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Autore: Papillon_    29/04/2015    2 recensioni
“Parla quello che quando si siede sembra un orso appena uscito dal letargo.”, borbottò Kurt. Puck di fronte a loro si lasciò scappare una piccola risata, beccandosi un'occhiataccia da parte di Blaine.
“Così a Parigi non convincerai proprio nessuno.”, borbottò Blaine.
“Credi davvero che io sia il Granduca, Blaine?”, chiese Kurt, cercando i suoi occhi. Blaine li scrutò per un attimo.
“Ovvio, altrimenti non staresti qui.”
“Bene.”, soffiò Kurt, avvicinandosi piano al suo viso. “Allora smettila di darmi ordini.”
“Affondato.”, disse Puck, scoppiando poi a ridere. “Amico, di sicuro ha un bel caratterino il ragazzo qui.”
“Cosa davvero adorabile.”, borbottò Blaine, passandosi una mano tra i capelli.
“Mai quanto diventeresti adorabile tu se mi facessi un piacere.”
“Quale piacere?”, chiese Blaine dopo un po'.
“Sta' zitto.”
*
Avete mai visto la favola di Anastasia? Ottimo, immaginate che i suoi protagonisti siano un Kurt sarcastico alla ricerca della sua famiglia e un Blaine che ce la sta mettendo davvero tutta per arricchirsi. Entrambi sono alla ricerca del loro nuovo inizio, ma sono completamente ignari di come trovarlo.
O del fatto che, con molta probabilità, questo nuovo inizio ce l'hanno a portata di mano.
[AU Klaine - Anastasia!Kurt, Dimitri!Blaine]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Parte quinta -

 

L'Imperatrice stava aspettando che il suo autista arrivasse per riportarla a casa, dopo la serata dei balletti Russi. Lei era arrivata alla macchina da diverso tempo, ma probabilmente Elia doveva aver avuto un contrattempo.

Improvvisamente lo vide: il suo autista si sedette senza dire niente al posto di guida e si allontanò da teatro, imboccando vie che però Anastasia non conosceva.

“Elia?”, lo chiamò. “Non conosco le strade che stai facendo-”

“Io non sono Elia.”, rispose il guidatore a quel punto, togliendosi il cappello dalla testa e ruotando il capo per sorridere all'Imperatrice. Era Blaine, quel giovanotto di poco prima. “E ora Vostra Altezza mi farà il piacere di tenere la bocca chiusa e farsi accompagnare da me in un posto.”

Naturalmente Anastasia protestò per tutto il viaggio. Smise solo nel momento in cui Blaine spense la macchina e fece il giro per aprire la portiera dei sedili sul retro, tirando fuori da un taschino ciò di cui aveva bisogno.

“Lo riconoscete?”, chiese, porgendo all'Imperatrice il carillon verde con inserti dorati. Anastasia spalancò leggermente gli occhi e lo raccolse come se fosse l'oggetto più prezioso dell'universo.

“Dove lo hai trovato?”, domandò in un sussurro, gli occhi che si riempivano di lacrime.

“Non importa come l'ho trovato.”, borbottò Blaine. “Ciò che importa ora è che voi andiate in casa da vostra nipote e cerchiate Kurt. Vi prego- parlateci almeno. Ascoltate quello che ha da dirvi. Ma dovete guardarlo negli occhi una volta, perché lui- lui è davvero una delle persone più pure che ci siano in questo mondo. E non vi prenderebbe mai in giro.”, sussurrò. “Lui non è come me. È mille, e mille volte meglio ancora, e merita un nuovo inizio, e Voi potreste essere il suo.”

Anastasia lo guardò con un piccolo sorriso. “Tu sei uno che non si arrende mai, è?”

Blaine ridacchiò. “Sono un po' cocciuto, sì.”

Anastasia alla fine scese dalla macchina, e dopo un'ultima occhiata a Blaine si diresse verso la casa di sua nipote Quinn.

 

***

 

Kurt non sapeva nemmeno da dove cominciare a fare le valigie. C'erano un sacco di vestiti nuovi che doveva farci stare nel borsone che aveva da quando aveva lasciato la Russia, ma lì dentro non ci sarebbe stato proprio un bel niente. Problema numero due: non aveva la più pallida idea di cosa fare della sua vita, adesso. Quinn gli aveva detto che poteva stare lì quanto desiderava, ma non aveva alcuna intenzione di rimanere in un posto in cui avrebbe rivisto Blaine. Non ce l'avrebbe fatta a sopportarlo.

Si fermò al centro della sua stanza, mettendosi entrambe le mani sullo stomaco e sentendo che era sul punto di piangere per l'ennesima volta, quando alla porta qualcuno bussò.

Kurt alzò gli occhi al cielo, sapendo perfettamente di chi si trattava. “Vattene via, Blaine.”, disse ad alta voce, asciugandosi poi con il dorso della mano entrambi gli occhi. Notò che per la foga dei movimenti per terra era caduta la rosa bianca che Blaine gli aveva regalato, così la raccolse e l'appoggiò sul comodino che c'era lì accanto, e quando si voltò il suo cuore smise di battere.

Perchè non era Blaine ad aver bussato, ma l'Imperatrice in persona.

“...Vostra Altezza.”, riuscì a dire in qualche modo, accennando un inchino. Lei alzò un braccio, facendogli segno di fermarsi. Si guardarono a lungo, gli occhi attenti e vigili.

