Smascherato dal terriccio.
Due piccole cose da dire prima di lasciarvi alla lettura (almeno spero che qualcuno la legga):
il nome latino è puramente inventato da me quindi non fateci troppo caso,
questa storia è nata come una dedica ad una persona che, in solo un anno, è diventata una presenza importante nella mia quotidianità.
La mia mente si stava arrovellando ormai da settimane,
senza aver conseguito ancora nessuna plausibile, concreta idea
realizzabile.
Draco era diventato il mio personale ed assillante “promemoria
umano”, ...ci si metteva anche lui, col suo tono saccente e fintamente
rassicurante. In fondo lo sapevo benissimo che il mio perfido amico avrebbe riso
fino alle lacrime, se Neville non avesse ricevuto un degno regalo di compleanno
dal sottoscritto. Ero pienamente cosciente di dover escogitare qualcosa di
particolare per il mio compagno: qualcosa che lo lasciasse a bocca aperta, senza
fiato, e l'opzione me stesso nudo steso sul letto cosparso di petali era troppo
banale per essere presa in considerazione...anche se, pensandoci bene, l'avrei
tenuta come ultima spiaggia, come alternativa “disperazione”, insomma!
Il mio
girovagare per lo studio, intento a spremermi le meningi con espressione
estremamente concentrata, si ripete tale e quale anche oggi, senza alcun
cambiamento. Lui non c'è, ovviamente, altrimenti avrebbe già bussato alla mia
porta per costringermi a svelare cosa mi tiene così sulle spine, ed io dovrei
mentire spudoratamente. Così continuo a strisciare sul pavimento, senza nemmeno
sollevare i piedi da terra: mi illudo che, risparmiando le energie nel muovere
il corpo, la mie mente possa lavorare più alacremente. I rapporti accumulati
sulla scrivania attendono invano di essere sfogliati e compilati.
- Tanto
prima o poi tornerai da noi, brutto scansafatiche che non sei altro!
-
Osservo il cumulo di carta e pergamena con sguardo torvo ed allucinato:
bene se inizio ad immaginarmi anche i pensieri di una pila di cartacce sono
messo davvero male.
Premo il mento fra le dita, un attimo dopo infilo le mani
nei capelli scompigliandoli completamente, scuoto il capo da un lato all'altro
come se le idee potessero smuoversi e svelarsi in questo modo. Inutile dire che
niente di tutto ciò mi è di alcun aiuto.
“Cosa, cosa potrei fare per
lasciarlo assolutamente senza parole?” dico a me stesso ad alta
voce.
Riprendo il passo lento e ritmico, descrivo per l'ennesima volta il
perimetro della stanza e, nel passare davanti alla scrivania, urto senza volerlo
il vaso della piccola piantina grassa che uso indegnamente come ferma carte. Se
solo Neville lo sapesse mi sottoporrebbe a tortura, per adesso mi sono sempre
assicurato che fosse sul davanzale quelle poche volte che mette piede qui
dentro, e spero di ricordarmene anche in futuro. Gli aculei sottili mi
scalfiscono il dorso della mano imprimendovi un graffio affilato. Impreco nel
silenzio della stanza, porto la mano ferita al petto coprendola con le dita. Il
rumore dei cocci che si infrangono a terra richiama pienamente la mia
attenzione, interrompendo il tragitto a metà. Peccato, avrei portato a termine
il decimo giro della stanza.
Guardo distratto i frammenti di terracotta
sparsi sul pavimento, poi i miei occhi si stringono gradualmente finché non vedo
oltre il terriccio che punteggia le piastrelle bianche, ed oltre la sagoma verde
della piantina che giace al suolo, come la sagoma di una povera
vittima.
Povera vittima un corno, mi ha graffiato come un gatto irascibile
prima di schiantarsi a terra!
“Ci sono, ci sono!” esclamo, in preda ad un
entusiasmo febbricitante. Credo anche di aver fatto due saltelli sul posto, come
un bimbo soddisfatto del suo nuovo giocattolo.
Povero amore, in questi ultimi
giorni non ha mai tempo di prendersi cura delle sue piccoline, e poi ha sempre
desiderato una serra più grande e più spaziosa. Ed il suo Blaise farà tutto
questo per lui rendendolo tanto felice...e se il piccolo Neville è felice, farà
MOLTO felice il suo Blaise. Mi complimento con me stesso, certo di aver trovato
l'idea vincente che lo lascerà a bocca aperta, estremamente sbalordito e
compiaciuto, ma soprattutto molto desideroso di premiare il suo premuroso
compagno.
