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Autore: Master Chopper    27/04/2015    7 recensioni
'Conosci i motivi per cui sono convinto che la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.
Per tanto comprenderai la mia stolta richiesta di collaborare, nuovamente, a favore di questa causa che intendo portare avanti finché morte non me lo conceda:
In Giappone, precisamente nella mia città natale, Nanimori, ho lasciato da cinque anni mio figlio:
Tengoku Marco Sawada.
Confido nelle tue capacità, Reborn.
Tuo Eterno Amico, Sawada Tsunayoshi
VONGOLA X ‘
- CONCLUSA - Attualmente in corso su: ' [SoF] Saga dei Sette Peccati Capitali '
ATTUALMENTE IN REVISIONE. ATTENZIONE, ALLA FINE DELLA REVISIONE I CAPITOLI POTREBBERO ESSERE STATI MODIFICATI RISPETTO ALLA VERSIONE ORIGINALE. Capitoli revisionati: 3.
Genere: Azione, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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Ospedale di Namimori
 
Era da parecchio tempo che Kevin correva in lungo e in largo per i corridoi del grande edificio.
 
Intorno a lui, solo cadaveri e pozze di sangue . Davanti a lui, quell’odioso ragazzo dalla faccia di serpe!
 
“ Bleah! Troppo lento, presidente del comitato disciplinare! Se vuoi almeno raggiungermi dovrai impegnarti di più.” E con l’ennesimo sberleffo, il moro imboccò un’altra strada.
 
Il suo inseguitore non poteva far altro che corrergli dietro, bersagliandolo intanto di ingiurie e maledizioni a raffica.
 
“ Dannato moccioso, vuoi solo farmi perdere tempo …”

Con un salto, Kevin si aggrappò ad una lampada da muro, dandosi lo slancio necessario per guadagnare la distanza.

Subito gli fu addosso, mentre intanto pensava al metodo spietato con cui lo avrebbe pestato a sangue.
 

“Preparat-!”

La vista gli si annebbiò, mentre veniva scaraventato contro una parete, macchiando le mattonelle blu del suo vitale liquido rosso.
 
Si accorse solo dopo dei numerosi coltelli piantati nel suo petto, confrontandoli rapidamente con quelli attaccati sul dorso del giubbotto di quel ragazzo, nascosti fino ad allora.

 
“Ghihihi! Ti piace la mia sorpresa? Si chiama Hedgedog Surpise!” Disse quello, continuando la sua corsa e lasciandosi alle spalle solo le risate di scherno.
 
 
Il rosso passò diversi minuti a contemplare le proprie ferite.

Dopo un po’, si alzò sospirando rumorosamente.

 
Seppur barcollando e incespicando, si levò l’uniforme e il giubbotto del comitato disciplinare, estraendo così anche le lame.

La mente era vuota, sgombra da ogni altro pensiero.
 

Mentre sfilava la fascia da presidente, non poté fare a meno di ghignare. Un ghigno carico di autoironia.
 
Il pezzo di stoffa volò giù da una finestra, volteggiando per tutta la caduta.
 
“  Ti pesto a sangue. ” Questa era la frase con cui riprendeva gli studenti o chiunque gli desse fastidio. Bastavano quelle quattro magiche parole, dette in un sarcastico sorriso finto, per farli squagliare dalla paura.
 
Ma quella volta non voleva spaventare proprio nessuno.
 
Con dei passi lenti, si incamminò per il percorso seguito poco prima dal criminale.
 

Lo trovò nell’aula del direttore dell’ospedale, intento a sghignazzare sopra un libro.
 
Alzò lo sguardo, sorpreso di vedere quello studente ancora in piedi. Forse aveva pianificato di ucciderlo dopo.
 
“ A quanto pare sei stato ricoverato anche tu qui?”
 
Il teppista grugnì, mentre lo squadrava, per cercare di intuire la sua prossima mossa.
 
“Ah, no. Anche se il cognome è lo stesso … il nome è femminile. Curioso, non trovi?” Il sorriso costellato dai denti acuminati, fece gelare il sangue per un attimo nelle vene di Kevin.
 
“ Bel nome … Angelyca.”
 

Purtroppo fu così sfortunato da non vedere subito il pugno diretto al suo volto.
 
Il moro fu scagliato dalla parte opposta della stanza, facendo un gran fracasso, mentre si infrangeva su di un armadio.
 
“Eh, ehi. Che c’è, ho toccato un tasto dolente?” Sembrava non essersi fatto niente, anzi, ora gli occhi giallastri gli brillavano di una perfidia agghiacciante.
 
“ Chi è?! Mamma, zia, nonna, sorella?!” Da un mobile agguantò una decina di bisturi e siringhe, bersagliando all’istante il nemico.
 
Il ragazzo ebbe appena il tempo di lanciarsi oltre la porta, che quattro o cinque aghi gli graffiarono le gambe, facendolo cadere di faccia a terra.
 

“ Devo ripararmi ora che sono fuori dalla linea di tiro!” pensò, tra un gemito e l’altro mentre cercava di strisciare via. Stava perdendo molto sangue.
 
Ma non si era ricordato che il suo avversario era davvero veloce, fatto sta che gli si materializzò davanti, mentre imbracciava con entrambe le mani una flebo.

