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Autore: IoSonoHope    29/04/2015    0 recensioni
Ma così non fu. Vinse lui. Un macabro gesto che inizialmente fingevo di non aver vissuto. Lui non si sentì abbastanza soddisfatto,videntemente. Ed aveva ragione. Non mi aveva distrutta abbastanza. Con il suo altro gesto mi mise in ginocchio. Aveva vinto lui. Ha vinto lui. Quel lurido stronzo aveva vinto in un modo strabiliante. Però devo ammetterlo, vinse con stile.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Cosa sono? Chi sono? Perché sono diventata così apatica? L'amore. Cazzo l'amore non esiste. Ho avuto una lunga storia d'amore, durata quasi tre anni. Non l'ho mai amato. E sono quasi sicura che per lui fosse lo stesso. Il problema è che mi facevano piacere i suoi modi di trattarmi, all'inizio, era così vomitevole, così morbosamente presente. È sempre stato morbosamente presente e vomitevole, ma non mi faceva piú piacere. I suoi complimenti erano un insulto alla grammatica e alla ragione. Sopratutto alla ragione. Perché mai vorresti avere una stella vicino a te? Ti prego. Ma lo capisci che moriresti? Non capisco se prima li diceva in modo corretto o io ero ciecamente ignorante. Sono cresciuta, le sue attenzioni non sono quelle di cui ho bisogno. Non so di cosa ho bisogno. Abbiamo iniziato a far sesso, non l'homai chiamato 'amore' e lui lo stesso. "Amore, scopiamo?" Non saprei come si fa l'amore. Come fai a scopare senza malizia? No davvero. Fare l'amore, e fare sesso, è la stessa identica cosa. Non venitemi a dire che "l'amore lo fai con la persona che ami" perché a meno che non abbiate scopato con l'uomo della vostra vita, e con un perfetto sconosciuto, non potete dirlo. Non potete dirlo un ogni caso. Il nostro rapporto stava in piedi solo se finivamo a letto. Non abbiamo mai fatto sesso incazzato, e data la mia egocentria, l'ho lasciato dopo una sana scopata. Eravamo ancora nudi, sotto il piumone, ero poggiata sul suo petto nudo, e lui mi abbracciava. Ho iniziato dicendo che ci litigavamo troppo spesso, e che la cosa migliore era prendersi una pausa. Non ho alzato la testa dal suo petto quando ho pronunciato le parole, il tono neutroe apatico lo aveva fatto preoccupare; sentivo il suo battito accellerare. Non proferì parola per due, lunghissimi, minuti. Poi si alzò, scomparendo dietro la porta della camera da letto, assestando prima un pugno sulla porta per poi lasciarla chiudere con un calcio. Sussultai, era sempre stato un tipo violento, io ero l'unica in grado di prendergli le mani, e sentire che lui rilassava i pugni puntando lo sguardo su di me mentre prendeva dei lunghi respiri. Non mi ha mai alzato un dito, se è questo che pensate. Mi vedeva come un piccolo cerbiatto da proteggere. Rietrò in camera vestito di tutto punto, io invece ero ancora nuda sotto il piumone. Accese la luce, ed io socchiusi gli occhi, cercando con lo sguardo gli occhiali che lui mi porse. Non alzai lo sguardo su di lui, con una mano tenevo il piumone stretto al petto, e con l'altra prendevo gliocchiali, mettendoli dopo sul naso, guardandomi in torno per cercare i miei indumenti. Lui uscì dalla porta e la rinchiuse, io mi affrettai a rivestirmi. Uscii dalla camera e mi diressi in salotto, dove lui, seduto sulla poltrona, fumava una sigaretta in silenzio. Mi sedetti sul divano di fronte a lui, non so perché, ma mi sembrò la cosa piú ovvia da fare. Avevo il giubbottino il pelle nera sull'avambraccio, e nelle mani tenevo la sciarpa. Alzai lo sguardo su di lui, lui mi fissava già da un po'. Mi chiese quanto sarebbe durata questa pausa, gli dissi che non lo sapevo, che avevo bisogno di tempo. Tempo per cosa? Non lo sapevo. Ma lui questo non me lo chiese. Lo mandava in bestia quando gli rispondevo "non lo so" ad una sua domanda, ma non lo facevo con cattiveria, se una cosa non la sapevo, non potevo farci granché. Annuì con sguardo assente, mentre mi buttava ilfumo della sigaretta addosso. Sappiamo tutti cosa vuol dire, no? È un segno che vorrebbe scoparti. Lui sapeva il significato di quel gesto e lo faceva sempre, anche quando, non eravamo fidanzati. Non gli diedi molta importanza, nessun sorriso malizioso, niente. Iniziai ad indossare la sciarpa e lui mi puntò ancora. Si alzò e spense la sigaretta nel posacenere in ceramica bianco sul tavolino tra il divano e la poltrona, l'unica cosa che gli impediva di riempirmi di botte. Poi si avvicinò a me, e si sedette accanto, prese le mie gambe e le mise sopra le sue, carezzandole a lungo. Un pessimo giorno per indossare una gonna, ma ormai ero lì. Insinuò la mano sotto la gonna ed io gli fermai la mano, tirandola fuori da sotto la gonna, non togliendo lo sguardo da lui. Lui mi lanciò un'occhiata agghiacciante, ma io la sostenni, essere il suo giocattolo non era tra i miei piani. Mi alzai,sistemandomi la gonna ed indossando il giubbotto sotto il suo sguardo severo mentre io mi guardavo intorno, volevo scappare. Lui si alzò e si mise ad un millimetro dalle mia labbra, guardandomi dritta negli occhi. Era un fottuto stronzo, gli era sempre piaciuto mettermi in difficoltà. Così