Un ghigno si fa largo sulle mie labbra, la lingua guizza fuori in
un gesto inconscio di pregustazione mentale di pensieri lussuriosi. Ma torniamo
al mio geniale piano: potrei anche arricchire la popolazione della sua flora,
conosco un posto perfetto dove recuperare qualche esemplare vegetale che faccia
la caso mio.
Faccio per fiondarmi fuori dallo studio per realizzare il mio
intento, ma prima di arrivare alla porta mi blocco.
- Non potrebbe mai
perdonarmelo – penso con le labbra tese in una smorfia rammaricata.
Un gesto
di bacchetta ed un sussurro e la piccola piantina affonda di nuovo le radici
nella terra, i suoi aculei si ergono perfetti come lo erano poco prima che la
investissi, e poco prima che ferisse la mia mano...perfida, perfida pianta
grassa! Riprende il suo posto sulla scrivania come se non si fosse mai mossa da
lì.
Non entro quasi mai qui, questo è il suo regno, il suo
angolo privato dove coltiva (nel vero senso della parola) la sua verde passione.
“Per le radici del platano picchiatore!” esclamo, questa imprecazione mi
sembra piuttosto consona al luogo in cui mi trovo.
Salazar santissimo, ma
quanto è disordinato! Per fortuna nella nostra camera da letto il caos è molto
più ridotto, altrimenti per quanto possa adorarlo ed amarlo alla follia
impazzirei di sicuro.
Da dove comincio? Mi chiedo, spaziando lo sguardo nella
serra affollata: foglie verdi, viola, blu e gialle fanno capolino da ogni parte,
affacciandosi da vasi giganteschi, o da piccoli recipienti di vetro contenenti
uno strano liquido nerastro sul quale galleggiano delle inquietanti forme
sottili che si muovono come tanti minuscoli vermetti. La pianta più grande di
tutta la serra ne ha il vaso pieno, constato con malcelato disgusto.
Bene
Blaise, hai avuto l'idea “geniale” e adesso datti una mossa!
Prendo un bel
respirone profondo, mi rimbocco le maniche ed agito il polso destro con agilità,
giusto per accertarmi di riprodurre alla perfezione il movimento che dovrò
ripetere almeno tre volte per spazzare via tutto il disordine.
Al primo colpo
di bacchetta spazzo via tutta la terra ed il fogliame, riesco persino a scorgere
il colore grigiastro del pavimento, imbrunito dalla terra; al secondo i vetri
della serra lasciano intravedere quel che c'è all'esterno, privati dalla patina
grigiastra tendente al verde che li ricopriva, al terzo ed ultimo finalmente
riesco a districarmi fra i rami rampicanti di quelle che lui chiama “le sue
creature”.
E questa è fatta, adesso viene la parte difficile. Anche solo
pensare di infilare le dita nella terra o tra arbusti vivi che si contorcono mi
fa curvare le labbra dal ribrezzo, ma devo farlo e voglio farlo per lui. Quindi
mi faccio forza e, richiamando ogni più piccola nozione di erbologia rimasta
ancora incastrata tra i miei neuroni, mi avvicino agli esemplari che sembrano
essere più innocui.
Mi infilo i guanti con cura ed inizio a ripulire i vasi
dalle foglie morte ed ingiallite. Poi aggiungo con attenzione terra fresca nei
vasi più grandi, eliminando quella vecchia che emanava un odore piuttosto
nauseante. Tolgo quelle strane e ripugnanti sagome vermiformi che galleggiavano
sulla terra della pianta più ingombrante che occupa l'ambiente. Innaffio ed
infine, con un piccolo aiuto magico, rendo lucide, luccicanti le foglie di ogni
pianta. La superficie levigata delle foglie riflette la luce del sole come tanti
specchi facendo rimbalzare il chiarore da una parte all'altra della serra. I
colori variopinti delle foglie e dei fiori si fondono in un arcobaleno di tinte
morbide e lucenti che si infrangono contro il vetro ormai limpido delle
pareti.
Osservo il mio operato, tutto è pulito, in perfetto ordine. Adesso
posso distinguere il colore di ciascun fiore e di ogni pianta, si può persino
camminare tra una fila e l'altra.
Ancora un'ultima cosa, con un ampio e
misurato gesto di bacchetta sposto le pareti di un paio di metri per lato.
“Oh sì, al mio Neville piacerà tanto” mi dico soddisfatto incrociando le
braccia sul petto.
- E ti sarà tanto riconoscente – suggerisce il serpeverde
calcolatore che è in me. Non posso fare a meno che godere del gioioso gorgoglio
che sento vibrare nello stomaco.