“Mi dispiace per prima. Pensavo fosse-”

“So perfettamente chi pensavi che fossi.”, lo interruppe lei, cominciando a camminare per la stanza. Era davvero una donna estremamente elegante. Teneva il mento perennemente alzato, il vestito ondeggiava dandole un aspetto regale, e le rughe che aveva sul viso non la imbruttivano per nulla.

A un certo punto Anastasia ruotò il capo verso di lui, rivolgendogli un piccolo sorriso. “Dunque.”, sussurrò. “Che cosa cerchi qui, ragazzo?”

Kurt non dovette nemmeno pensarci. “Io cerco la mia famiglia.”, mormorò. “E anche se sembra assurdo, ho pensato che magari potrei appartenere alla Vostra.”

Anastasia annuì. “Non ti interessano i soldi, quindi.”

“Non sapevo dell'esistenza dei soldi fino a qualche ora fa, quando ho scoperto che tra le altre cose il ragazzo che mi ha accompagnato in questo viaggio mi stava mentendo.”, sussurrò.

L'Imperatrice annuì. “Devo dire che sei un bravo attore. Il più bravo di tutti, molto probabilmente. Ma io sono davvero tanto, tanto stanca di essere presa in giro.”

“Lo sono anch'io.”, ammise Kurt. “E io sono stato preso in giro una volta sola, quindi posso immaginare benissimo come vi sentite Voi.”

A quel punto Anastasia sorrise. Un sorriso ampio, non assolutamente di circostanza, e Kurt sentì il proprio cuore gonfiarsi.

“Avete un buon profumo.”, disse senza pensare.

“E' un olio che uso per le mani.”

Kurt aveva la vaga sensazione di averlo già sentito, così tento di ricordare, o per lo meno di ricostruire il ricordo. “Sapete, non ho idea se sia un frammento di un sogno o un ricordo.”, iniziò Kurt. “Ma c'era...questo tappeto, in camera della mamma. Io ci andavo sempre quando Voi andavate via e mi lasciavate solo con i miei fratelli, mi specchiavo e indossavo il Vostro profumo, così potevo fingere che foste ancora con me.”, Kurt a quel punto sorrise. “Poi un giorno per sbaglio rovesciai la bottiglietta di profumo, e da allora il tappeto profumò sempre di menta.”

Anastasia a quel punto si sedette su una poltrona, probabilmente sopraffatta dalle emozioni. Fece segno a Kurt di sedersi accanto a lei, picchiettando sulla parte di poltrona vuota. Kurt lo fece, si sedette mantenendo la posa che Blaine e Puck gli avevano insegnato.

“Hai...hai una bellissima collana. Posso vederla?”, chiese improvvisamente Anastasia, riferendosi al ciondolo che Kurt portava sempre addosso. Non lo aveva tolto nemmeno quella notte. Lo sfilò dal collo e lo porse all'Imperatrice, e lei lo esaminò, sfiorandolo con attenzione.

“Dove lo hai preso?”

“Ce l'ho da sempre, da ciò che mi ricordi.”, sussurrò Kurt. “Credo sia l'unico ricordo che mi rimane della mia famiglia. Per questo sono qui, io- dovevo venire a Parigi. Mi capite?”

Anastasia spalancò gli occhi verso di lui. Erano leggermente lucidi, e Kurt quasi si spaventò nel vedere quanto esattamente sembrassero simili ai suoi. Poi, piano piano, l'Imperatrice si avvicinò alla propria borsa e tirò fuori lo stesso portagioie che Kurt aveva osservato sulla nave con Puck ormai una settimana prima.

“Ma quello è-”, soffiò Kurt, guardandolo più attentamente. E fu come essere investito da una valanga di ricordi.

Ricordò la notte in cui sua nonna glielo aveva regalato, ricordò che gli aveva promesso che un giorno sarebbero tornati a Parigi insieme, ricordò che quella era stata una delle ultime notti in cui avevano potuto essere felici. Kurt allungò una mano per poter infilare la collana in una piccola apertura che c'era di lato al portagioie, e facendola funzionare come una chiave lo aprì, rivelando che in realtà era un carillon.

Ed era tutto lì. I suoi ricordi, la sua vera identità, ogni piccola cosa, rinchiuso in quella piccola scatola. Kurt aprì la bocca per dire qualsiasi cosa, ma l'unica cosa che fu in grado di fare fu lasciar scorrere le lacrime.

Aveva ritrovato la sua famiglia, finalmente. C'era davvero riuscito.

Kurt.”, mormorò a quel punto Anastasia, accarezzandogli le guance. “Il mio Kurt.”

E poi Kurt si lasciò abbracciare, sperando che quel gesto potesse colmare il freddo che aveva provato tutte le volte che accanto non aveva nessuno da cui farsi stringere.

 

***

 

“Tu hai decisamente il portamento di tuo padre. Burbero e sarcastico. Me lo ricordi molto.”, gli disse sua nonna. Erano seduti in una delle tantissime stanze della sua residenza a Parigi. Non appena si erano ritrovati, Anastasia aveva aiutato Kurt a preparare i bagagli e aveva insistito per portarlo con sé nella sua residenza lì a Parigi, una reggia enorme – ancora più grande della casa di Quinn, il che era tutto dire. Avevano parlato per tutta la notte, naturalmente; Kurt del suo passato e del viaggio che lo aveva condotto a Parigi, Anastasia delle sue ricerche e del suo dolore. Era quasi l'alba, ora, e Kurt non si sentiva decisamente stanco, lì seduto sul tappeto di quell'enorme stanza da letto.

