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Autore: Sam_Dorian Gray    29/12/2008    2 recensioni
Edward e Alphonse Elric sono imprigionati nel mondo dall’altra parte del portale ormai da due anni quando le loro ricerche li portano all’unico vero Alchimista di quel mondo: Nicolas Flamel. Con il suo aiuto ritorneranno ad Amestris dove una pace duratura sarà destinata a non rimanere tale. Storia che racconta di un futuro dopo il loro ritorno ad Amestris,e della guerra che spezzerà la pace ottenuta con tanta fatica. Perchè pace e guerra sono un circolo vizioso,una segue l'altra, poichè l'uomo non può fare a meno di lottare.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Nuovo personaggio, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Preludio: Casa

Il ragazzo si fermò innanzi alla casa Parigina osservandola con curiosità. Di certo si aspettava qualcosa di meglio per uno dei più celebri alchimisti di quel mondo, oltre che celebre, probabilmente unico. La luce del lampione illuminava la facciata rivolta alla piazzetta di quella palazzina a due piani.
Buona parte della vernice era crollata sul marciapiede,le finestre erano sbarrate con travi di legno, la porta pareva lì lì per cadere dai cardini. Si chiese come accidenti facesse una persona tanto importante a vivere in una topaia simile.
-Ehi!- chiamò senza voltarsi. Una voce maschile giovanile gli rispose.
-Sicuro che siamo al posto giusto?- continuò lui fissando scettico l’edificio.
Un secondo ragazzo ammantato gli si affiancò -Direi di sì- prese un pezzo di carta da una tasca e lesse ciò che riportava, vergato di fretta. Poi alzò lo sguardo e guardò prima il numero civico poi il cartello riportante il nome della via, posto all’inizio della strada,non troppo lontano.
-Sì- concluse rimettendo il pezzettino di carta in tasca -È l’indirizzo giusto-
L’altro ragazzo, il più basso dei due, fece una smorfia disgustata e avanzò verso l’uscio. Afferrò il batacchio e batté due volte. Attese qualche minuto. Dalla casa provennero alcuni rumori, ma nessuno si prodigò di aprire la porta. Il giovane riafferrò il batacchio d’ottone e batté una terza e una quarta volta,con più forza.
-Ricordati che è un vecchio di quasi seicento anni che sopravvive grazie a una pietra..- si raccomandò il più alto con preoccupazione nella voce.
L’altro parve non averlo udito ed afferrò l’oggetto un ennesima volta e continuò a battere insistentemente. Finalmente  la porta si aprì, e dietro ad essa fece capolino la sagoma di un vecchio in semi oscurità.
-Che volete?- Gracchiò quello osservandolo con i suoi luminosi occhi da furetto.
Il ragazzo che aveva bussato si tolse il cappuccio, mostrando una lunga coda che arrivava a metà schiena, apparentemente fatta di filamenti dorati. Sopra agli occhi d’ambra posavano un paio di occhiali rettangolari. Sorrise sardonico al vecchio. -Ci fa entrare o pensa di farci rimanere qua?-
L’uomo lo fissò accigliato,mentre il ragazzo più alto si avvicinava e sfilava il cappuccio, mostrando un bel viso ornato da un sorriso affabile, occhi speculari a quelli dell’altro ragazzo, di una sfumatura più scura, come anche i capelli di un oro più opaco, raccolti in un codino lungo sino alle spalle.
Il vecchio indugiò sulla soglia qualche attimo ancora, stupito da quella visione, poi parve riscuotersi e aperse la porta lasciando passare la coppia, prelevando i loro cappotti e appendendoli su di un appendiabiti d’ebano posto affianco all’entrata. Li condusse lungo un corridoio dalle pareti in legno e dal pavimento in parquet, sino a farli accomodare in un salotto degli stessi materiali, avente un tappeto persiano a terra, poltrone e un sofà di velluto verde acido, dalla bellezza discutibile quanto lo era la mobilia malandata, dall’apparenza vecchia e disusa .
I due indugiarono un istante, poi decisero di sedersi nelle due poltrone, l’uno affianco all’altro, mentre l’uomo prese posto innanzi a loro, nel divanetto. Egli accese infine una pipetta e li scrutò da testa a piedi. -Mai mi sarei aspettato- mormorò quasi più a sé stesso -Di ricevere visite tanto importanti- seguitò ad esaminarli nella stessa maniera utilizzata da un compratore durante la fiera di primavera sulla merce esposta.
Il ragazzo dalla chioma più chiara si mosse tra i bracciali,apparentemente imbarazzato dall’ epiteto “importante”. Lanciò uno sguardo all’altro ragazzo. -Dunque già sa chi siamo- disse riportando gli occhi all’uomo.
-Mi pare ovvio che io lo sappia, come è palese che voi sappiate chi siete venuti a trovare- replicò conciliante. Sbuffò due nuvolette di fumo dalla bocca, poi proseguì il discorso -E cosa desidererebbero due così importanti personaggi da un povero vecchio quale io sono?-
Il più alto lanciò uno sguardo all’altro, che però non staccò gli occhi dall’interlocutore. -Siete o no, Nicolas Flamel, il più grande alchimista di questo mondo?- domandò questi sporgendosi in avanti verso il vecchio.
