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Autore: gleebrittanastories    27/04/2015    1 recensioni
Argentina-1979
Dal testo: "Avete presente nei film, quando il protagonista va a sbattere contro una donna bellissima che puntualmente ha seimila cose in mano che si spargono nei cinque metri circostanti? E, nel mentre raccolgono il tutto, hanno il tempo di parlare e di innamorarsi e tutto sembra così facile e bello e destinato ad essere facile e bello per sempre? Beh, per me e Santana non è stato neanche lontanamente così. Nella nostra storia d'amore non c'è stato tempo per l'amore anche se è quello che ci ha fatto andare avanti."
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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/ Periodo di magra eh, spero mi perdoniate. In ogni caso mi farò perdonare però recensite pls, sennò mi deprimo /
 

"Britt posso farti una domanda sul libro?"

"San per l'ennesima volta, voglio che tu lo legga una volta finito"

"No, non è quello" disse quasi imbarazzata "Si parla di me?"

Non saprei dire se preferisco la Santana sicura di se o quella insicura. Forse perché è impossibile scegliere tra due parti della stessa persona.

"Ovvio, si parla molto di te"

Ci eravamo svegliate in seguito a dei colpi di pistola ed eravamo rimaste abbracciate per un po' in silenzio, tranquillizzandosi l'una nelle braccia dell'altra.

Eravamo lì da alcuni giorni ormai ed era giunto il momento di spostarci, la fame iniziava a farsi sentire. Per fortuna in quel condominio fatiscente c'era una specie di bagno comune anche se abbastanza traumatizzante. Infatti, abituata ai servizi relativamente moderni dell'ospedale e dell'appartamento, non avevo potuto fare a meno di fare un'espressione disgustata davanti a quel "gabinetto" e a quel "lavandino". Anche l'acqua, per quanto indispensabile e potabile, aveva un sapore terribile.

Mi trovavo esattamente sotto la piccola finestra a scrivere, illuminata dalla luce malata di quel cielo nuvoloso. E fu proprio scrivevo, semisdraiata a pancia in giù e con Santana appoggiata sulle miei gambe, che tutto si oscurò. Alzai immediatamente lo sguardo, c'era qualcuno davanti all'abbaino. Anche San scattò per vedere chi fosse. Era Puck e stava bussando. Gli aprì la latina, aveva rimesso il lucchetto dopo che eravamo entrate. Appena lui saltò giù si abbracciarono e quasi mi commossi, vidi quanto fossero rassicurati dalla presenza reciproca. Poi si sedettero vicino a me e l'argentino mi strinse.

"Ve la cavate sempre voi due" ci disse guardandoci, fiero.

"Merito mio" dicemmo entrambe in coro per poi scoppiare a ridere.

"Ti ricordi quanto ci abbiamo messo per trovare questa via di fuga?" gli chiese, con sguardo complice.

"Ne è valsa la pena, anche se è stata utile solo una volta"

"Come tutte" ribatté lei.

In quel momento mi sentii un po' la terza incomoda. Potrebbe sembrare strano ma fu così, mi resi conto di tutto quello che legava quei due. Tutti quei anni e tutti quegli avvenimenti che avevano condiviso avevano fatto in modo che si capivano come nessun altro. E così ancora adesso.

Ma quella sensazione poco confortevole svanì non appena Santana mi guardò e io la guardai.

"Va bene, quando avete finito di fare sesso col pensiero avvisatemi" ci disse il ragazzo facendoci ridere.

Nonostante tutto Puck era sempre lo stesso.

"Partiamo appena viene buio" diventò serio.

La latina annuì grave, eravamo a rischio e saremmo stati esposti per un tratto poiché l'ospedale era dall'altra parte del centro. Forse però al buio nessuno avrebbe fatto caso a noi.

Puck sembrava davvero stanco, ci spiegò che Beth non lo faceva dormire da qualche notte così accettò quando gli proponemmo di dormire un po' finché non faceva notte. Così rimanemmo io e lei con la schiena appoggiata al muro e le gambe intrecciate.