“Mi manca.”, sussurrò Kurt, ripensando a suo padre. Non aveva acquisito tutti i ricordi, ma era riuscito a riportare alla mente diverse immagini che riguardavano la simpatia di suo padre e la sua dolcezza impacciata. Ricordava che era stato un uomo coraggioso, e che era stato vicino a Kurt e i suoi fratelli quando Elizabeth era venuta a mancare, cercando di colmare tutti i vuoti lasciati da quella tremenda perdita.

“Manca anche a me.”, ammise Anastasia, alzandosi in piedi per venirgli incontro. “Sono sicura sarebbe molto, molto fiero di te.”

Kurt le sorrise appena. Si alzò in piedi a sua volta, mettendosi di fronte allo specchio. Era davvero un disastro dopo aver pianto buona parte della notte e per non aver dormito. Sua nonna gli mise le mani sulle spalle, accarezzandole piano.

“Però hai gli occhi di tua madre.”, gli disse piano. “Elizabeth, una delle donne più belle che io abbia mai visto.”

Kurt spalancò gli occhi e la bocca quando vide che sua nonna sollevava una piccola coroncina e la appoggiava con delicatezza sui suoi capelli. Non era minimamente pronto a tutto quello, ma allo stesso tempo era tutto ciò che aveva desiderato. Sfiorò la corona con le dita, sorridendo appena.

“Ruolo che ora spetta a te.”, gli sussurrò dolcemente Anastasia. “Bentornato, Kurt Elizabeth Hummel, Imperatore di tutte le Russie.”

 

***

 

Blaine superò la soglia degli uffici dell'Imperatrice e la trovò seduta alla scrivania. Lei gli sorrise dolcemente, alzandosi in piedi per poi indicarle una valigia aperta che aveva appoggiato lì di fianco, piena di banconote.

“Venti milioni di Rubli, come promesso.”, sussurrò l'Imperatrice. “Insieme a tutta la mia gratitudine per aver fatto sì che la speranza che avevo non scomparisse del tutto.”

Blaine le sorrise, grato. “Accetto con molto piacere la sua gratitudine, Vostra Altezza. Ma i soldi non li voglio.”

Anastasia aggrottò la fronte. “Come, non li vuoi?”

“Credo di aver realizzato di essermi sbagliato per tutto questo tempo. I soldi non sono così importanti, non come pensavo. Ci sono ben altri valori che andrebbero protetti nella vita.”

L'Imperatrice a quel punto si avvicinò a lui con cautela, osservandolo con attenzione. “Tu sei quel ragazzo. Il ragazzo che ci ha salvato la vita, la notte in cui io e mio nipote siamo scappati.”

Blaine distolse lo sguardo, scrollando leggermente le spalle.

“Sei tu.”, borbottò Anastasia. “Prima ci hai salvato la vita, poi hai riportato mio nipote da me. Davvero non vuoi accettare nulla in cambio?”

“No.”, soffiò Blaine.

“Hai fatto così tanto per me, per noi. Ci sarà qualcosa che desideri.”

Blaine a quel punto sorrise amaramente. “Sfortunatamente nulla che Voi possiate darmi.”

A quel punto Anastasia sorrise. Sembrava avesse capito tutto.

“Lui ha solo bisogno di tempo, sai.”, disse piano, cercando gli occhi di Blaine. “E' solo ferito, ma- capirà che ti sei pentito.”

Blaine si passò una mano tra i capelli. “Sto tornando in Russia.”, borbottò. “Voglio solo mettere più chilometri possibili tra me e lui, perché non voglio doverlo ferire mai più. Io- io credo di non volere che mi perdoni. In un certo senso merito il suo rancore.”

“Giovanotto-”

“No, va bene così. Io Vi ringrazio infinitamente di aver dato a Kurt una possibilità. Lui...lui meritava di avere tutto il bene che esiste in questo mondo, e sono sicuro che con Voi lo troverà.”

Anastasia a quel punto annuì, e lasciò andare Blaine, che abbandonò la stanza con un sorriso triste che gli increspava il volto. Percorse le scale senza guardare avanti ma con gli occhi puntati sui piedi, e si rese contro troppo tardi che esattamente di fronte a lui c'era un'altra persona. Le loro spalle si scontrarono, ed entrambi si ritrovarono senza fiato.

“K-Kurt.”

Kurt si bagnò le labbra lentamente, come se dovesse raccogliere tutte le forze che aveva per non scoppiare a piangere. “Ciao, Blaine.”

Kurt indossava una corona immersa tra i suoi capelli di seta ed era vestito benissimo. Sembrava un sogno – o un principe, ecco. Era davvero nato per essere un principe.

“Spero che tu abbia trovato quello che stavi cercando.”, borbottò Kurt. Blaine abbassò lo sguardo, sentendosi colpito e affondato. Kurt non aveva tutti i torti.

“Io-”

“Giovanotto, vuole per cortesia inchinarsi di fronte all'Imperatore Kurt?”, chiese in tono poco cortese un consigliere che proprio in quel momento stava salendo le scale. Kurt si voltò di scatto verso di lui, facendo segno che non importava.

“No, davvero, non ce n'è bisogno-”

“Ce n'è bisogno, invece, Vostra Altezza.”, soffiò Blaine, inchinandosi. Si rialzò diverso tempo dopo, i loro corpi estremamente vicini. Gli occhi di Kurt erano chiarissimi, il colore un fiume nelle ore mattutine.

Rimasero a guardarsi a lungo, le dita che quasi tremavano per il bisogno fisico di toccarsi, o fare qualsiasi cosa per stare più vicini.

“M-mi dispiace di averti colpito.”

“Non fa niente.”, sussurrò Blaine. “Era un gran bel colpo.”