L’uomo non rispose per qualche istante -Aggiungerei l’unico- precisò infine -Tutti quelli che si definiscono tali non sono che dei chimici con delle idee un po’ strambe-
Il ragazzo sorrise - Ma gli alchimisti non sono sostanzialmente dei chimici con delle idee un po’ strambe?- ribatté ghignando.
Negli occhi di Flamel balenò uno scintillio dalla natura non ben identificata. Pareva soddisfatto e compiaciuto dalla replica acuta del giovane. Sorrise di rimando -Si potrebbe definire così in effetti. Sai,da quel poco che so,e dall’impressione che mi hai fatto ora, credo che tu saresti un ottimo alchimista..-
Questa volta il ragazzo scoppiò sonoramente a ridere di gusto, e persino sul volto dell’altro comparve un sorrisetto divertito.
-Oh, se lei sapesse probabilmente tacerebbe e si prostrerebbe a me, appena mettessi piede in casa sua- e continuò a ridere divertito.
Il vecchio alchimista inarcò un sopracciglio, scettico. -E perché dovrei farlo?-
Questa volta gli sguardi dei due giovani si incrociarono. Pareva ci fosse una sorta di discussione recondita in quegli sguardi d’oro, come se guardandosi comprendessero l’uno i pensieri dell’altro.
-Beh- continuò il ragazzo -Questo per ora non possiamo rivelarvelo- concluse infine con una nota di malinconia malcelata nella voce. -Basti sapere che lo farebbe-
Lo scetticismo nell’espressione del vecchio non scomparve, ma non perseverò sull’argomento,voltando pagina senza frapporre altre domande.
-Ebbene,che volete da me?-
A sorpresa fu l’altro ragazzo a parlare questa volta. Aveva una voce più infantile rispetto a quella del più basso,meno matura,ancora persa nei rami dell’adolescenza.
-Siamo venuti a chiederle un aiuto- disse estraendo un grosso quaderno spesso, zeppo di fogli, da una tasca interna del panciotto bordeaux. Flamel si chiese come aveva fatto a tenerlo nascosto per tutto quel tempo. Glielo passò quasi con timore, guardando la copertina con preoccupazione.
Esso era consunto, macchiato, la sovraccoperta squarciata in diversi punti, e doveva esser stato di un blu notte,mentre ora aveva perso parte del colore, diventando di un grigio scuro striato di blu.
Lo aprì, e ciò che vi trovò gli spezzò il fiato. Dovette tenersi al divano per non venir meno. I fogli erano vergati con una calligrafia minuta ed un’altra disordinata. Portavano scritte diverse formule alchemiche di varia natura, molte delle quali, ammise tra sé e sé, non conosceva. Sfogliò il tesoro, avido di sapere, risucchiando dalla carta più informazioni possibili, finché non gli venne tolto di mano, a nemmeno un quarto dell’opera.
La sua testa scattò all’insù, per capire chi fosse il responsabile di un simile affronto. Si ritrovò a guardare il sorrisetto ghignante di superiorità del ragazzo più basso.
-Mi dispiace privarla del piacere della lettura- disse sarcastico, con tono fintamente contrito -Ma il suo apprendere avverrà solo se accetterà, e guardi che la controlleremo, il nostro patto.-
L’uomo lo guardò sospettoso, e si mise all’ascolto, rimanendo sull’attenti. Se la richiesta sarebbe risultata ragionevole, avrebbe accettato, altrimenti non se ne sarebbe fatto nulla, e avrebbe sequestrato loro il diario anche con la forza se necessario.
-Cosa dovrei fare?- sibilò a denti stretti, trattenendosi a stento dall’urlare.
L’altro continuò a sorridere, innervosendolo ancor più. Senza nemmeno guardare quel che faceva, estrasse un foglio dal fondo del quaderno, come sapesse precisamente dove esso si trovasse, e lo porse all’uomo, che lo prese e lo avvicinò al volto per poterlo leggere.
Fuori il buio e il freddo avanzavano, appannando i vetri della casa e della macchina azzurrognola dei due ospiti, parcheggiata al lato opposto della piazzetta. Flamel fu costretto ad accendere un lume per poter leggere senza avvicinare la carta a pochi millimetri dagli occhi.
Fece scorrere velocemente lo sguardo, mormorando a fior di labbra ciò che leggeva, quasi fossi una litania religiosa. Quando terminò era allo stesso tempo stupefatto e confuso. Il testo parlava di un passaggio per un altro mondo, e sulla parte posteriore v’era disegnato un cerchio formato da rune, simboli e linee per la gran parte sconosciute a lui. Perplesso consegnò il foglio nella mano tesa del ragazzo, che lo ripose nel quaderno in fretta.
-E dunque?- domandò.
Il ragazzo assunse un’aria seria contraria a quella beffarda che aveva sbandierato sino a quel momento. -Vogliamo ci aiuti a creare il passaggio- lo informò senza troppi giri di parole, cosa che piacque al vecchio. Non gli era simpatico colui che non partiva diretto sulle sue decisioni.