“Il mio nome in codice nella malavita è Snake. Piacere di ucciderti.” E calò l’asta sulla sua testa, mentre continuava a ridere sguaiatamente.
 
 
Ormai in quei vicoli del Bronx era calata la notte da tempo.
 
Era raro vedere qualcuno a quell’ora per strada, ancor più raro era trovare una persona per bene.
 
In quel periodo le lotte tra bande imperversavano, facendo stragi ogni notte, mietendo vittime anche tra i civili.
Solo due spensierati giovani avevano deciso di sfidare la paura, cullandosi solo dell’affetto reciproco che provavano.
 
Uno di loro era un ragazzo alto, dai capelli rossi portati solo su una metà della testa, mentre dall’altra fluivano in un ciuffo.
 
L’espressione era nervosa, mentre fumava una delle sue solite sigarette, scrutandosi intorno. Vestiva la più alta moda grundge dell’America di quel tempo.
 
L’altra invece, si poteva dire rispecchiasse l’esatto opposto del ragazzo. Era una fanciulla esile, ma dall’aria matura. I lunghi capelli boccolosi ricadevano sulle spalle come una cascata di miele su una felpa azzurra, così come i pantaloncini.
 
Correva per le strade, piroettando allegramente, mentre cantava una canzone appena ascoltata durante il corso di hip-hop.
 
“Ehy Kevin, perché non andiamo al parco, che ne dici?” Interrupe la danza solo per voltarsi verso il suo accompagnatore.
 
Di risposta, lui deglutì, colto a bruciapelo dalla domanda.
 
Lentamente si tolse il berretto blu a macchie nere, dandogli qualche colpetto per fargli riottenere una forma più decente.
 
“ E’ pericolo a quest’ora, Angie. Possiamo tornarci domani con Cookie e Brick, al massimo.”
Aveva risposto così per non  farle abbassare la guardia, soprattutto con i tempi che correvano. I due individui citati erano suoi sgherri fidatissimi, in amicizia ormai dai tempi delle elementari.
 
“ Tsk, tutto fiato sprecato con te. Pensavo che mi avresti fatto fare una passeggiata al chiaro di luna come milioni di altri ragazzi normali …” La bionda mise subito il broncio, scalciando una lattina.


Il rosso si sentì un attimo in colpa per la cosa che aveva appena sentito. Avrebbe voluto dire che era uno tra i più ricercati capobanda del ghetto. Avrebbe detto volentieri che erano giorni che non poteva uscire di casa senza incorrere in una sparatoria causata da qualche deficiente che attentava alla sua vita. Ma … semplicemente, Angelyca era troppo piccola. Probabilmente con la sua intelligenza avrebbe saputo la verità da sé tra un anno massimo.
 
“ Bhe … io-” Ma uno stridere di gomme sull’asfalto interruppe il dialogo sul nascere.
 
Subito due furgoncini color oliva sbarrarono la strada da entrambi gli sbocchi.

Da tutte e otto le porte uscirono una quindicina di ragazzi e ragazze, tutti intorno ai diciotto anni.
Dagli abiti potevano sembrare e trasandati e sciatti, ma erano comunque decorati con collane e anelli in oro e argento. Alcuni imbracciavano mazze e armi di fortuna, altri vere e proprie pistole.
 
“ We are, ‘Red Fist’ Kevin! ” Si fece avanti un teppista dal cranio quasi del tutto coperto da un grosso cappello di lana, che oscurava persino l’occhio destro.
 
“ Finally ti abbiamo trovato senza quei fastidiosi cani che ti porti dietro. Chi è invece quella little girl?” domandò languido, facendo brillare l’iride rossa nella penombra.
 
“ Fuck you, Patrick. Non ti immischiare in affari  troppo grandi per te. Nemmeno i tuoi bambocci tutti insieme possono batterci.” Kevin allargò le braccia, come per sbarrare la strada a Patrick. Dentro di lui si avvertiva una punta di nervosismo.
Solitamente quando era in gruppo con i suoi sgherri non si faceva mai spaventare dalla banda di Patrick.
 
Il ragazzotto, adirato dalla risposta, sbuffò una gran quantità di fumo dalle narici. Poi si girò, alzando una mano verso il cielo.
 
“Kill him! Now!” il suo accento americano risuonò nel vicolo, venendo subito sommerso dal frastuono di decine di pezzi di ferro in movimento.
C’era chi affilava coltelli o caricava le pistole. Qualcuno sbatteva la propria arma per terra, provocando quasi un inno tribale che fece bollire il sangue dei presenti.
 

 
 
Snake aveva appena concluso il colpo che, dopo un istante di glaciale silenzio, si sentì spingere a terra.
 
Non fece in tempo a reggersi in piedi che un pugno partito dal basso lo catapultò diversi metri addietro.
 

Kevin si era alzato, massaggiandosi nel mentre la testa insanguinata. Era sporco di sangue da cima a piedi, mentre fissava in avanti con occhi fiammeggianti.

“Bene Snake … Fatto male?”
 
Il moro in questione era rientrato in una bacheca di vetro, incrinando il metallo per l’urto. Il capo era rivolto all’indietro, con gli occhi bianchi per lo shock.


“ Come ha fatto a colpirmi così forte?” Pensò, mentre con un gemito aprì la porta finestra.
 
Lanciandogli un ultimo sguardo spaventato, scappò sul balcone.
 
