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Autore: Promisen    28/04/2015    2 recensioni
"Non gli avrebbe mai potuto raccontare di come la nazione di Dimian aveva dichiarato guerra a quella di Arrotern, la loro terra natale, e che entrambe le nazioni pretendevano la scomparsa totale delle razze impure come: Elfi scuri, mezzelfi, mezzorchi, umani neri, nani sbarbati e qualsiasi altra variazione razziale che non fosse quella conforme a tutti gli standard morali di forza e purezza umana e non.
L'unico modo di salvarsi per gli Impuri, così venivano chiamati, era quello di unirsi alle armate di terra del Nord Gerinder, fronte di guerra di importanza minima dove le battaglie combattute avevano importanza minima così come minima era l'importanza degli esiti.
In pratica l'unico modo di sfuggire alla morte, per gli Impuri, era quello di andare a morire a Nord Gerinder. Non a caso venne presto paragonato ad un enorme cimitero dimenticato da tutto e tutti."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due fratelli rimasero a letto a chiacchierare ancora un po'. In realtà quello che parlava era Akai. Raccontava di tutto e di più al suo fratellone, che mai si annoiava ad ascoltare quei discorsi pur se da bambini. Il viso di Akai era talmente concentrato e serio mentre raccontava di come aveva vinto alla sfida del “chi ha l'unghia dell'alluce più grosso”, che Gerwyn non poteva fare a meno di ridacchiarsela ogni tanto.
“Ecco perché ultimamente bucavi sempre tutti quei calzini, piccola peste,” lo ammonì Gerwyn con faccia improvvisamente seria.
“e poi ho anche vin-aahem..ecco..i-io,” balbettò imbarazzato Akai, ricevendo subito dopo l'ennesima scompigliata di capelli dalla manona del fratello. Quest'ultimo sorrise con sincera felicità e venne ricambiato da Akai, che si allarmò per una frazione di secondo.
“Martha ci sta chiamando,” disse Gerwyn poggiando piano la mano sul letto “ora di alzarsi.”

Martha era un'umana. Non condivideva lo stesso colore di pelle di Gerwyn e di Akai, ma condivideva lo stesso colore di capelli, avendo raggiunto ormai un'età avanzata.
Si era sempre presa cura di quei due, sin dalla notte in cui il piccolo elfo scuro di nome Gerwyn si era presentato alla sua porta, con un altro piccolo elfo oscuro in fasce e ancora senza nome, stretto tra le braccia. Gerwyn non ricordava nulla di quella notte, né del suo passato, e ancora oggi non ha la benché minima idea di chi fosse prima di entrare in quella casa. Ma Martha sì, lei ancora conservava i ricordi e le prove delle loro identità: Un pugnale fatto di un metallo interamente rosso che Gerwyn portava con sé quella famosa notte. Quel tipo di metallo era risaputo essere prodotto dalla gilda Akyrien, una gilda di assassini, e usato solo dai loro membri. Il rosso era diventato il loro simbolo ormai e quel nome incuteva timore a tutto il continente di Ardisia. Eppure, a quei tempi, della gilda Akyrien non si sentiva già più parlare da tempo. L'ultima notizia al riguardo fu che il re di Arrotern, Varkyr, aveva imposto una taglia considerevole sulla testa di ogni singolo membro.
Eppure Martha si ritrovò a casa due piccoli elfi oscuri che portavano con sé un pugnale rosso. Non fu spaventata, ma impietosita dalla loro situazione. Tra l'altro ormai la gilda Akyrien era estinta e per questo Martha non ebbe problemi ad ospitare gli elfi scuri e crescerli come se fossero suoi figli. Avrebbe nascosto loro la verità, non avevano bisogno di scoprire quel lato della loro vita, perché presumibilmente gli avrebbe provocato solo pensieri e dolori inutili, aveva sempre pensato così, fino a quel giorno.