Nonostante questo, si vide costretto ad ammettere ad alta voce -Ma io non sono granché pratico di queste cose-
Fu la volta dell’altro di alzare il sopracciglio -Non è un alchimista?-
-Certo,ma mi curo specialmente di pozioni e alambicchi, poco me ne intendo di rune e cerchi simili a quello che mi avete mostrato-
Il ragazzo lo guardò scettico, poi sorrise di nuovo. -Stia tranquillo ce la può fare, ha letto cosa serve?- chiese accomodandosi di più nel cuscini, e accavallando le gambe mettendosi in una posizione da aria di superiorità.
L’altro deglutì. -Sì..-
-Eh…-
-E che pretendete?Che vi ceda la mia?- Urlò esasperato l’uomo,balzando in piedi allarmato. Aveva iniziato a sudare freddo. Quella storia non gli piaceva affatto.
Il ragazzo sorrise,compiaciuto dalla sua reazione. -Si sieda, non c’è bisogno d’allarmarsi- lo invitò con un cenno dalla mano.
Flamel si sedette, guardando truce quel giovane impertinente.
-Innanzitutto non mi pare d’aver mai detto di desiderare la sua pietra nello specifico- Puntualizzò sfilandosi gli occhiali con stizza. Pareva non sopportasse quello strumento, e che fosse una costrizione per lui indossarli. -O sbaglio?-
Tranquillizzandosi, il vecchio annuì.
-L’ho detto?-
-No… non l’ha detto… mi perdoni l’equivoco- s’affrettò a spiegare l’alchimista arrossendo ferocemente d’imbarazzo.
-Dunque, è stato stupido spaventarsi a quel modo- capitolò il ragazzo, infilandosi gli occhiali nel nodo della cravatta, facendovi passare una bacchetta argentata. -Seconda cosa, mi par di capire che lei abbia trovato il modo di crearla utilizzando i suoi “alambicchi”- continuò osservandolo come incitando a correggerlo nel caso si confondesse.
L’altro non poté far nulla se non annuire.
-Perfetto, le chiedo dunque di costruirla di nuovo, replicare la grande impresa. Naturalmente col nostro aiuto- concluse infine sospirando.
Flamel rimase pietrificato. Ricordava bene come aveva creato quella pietra, e non ne andava particolarmente fiero.
-Posso declinare l’offerta?- domandò garbatamente,allargandosi il colletto della camicia con un dito. Aveva ripreso a sudare.
Un’occhiata di ghiaccio lo trafisse con il suo gelo sprezzante. -Non credo- rispose il biondo. -Le ricordo che, con il grado da noi acquisito dopo una serie di avvenimenti fruttuosi al governo francese, tra cui il recupero e la distruzione della bomba ad uranio, sottratta ai tedeschi prima che qualcuno venisse a conoscenza della formula oltre a noi due soli, ci permetterebbe di ordinarle in modo vincolante a donarci il suo aiuto. Ma, non glielo ordiniamo, e per di più le offriamo uno scambio “culturale”. Ma l’avverto, se ci costringerà a farlo noi usufruiremo della nostra egemonia, la obbligheremo ad aiutarci,o,nel peggiore dei casi, la uccideremo e ruberemo la sua pietra,tanto è sufficiente ai nostri scopi. Comunque vada l’avremo vinta noi.
Detto ciò, le ridomando: vuole aiutarci?-
Attimi di tensione attraversarono come pure scariche elettriche l’aria circostante. Flamel si guardò attorno come un cane braccato, muovendosi agitato, con scatti tesi e impauriti. Ci doveva essere una soluzione, una scappatoia. Esaminò la situazione da tutte le angolazioni. Non poteva scappare, l’avrebbero trovato in meno di un giorno. Tutti lo conoscevano, e tutti amavano i due giovani per le loro imprese, specialmente per quella citata dal ragazzo, e nessuno con un po’ di cervello l’avrebbe ospitato, e gli altri senza cervello non l’avrebbero ospitato per orgoglio. Uccidersi era inutile. L’avrebbero avuta comunque. Imprecò in un sibilo impercettibile, e si schiarì la voce, riacquistando un po’ di dignità nel portamento e nell’espressione.
-Come volete, creerò una seconda Pietra Filosofale- accettò. Era l’unico modo per avere un po’ di vantaggio per sé.
I due ragazzi sospirarono rallegrati dalla notizia. -Le siamo infinitamente grati- lo ringraziò il giovane che l’aveva convinto,abbozzando una riverenza, emulato subito dall’altro. Per un attimo Flamel pensò che lavorare per quei due non era tanto sbagliato. Suo malgrado sorrise,mentre gli ospiti si alzavano e si dirigevano alla porta. Il più basso inforcò gli occhiali.
-Mi servirà un gran numero di corpi morti da poco- aggiunse infine mentre erano sulla soglia.
Per un attimo parvero interdetti, poi il ragazzo dai capelli più chiari parlò.
