leggende hanno sempre molte responsabilità sulle loro spalle.-
-Lo terrò a mente.-

+ + + + + + +

"In definitiva, questo è l'inizio della mia storia. La mia vita ricominciò con l'incontro di quell'uomo nobile che non esitò a diventare mio tutore, solo perchè quella sera a Teatro distinse l'odore del sangue di cui mi ero macchiata quella sera stessa.
Che mi considerava bella poichè bello era stato lo schiaffo che diedi a quel pover'uomo.
Fu di parola, perchè dopo un anno esatto, mi rese simile a lui.
Mi prese in una stanza d'albergo ad Instabul, su pavimenti di broccato circondati da lussuose stoffe orientali.
Mi afferrò il collo e sentii strapparmelo, con tutta la follia lussuriosa che aveva trattenuto per me in tutti quegli anni.
Aveva sempre ambito al mio sangue e la mia anima, e io non mi sono mai dimostrata contraria alla cosa, anzi, l'ho sempre invidiato con furia, perchè lo vedevo onnipotente, splendido ed estremamente crudele, così come pur'io volevo essere.
Il mio destino fu compiuto quella sera che odorava d'assenzio ed erbe pregiate, mentre lui accarezzava i miei lunghi capelli rossi.
Lui aveva sempre cercato qualcosa di bello.
E quando rinacqui tra quelle lenzuola, lontano dal suo abbraccio, nella stanza vuota, di nuovo sola, quando rinacqui giurai che sarei diventata la più bella, la più splendida, la migliore di tutte, per renderlo orgoglioso di me e non farlo pentire della scelta che fece...
...Dopotutto, io l'amavo."
   
 
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