Il rosso, con un ghigno soddisfatto, si lanciò all’inseguimento.
 

Quando arrivò sulla vasta balconata, vide delle persone muoversi velocemente da una parte all’altra del cortile inferiore della scuola Namimori.

 
Sembravano studenti in fuga, ma quando notò un muro dell’edificio spaccarsi, intuì che si trattava di un duello.
 
Fortunatamente, non era così concentrato su quell’evento, da non percepire il movimento alle sue spalle.
 

Si abbassò in tempo, rotolando di lato, per evitare un oggetto di forma cilindrica di piccole dimensioni, che altrimenti lo avrebbe colpito al petto.
 
Quando questo cadde a terra, si rivelò essere una siringa piena di un vischioso liquido nero dai riflessi rossastri.
 

Snake era a diversi metri da lui, ringhiando per non aver centrato il bersaglio.
 
“Mannaggia a te: saresti morto senza soffrire se ti avessi preso con quella!”
 
E battendo i piedi numerose volte a terra, entrò in un’altra ala dell’edificio, sempre frastornato per la botta di poco prima.
 

Il teppista, si rialzò, accusando una fitta al torace che gli bruciò per qualche secondo.
 
 

“Se perdo troppo tempo, quella biscia riprende a scorrazzare in un attimo.”

Grugnì con una punta di ironia. Dopo aver scrutato per l’ultima volta il cortile della scuola, decise di riprendere l’inseguimento.
 

Varcò la soglia e … rimase immobile, sbiadendo di colpo.
 
 

Davanti a lui c’era un letto di ospedale, in una semplice camera.
 
Sopra vi era addormentata una piccola ragazzina dai mossi capelli biondo miele. Il viso bianco era rilassato, mentre respirava lentamente.
 
La coperta bluastra le copriva mezzo corpo, lasciando intravedere la flebo collegata al suo esile braccio.
 

Solamente questo spettacolo lasciò di stucco il ragazzo, perciò quando vide Snake, chino su di lei mentre le puntava un pugnale alla gola, per poco non svenne.
 
“Allora avevo azzeccato!” Trillò il moro, leccando avidamente la fredda lama “ Quindi è questa Angelyca Celeste, del clan ‘Red Fist’ del Bronx?”
 
“ Lei non c’entra niente con la nostra sfida! ” Ringhiò il Red Fist, scoprendo i denti.
 
“Oh, ma certo che no. Infatti se tu farai il bravo, lei non accuserà nessun danno.” Sogghignò il ragazzo, contorcendo la bocca in un sorriso di gioia ed eccitazione.

“Ora tu ti metterai in ginocchio, senza fare scherzi . Altrimenti …!” E solo per dimostrazione, con un impercettibile fendente divise in due una boccetta di vetro, senza farla esplodere.

 
Davanti a quella manifestazione di abilità con i coltelli, Kevin deglutì. Per la prima volta in vita sua era spaventato. O forse era la seconda volta?
 
Lentamente si inginocchiò, fissando debolmente il candido viso di lei.
 
Un lord della malavita come lui non era mai stato abituato alla resa, ma fu subito istintivo chinare il capo, nonostante le vene pulsanti per la rabbia.
 
“Ma guarda tu che bravo cucciolo!” Il killer approfittò della sottomissione dell’avversario per riempirlo di calci sul collo e sulla schiena.

Quando il pestaggio finì, la suola delle sue scarpe era rossa di sangue.
 

“Sai …” gli si avvicinò alle orecchie, parlando come si farebbe ad un bambino piccolo. “Ho letto il fascicolo del caso di tua sorella. Vuoi fare tanto l’eroe ma alla fine è per colpa tua che è in coma da due anni.”
 
 
 
“Fratello!” Angelyca urlava, sommersa dalle lacrime, mentre osservava una persona a lei tanto cara, soffrire.
 
“Angie, sei sorda?! Ho detto vattene via!!” si sgolò il teppista, mentre cercava in tutti i modi di difendersi da quella orda.
 
Gli innumerevoli anni di difesa personale lo avevano preparato a situazioni simili, ma quella si poteva descrivere come una resistenza ad un massacro.
 
Urlava, graffiava e colpiva quelli più a tiro, ma per ogni colpo inflitto, gliene venivano restituiti il triplo.
 
La ragazzina, con gli occhi rossi di pianto, si diede alla fuga, mentre nel suo petto il cuore scoppiava di dolore.
 
Fu proprio mentre sbucava fuori dal vicolo, che una macchina passò, troppo velocemente per notarla.
 
Portandola in un sonno buio e senza sogni.
 

 

“Bwahahah! Che storia di merda! Puoi pure esser riuscito ad ammazzare il ‘Green Lord Patrick’ del Bronx, ma alla fine tua sorella ha fatto proprio una fine pessima. Sembra una barzelletta. Ahahaha!” Rideva Snake, continuando a percuoterlo come si farebbe ad un sacco di carne senza valore.
 

Kevin ringhiò, per sopportare il dolore, reagendo con un verso disumano, quasi animale.
 
Quel suono bestiale fece rizzare tutti i capelli al killer, che premurosamente si allontanò senza dire niente.
 

“C-cosa fai … ti ribelli?!” Lo intimò, avvicinando sempre di più il pugnale alla gola scoperta ed indifesa della ragazzina.
 