-Dopodomani al penitenziario si svolgeranno duecentoventi esecuzioni. Pensa che se noi due tornassimo domani con il necessario, riuscirebbe a preparare tutto in un giorno per poi creare il giorno successivo la pietra in un solo pomeriggio con i corpi dei condannati?-
L’alchimista si sentì mancare, ma nonostante questo annuì. In fin dei conti era in gioco ormai, e quella era una sfida per le sue capacità.
Il ragazzo stava per aprire l’uscio quando al vecchio soggiunse una cosa.
-È vero che io so chi siete- disse guardandoli con diplomazia -Ma a parte questo è bene presentarsi,specialmente se si ha l’intenzione di collaborare in un progetto-
Il ragazzo parve accigliato, poi sfoggiò il suo solito sorrisetto sardonico.
-Io sono Edward Elric, e lui è mio fratello, Alphonse Elric-
E con questo uscirono chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Nicolas Flamel sconcertato.
                                                                ***

Edward abbassò la cornetta del telefono, chiudendo la chiamata con un sospiro annoiato. Raggiunse il fratello in cucina, e si abbandonò su una delle sedie, sbadigliando sonoramente mentre si grattava la testa. Aveva sciolto la coda ed ora la filigrana dorata gli ricadeva in onde sulle spalle, in tinta con gli occhi.
Dall’altro lato del tavolo Alphonse gli passò una scodella colma di zuppa di cipolle e un bicchiere d’acqua. -Allora?- domandò immergendo il cucchiaio nella sua porzione.
Il maggiore dei due bevve un sorso della pietanza e sorrise divertito -Al, se glielo chiedessimo ci concederebbero anche cinquecento di quei diavoli- rispose.
Il fratello non parve felice della notizia, anzi, la sua faccia mostrava piena contrariazione -Chissà se ce la faremo- mormorò in un soffio.
Edward smise di mangiare, sfiorando l’altro con uno sguardo compassionevole, che cambiò immediatamente per uno di sicurezza. -Sta tranquillo con la Pietra ce la faremo..-
-Se funziona-
Il maggiore tacque, non trovando argomentazioni logiche -Vedrai che funzionerà- ribatté soltanto, mormorando a sua volta. Nascose la sua insicurezza sotto una maschera di determinazione, che in realtà era da tempo vacillante.
Finirono la cena in silenzio, senza aggiungere altre frivolezze inutili ad una discussione caduta già in basso prima di essere svolta.
Edward si alzò dal tavolo stiracchiandosi davanti al fratello che portava i piatti nel lavandino, e li lasciava lì senza curarsene.
-Conviene andarsene a letto- disse dirigendosi verso il corridoio -Domani avremo un sacco di roba da fare-
Alphonse annuì poco convinto. Nella sua testa ancora rodeva il dubbio del fallimento. Non aveva nessuna voglia di rimanere deluda un ennesima volta dalle aspettative. Certo,avevano calcolato tutto nei minimi dettagli, ed erano realmente pochi i fattori che facevano pensare al fallimento, ma nonostante questo aveva avuto talmente tanti fiaschi da spingerlo a non esser più sicuro.
Nascose l’incertezza sotto un sorriso di posa rivolto al fratello, per non farlo impensierire. Andava sempre in paranoia quando si rendeva conto che non era felice. Si angustiava troppo e inutilmente. Ma nonostante questo Alphonse apprezzata l’affetto che lo spingeva a preoccuparsi per lui.
Affetto che, mettendo in azione il suo istinto,aveva spinto Edward a comprendere il timore del fratello. Tacque però. Sapeva che comunque sia non avrebbe potuto dire nulla di intelligente per confortarlo. Probabilmente si sarebbe messo a sproloquiare inutilmente, balbettando parole insensate e superflue. Mai stato bravo nel consolare le persone. Una cosa però non riuscì a tacerla.
-Al?-chiamò appena prima che il fratello si fosse chiuso la porta della camera alle spalle.
La testa del ragazzo fece capolino da dietro la porta, guardandolo perplesso.
-Goditi il cielo di questa notte finché puoi, perché tra due giorni vedremo quello di Amestris- disse con un sorriso divertito stampato in viso.
L’altro rise -Poetico-
Edward arrossì leggermente. -Certo, notte eh…-
-Notte Ed- e così si chiuse la porta alle spalle, lasciando il ragazzo a fissare l’uscio chiuso. Solo,insieme agli stessi dubbi  che assillavano il fratello.
                                                             ***
La mattina dopo il sole era offuscato da nubi basse e gravide di pioggia che promettevano un acquazzone durante il pomeriggio. Misero le poche cose che possedevano in un bauletto,pagarono il proprietario dell’appartamento la cifra stabilita e salirono in macchina portandosi dietro una seconda borsa.
Non ci volle molto per raggiungere la casa del vecchio alchimista. Questa volta l’uomo rispose subito, facendoli entrare con un sorriso mesto in volto. Mise i loro cappotti nello stesso posto del giorno prima e li condusse in una cantina insieme alle valige che si erano portati dietro.