Kurt sorrise, gli occhi leggermente lucidi. “N-non avrei dovuto, io- davvero mi dispiace.”

“A me dispiace di averti fatto del male.”

Kurt inspirò a fondo. “Credo di saperlo.”

Blaine si guardò attorno a quel punto, e solo perché si rese conto che non c'era nessuno raccolse il viso di Kurt tra le mani, appoggiando i pollici alle sue guance e accarezzandole lievemente.

“Blaine-”

“Voglio solo che tu sia felice.”, sussurrò Blaine, lì vicino al suo viso. “Promettimi questo, e io me ne andrò e ti lascerò in pace per sempre. Te lo prometto.”

Kurt sbattè velocemente le palpebre, una lacrima che scivolò lungo la guancia. “C-cercherò di esserlo.”, borbottò.

“Va bene.”, disse piano Blaine, lasciando andare le sue guance. Si allontanò da lui di qualche scalino.

“Sii felice anche tu, Blaine.”

Blaine ringraziò il fatto di essere voltato e che in quel modo Kurt non potesse vedere il suo viso. Non aveva pianto molte volte in vita sua, e di sicuro non si aspettava di farlo per un altro ragazzo – per Kurt, quel damerino che lo aveva fatto impazzire così tante volte.

Ma spesso non si può controllare il cuore, e quella era la verità.

Blaine stava lasciando l'unica persona che in tutta la sua vita lo aveva fatto sentire qualcuno.

Stava lasciando il ragazzo di cui si era innamorato.

 

***

 

Blaine aveva una valigia in mano e un cappellino in testa, quando entrò nella camera da letto di Puck. Lo trovò intento a sistemarsi la cravatta di fronte allo specchio, uno sguardo fiero sul volto. I loro occhi si incrociarono, e quelli di Puck si fecero improvvisamente più tristi.

“Stai partendo.”

“Torno a casa.”

“Io non vengo, lo sai?”

“Lo so.”, borbottò Blaine, mordicchiandosi il labbro inferiore. Si avvicinò a Puck facendo qualche passo, senza mai distogliere lo sguardo.

“Chiederò a Quinn di sposarmi.”, mormorò lui orgogliosamente. “Voglio- voglio mettere la testa apposto, Blaine. Mi sono innamorato. Quinn merita qualcuno che si prenda cura di lei. Ci sono delle mansioni libere alla residenza qui di Parigi, forse grazie a Kurt riuscirò ad ottenere un posto.”

Blaine annuì con forza. “Sei stato- sei stato proprio come un fratello per me, Puck.”

“Oh, cazzo, smettila.”, borbottò lui, voltandosi per inglobarlo tra le braccia. “Non farmi piangere.”

Blaine ridacchiò e lo tenne stretto ancora un pochino, chiudendo gli occhi e sperando di imprimersi addosso quella sensazione per sempre. Quando si staccarono, Puck lo guardò di traverso.

“Secondo me stai sbagliando, amico.”, glielo disse piano, senza arrabbiarsi. “Io non me ne intendo molto, ma- insomma, lo so cosa provi per Kurt.”

Blaine spalancò gli occhi. “No, non lo sai.”

“Lo so.”, insistè Noah. “Senti, siamo cresciuti insieme. Credo di averlo capito quando tu nemmeno ne avevi la pallida idea, non sono stupido. E mi è sempre stato bene, insomma...quando andavamo nei locali tutte le belle ragazze erano per me.”

Blaine ridacchiò.

“Dovresti combattere per lui, amico.”

“Puck, lui-”, Blaine respirò a fondo. “Lui è un Imperatore adesso. E io gli ho fatto troppo male. Va bene così, lui...sarà felice. Sono sicuro di questo.”

“Io non così tanto.”, borbottò Puck. Blaine scrollò le spalle e si passò velocemente una mano tra i capelli, sorridendo appena.

“Beh, devo andare, altrimenti perdo il treno.”, mormorò, dando un'ultima pacca sulla spalla di Puck. Lui gli sorrise. “In bocca al lupo per tutto.”

Noah annuì. “Guarda che se non torni per il mio matrimonio ti faccio venire a cercare dall'Imperatrice in persona. E sappiamo entrambi quanta paura hai di lei.”

 

***

 

Kurt quella sera avrebbe dovuto partecipare a un ballo che era stato indetto in suo onore. Era davvero un pensiero bellissimo da parte di sua nonna invitare tutti i nobili che si trovavano a Parigi per festeggiare il fatto che loro due si fossero ritrovati – il punto era che Kurt non sentiva niente. Non sentiva niente quando le persone lo abbracciavano e si congratulavano con lui, non sentiva niente quando osservava tutte le luci che allestivano la sala. Non sentiva niente, ancora, quando pensava che era quella adesso la sua vita.

Doveva essere pazzo. Insomma, chiunque in quel piccolo mondo sognava di diventare un principe e di avere tutte le cose che lui ora possedeva. E, più di tutto, aveva trovato sua nonna ora. Anastasia era una donna dolcissima e premurosa, la nonna che chiunque avrebbe desiderato, eppure – qualcosa mancava. Kurt non riusciva a dire cosa. O forse non voleva ammetterlo, ma sta di fatto che c'era, quel pezzetto mancante che lo faceva sentire incompleto. Continuava a lanciare occhiate veloci alla porta, sperando improvvisamente che lui entrasse, ma arrivava solo gente che non conosceva. E ogni volta a Kurt sembrava di morire un po' di più.

“Lui non c'è.”, disse sua nonna a un certo punto, mettendogli una mano sulla schiena. Kurt si voltò di scatto verso di lei, il respiro e le parole che gli si impigliavano nella gola.