Restava un'ultima cosa da fare, fiondarmi in
quel negozio, come si chiamava? Ah sì: “The Green Garden” in Diagon
Alley per comprare l'esemplare che avrebbe completato il suo verde
mondo.
Guardo l'orologio: mancano esattamente due ore al suo arrivo, quindi
ho tutto il tempo per fare le cose con calma.
Lo spazio sgombro che si era
creato al centro dell'ambiente cattura la mia curiosità. I miei occhi già ci
vedono un tavolo apparecchiato per due, candele sottili con la loro luce tremola
ad illuminare i nostri volti e il colore rosso fuoco delle rose del centro
tavola.
Oh sì, una cena a lume di candela in questo posto è il coronamento
perfetto per i miei piani.
Una giravolta e sono già in a due passi dal
negozio.
Non bado molto alla folla che popola le strade, alle persone che mi
passano accanto con le braccia cariche di regali natalizi, alle luci che
decorano case e vetrine lampeggiando auguri festosi. Cammino dritto sino al mio
obiettivo e, con convinzione, faccio la mia richiesta al commesso del
negozio.
Pur essendo assai trafelato l'uomo mi presta attenzione dopo qualche
minuto, forse aveva notato la mia aria impaziente fin da quando ho varcato la
soglia della bottega.
“Posso aiutarla signore?” dice con cortesia, i baffi
bianchi gli si arricciano appena ai lati della bocca.
“Certo, vorrei che mi
incartasse quella” gli dico, indicando deciso l'oggetto dei desideri del mio
compagno: di sicuro aveva un nome impronunciabile, latino o greco; quindi
ringrazio mentalmente il padrone del negozio per aver intuito fin da subito cosa
volevo. Ricordo bene che faccia aveva fatto Neville quando l'aveva vista dalla
vetrina, aveva spalancato i suoi occhioni castani con una dolcezza disarmante
che mi aveva sciolto come un ghiacciolo d'estate, per questo l'aspetto della
pianta mi è rimasto impresso a fuoco nella mente. Sono un compagno molto
attento, sapete. Fisso il tronco color ebano, robusto, nerboruto e nodoso come
quello di un ulivo con il fogliame lucido, nella mia mente già immagino la sua
collocazione nella serra.
L'uomo mi guarda per un istante con occhi stupiti,
quando annuisco vedendolo accanto al mio prossimo acquisto poi, di fronte alla
mia caparbia richiesta, si rilassa, o meglio mostra un'espressione rassegnata e
si adopera svelto per imballare in modo adatto l'articolo che gli ho
menzionato.
Portarla a casa non è un problema, quindi rifiuto cortesemente
l'offerta di pronta consegna a domicilio. Il negoziante mi assicura che quella è
una pianta piuttosto resistente, non troppo bisognosa d'acqua e mi fa altre
raccomandazioni riassunte e trascritte in un piccolo libricino che mi consegna.
Sono certo che Neville non ne avrà bisogno, ma lo accetto comunque.
Esco dal
negozio soddisfatto, il sorriso luminoso che mi tende le labbra ne è una
lampante dimostrazione.
Mentre mi dirigo verso il punto di
smaterializzazione, nella mia testa sento vagabondare un tassello mancante nelle
parole che l'uomo mi aveva rivolto, preso dalla frenesia del momento non vi ho
badato molto e non ricordo affatto cosa mi abbia detto. Non sarà stato nulla di
importante, ne sono certo.
Ogni tanto accarezzo la carta liscia che avvolge
il regalo di compleanno per il mio Neville che ho fatto accomodare rimpicciolito
nella mia tasca. La sento muoversi dentro sotto la stoffa, contorce i suoi rami
con impazienza.
“Coraggio, tra poco avrai tanto bel terriccio morbido tutto
per te” le dico, regalandole un'altra carezza sul tronco coperto dalla
carta.
Arrivato a casa, le restituisco la forma normale e tento varie
disposizioni all'interno della serra: quella pianta non è poi così enorme od
ingombrante come mi era parsa nel negozio, ma sto cercando il luogo ideale in
cui Neville possa notarla immediatamente tra le altre. Non mi piace l'idea di
metterci sopra un fiocco da pacco regalo, ma le lascio la carta che lascia
scoperto il vaso, dopotutto Neville deve scartare il suo regalo.
“Bene,
eccoti qui splendore” dico alla pianta, quando finalmente sono certo della sua
collocazione. Lei mi risponde agitando leggermente le foglie ed affondando per
bene le radici nella terra scura con la quale le ho riempito il vaso.
Lascio
che la nuova arrivata si ambienti alla sua nuova casa e rientro.