Lì si fermò, e si voltò a guardare i due negli occhi. -Sto per portarvi in un posto che pensavo non avrei mai mostrato a nessun altro- disse -Promettetevi che non lo direte ad anima viva-
Edward sfoggiò il suo solito sorriso sardonico -Stiamo per andarcene, a chi vuoi che lo diciamo?-
L’altro scrollò le spalle e si voltò verso una delle pareti. Estrasse dalla cintura in pelle legata in vita un mazzo di chiavi vecchi e arrugginite. Cercò per qualche istante tra i tintinnii di ferro contro ferro, fino ad afferrare la più malandata di tutte. Tastando il muro trovò infine una apertura che prima i due fratelli non avevano notato, ben nascosta com’era. L’uomo vi infilò la chiave, che fece girare tre volte, ed infine aperse una porta scorrevole ed entrò nella stanza che gli si presentava innanzi.
I ragazzi si guardarono, poi, incerti,lo seguirono dentro.
La stanza aveva delle finestrelle talmente in alto da essere attaccate al soffitto, simili in tutto e per tutto a quelle delle prigioni in grandezza, chiuse da una parte in vetro oscurato. Puzzava di stantio, ed era zeppa di scaffali e tavoli sormontati da provette,ampolle,alambicchi e ogni sorta di strumenti che un chimico invidierebbe, alcuni talmente vecchi da appartenere a secoli passati.
Il laboratorio era illuminato da luci di colore rossiccio che rendevano più lugubre lo spazio più di quanto già non fosse da solo.
Edward posò a terra le borse, guardandosi intorno incuriosito. Dunque era così che si creava l’alchimia in quel mondo?
Fu una giornata piena. Seguirono diligentemente tutto quello che veniva ordinato loro. Flamel era meticoloso su ogni cosa, non ammetteva errori e, fra le altre cose, si ritrovarono a collaborare con un secondo ragazzo, incappucciato,con il viso nascosto da una maschera di pelle.
-È un povero diavolo sfregiato in viso dai nazisti. Un ebreo insomma. Lo tengo con me perché mi è utile a sbrigare faccende che, con la mia età,non posso più fare da solo- Aveva spiegato loro il vecchio quando gli avevano chiesto chi fosse.
-E come si chiama?- aveva incalzato Edward guardando il ragazzo con la coda dell’occhio mentre metteva certi vetrini in uno scaffale e frugava in cerca di materiale.
L’uomo sbuffò -Ah, non lo so. È muto. Lo trovai dopo che lo ebbero malmenato in un vicolo malfamato di Berlino quando bazzicavo là per un’intervista con un tizio uscito di senno. Non lo vuole scrivere, e praticamente non si esprime mai. Io lo chiamo Name-
Edward aveva fatto commenti sarcastici sulla fantasia poco sviluppata dall’uomo e le domande si erano concluse in quel modo. Ben presto si erano resi conto che il ragazzo era d’aiuto,che svolgeva compiti che avrebbero fatto loro perder tempo come pulire l’attrezzatura, sterilizzarla,cercare certi oggetti, rimetterne a posto altri che non servivano più. Mansioni di poca importanza ma che facilitavano il compito a loro tre.
Fu così che tirarono fino a sera. Allo scoccare della mezzanotte esatta Edward finì di disegnare l’ultima runa del Cerchio Alchemico e si sollevò in piedi barcollando. Vedeva doppio e si sentiva debole,ma nonostante questo trovò la forza di sorridere per la riuscita dell’operazione.
-È fatta- disse -Ora manca solo l’ultimo pezzo del puzzle e io ed Al potremo tornarcene a casa- Un fremito d’eccitazione lo attraversò ripensando alla sua patria e alle persone che vi aveva lasciato.
Aveva lasciato Amestris all‘età di sedici anni. Aveva passato due anni in compagnia della copia di suo fratello in questo mondo, ed era tornato per poche ore dall’altra parte, ed inseguito si era ritrovato di nuovo qui, in compagnia, questa volta, del suo vero fratello, e per altri due anni vi aveva vissuto, cercando disperatamente una via per ritornare da dov‘era venuto. Ora aveva vent’anni, e poteva dire di aver lasciato la sua patria per quattro lunghi anni. Certo i primi due senza Alphonse erano stati terribili, ma nonostante fosse ora con il fratello, non era ancora del tutto felice. Dovevano andarsene da quel posto, e il più presto possibile, o, ne era certo, sarebbero impazziti entrambi.
Sospirò. Non era ancora giunto il momento di esultare, solo adesso arrivava la parte difficile, e doveva affrontarla con tutto il coraggio e la determinazione che possedeva, per lui e per suo fratello doveva essere forte ed infondere speranza a sé stesso e ad Alphonse, nascondendo per un po’ le sue insicurezze.
Si voltò verso gli altri -Beh, direi che è ora di una bella nottata di sonno. Le esecuzioni sono svolte sempre molto presto e non faranno un eccezione per noi- disse poggiando il moncone del gessetto che aveva utilizzato sul tavolo.
-A che ora sono?- domandò Flamel.