"Andrà tutto bene" sussurrò dopo un po', non saprei dire se più a me o a se stessa.

"Certo, come sempre" le risposi convinta.

"Non rimarremo qui per un altro libro"

"Perché?"

"Voglio portarti via da qui, io sono abituata alle macerie ma tu meriti di meglio" mi fecero sorridere quelle parole. Possibile che non avesse ancora capito che se ero con lei ero felice ovunque?

"No San, il nostro posto è qui" le cinsi le spalle con il braccio strusciandomi sul suo collo "È questione di qualche anno al massimo e tutto sarà finito, poi andremmo dove vuoi"

"Vorrei girare il mondo" mi confidò.

La capii, non era mai uscita da Buenos Aires da quanto sapevo. L'unico viaggio era stato a New York con me. Mi ritrovai a pensare a quanto le nostre vite fossero state diverse fino a poco più di un anno prima. Io nella periferia di una delle città più avanzate al mondo, in quei anni di rivoluzioni in tutti i campi. La mia vita tranquilla, da tipica studentessa. Genitori amorevoli, serate con gli amici, tirocini in piccole testate giornalistiche, qualche corsetta nel tempo libero.

Poi pensai a lei. Ospedale abbandonato, a capo di un gruppo di giovani, l'attivismo in prima persona. Genitori dispersi da anni senza averne notizie, il chiudersi in se stessa, la solitudine.

Due situazioni completamente diverse che all'improvviso si erano fuse, a partire da alcuni sguardi timidi a quel legame imprescindibile.

Fui distolta dalle mie profonde divagazioni sulla persona che grazie al fato o semplicemente ad una fortunata coincidenza era seduta al mio fianco da un mormorio.

"Era la tua pancia?" le chiesi.

Appoggiata su di lei la sentii annuire. Anch'io avevo fame, erano ormai tre giorni che non toccavamo cibo. O quattro? Avevo perso un po' il conto.

 

Devo ammettere che quella notte fu abbastanza paurosa. Camminare praticamente alla cieca dietro le mie due guide, per quanto mi fidassi completamente di loro, mi mise in ansia. Uscimmo dall'attico non dalla finestra ma dalla porta e scendemmo le scale fino al piano terra, passando davanti al bagno che salutavo senza rimpianti. Uscimmo nella strada buia, l'illuminazione non era molto efficiente in quel periodo. Santana mi prese per il polso, ancora un po' dolorante a causa delle manette, e dopo avermi detto di seguirli mi trascinò via. Per alcuni tratti camminammo lentamente, circospetti, in altri punti invece corremmo a perdifiato. Non c'era nessuno in giro. Il che era positivo poiché nessuno ci avrebbe visto ma anche negativo, se avessimo incontrato qualche nostro nemico ci avrebbe notato subito. E in quel momento avevamo molti nemici, la polizia in primis.

Quando non mancava molto all'arrivo, come mi disse Santana, dovemmo cambiare strada due volte. Puck doveva aver visto qualcuno di sospetto. Cominciammo una strada in salita e finalmente capii dove fossimo, qualche minuto dopo arrivammo alle porte sul retro dell'ospedale.

Tirai un sospiro di sollievo, mi sentivo a casa. Per quanto quella non fosse casa mia. Il ragazzo aprii la porta sul terrazzo e fummo dentro. Corridoio, scale, corridoio, scale e fummo nel salone. Ormai, per quanto il mio senso d'orientamento sia pressoché assente, conoscevo quel tragitto a memoria. Solo la metà delle luci era accesa, l'atmosfera più tranquilla del solito. Dovevano essere le tre o giù di lì.

Notai solo due teste bionde e una mora in fondo al tavolo che si voltarono a guardarci. Il primo ad abbracciarmi fu Blaine, avevo quasi le lacrime agli occhi. Ero di nuovo tra loro, una specie di ritorno agli inizi. Poi fu la volta di Quinn e Sam si aggiunse. Anche i miei salvatori furono accolti calorosamente, avevano rischiato entrambi.