“Guarda che non sono un principiante! Ho ammazzato almeno una centinaia di persone su commissione!” Come un animale che rizza il pelo per apparire più grande, lui scoprì i denti acuminati, sibilando.

 
Lanciò un ultimo sguardo alla sua futura vittima, ma rimase bloccato dallo stupore.
 

Il coltello volò diversi metri addietro, roteando fuori dalla finestra posta sul corridoio.
 
Due grandi occhi rosso scuro si spalancarono all’unisono con il suono del vento che entrava dal’esterno.
 
Angelyca aveva una mano alzata, con la quale probabilmente aveva disarmato il suo assalitore, che la ora fissava a bocca spalancata.
 

Snake incespicò all’indietro, cadendo di schiena a terra.  Stava tremando, mentre freddo sudore gli inondava la faccia. Gli occhi da rettile erano sbiaditi, così come il colorito della sua pelle.
 
Kevin era in piedi davanti a lui, con maglia e pantaloni macchiati di sangue, che ancora grondava dalle sue ferite. Gli occhi neri sembravano volerlo incenerire all’istante, così come le mani che scrocchiava lentamente con fare inquietante.
 

“Angelyca, chiudi gli occhi. Non aprirli fino a quando non saremo fuori.” Disse con tono di voce freddo, da cui comunque traspirava la sua rabbia.
 
La ragazza, con un debole sorriso, si rannicchiò sotto le coperte, chiudendo i graziosi occhi.
 
“D’accordo fratellone …” E così facendo, si riaddormentò.
 
"This is gonna hurt ..." 


Qualche minuto dopo sentì delle forti braccia sorreggerla, mentre veniva portata via.
 
Aprì leggermente un solo occhio, riconoscendo il fratello.
 
Era completamente bagnato dal sangue, ad eccezione della testa.
 
Anche lui la notò e, con un leggero segno della testa la invitò a riaddormentarsi.
 



|||
 

Quindici minuti prima della vittoria di Kevin
 

Tengoku era moribondo .
 
Su quegli scalini crepati il suo corpo giaceva immobile.
 

Quando provava a muoversi, un forte dolore muscolare spezzava ogni singolo movimento. Con un gemito piegò la testa in avanti, per rendersi conto della situazione intorno a lui.
 

Quel gigante che poco prima lo aveva ridotto così con un sol colpo, ora stava sfidando Azura, Giorgia ed Akane.
 
Il biondo aveva legato una spessa catena ad una sfera metallica della palestra, mulinandola in aria per tenere a bada l’avversario anche dalla distanza.
 

Giorgia ed Akane provavano un’offensiva, ma ogni colpo veniva deviato o schivato dalla enorme mole di lui.
 

“ E’ inutile continuare a resistere.” Grugnì l’uomo, prima di saltare in aria con grande agilità.
 
Capovolse l’arma, puntandola verso il terreno e afferrandola a due mani come se fosse una lancia.
 
“Preparatevi!” Urlò l’assassina, mettendosi in salvo dalla grossa onda d’urto che mandò in pezzi buona parte dell’asfalto circostante.

 
L’italiana finì gambe all’aria, ma comunque salva dall’attacco.
 
“ Ora!” Drake sfruttò la finestra d’apertura del nemico per attaccarlo con il suo mazzafrusto improvvisato.
 

La palla centrò in pieno viso il criminale, con l’effetto di farlo indietreggiare di qualche centimetro, lasciandogli solo un livido sul naso.
 
“Troppo leggera!” Imprecò mentalmente il ragazzo, affrettandosi a ritirare il peso.
 

Il gigante, sbuffando fumo dalle narici, rinfoderò il manganello gigante. Estrasse le manette d’acciaio di poco prima, ammanettandosi un solo polso.
 
“Cosa sta facendo?” Domandò nervosa Akane, aiutando Giorgia rimettersi in piedi.
 
“ In questo mondo vige solo la legge del più forte!”

L’uomo roteò il braccio diverse volte, per poi muoverlo come se stesse afferrando qualcosa da lontano.
 
La catena si allungò improvvisamente di diversi metri, cogliendo tutti alla sprovvista.
 
Il lazo imprigionò tutti e tre gli studenti, sollevandoli in aria.
 

Dopo diverse rotazioni aeree, vennero sbattuti con violenza al suolo, crepando lo spazio del cortile.

 
“RagazziiI!!” Gemette Tengoku, con le lacrime agli occhi per la disperazione.
 

Si portò una mano alla faccia per coprire le lacrime, mentre si malediva per non essere riuscito a salvarli.
 
Lui che era il loro amico. Lui che doveva essere un boss.
 
“Ma quale Boss dei Vongola e Boss dei Vongola?!”
 
I bei momenti passati in allegria, con i suoi primissimi migliori amici e compagni di avventure, gli passarono davanti in un istante.
 
“Io … i-io…” Provò a dire tra i singhiozzi.
“…Sono…”
 

“… Un buono a nulla ” Lo anticipò una voce scherzosa.
 
“Un imbranato, uno scansafatiche, un fifone…” continuò.
 
Dal fumo e dalla polvere fuoriuscì una figura alta, che sorreggeva sulle spalle i suoi tre amici, svenuti e con solo qualche graffio.
 