-Lei non si preoccupi, andremo io e Al da quelli-
-Invece mi serve saperlo per poter preparare il necessario in tempo- ribatté il vecchio.
Edward lo guardò accigliato. -Beh, alle otto e mezza-
Flamel annuì e li condusse alla loro camera. -Io e Name dormiremo in salotto, non dovete preoccuparvi- disse sorridendo davanti alle proteste dei ragazzi. -Staremo bene- e se ne andò lasciandoli soli in camera.
Il maggiore pretese di dormire sul pavimento, senza nemmeno ascoltare le obiezioni del fratellino, che dovette suo malgrado prendere il posto nel letto.
L’indomani mattina si alzarono alle sette. Trovarono Name seduto su una sedia in sala a leggere un tomo dall’aria antica, e Flamel che li invitava ad entrare in cucina e a sedersi al tavolo per consumare la colazione.
-Lui non mangia?- domandò Alphonse accennando al ragazzo senza nome.
-Oh no, non gli piace mangiare così presto- borbottò l’alchimista.
A quel punto Alphonse ricordò che anche il giorno prima non aveva visto Name mangiare, ma non espresse i suoi pensieri. Avrebbe consultato il fratello quando sarebbero stati soli, e si concentrò sulla propria colazione.
Purtroppo però il cibo rischiò di risalire quando assistette alle morti dei condannati. Fu costretto ad allontanarsi dal piazzale dove venivano svolte, seguito dal fratello che pareva non provare nulla di fronte a quello spettacolo, ma nonostante si fosse allontanato il rumore degli spari arrivava alle sue orecchie ogni volta che i grilletti venivano premuti, insieme ai lamenti dei cari delle vittime.
-Vittime?- chiese con una nota di disgusto nella voce Edward quando lo udì usare quel termine per definire i prigionieri oramai uccisi -Non sono vittime Al. Le vittime sono quelli che hanno subito i loro crimini sulla loro pelle-
Alphonse lo guardò sinceramente stupito dalla sua reazione -Sì ma non è anche questo un modo ad  atteggiarsi da Dio?Non è forse lui che decide chi deve morire e chi no?-
L’altro non rispose e la conversazione finì lì.
Per trasportare i corpi dovettero usare un camion prestato loro da Flamel per l’occasione. Non avevano avuto tempo di domandare dove l’avesse preso, e sapevano che forse era anche meglio non domandarlo. La risposta, probabilmente non gli sarebbe piaciuta.
Come non piacque ad Alphonse quella che gli diede suo fratello quando gli espose le sue costatazioni.
-Boh, magari non l’hai visto tu mangiare e in realtà si è fatto fuori la riserva intera della Francia mentre noi lavoravamo. Io non ci ho fatto caso sinceramente- disse senza prestare troppa cura a quello che gli era stato riferito.
-Ma Edward mi sembra abbastanza strano..-
Edward gli aveva sorriso -Su Al, alla fine che importa realmente?Conta solo che ci lascino fare quello che ci serve senza problemi e che ci diano una mano- capitolò.
L’altro annuì e tacque.
Ci impiegarono più tempo ad arrivare alla casa di quanto ne avevano usato per arriva prima al piazzale dell’esecuzione. Quando furono in casa trovarono Name praticamente nella stessa posizione di quando l’avevano lasciato, e Flamel seduto in una poltrona intento a leggere il giornale del mattino.
Alzò gli occhi quando entrarono. -Mi è venuto un dubbio- esordì fissandoli entrambi. -Se siete tedeschi,o perlomeno avete vissuto maggior parte del tempo lì. Come avete fatto ad imparare il francese così bene?-
Edward inarcò un sopracciglio -Libri e abitudine-.
Flamel annuì.
Trasportarono i corpi in grossi sacchi di tela fin sotto nel laboratorio. Quando l’operazione fu terminata Flamel li cacciò fuori dalla stanza. -Ora, se volete scusarmi, devo lavorare solo. Ci vorrebbe meno tempo con corpi giovani come quelli dei bambini, e ne necessiteremmo anche meno, dunque dovrete aspettare un po’- e chiuse la porta in faccia ai due fratelli,rimanendo nella stanza solo con l’aiutante silenzioso.
Ci vollero ore per terminare l’opera. I due fratelli aspettavano in sala nervosi. Edward camminava avanti e indietro, al rimaneva fermo a fissare il fratello. Ogni tanto compariva Name. Tentavano di farsi scrivere qualcosa, come procedeva la creazione, ma lui non li degnava di uno sguardo, andava in cucina prendeva dell’acqua o del cibo, o a volte bicchieri di vetro, ma mai rispondeva alle loro domande. Così iniziarono ad abituarsi al suo andirivieni, alzando appena lo sguardo quando arrivava, ma facendo finta di nulla.
Passò mezzogiorno.
Name arrivò per prendere il pranzo al vecchio. Al contrario i due non si preoccuparono di mangiare, ma continuarono l’estenuante attesa.
Quando anche le tre suonarono Edward,che si era finalmente seduto alle due, stanco di camminare inutilmente, si alzò in piedi irritato. -Accidenti noi ci avremmo messo due minuti!- esclamò irritato.