lo baciai, sapeva che lo avrei fatto. Lui mise le mani intorno ai miei fianchi, scendendoli sulle natiche. Appena le avvertii sul sedere mi staccai dal bacio, e mettendogli le mani sul petto tentavo di allontanarmi, ma lui non aveva intenzione di lasciare la presa. Avanzava verso la camera, ed io ero costretta ad indietreggiare. Lui aveva un sorriso da stronzo sul volto, mentre io continuavo a dimenarmi. Mi buttò sul letto e cominciò a spogliarmi. "Devi riprendere quello che hai lasciato, stronza." Continuando a dimenarmi mi ritrovai semplicemente legata come unsalame, ed imbavagliata. Dopo che lui fece con i suoi porci comodi mi slegò, io mi rivestii e scappai, senza piú dire parola, senza guardarlo. Ci rimuginai sù parecchio. Mi sentivo violata, mi aveva stuprato? Non potevo dirlo con certezza, quindi scartai questa opzione nel giro di qualche secondo. Dopo quell'accaduto divenni piú apatica. Le mie compagne di classe se ne accorsero, ma io le liquidavo con un "fanculo, smettila di farti flash, sono come sempre". Ed era vero? Ero come sempre? Non potevo dirlo. Non mi ricordavo di me, prima. Le mie compagne dicevano che ero diventata piú stronza, e di questo me ne accorsi. Tutti gli stronzi che prima mi ostinavo a sopportare con saggia clemenza, ora li mandavo tutti a quel paese senza giri di parole. Mi ritrovai sola. Mi feci male ad un ginocchio, rimasi acasa per un bel pezzo, e nessuno delle mie compagne, che prima spesso e volentieri venivano a casa mia, ora non lo facevano piú. Ma infondo, probabilmente non erano mai venute prima, tutto frutto della mia fervida immaginazione. Era tutto così spaventoso. Il mio ex veniva a casa mia abitualmente, i miei genitori non sapevano ci fossimo lasciati, e lo facevano entrare in casa di buon umore. Era successo parecchie volte, tranquillamente, mi diceva come andava, mi lasciava dei cioccolatini o delle stronzate da mangiare e poi spariva. Mi andava benissimo così. Uno di questi tanti giorni, rimanemmo soli a casa, lui si catapultò sul mio corpo ed incominciò a spogliarmi. Io tremavo, sapevo che non si sarebbe fermato, e tentavo di spingerlo via. Non potevo scappare con un ginocchio meno, potevo solo tentare diallontarlo, con pessimi risultati. Piansi, non potevo urlare, non ne trovavo la forza, e non volevo che i miei zii, o i miei nonni, si afrettassero a salire ed a bussare alla porta. Si sarebbero complicate troppo. Guardai il telefono di casa, non squillava. Quel maledetto giorno aveva squillato un sacco di volte, e quando serviva, non fece nulla. Nessuno mi chiamò al telefono, nessuno bussò alla porta. Infondo dio si stava divertendo a vedermi piangere in silenzio, mentre quello stronzo si divertiva, quindi perché avrebbe dovuto fare qualcosa per far cessare quella scenetta che lo gustava tanto? Quando finì i suoi porci comodi io ero ancora in preda ad un fiume di lacrime. Lui si avvicinò, ed sbuffando, alzando gli occhi al cielo, mi asciugò le gote con le sue luride mani. Gli tirai un ceffone e gli mormorai di scomparire, e così fece. Su questo ci rimuginai molto di piú, imiei piagnistei non lo avevano fermato, le mie suppliche, i miei pugni scarsamente assestati neppure. Perché piangevo, poi? Non lo sapevo. Il problema è che non ho mai saputo un cazzo. Cosa voglio? Non lo so. Aveva ragione ad incazzarsi, lui. Quelle poche volte in cui parlavo dicevo solamente "non lo so". Cazzo se aveva ragione. Non sapevo, e tutt'ora non so perché piangevo. Lui non mi era mai piaciuto, e cercavo una scusa piú che credibile per lasciarlo stare e non parlargli piú. I suoi comportamenti non mi erano mai piaciuti, aveva un carattere di merda, spesso tendente all'infantile. Ma la mia stupida mente non accettava che quello poteva essere stato lui. Non era lui. Non poteva essere lui. "Hai una valida scusa per startene in pace, senza rotture. Che aspetti a buttargli merda addosso?" Non lo sapevo, come al solito.Cosa avrei fatto senza lui? Di chi mi sarei lamentata, se non di lui? Chi avrei sedotto senza ritegno, se non lui? Mi mandava in bestia non averlo piú al centro del mio universo. Ma era questo quello a cui puntavo, non dipendere da nessuno, ed ora che ci ero riuscita, non mi andava piú. Perché non mi andava piú? Cosa volevo? Porcodio continuo a non saperlo. Lui era sempre stato il mio tutto, a prescindere dall'amore falso che ci ostinavamo a mostrarci. Ci odiavamo, un sacco. Il nostro rapporto era basato su chi buttava piú merda all'altro. E ci stava benissimo così, facevamo a gara a chi faceva stare peggio l'altro, e ci divertiva un mondo. Pensavo che lasciandolo avrei vinto io, che io sarei stata la vincitrice di questo ridicolo gioco. Ma così non fu. Vinse lui. Un macabro gesto che inizialmente fingevo di non aver vissuto. Lui non si sentì abbastanza soddisfatto,evidentemente. Ed aveva ragione. Non mi aveva distrutta abbastanza. Con il suo altro gesto mi mise in ginocchio. Aveva vinto lui. Ha vinto lui. Quel lurido stronzo aveva vinto in un modo strabiliante. Però devo ammetterlo, vinse con stile.
  
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