“Uhm- s-so benissimo che non è qui.”, borbottò Kurt, tornando a concentrarsi sulle coppie che ballavano. Sua nonna gli accarezzò la schiena lievemente. “Probabilmente è da qualche parte a spendere i soldi della ricompensa.”

Sua nonna prese un respiro profondo. “Tesoro, tutto quello che hai davanti è il mondo che ti spetta.”, mormorò lei, vicino alla sua spalla. “Un mondo fatto di feste e luci e ricchezze. Puoi averlo, se lo desideri, è tutto tuo.”, continuò con un leggero sorriso. “Ma al contempo, ti capirei se questo non fosse ciò che desideri.”

Kurt ruotò il capo per poter essere di fronte a sua nonna. “N-non è come pensi. Qui è meraviglioso, ed è tutto ciò che ho sempre desiderato. Te lo giuro. Ho trovato chi sono davvero, ho trovato te.”, mormorò Kurt. “Non potrei desiderare nient'altro.”

Anastasia gli concesse un sorriso velato. “Sei assolutamente certo di questo?”

Kurt fece per rispondere qualcosa, qualsiasi cosa, ma non trovò il coraggio di mentire di nuovo.

Gli mancava Blaine. Certo che gli mancava Blaine, non poteva mentire a sé stesso, figuriamoci a sua nonna. Gli mancava quel ragazzo che gli aveva portato via tutto e che lo aveva ferito, lo stesso che gli aveva insegnato ad andare in bicicletta e che durante le notti fredde rinunciava alla coperta per darla a lui, il ragazzo che lo aveva portato sulla Torre Eiffel per mostrargli Parigi e che lo aveva tenuto stretto quella notte dopo l'incubo. Perchè lo amava. Lo amava così tanto che si detestava, perché molto probabilmente non si poteva amare una persona che ti ha preso in giro, ma Kurt lo faceva con ogni piccola parte del suo cuore. Ed era assurdo accorgersene ora, ora che era cambiato tutto e lui aveva scoperto di essere chi era davvero, ma lo amava. Era innamorato di Blaine, e Blaine gli aveva spezzato il cuore.

“Tesoro mio, lui- lui non ha voluto il denaro.”, disse sua nonna, posandogli una mano sull'avambraccio destro.

Kurt spalancò gli occhi. “Non lo ha voluto?”

“Ha sbagliato, e lo sa. E va bene essere arrabbiati, ma lui è il primo ad odiare sé stesso per ciò che ti ha fatto. Non ha rinunciato ai soldi per farti pena, lui...lui ha rinunciato perché non gli importava più niente, e io ho potuto vederlo. Improvvisamente quelle stupide banconote per cui ti aveva mentito non importavano più. Importavi solo tu.”

Kurt a quel punto si morse forte il labbro inferiore, gli occhi che si riempivano di lacrime. “Ma nonna, noi-”, Kurt a quel punto dovette concentrarsi e respirare per non singhiozzare. “S-siamo due ragazzi. Sarebbe- così complicato. Come potremmo mai? Io ho dei doveri, e-”

“E allora scappa.”, suggerì sua nonna, sorridendogli con calma. “Va' via con lui. Kurt, tu- tu davvero non hai idea di quanto averti ritrovato mi riempia il cuore di gioia. Ma non posso tenerti qui e vederti triste, okay? L'unica cosa che voglio è che tu sia felice, Kurt. E sappiamo entrambi che per essere felice non puoi rimanere qui.”

A Kurt scappò un piccolo singhiozzo. “M-ma nonna, noi- noi ci siamo appena ritrovati-”

“E va bene così.”, sussurrò sua nonna. “E' bastato. Noi ci ameremo sempre, e ci terremo in contatto. Ma non lasciare che la vita ti porti via quel ragazzo, Kurt. Ti ha già portato via troppe cose.”

Kurt a quel punto sorrise, abbracciando sua nonna quasi con troppa forza. Immerse la testa nel punto in cui il suo profumo alla menta si sentiva di più, e sperò che qualunque cosa fosse successa dopo, quel profumo sarebbe rimasto con lui per sempre.

 

***

 

A Blaine mancava una persona davanti a lui nella fila, e poi avrebbe dovuto comprare il biglietto per tornare a casa. Anche se non sapeva il perché chiamasse Russia “casa”: era esattamente come aveva detto a Kurt, la Russia era un posto che lo aveva accolto. Ma Blaine non aveva una casa.

Frugò nelle tasche alla ricerca del portafogli, e fu in quel momento che le sue dita si scontrarono con qualcosa di morbido. Era la rosa bianca che aveva regalato a Kurt la sera prima, quella che si era appuntato al petto. Dio, doveva essere stato Puck, di sicuro l'aveva trovata da qualche parte in camera di Kurt e gliel'aveva messa appositamente nella tasca.

Era ancora, per qualche stranissima ragione, bellissima. I petali si stavano schiudendo, ma non aveva perso nemmeno uno. Senza spine, semplicemente perfetta, proprio come quelle che Blaine da piccolo aveva coltivato nel palazzo d'Inverno. Le stesse rose che aveva fatto a vedere a Kurt.

Rimase ad osservarla per un tempo che parve infinito, e nemmeno si rese conto che l'uomo alla reception a qualche metro da lui non faceva altro che chiamarlo.

Kurt era il suo bocciolo. La rosa bianca che si era ostinato a proteggere e che doveva continuare a proteggere. Non aveva bisogno di un posto per sentirsi a casa: aveva bisogno di un cuore, ed era quello di Kurt.