“Eccoci Martha,” disse Gerwyn scendendo le scale, seguito dal piccolo Akai.
“Finalmente! Ci avete messo un'eternità a scendere,” disse la donna,“volete che rimetta il latte a scaldare?”
“Scusaci il ritardo, stavo raccontando a Gerwyn della storia dell'unghia dell'alluce!”
“Alluce?”
“Lascia stare,” disse Gerwyn, sedendosi a tavola e sorridendo,”sarebbe capace di raccontarla a chiunque.”
Quest'affermazione fece imbronciare Akai, nonostante non se la fosse realmente presa, e fece ridere di cuore Martha.
“Voi due non cambierete mai,” disse la donna, poggiando sul tavolo un piatto colmo di deliziosi biscotti fatti in casa.
“Wah! Sembrano deliziosi!” urlò Akai e si lanciò a mangiarli, senza porsi neanche il pensiero di apparire decente.
Martha guardava Gerwyn con sguardo preoccupato, e quest'ultimo se ne accorse. L'elfo oscuro chiuse gli occhi e annuì. Aveva già capito da quell'espressione che Martha aveva bisogno di parlargli.

Consumarono la loro colazione come ogni giorno. Akai uscì fuori a giocare come ogni giorno, e come ogni giorno il sole batteva sui tetti e sulle strade con prepotenza, illuso che questo potesse turbare i tranquilli cittadini di Grondern.
Gerwyn e Martha si trovavano nella stanza da letto della donna. Lei seduta sulla poltrona e lui sul letto, con lo sguardo distratto verso la finestra.
“Oggi è il grande giorno,” ripeté tristemente il ragazzo, abbassando poi lo sguardo e permettendosi finalmente di liberare tutta la tristezza che aveva trattenuto con Akai. Qualche lacrima calda gli rigò le guance, ma il ragazzo non si scompose, doveva essere forte.
Martha strinse le mani sulle proprie gambe, tenendo stretta tra le dita la stoffa della lunga gonna verde.
Parlò lentamente:“Vorrei che tu mi ascoltassi senza interrompermi, perché quel che ho da dirti è difficile. Gerwyn e speravo di non dovertelo mai dire. Ma non trovo giusto e anzi, trovo pericoloso che tu ora debba andartene senza sapere questa verità.” La donna si alzò lentamente e si avvicinò al guardaroba, aprendolo e scavando nei vecchi abiti del vecchio marito, defunto prima che arrivassero i due elfi.
“Ti ricordi quella notte in cui tu arrivasti qui a casa mia, con Akai tra le braccia e le lacrime agli occhi? Vi ho accuditi e cresciuti come se foste stati miei figli. Ma vi ho mentito...”
Le orecchie di Gerwyn si drizzarono leggermente a quella parola, iniziò a guardarla con stupore, sentendosi il petto stringere in una morsa ansiosa.
La donna tirò fuori un pugnale dentro ad una fodera, e nell'animo di Gerwyn balenarono le idee più folli e una grossa paura. Non sapendo ancora cosa significasse quel “tradimento”.
Martha non osò estrarre il pugnale. Non perché aveva intuito la paura di Gerwyn, ma perché se lo avesse fatto si sarebbe sentita in qualche modo colpevole di un crimine che neanche lei riusciva a comprendere.
“Avevi con te questo pugnale quel giorno,” disse posandolo dolcemente e con lentezza nelle mani dell'elfo.
“Il suo acciaio è rosso,” continuò la donna, mentre l'elfo estraeva curiosamente l'arma.
“Le uniche armi di colore rosso sono state usate da una gilda di assassini estinta da tempo, Akyrien,” concluse la donna.
Inizialmente schiuse di nuovo le labbra, come per voler dire altro, ma soffocò subito la frase e restò in silenzio.
Quel silenzio venne interrotto prima di diventare troppo spiacevole.
“Ti ringrazio di aver sopportato questo peso per me, Martha,” disse Gerwyn, abbracciandola improvvisamente e restando in silenzio. “Ora non dovrai più preoccuparti per noi, te lo prometto.”
“Stupido,” rispose la donna, con già la voce smorzata da un pianto silenzioso. “Io sono vostra madre, non smetterò mai di stare in pensiero.”

Dopo quell'abbraccio i due si sedettero sul letto, uno di fianco all'altro, e parlarono dei ricordi più vaghi. Consapevoli che quella sarebbe stata molto probabilmente l'ultima volta che si sarebbero visti.
Ogni uccello prima o poi doveva lasciare il nido. Loro lo stavano facendo, ed era questo pensiero che provava continuamente a consolare Martha. Anche se era difficile non pensare a tutte le conseguenze che questa guerra avrebbe portato.

   
 
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