"È a dormire, se ne occupa Kurt" sentii dire da Quinn a Puck, parlando presumibilmente della piccola Beth.

"Non penso dormirò stanotte" decretò la latina al mio fianco. Annuii, neanch'io senza dubbio. Mi tremavano le mani da quanto ero agitata.

"Caffè per tutti?" chiese Sam ricevendo un'ondata di consenso.

"Da Santana me lo sarei aspettata, ma tu? Ricercata?" mi chiese divertita Quinn e il resto della notte lo passammo a raccontare le nostre vicende. E a ricevere aggiornamenti sulla situazione argentina.

 

"Quindi è finito" disse Blaine, con quel tono di quando riceviamo una notizia e non l'abbiamo ancora metabolizzata.

"È finito" ribattei, con lo stesso identico tono.

"Finito finito"

"Avete finito voi due?" sbottò lei.

"Finito" le fece il verso Puck, la latina senza rendersene conto aveva continuato la catena.

Scoppiammo a ridere come dei liceali. Blaine stava per continuare quando Santana gli diede uno schiaffo leggero in testa e fece lo stesso, più decisa questa volta, sulla testa di Puck.

"Ahia" si lamentarono entrambi.

"Mi farete venire un esaurimento, voi e i vostri cervellini" disse fintamente alterata per quelle battute stupide, a cui lei stessa rideva.

"Sei ingiusta, anche Brittany sta al nostro gioco" la colpì sul vivo l'argentino.

Santana non ribatté, se non con un dito medio, per poi scivolare con la testa sulle mie gambe incrociate. Faceva la dura ma le piacevano le coccole quanto a me. Le coccole con lei poi, avrei potuto non fare altro. Avevo già quasi completato una treccina con i suoi capelli nerissimi.

"Quinn e Sam?" chiese Blaine.

"Quinn sta allattando Beth, Sam non lo so" rispose Puck. Vidi che si scambiò una serie di gesti con San. Come sempre quando parlavamo tra loro non compresi ma conoscendoli capii che Puck si stesse riferendo alle tette di Quinn che per ovvi motivi si erano ingrandite. E il ragazzo non sembrava particolarmente dispiaciuto.

Scossi la testa ridacchiando, ormai le treccine erano più di cinque.

"Quando torna Tina?" domandai, era da moltissimo che non la vedevo. Mi avevano riferito che era andata in un'altra città per aiutare in alcuni interventi.

"Non si sa, speriamo presto" mi rispose Sam che era appena arrivato sul terrazzo.

Era passata circa una settimana dal nostro ritorno in ospedale, da quella notte in bianco. Il libro era terminato, avevo lavorato duramente con Blaine ed eravamo stati molto produttivi. In realtà il materiale era praticamente già pronto quando ero tornata in Argentina ma l'aggiustamento, il rendere leggibili anche le aggiunte a mano sui fogli stampati con la macchina da scrivere e tutte le varie revisioni avevano occupato molto tempo.

Ma ora era finito. Blaine si stava rigirando il manoscritto tra le mani con la sigaretta in bocca. Praticamente tutti stavamo fumando, all'epoca non si sapeva che facesse male o comunque non si era sicuri. O comunque non ci importava molto.

Eravamo ancora una volta tutti sul terrazzo, al tramonto. Il nostro momento preferito per ritrovarci lì.

Il libro era finito. Una è fatta. Ora dovevo mandarlo all'editore Beiste ed aspettare sue direttive. Avrebbe dovuto pubblicarlo quasi immediatamente, appena abbastanza stampe fossero state pronte.

Pensai di portarglielo di persona ma sarebbe stato impossibile partire con un aereo da ricercata, o comunque rischiosissimo. Non avrei potuto vedere i miei genitori per un po'.


 
  
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