“Sei tutto questo … e forse anche altro. Ma non ti azzardare mai a dire che sei un debole. Soprattutto in presenza dei tuoi cari … Undicesimo Vongola.”
 
Il ragazzo misterioso gli si avvicinò lentamente, riponendo i soccorsi al suo fianco.
 

Il ragazzino poté finalmente guardarlo meglio e … lo riconobbe: ero lo stesso ragazzo incontrato in fumetteria qualche mese fa!
 
I suoi rossi capelli stavolta erano più corti e selvaggi, mentre gli occhi etero cromatici guizzavano nella luce con vivacità. Indossava una camicia bianca portata sul petto nudo, insieme ad un paio di jeans larghi e delle scarpe in tela rossa.

“Grazie … m-ma tu…?”
 
“ Ciaoss, Simon!” Reborn spuntò alle sue spalle, facendo spaventare a morte il bruno.
 
Sulle spalle portava appoggiato un fucile a rotaie di piccole dimensioni, il che gli conferiva un aspetto inquietante.
 
“Salve, Reborn ” Il rosso contraccambiò il saluto italiano “ A quanto pare il tuo allievo non ha molta autostima.” Lo punzecchiò scherzosamente lui.
 

“Ci mancherebbe! Se lo vessi scoperto a piangersi addosso gli avrei fatto fare la stessa fine di quella ragazza mercenaria.” Sorrise enigmaticamente il bambino.
 
Il ragazzo si trattenne dal rimanere a parlare, causa di un colpo di manganello dall’alto che prontamente schivò.
 

“ Sembri forte. Finalmente qualcuno al mio livello.” Ghignò l’uomo, togliendosi il cappello per rivelare una ispida chioma nera e viola, lunga fino al bacino.
 

“ Parliamo la stessa lingua, ex-ammiraglio Bulldozer.” Gli rispose Simon, togliendosi dai pantaloni qualche strato di polvere.

“Sei riuscito a dire contemporaneamente una cosa vera e una falsa.”
 
Bulldozer caricò il colpo della sua arma con entrambe le mani, portandosela oltre la testa.
 
“Sono forte ma …” Un leggero vento si propagò dal corpo del ragazzo, sollevando qualche nuvola di terra.
 

Con un movimento quasi impercettibile mosse la mano verso la propria schiena e … un attimo dopo era sparito, lasciando posto solo al cratere creato dall’urto del manganello.
 

L’ex-ammiraglio vide la sua stessa arma, insieme ad alberi e parte dell’edificio dietro di lui dividersi in due parti, per poi disintegrarsi.
 
Solo il suo corpo era rimasto intatto.
 
“ Io sono ad un livello di potenza completamente differente.”
Fu tutto quello che sentì, prima che una forte pressione lo fece crollare a terra, con i nervi a pezzi.
 
 


|||



 
Pochi metri più in la, in una grande piazza al centro del parco, centinaia di altri evasi venivano sbaragliati da un numero non definibile di ragazzi, pressappoco liceali.
 
Akira, presidentessa del Consiglio Studentesco, si muoveva leggiadramente tra la folla, spezzando chiunque volesse colpirla con il suo affilato stocco del club di scherma.

Con poche mosse riusciva a ferire gravemente un individuo, se non addirittura renderlo incapace di muoversi per i gravi tagli.
 

Dopo aver fermato l’ennesimo assalitore, la raggiunse un ragazzo, di quelli che stavano combattendo insieme a lei.
 

“Ehi, splendore! Lo sai che sembri la copia mora di Lady Oscar.”
 

Il tipo poteva avere la sua età, presentava dei selvaggi capelli corvini e dei profondi occhi marroni. La pelle era chiara, il fisico abbronzato e le si parava davanti con un sorriso smagliante.
 
La ragazza avrebbe tranquillamente voluto dirgli di allontanarsi prima di farsi male sul serio, ma in mezzo a quell’orda era impossibile scrivere da qualche parte.
 

“Yuro, come puoi pensare a rimorchiare in un momento del genere?” Lo richiamò una voce fredda
 
Un altro ragazzo si fece strada, devastando un paio di evasi con rapidissimi calci.
 
“ Buuuh, Aris-kun. Sei così brutto quando fai lo scontroso.” Il moro si finse arrabbiato, mentre osservava il compagno di squadra con una punta di malizia.
 

Nonostante fosse di poco più piccolo di lui, quasi lo superava in altezza. Il fisico era allenato e i lisci capelli neri danzavano sul suo viso chiaro durante la battaglia. Inoltre, i grandi occhi color ametista erano davvero incantevoli.
 
“Taci! Combattere contro queste mezze seghe mi da un fastidio incredibile.”
 
Disse, prima di estrarre un arco da fanteria da un fodero sulla cintura.
 

Incoccò la freccia presa dal suo zaino e sparò contro una macchina presa di mira dagli avversari.
 
Il veicolo esplose in un turbine di fiamme scoppiettanti, come se a colpirla fosse stato un fuoco d’artificio.
 
“ Che ti avevo detto?” Fece Aris rivolto a Yuro, facendo spallucce.
 
Il moro più grande di risposta gli sorrise, con uno sguardo di celata ammirazione.
 

 
“ Effettivamente il Boss poteva assegnarci un incarico più difficile, anziché tenere a bada questi ex-galeotti da strapazzo!”
 