Blaine si scusò con l'uomo che aveva di fronte, e poi semplicemente iniziò a correre.

 

***

 

Kurt aveva una vaga idea di dove potesse trovarsi Blaine. Uscì da palazzo correndo e ricordandosi che la stazione dei treni era a massimo due chilometri da lì, ma se era abbastanza fortunato poteva raggiungere i garage sul retro della residenza e chiedere a qualcuno di accompagnarlo. Fu esattamente quello che fece, iniziò a camminare attraverso il giardino della residenza di Parigi, ma si rese conto troppo tardi che in realtà non era verso i garage che stava andando. Dio, quei maledetti giardini francesi enormi. Sbuffò sonoramente e cercò di tornare indietro, ma con sua grande sorpresa Kurt si rese conto che la via dietro di lui era stata completamente sbarrata da alcune siepi. Non era possibile, e Kurt lo sapeva benissimo.

Continuò a camminare con cautela, cercando di mantenere la calma. Ogni volta che superava dei cespugli, questi si chiudevano dietro di lui, impedendogli di scappare. A un certo punto, finalmente, il giardino finì e Kurt si trovò davanti alla grande strada che portava alla Torre Eiffel, nei pressi della Senna.

E fu più o meno allora che sentì chiamare il proprio nome da una voce che il suo subconscio non aveva dimenticato – e Kurt lo capì dal suo stesso corpo, che lo tradì iniziando a tremare.

“Kurt.”, borbottò la voce in tono mellifluo. “Da quanto tempo.”

Kurt si voltò di scatto, provando il forte desiderio di andarsene di lì. “Rasputin.”

“Esatto.”, sputò lui. Non era invecchiato di un giorno. Kurt aveva letto cose terribili sul conto di quell'uomo; alcuni dicevano che aveva venduto la sua anima al diavolo per ottenere in cambio poteri abbastanza forti da sterminare la famiglia Hummel. Alcuni dicevano che alcuni membri della sua famiglia gli aveva uccisi con le proprie mani. “Venuto a pareggiare i conti.”

Kurt respirò a fondo. “...allora è vero.”, sussurrò. “La maledizione.”

“Certo che è vero.”, disse velocemente lui. “Tutta la tua ingrata famiglia doveva morire entro quindici giorni da quell'inverno in cui mi vedesti l'ultima volta. E ce l'avevo quasi fatta, erano morti tutti. Tutti, tranne te.”

Kurt deglutì e iniziò a indietreggiare.

“Eri tu.”, soffiò. “Sul treno.”

“Naturalmente.”, confessò Rasputin. “Ci è mancato davvero poco, ma la mia magia stava quasi per ucciderti.”

“E sulla nave.”, mormorò Kurt. “Eri nella mia testa.”

“Nel tuo sogno, esatto.”, borbottò. “E' stato così divertente giocare con i tuoi inutili ricordi. Dovevi annegare quella notte, stupido bastardo-”

“Peccato che invece sia ancora qui.”, ringhiò Kurt, sentendo un piccolo brivido di adrenalina invadere il suo corpo.

“Non per molto.”, sussurrò Rasputin, ridacchiando verso il finale della frase. “E' buffo, nessuno ti vedrà morire. Il principino perduto avrà una morte banalissima, mi dispiace così tanto.”

Kurt non ebbe il tempo di dire nulla, che sentì la terra venire a mancargli da sotto i piedi. Il ponte intorno a lui si incrinò e il pavimento venne coperto da un leggero strato di ghiaccio che lo fece scivolare giù, giù, sempre più giù fino al cornicione, al quale si aggrappò con tutte le sue forze.

“La tua sarà comunque una morte più interessante di quella di tuo padre.”, sputò Rasputin, osservandolo dall'alto. “Con lui ho semplicemente finito il lavoro che il suo popolo aveva cominciato.”

“S-smettila.”, lo implorò Kurt, gli occhi che gli si riempivano di lacrime e la voce che gli veniva a mancare. “T-ti prego, smettila-”

“E pensa un po'”, continuò Rasputin, ignorando le sue parole. “Con tua madre non ho dovuto fare niente, ci hai pensato tu a darle il colpo di grazia, venendo al mondo.”

Kurt singhiozzò per il dolore e la paura e perché quello che stava dicendo Rasputin era irrimediabilmente e terribilmente vero. “Ti prego, smettila, ti supplico-”

Do svidan'ya, Vostra Altezza.”, sibilò Rasputin alla fine, proprio mentre le dita di Kurt stavano cedendo. “Nessuno ti verrà a salvare.”

“Vuoi scommetterci?”, gridò a quel punto Blaine, comparendo da dietro Rasputin e spingendolo di lato. Anche lui scivolò sul ghiaccio, e quando tentò di rialzarsi Blaine gli diede un pugno in pieno viso. Si avvicinò con cautela al punto in cui c'era Kurt, allungando entrambe le mani verso di lui, mani a cui Kurt si aggrappò con tutte le sue forze.

“Blaine.”, sussurrò. “S-sei qui. Sei proprio qui-”

“Dove credevi che andassi?”, domandò Blaine, trascinandolo su con sé. Kurt perse l'equilibrio e cadde sul corpo di Blaine, che prontamente lo avvolse con le braccia. Gli trascinò vi le lacrime con estrema delicatezza.

“Non piangere, va bene?”, gli sussurrò. “Qualsiasi cosa abbia fatto o detto, è finita ora.”

Kurt annuì con vigore, notando solo in quel momento che i vestiti di Blaine erano rovinati. “I tuoi vestiti si sono rotti per colpa mia.”