Mi adopero
quindi in cucina per preparare la cena che avrei trasferito poi nella serra. Non
era una buona pensata quella di portare l'occorrente per cucinare direttamente
lì.
Il suono inconfondibile del camino che annuncia il tuo
arrivo mi disegna un sorriso abbagliante sulle labbra.
“Eccoti amore mio”
esordisco entrando in salotto. Ti osservo mentre, con leggeri colpi di mano,
scacci via la polvere verde che ti ha portato a casa.
I tuoi occhi scuri e
densi come il cioccolato fondente mi fermano il cuore nel petto, quando
incontrano i miei.
“Ho bisogno di un abbraccio, di un massaggio, di un bacio
e di un bel bagno caldo...non necessariamente in quest'ordine” mi rispondi. Il
tuo volto è stanco, ma sei felice di essere tornato da me, perché ti butti
subito tra le mie braccia pronte ad accoglierti. Stringere il tuo corpo mi fa
ribollire le vene.
“Mmh, io direi che per prima cosa ti spoglierò e ti farò
un bel massaggio nell'acqua calda” dico, accarezzando il tuo volto stanco eppure
bellissimo ai miei occhi.
“Blaise, guarda che non mi addormenterò nella
vasca, posso fare da solo” rispondi ridendo, lo so che la mia proposta ti
alletta parecchio, non riesci a fingere con me.
“Lo so stupido. E' che oggi,
dato che sei il festeggiato, ti godrai tutte le mie affettuose e premurose
attenzioni” rimando con decisione allacciandoti le dita dietro il collo.
“Ma
il bacio posso dartelo adesso...se vuoi” sussurro sulle tue labbra socchiuse
aspettando che tu mi conceda il privilegio di sfiorarle, di vezzeggiarle con le
mie.
“Che sia degno della volontà del qui presente festeggiato” ribatti
malizioso, so bene quanto ti piace provocarmi e stuzzicarmi, ed io non aspetto
altro che di poter soddisfare ogni tuo desiderio, sempre. Perciò lambisco
curioso le tue labbra, con calma, mi prendo tutto il tempo per descrivere la
loro morbida consistenza, per assaporare il loro delizioso sapore prima di
saziarmi del calore della tua bocca, della sinuosità della tua lingua che
incoraggia e ricambia appieno la mia.
Quando sciolgo l'abbraccio delle nostre
labbra, ti tengo ancora stretto a me e ricambio il tuo sguardo castano con un
sorriso ebete sul viso.
“Che dici, sono stato bravo a soddisfare la prima
delle tue richieste?” domando con un ghigno sghembo ed ironico sulle
labbra.
“Mi ritengo soddisfatto, per ora” dici attirandomi contro il tuo
petto.
Mi baci brevemente, sento le tue mani afferrarmi i fianchi, leggere e
sicure ed il mio corpo sembra modellarsi sul tuo tocco per goderne appieno.
Senza parlare ti prendo per mano e mi dirigo verso le scale. Mentre ti
spoglio devo far violenza su me stesso per non chiederti di più, per resistere
dal voler soddisfare la mia voglia di te. Ma questa sera voglio fare le cose per
bene, voglio coccolarti, voglio deliziarti con la cena che ho preparato per te e
poi voglio godermi il tuo sguardo sorpreso quando vedrai cosa ho fatto per
stupirti.
Così continuo a massaggiare la tua pelle profumata ed umida
lasciandola scivolare sotto le dita, i tuoi gemiti rilassati stuzzicano la mia
sensibile virilità che, imperterrita, ed al di là del mio controllo, si tende e
si indurisce bramosa di essere soddisfatta.
Sono tentato, estremamente
tentato di chiederti sollievo, le tue mani saprebbero donarmelo
meravigliosamente e la tua bocca farebbe ancor di più, facendomi perdere il
senno. Eppure resisto, e guardo il tuo corpo scomparire dietro il telo da bagno.
Mi stupisco di me stesso quando decido di lasciarti da solo, per qualche
istante, giusto per controllare che ogni cosa sia al suo posto, ancora una
volta: lo so, sono un perfezionista... che ci volete fare, ma per il mio amore
voglio sempre il meglio.
La pianta misteriosa è ancora nascosta
dall'imballaggio nel quale mi è stata consegnata, voglio che sia tu a svelarne
le fattezze.
Mentre tu stai cambiandoti per la serata, io provvedo a
trasferire il tavolo, le rose, le candele e la nostra cena nella serra ancora
immersa nella penombra.
Devo correre in cucina altre due volte per spostare
ogni cosa. Non è certo il caso di farmi sorprendere da te mentre faccio
lievitare il tavolo imbandito nella serra, trafelato e guardingo come un ladro
d'appartamento.