Sbruffò una ragazza, esasperata.

Subito affiancò i due, dimostrandosi loro compagna.
 
L’altezza di certo non tradiva la giovane età, ma l’aspetto fisico era certamente maturo e simbolo di una bellezza esotica.
I lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle, mentre un ciuffo viola chiaro copriva uno dei due splendidi occhi color smeraldo.
 
La carnagione era leggermente scura, mentre il fisico atletico.

“ Capita, Raylai …” le fece l’occhiolino il moro più alto.
 

Akira dopo aver visto i tre insieme notò subito una cosa:  vestivano più o meno tutti la stessa divisa, fatta eccezione per Raylai che come supplemento portava una lunga sciarpa color crema. La tenuta era completamente nera, con qualche striscia aggiuntiva sui legamenti color rosso fuoco.
 
“ Fatemi chiamare il capo … qui credo che abbiamo finito.” Sospirò la ragazza, visivamente provata per i numerosi combattimenti affrontati.
 
 
 
|||
 



“ Come … rimane solo un ultimo gruppo verso l’area industriale abbandonata? Grazie mille, ho capito. Ben fatto!” Simon attaccò la ricetrasmittente, riponendola nella tasca dei pantaloni.
 

Era troppo impegnato, così come Reborn al suo fianco, ad osservare un evento più unico che raro.
 


Dieci minuti prima.

 
La ragazzina strisciava lentamente per il cortile posteriore dell’edificio, ferita gravemente in diversi punti al torace.
 
Il suo nome era Nat, l’ultima dei killer d’elite evasi dalla Russia.
 
“Maledizione … quel piccolo bambino era un mostro! N-non può essere umano.” Grugnì, avvicinandosi alla sua torretta a dieci canne montata in mezzo allo spiazzo.
 
Aveva deciso di usarla solo per le emergenze … proprio come quella che stava affrontando.
 
Con un gemito si issò sul sedile della mitragliatrice, puntando verso il tetto della scuola.
 

Con un ultimo respiro forzato, si accasciò sul grilletto, azionando la macchina che iniziò a sparare violentemente.
 
 
 


Tengoku, finalmente in piedi, vide l’intero terrazzo dell’ala ovest esplodere in migliaia di mattonelle.
 

Il silos superiore, grande una decina di metri, traballò pericolosamente, per poi cadere a velocità innata verso di loro.
 
I suoi compagni erano ancora privi di senso, quindi era ormai impossibile cercare di trarli in salvo.
 
Si girò rapidamente, per urlare al suo Tutor di aiutarlo ma … per un istante vide solo il buio più totale.
 

Quando riaprì gli occhi non aveva più paura. Il suo coraggio era puro come la fiamma che ardeva minacciosamente sul suo capo, coprendo il particolare ciuffo albino.
 

Il guanto nero, si illuminò di una luce azzurra, ricoprendo metà del suo corpo.
 
Quando il chiarore si fu diradato, un lungo tessuto lucido aveva coperto interamente il suo braccio destro, fino alla scapola. Sembrava tutt’uno con la pelle, di fatti non si notava nessun segno di attaccatura o cerniere varie.

 
Il ragazzo alzò l’arto verso la meteora, spalancando il palmo.
 

Poco prima che il tubo si scontrasse contro la sua mano, dalla spalla fuoriuscì un immenso getto di calore, che si diradò fino alla punta delle dita.
 
Subito, fiamme arancioni opache investirono il silos, invertendone la traiettoria per dirigerlo verso nord.
 

La fiamma sulla fronte di Tengoku si disperse immediatamente e così, il ragazzo cadde a terra svenuto.
 

“ Qui ci vuole il tuo zampino, Simon” fece segno all’amico, il piccolo Reborn.
 
“ Forse si, mio caro amico.” Il rosso con un sorriso furbo, estrasse dal fodero una lunga nodachi splendente, evidentemente la stessa di poco prima.
 
Alzò il dito indice, portandolo parallelamente al filo della lama.
 
Con un sibilo metallico, la cisterna fiammeggiante, ancora in volo, si scompose in diversi pezzi di ugual misura, che iniziarono a vorticare verso un’altra direzione.
 

“ Ecco fatto, verso la zona industriale. Nessun ferito tra i civili e tutti i criminali schiacciati.” Rise Simon, lanciando un’occhiata misteriosa al sicario.
 

Questo, fissò il corpo inerme di Tengoku per l’ultima volta, per poi rivolgere la testa verso il cielo.
 

“Esci immediatamente da dietro quell’albero, oppure riempio di piombo ogni globulo del tuo sangue!”
 
Da dietro una quercia nei paraggi, uscì un ragazzino, ancora tremante e con le lacrime agli occhi.
 
“Tu dovresti essere Luchas Aryame, l’artefice di questo disastro.” Domandò Reborn, con tono particolarmente annoiato.
 
“ S-si signore.” Luchas cadde in ginocchio, senza più nessuna capacita di muoversi.
 
“ Sai cosa dovrebbe spettarti dopo questo?”
 
"..." Non rispose, ma l'attesa che seguì gli fece venir voglia di uccidersi all'istante. Senza rimorsi, senza pensieri.
 
Ancora.
 
Reborn e Simon lo guardavano solamente, con sguardo freddo, senza far trasparire nessuna emozione.
 