E riprese a camminare agitato.
Quando le cinque furono suonate da venti minuti, Name salì da loro, ma questa volta non si diresse alla cucina, ma bensì andò dai due fratelli e fece cenno con la mano di seguirlo. I due si lanciarono uno sguardo d’intesa.
Scesero al piano di sotto, e andarono al laboratorio. Lì Flamel sedeva su di uno sgabello, appoggiato alla parete, bevendo da un bicchiere di vino rosso. Terminò l’ultima goccia e poi si voltò verso i due fratelli, sorridendo.
-Sapete- disse ghignando -Non ho mai sgobbato tanto- Con un gesto teatrale estrasse un oggetto dalla tasca.
Era una pietra, grande quando il palmo della mano di un neonato, rossa come il sangue, rilucente come una fiamma.
Alphonse rimase immobile, sconcertato, a fissare quell’oggetto che da così tanto cercavano, e che in un tempo che sembrava dimenticato era stato dentro di lui, quando ancora aveva le sembianze di un armatura. O così almeno gli avevano raccontato, perché nulla ricordava di quel periodo.
Edward invece si affrettò verso l’uomo. Tese la mano ed era ad un soffio dalla pietra quando l’uomo gliela tolse dalla sua portata, lasciando le sue dita ad acciuffare l’aria.
-Ehi ma che diavolo..-
-Ahah, caro il mio Edward- fece Flamel alzandosi in piedi -Prima il pagamento-
Il ragazzo lo guardò accigliato, poi , a denti stretti acconsentì -Perfetto. Al, il quaderno-
Alphonse, dopo un attimo di esitazione, ai avvicinò,estraendo dalla tasca interna del gilet il vecchio quaderno malandato, e lo consegnò al vecchio, che lasciò andare la pietra, subito afferrata dalle mani del ragazzo.
Edward lo fissò con rabbia. -Spero per te che funzioni- sibilò.
Il resto del procedimento lo sapeva, e lasciò che Flamel si immergesse nella lettura del quaderno. Doveva attivare il cerchio con la Pietra Filosofale,e allora il portale si sarebbe aperto e,se tutto andava come avrebbe dovuto, in meno di due minuti si sarebbero ritrovati ad Amestris. Dove di preciso non lo sapeva, ma comunque si sarebbero ritrovati là, di nuovo, a casa…
S’inginocchiò davanti al Cerchio, prese fiato, e vi avvicinò la Pietra.
Parve come se venisse risucchiata dal terreno. I simboli e le linee del Cerchio si illuminarono come pervasi da una luce stellare.
Flamel alzò gli occhi dal libro e rimase stupefatto.
Alphonse si avvicinò al fratello,guardando il Cerchio sconvolto.
Poi la visione cambiò rapidamente. La luce li avvolse e dovettero chiudere gli occhi per non venire accecati. Quando gli riaprirono si ritrovarono innanzi al portale.
Era una porta nera, di pietra circondata da un immenso velo di bianco che si stagliava fin dove occhio poteva vedere.
-Al- sussurrò Edward.
Il fratello gli si avvicinò -Ci siamo..?- bisbigliò incerto.
L’altro annuì. -Sì, ci siamo-
Dopo due anni stavano per tornare a casa, ad Amestris, da tutti coloro che avevano lasciato, e non seppero se ridere o piangere.
Le ante del portale si aprirono, mostrando un oblio trapuntato di occhi dai mille colori. Da quell’oscurità sgusciarono una moltitudine di arti e piccole mani che si strinsero rapidamente intorno ai due fratelli. Con forza inaudita li trascinarono nel buio e quando l’oblio li ebbe avvolti le porte si chiusero dietro a loro con un tonfo.
E tutto fu nero.

                                                                ***

Una piccola volpe stava cercando di stanare un topo nascosto tra le radici di un albero quando un esplosione la fece scappare a gambe levate. Una seconda esplosione spezzò l’aria. Da una radura uno stormo di uccelli prese il volo dalle fronde degli alberi, allontanandosi dalla causa di quelle esplosioni.
Nella radura un ragazzo stava ricadendo a terra dopo un salto particolarmente alto. Atterrò agile come un gatto. Aveva capelli biondi mossi, lunghi sino alle spalle ed occhi di un limpido verde acqua talmente belli da lasciare incantati chi li osservava. Aveva un fisico asciutto, era abbastanza alto ed indossava abiti dalle tinte chiare.
Tutto il contrario della ragazza che gli stava davanti, la quale non era rimasta affatto incantata dai suoi occhi, anzi lo bombardava con scariche di energia di continuo, causa delle esplosioni che mettevano in fuga gli animali.
Aveva lo stesso colore di capelli. Da ognuna delle tempie partiva una treccia, e si andavano ad unire dietro alla testa insieme ad altre ciocche di capelli, formando così un elaborata mezza-coda. La sua chioma, liscia e morbida come seta, le ricadeva sino a metà schiena, e condivideva il colore dorato con gli splendidi occhi. La sua pelle era chiara,pareva fatta di porcellana, ma nonostante quest’aspetto fiabesco, con le favole per bambini la ragazza non aveva nulla da spartire.