“Qualcosa di cui ci occuperemo più tardi, okay?”, borbottò Blaine. “Ti porto al sicuro.”

Fecero in tempo a fare qualche passo, prima che con un sortilegio Rasputin spingesse Blaine contro una colonna che c'era lì vicino, facendogli sbattere forte la testa. Kurt gridò e si precipitò verso di lui, raccogliendo il suo viso tra le mani e rendendosi conto che era svenuto.

“B-Blaine? Blaine, per favore, non-”, sussurrò, scrollandolo per le spalle. “Blaine-”

“Non ti disperare.”, borbottò Rasputin avvicinandosi a loro. “In qualsiasi posto sia andato, tu presto lo raggiungerai.”

Kurt alzò lo sguardo pieno di lacrime verso di lui. Vide Rasputin allungare una mano per preparare a lanciare un nuovo sortilegio, ma questa volta fu più veloce di lui e lo spinse di lato con tutte le forze che aveva, lasciando che scivolasse sul ghiaccio, trascinandosi verso il bordo che dava sulla Senna. Rasputin tentò comunque di aggrapparsi con tutte le sue forze al cornicione.
“Ti prego-”, rantolò. “Tirami su.”

Kurt lo fulminò con lo sguardo. “Una morte così banale per un uomo come te. Mi dispiace così tanto.”, ringhiò, pestandogli con forza una mano. Rasputin urlò di dolore.

“Questo era per la mia famiglia.”, disse, una lacrima che scendeva. Poi schiacciò il piede contro la sua mano ancora di più. “Questo è per tutti gli anni che mi hai fatto passare credendo che fossi solo.”, continuò. La mano di Rasputin cedette, e ora si stava tenendo solo con quella sinistra. Mano che prontamente Kurt schiacciò.

“E questo- questo è per Blaine. Do svidan'ya

E poi Rasputin cadde nel vuoto con un urlo, fino a dissolversi nella Senna con una sorta di esplosione in cui dal suo corpo uscì tutta la magia nera che aveva tanto faticato per ottenere.

Kurt rimase a fissare il punto in cui Rasputin era scomparso per diverso tempo, volendosi assicurare che non tornasse più. Non appena tutto fu calmo attorno a sé tornò a sedersi vicino a Blaine, accarezzandogli lievemente le guance e scostandogli dalla fronte dei ricci ribelli.

“Mi dispiace.”, soffiò Kurt, sentendo il cuore disintegrarsi in mille minuscoli pezzi e le lacrime uscire. “Mi dispiace così tanto, Blaine.”

Immerse la testa nel suo petto immobile e lì cominciò a sfogarsi. Piangeva per tutte le cose che non gli aveva detto, per tutto quello che avrebbero potuto fare ancora, per i sorrisi omessi, per essersi accorto troppo tardi che lo amava e che quell'amore Kurt avrebbe voluto viverlo. Strinse forte tra le dita la stoffa della sua maglietta, incapace di fermare i singhiozzi. Sussultò quando sentì una mano tra i suoi capelli.

“Ehy-”, borbottò Blaine. “Perchè piangi? Mica è il mio funerale.”

Kurt si mise a sedere in modo talmente veloce che durante il movimento brusco finì accidentalmente di colpire Blaine con un mano.

“Oh mio dio-”, sussurrò. “Oh mio dio scusami, Blaine, scusami-”

“Dio, che dolore.”, grugnì Blaine, tenendosi il naso. “Fai piano la prossima volta-”

“Ma sei- sei così un bambino!”, borbottò Kurt, spingendolo con entrambe le mani. “Io pensavo- pensavo fossi morto, eri lì e non respiravi più e-”, Kurt si lasciò scappare un singhiozzo. “Tu non hai la minima idea di come mi sia sentito, o-okay?”

“Ehy, va bene.”, soffiò Blaine, prendendo il suo volto fra le mani e accarezzandogli via le lacrime. Rimasero fermi per qualche attimo, mentre Blaine aspettava che Kurt si calmasse. “Sto bene. Stiamo bene adesso.”

Kurt si morse forte il labbro inferiore, lasciando che le lacrime continuassero a scendere inesorabili, e fu solo quando ormai ogni nervo del suo corpo stava praticamente pulsando per il bisogno che aveva di sentire Blaine vicino che Kurt decise di abbracciarlo, immergendo la testa nell'incavo del suo collo e lasciando che Blaine lo tenesse per la vita.

Quando si separarono, Kurt aveva finalmente smesso di piangere. Sorrise a Blaine lievemente.

“Stavi tornando in Russia.”, soffiò, e non era domanda. Blaine annuì. “Cosa...cosa ti ha fatto cambiare idea?”

Blaine cercò gli occhi di Kurt, probabilmente perdendocisi dentro a un certo punto. “Ricordi quando sul treno ti dissi di non considerare la Russia casa mia? Lo pensavo davvero. Sono sempre stato un po' senza casa, Kurt.”

Lui annuì impercettibilmente.

Blaine sbattè appena le palpebre. “La verità è che non mi serve appartenere ad un posto, se appartengo a...”, una pausa, e Kurt avrebbe quasi desiderato gridare per la frustrazione. “...a un cuore.”

Blaine si avvicinò alle sue labbra, senza mai distogliere lo sguardo, e Kurt a quel punto aveva il cuore in gola. “Blaine.”, soffiò. “Però devi dirlo. Devi dirlo, altrimenti impazzisco, okay? Ti prego.”