Il suono del vento che solleva gli steli d'erba rimasti, riempiva l'aria di un silenzio a dir poco rumoroso.
 
Il ragazzo sentiva dentro di sé che la vera tortura era proprio quell'attesa, ma non poté far altro che subire, quasi sperando una voce che lo accusasse dei suoi peccati.
 
" Io … lo so ..." La voce gli si ruppe in gola, ma per quanto il bruciore fosse forte ... ormai aveva aperto bocca e doveva continuare a parlare, pur di non ricadere in quel silenzio accusatorio.
 
" Lo so che sono morti a decine per questa mia azione..."
 
" Direi a centinaia, contando i carcerieri della loro prigione natale." lo corresse Simon, senza nessuna reale punta di ironia.
  
" M-ma ... quando ho visto uno come Tenbaka ... uno come ME, risollevarsi dall'anonimato ... io sapevo dentro il mio cuore che solo un miracolo avrebbe salvato me per lui!"
 
Luchas sbatté i pugni per terra, bagnando il suolo con le sue molteplici lacrime calde.
 
" La mafia è il male ... Raxas ha perso la famiglia per colpa di una strage, ma io benché fossi più fortunato... i-io sapevo che l'unico motivo per cui Tengoku aveva acquistato più fama di me, era perché succederà ad un boss mafioso."
 
Alzò lo sguardo e, sebbene conoscesse il rischio che correva, guardò con odia il ragazzo in questione, ancora in terra.
 
"Capito?! Tu sei popolare solo perché sei erede di questi Vongola! Se non lo fossi stato, saresti rimasto un nessuno!" Urlò sgolandosi.
 
Seguì una pausa, in cui si mise le mani al viso per fermare il pianto.
 
"... Proprio come io lo sono sempre stato ..."
 
 
"Wow,sono questi i sociopatici killer delle nuove generazioni? Visto di peggio ..." Rispose Simon, sbuffando con aria particolarmente disinteressata.
 
"Sai ..." il piccolo sicario in nero si avvicinò allo studente, arrivandogli vicinissimo al volto.
 
"... Tengoku ha qualcosa che a te manca, che non riesci a vedere. Non è la Mafia, ne il rispetto perché diventerà l'Undicesimo.”


Il bambino sorrise, con quel suo fare beffardo e misterioso. Ogni sua parola sembrava nasconderne altre mille dietro.

“ Quando riuscirai a vedere questa cosa che a te manca … lo raggiungerai.” Con un gesto della mano, portando l’indice e il pollice a formare una ‘L’, per poi far girare il poso in senso antiorario, si congedò.
 

Il rosso rimase basito, sicuramente se non fosse già in ginocchio sarebbe ricaduto al suolo.
 
“M-ma …?!”
 
“ Verrai preso in custodia dalla corte di giustizia dei Vongola. Non ti verrà fatto del male, ma sconterai le tue colpe in severi allenamenti per cinque anni. ” Simon lo sollevò dalla collottola con una sola mano, rimettendolo in piedi.

“ E’ l’unica cosa che si può fare. In altri casi, ti avrebbero condannato alla prigionia o peggio ...” Sorrise  il ragazzo, continuando però a mantenere quello sguardo fermo.
 
“ Va bene …” annuì Luchas, preparandosi a quello che avrebbe dovuto affrontare da lì in avanti.
 
 
 

 
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Aeroporto di Namimori.
 
Un alto uomo adulto in giacca e cravatta stava fermo a quello sportello da diverso tempo.
 
Il volto era molto bello, seppur incorniciato da lisci capelli molto lunghi di color nero.
 
Gli occhi verde chiaro avevano squadrato una bellissima hostess e non intendevano lasciarla andare.
 
“ Bellissima signorina, sicura che non vuole concedermi un’uscita galante?” Chiese, sporgendosi sul bancone, facendo risaltare la camicia color smeraldo.
 
“Lo ripeto, sta facendo perdere un sacco di tempo! Se non se ne va, chiamo la sicurezza.” Rispose lei, sempre più ostinata.
 
“Oh, potrei scoppiare in lacrime, quindi la prego non lo faccia!” Si scusò lui, agitando le mani davanti a sé. Poi iniziò a frugare nella sua valigia, tirando subito fuori una fotografia.

“V-vede: sono sposato! Stavo solo scherzando!” Riprese ad urlare, quando due grossi uomini lo portarono via trascinandolo verso l’uscita.

“ Oi,oi… il Fratello si arrabbierà se farò tardi. Con lui si è sempre troppo seri.” Sbuffò nervoso.
 
 
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Fermata della metropolitana.
 
“ Signor Bagnato! Si calmi, non c’è bisogno di arrabbiarsi così tanto! E’ solo un bambino!”
 
Il capo treno stava trattenendo con tutte le forze un uomo alto e muscoloso.
 
Questo stava urlando come un matto, dimenandosi per mettere le mani al collo sulla persona davanti a se.
 
“Non è Bagnato! E’ Hayato!! E comunque non è per il bambino, è per l’idiota del padre che non capisce chi ha ragione.”
 
Gridò, indicando un bambino probabilmente sui sei anni. Poco prima gli era andato addosso, rovesciandogli il gelato a tre piani sui mocassini.
Il motivo per cui urlava era perché il genitore lo aveva sgridato per aver fatto rovesciare il gelato del figlioletto.
 