A testimonianza di questo stavano i colori scuri dei suoi vestiti e il modo irruento con cui si muoveva.
Entrambi portavano al dito medio un anello d’argento con incisi due cerchi alchemici differenti. Quello di lei ruotava tutto intorno ad un triangolo, mentre l’altro ad un quadrato.
Getti d’acqua di una violenza notevole sfiorarono appena la ragazza, che riuscì a schivarli. -Maledetto stregone!- ringhiò -Non è alchimia la tua, e magia senza senso! Fai pena!-
Il ragazzo rise -Trisha se la mia è magia la tua cos’è?- chiese spostandosi per un soffio da un’esplosione.
-Io uso gli atomi dell’aria per creare le mie esplosioni!Tu invece?-ribatté quella con un sorrisetto di scherno stampato in viso.
-Io uso le particelle d’acqua presenti nell’aria, non ci vuole molto a capirlo-
Lei rise -Beh io almeno non uso sempre la stessa tecnica Alec!- e con questo si abbassò toccando il terreno con le mani messe in modo che formassero un triangolo, e la terra ai piedi del ragazzo si smosse, facendolo cadere a terra come un sacco di patate.
Veloce lei corse da lui e,con un movimento rapido, lo placcò a terra piazzandogli un piede sul petto,poco sotto al collo.
-Come previsto, ho vinto- Si vantò lei sorridendo.
Lui la guardò divertito -Se ne sei convinta..-
Un dardo gelido la colpì alla schiena facendole perdere l’equilibrio. Cadde a terra, lasciando così libero il fratello. Si rialzarono nello stesso momento.
-Fratello questa me la paghi!- Urlò la ragazza. Stava per attivare un’altra delle sue esplosioni che la terra si tramutò in fanghiglia,inzuppandole le gambe. Poi si addensò fino a renderle impossibile muovere le gambe.
-Alec che diavolo stai facendo?!-
-Non sono io!- rispose quello dimenandosi nel tentativo di muovere gli arti inferiori bloccati a terra.
-Chiunque sia giuro che..-
-Al posto tuo starei zitta- le intimidì una voce calda alla sua destra.
Entrambi i ragazzi si sentirono gelare riconoscendola all’istante.
Un uomo uscì dalla boscaglia avviandosi verso i due bloccati nella terra
Aveva capelli biondi raccolti in una coda, dorati come gli stessi occhi incorniciati da un paio di occhiali ambrati. Una barbetta corta gli coronava il mento, e nonostante dai suoi occhi e dai suoi movimenti si intuisse l’età più vicina ai quaranta che hai trenta, egli dimostrava almeno dieci anni di meno.
Al suo fianco pendeva la catenella degli alchimisti di stato, ma nonostante questo non portava nessuna divisa.
Sorrise ai due ragazzi.
Nascondendo la sua paura, la ragazza sorrise spavalda -Oho, il colonnello Edward Elric ci ha fatto l’onore di accorrerci in salvo-
Alec la fulminò con un occhiataccia -Trisha sta zitta una buona volta- la redarguì -Nonostante tu abbia la mia stessa età sembri molto più piccola, devo sempre ricordarti di portare un certo rispetto a..-
Lei sbuffò -Papiinoo Alec mi sta rompendo le..-
-Trisha..- la zittì il padre sbuffando.
Alec sorrise divertito -Papà,potresti liberarmi?- chiese gentilmente.
Edward ghignò -Se mi va e quando mi va-
I due sgranarono gli occhi.
-Papà, non oserai lasciarmi qua dentro altri cinque secondi- ringhiò Trisha.
Lui continuò a sorridere.
-Accidenti- sibilò lei a denti stretti. Velocemente si abbassò e trasmutò il pantano facendolo ritornare quello che era prima.
Il padre sfiorò il suo braccio, da cui fuoriuscì una grossa lama affilata come un rasoio.
-Maledetti automail!danno un vantaggio gigantesco..- grugnì la ragazza stizzita.
Schivò il colpo del padre con uno scatto laterale e tentò con un calcio, mentre Alec approfittava di quell’attimo per liberarsi, aggiungendosi così al combattimento tra padre e figli.

È il 1937 del calendario continentale.
Edward e Alphonse sono tornati da 18 anni nel loro mondo.
Edward,nonostante mantenga una certa indipendenza, è diventato colonnello, mentre Al ha preso il posto di Generale del tribunale militare.
Edward ha due figli, due gemelli di 15 anni,che hanno ereditato la sua passione per l‘Alchimia, a cui ha dato il nome di Alec, per ricordare il soprannome “Al” del fratello, e Trisha,medesimo nome della madre.
Alphonse ha un figlio di 11 anni, Eichi, il quale,però, nonostante sappia usare più che discretamente il potere alchemico, mira alla professione di medico nell’esercito.
A parte qualche piccola scaramuccia interna tra la gente di Ishvaal e gli altri, Amestris sta vivendo un lungo periodo di pace.
Pace però che non è destinata a perdurare…
  
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