Blaine gli sorrise a sua volta. “Okay.”, borbottò. Poi prese un bel respiro. “Al tuo.”, mormorò vicino alle sue labbra. “Appartengo al tuo, di cuore. Certo che appartengo al tuo.”

Kurt a quel punto lasciò andare il fiato che nemmeno sapeva di star trattenendo. Si aggrappò con entrambe le mani alle spalle di Blaine, poi semplicemente inclinò la testa e pressò le loro labbra insieme. Blaine lo respirò; prima aprì le labbra per sentire Kurt tutto contro di se, poi piano piano le chiuse per adagiarle alle sue e imprimersi sulla pelle la sua consistenza, il suo sapore, ogni piccola cosa. Immerse le dita nei suoi capelli di seta per tenerlo fermo, e continuarono a baciarsi ai piedi della Senna per quelli che sembrarono giorni interi, a volte ridacchiando e a volte cercando gli occhi dell'altro.

Le dita di Kurt a un certo punto si scontrarono con qualcosa di soffice, e si rese conto solo aprendo gli occhi che aveva accidentalmente colpito una rosa bianca che Blaine teneva nel taschino della giacca. La tirò fuori sorridendo leggermente, poi cercò gli occhi di Blaine, poi di nuovo la rosa, e capì.

“Sei quel ragazzo.”, disse senza pensare. “Quello che ha salvato la vita a me e alla nonna.”

Gli occhi di Blaine brillarono ancora di più. “Ti sei ricordato.”

Kurt lo baciò di sfuggita. “Scusami.”, sussurrò, prima di baciarlo di nuovo. E di nuovo, e di nuovo ancora. “Scusami, non volevo dimenticare. Scusami.”, un nuovo bacio. E di nuovo un altro, più piccolo e denso. “Non dimenticherò più, te lo prometto.”

“Non importa.”, soffiò Blaine, accarezzandogli una guancia. “Adesso non importa più.”

Si tennero stretti fino alle prime luci dell'alba, pallidi raggi di sole che cominciarono a illuminare la Senna accanto a loro. Blaine baciò lievemente i capelli di Kurt.

“Cosa faremo adesso?”, chiese leggermente. “Voglio dire, tu- tu sei un Imperatore. Io non sono niente.”

Kurt gli baciò un pezzetto di mandibola. “Sei tutto quanto, invece.”

“Hai capito cosa intendo.”

“Sì che l'ho capito.”, borbottò Kurt, stringendolo più forte. “Però ho in mente una cosa. Puoi fidarti di me?”

Blaine gli sorrise e lo baciò intensamente. “Sempre.”

 

***

 

Cara nonna,

Ti prego di perdonarmi se non sono venuto a salutarti, ma temo che mi sarebbe stato impossibile. Ci eravamo appena ritrovati, e non credo sarei stato in grado di dirti addio di nuovo.

Voglio che tu sappia che ritrovarti è stato il regalo più bello che questa giovane vita potesse offrirmi. Ho passato tutta la mia adolescenza a fantasticare sulla mia famiglia, e ti posso giurare che non avrei potuto trovarne una migliore. Sei e sarai sempre la famiglia che ho desiderato per anni.

Verremo a trovarti, te lo prometto. Faremo un viaggio in giro per il mondo, perché credo di aver capito che non è così male essere senza casa, se poi comunque il tuo cuore ne ha una.

Non ho bisogno di appartenere a nessun mondo se appartengo a lui, nonna. Lo amo. È il mio nuovo inizio. Grazie davvero di aver capito.

Tuo,

 

Kurt

Poka-poka!

 

Anastasia rilesse la lettera diverse volte, gettando un'occhiata fuori dalla finestra con gli occhi pieni di lacrime e il cuore pieno di emozioni. Sua nipote Quinn le raccolse la lettera tra le mani e la lesse in tutta fretta.

“Oh.”, soffiò. “Si sono innamorati.”, disse con un enorme sorriso. “Direi che è quello che si può definire un finale perfetto.”

Anastasia guardò verso il cielo, sperando che la sua intera famiglia pensasse che avesse preso le scelte giuste. Aveva la vaga sensazione che se Burt fosse stato lì sarebbe stato molto fiero di suo figlio.

“No.”, la corresse, con un sorriso. “Direi piuttosto che è un inizio perfetto.”

 

***

 

Blaine sollevò da terra Kurt leggermente per farsi praticamente sovrastare e poi lo baciò, lo baciò dimenticandosi del mondo e della barca che li stava portando in Spagna, pressando i loro petti insieme e immergendo le dita tra i suoi capelli. Kurt rise sulle sue labbra e gli accarezzò le braccia, aprendo gli occhi solo dopo un tempo infinito.

“Ho passato tutta la mia vita a cercare il mio nuovo inizio.”, sussurrò Kurt. Blaine annuì, un dolce sorriso che gli inondava il volto. “Non avrei mai potuto immaginare che potesse essere una persona.”

Gli occhi di Blaine si allargarono impercettibilmente, inglobando tutta la luce che c'era attorno a loro.

“Il mio inizio sei tu, Blaine.”

.





 

.





 

.

Direi che ci siamo, è finita anche questa storia.
Nulla, ringrazio davvero dal profondo del cuore tutte le persone che l'hanno seguita. Vi adoro, siete tipo le mie persone preferite, e vorrei inglobarvi tutti nell'abbraccio più stretto che esista, perché lo meritate.
(E un grazie speciale a te, Fravah. Lo sai che tutto questo non sarebbe qui se non ci fossi stata tu).
E nulla, se avete voglia lasciatemi un commento, sarò felicissima di leggervi!
 
A presto,
Je <3
   
 
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