“Non sopporto i genitori incompetenti come te! Se tardo deluderò il Decimo!!”
 
 
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“Ehy! Palla!”
 
Un gruppo di ragazzini avevano formato una squadra di baseball in riva al fiume, iniziando a giocare sin dal mattino.

Ora uno, probabilmente il capitano, richiedeva ad un uomo in lontananza di ripassargli la palla persa.
 
“Oh, si subito.” Rispose allegramente il moro, dalla pelle olivastra.
 
Si fermò qualche istante a riosservare il globo che per tanti anni aveva accompagnato la sua vita.
 
Improvvisamente, abbandonò la nostalgia, lasciando negli occhi un luccichio minaccioso.
Alla velocità della luce, mosse il polso destro in avanti, dopo aver mulinato con braccia e gambe.
 
“Oh, scusate! Mi sa che adesso è andata ancora più fuori campo. Però ho un impegno, quindi perdonatemi se scappo via. Ciao!” Salutò lui, riprendendo la tranquilla camminata.
 
Per anni tra quei ragazzi, si narrerà la leggenda dello sconosciuto che abbatté due pali della luce con una palla da baseball andata fuori campo.
 
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Stadio di Namimori
 
“FORZAAAAA!!” L’urlo risuonò per tutto lo stadio, spaventando file e file di spettatori.
 
L’alto uomo albino dall’aspetto intimidatorio stava ormai gridando dall’inizio del torneo di boxe, tanto che sugli spalti vicino a lui non c’era seduto nessuno.
 
“ VIA! DESTRO, JAB, MONTANTE! ORAAAAAH!”

“Signore, la pregherei di mettersi seduto.” Sussurrò un’addetta alla sicurezza, avvicinandosi a lui.
 
“Che cosa ha detto, non ho sentito?!” Le chiese lui, sorridendo come se niente fosse successo. Non sentendo nessun’altra risposta, riprese a urlare ancora più forte, tanto che persino gli atleti abbandonarono il ring tappandosi le orecchie.
 
“Che belle queste sfide! Spero proprio che anche il moccioso di Sawada sia così ESTREEEEMO!!”
 

 
 
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La guardia al casello di blocco stava oziando all’ombra, rigirandosi pigramente tra le dita una torcia elettrica.
 
Proprio allora si fermò davanti alla sbarra una splendida Ferrari blu notte, spaventandolo con l rombo dei suoi motori fiammeggianti.
 
Lui fece gesto al guidatore di abbassare il finestrino, mentre di se non si poteva negare che moriva di invidia.
 
Dentro la vettura c’era un uomo di bell’aspetto al volante ed un incantevole donna, con il viso coperto da una leggero fular nero.
Sul sedile di dietro sedeva un terzo, oscurato dal finestrino, ma dalla forma si poteva ipotizzare fosse un bambino.

“Prego, documenti.” Chiese la guardia, un po’ balbettante per tutto il lusso che gli si parava davanti.
 
“Oh, ma certo … Kfuhuhu. Come ti chiami, giovanotto?” Rispose un’agghiacciante voce dall’interno, probabilmente proveniente da lui.
 
Il poliziotto vide solo dei lucenti capelli color viola e … un grande occhio rosso, che emanava luce come un faro in piena notte.
 
“ F-Franz …” balbettò, senza più alcuna capacità cognitiva.
 
“Bhe, F-franz … grazie per averci aperto il passaggio.” Ridacchiò il viola, dandogli un delicato buffetto sulle guance.

Come per magia, la sbarra si alzò, facendo passare il bolide che scomparve in una nuvola di fumo.
 



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“Pieta! La prego, pietà!” Gridava il ragazzo, ormai rimasto solo. I suoi amici lo avevano preceduto, finendo in un bagno di sangue in una manciata di secondi.
 
“Siamo solo degli scippatori! Lo facciamo per sopravvivere!”
 
“Non è il gesto che ha portato a questo …” ringhiò l’artefice della carneficina, uscendo dall’ombra.
 
Tra le sue mani brillavano due tonfa metallici ancora sporchi.
 
“… Ma è l’averlo  fatto in branco. Sarò costretto …” la camicia viola, risaltava sugli occhi e sulla cravatta neri.
 
“ Ad azzannarvi alla gola! ”
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore :
 
Welcome back! Come va? Spero tutto bene, d’altronde è tanto che non mi faccio sentire.
 
Ringrazio chi ha già individuato la mia seconda fic su questo fandom (solo due persone, anzi tre T.T), ma oramai sentivo che DOVEVO aggiornare prima questa J
Forse è un po’ troppo corto ( 26 pagine ora che controllo O.O!) ma vi assicuro che ho dato il meglio di me.
 
Avviso importante: Domattina partirò per una gita scolastica a Roma che terminerà giovedì sera.
Vorrei davvero dirvi che avrò tempo per rispondere alle vostre recensioni, ma finirei per mentire spudoratamente.
Ah, quando tornerò correggerò anche questo capitolo ,state tranquilli. In effetti a quest’ora, oltre ad una veloce rilettura non posso proprio fare altro.
 
A giovedì (anche se per tutta questa sera potrò restare online)!
 
SCHEDA MISTERIOSA E’: STATA GIÀ PRESA
   
 
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