Quando torno nella serra un'ultima volta sento un fruscio
inquietante provenire dall'angolo dove ho sistemato il tuo regalo. L'ambiente è
posseduto dall'ombra scura della sera, ma riesco a distinguere delle sagome in
movimento.
Sfodero la bacchetta ed aguzzo la vista, pronto a schiantare
qualsiasi intruso avessi trovato nascosto lì dentro.
Faccio luce con la punta
della bacchetta e dirigo il fascio luminoso verso la fonte del rumore.
Quello
che vedo mi blocca il respiro nella gola, gli occhi si aprono a dismisura
fissando impietrito quello scempio.
“Oh, Salazar misericordioso!” sospiro,
con un filo di voce che a stento esce dal mio petto.
“Blaise dove
sei?”
Sento la tua voce squillante chiamarmi, capisco che stai per uscire di
casa, i tuoi passi calpestano il ghiaietto che porta alla serra. Cerco di
ricompormi fingendo una tranquillità che in quel momento non mi appartiene
affatto. Sfodero un sorriso e mi avvicino frenandoti il passo.
“Blaise, che
ci fai qui fuori? Fa freddo!” mi dici sfregandomi le mani sulle braccia per
scaldarmi.
“Stavo solo prendendo una boccata d'aria, rientriamo adesso” dico,
cercando di spingerti con nonchalance verso casa.
“Amore, perché hai la
bacchetta accesa?” mi chiedi incuriosito.
In effetti, lì nel giardino c'è
luce a sufficienza, quindi non avrei nessuna ragione per aver la bacchetta
illuminata. Accidenti al tuo spirito d'osservazione e ora come ne vengo
fuori?
Il tuo sguardo castano corre veloce alla serra.
Ho lasciato la
porta aperta! Ho dimenticato quella dannata porta aperta! In quel preciso
momento mi sentivo molto Dobby, se avessi avuto un muro e non il tuo petto
davanti vi avrei sbattuto la testa contro.
“Blaise, cosa nascondi lì dentro?”
mi domandi con fare sornione.
“Niente davvero...dai torniamo in casa” cerco
di persuaderti e di portarti verso la porta di casa ti afferrandoti le mani, ma
tu non demordi da bravo e caparbio grifone quale sei.
“Non mi hai organizzato
una festa a sorpresa, vero?” chiedi esitante, lasci che sia io a guidare i tuoi
passi per un attimo, ma poi cerchi ancora di andare verso la serra.
Una festa
a sorpresa nella serra? Ma che idea assurda.
“Nemmeno per sogno, ti voglio
tutto per me stasera, non ho voglia di sorbirmi una vecchia rimpatriata del
dormitorio rosso - oro del settimo anno” rispondo, con sprezzante tono
serpentesco, sperando di convincerti come al solito.
“Mmh e allora perché ho
come l'impressione che tu voglia tenermi lontano dalla serra?” domandi.
Non
demordi eh? Certo che no sei perfino più testardo di me.
Hai completa fiducia
in me e questo mi fa palpitare il cuore tanto da farlo correre frenetico nel
petto, come faccio a mostrarti quel che ho combinato nella mia totale
incoscienza?
“Neville, credo che mi si stia bruciando qualcosa in forno,
meglio che corra in casa a controllare” è questo che vorrei dirti, per non
farti entrare nella serra.
Oppure, potrei manifestare un improvviso attacco
di lussuria convincendoti a schizzare in camera da letto.
“Blaise, che cosa
può mai esserci di così spaventoso lì dentro? Non mi avrai mica regalato un
cucciolo di drago?” chiedi con una smorfia indagatrice. Peggio, molto peggio, un
drago non avrebbe fatto una tale carneficina!
“No, è che non so se ti
piacerà e...” cerco di parlare, ma tu mi interrompi subito.
“Qualsiasi cosa
sia mi piacerà, perché sei tu ad avermela regalata, quindi smettila di
preoccuparti per nulla. E poi è il festeggiato che decide ed io voglio godermi
subito la sorpresa che mi hai preparato” affermi deciso. I tuoi occhi, oddio
come faccio a guardarti negli occhi, cercando di inventare una balla verosimile
che non desti sospetti?
Ok, non posso, semplicemente non posso mentirti,
tanto più oggi che è il tuo compleanno. Capisci che mi sono arreso e sorridi
soddisfatto.
Oh Merlino, tra pochi secondi al posto di quel sorriso radioso
vedrò apparire una smorfia disgustata.
Arrivati a pochi passi dalla porta ti
fermi e guardandomi dici: “Non dovresti coprirmi gli occhi?”
“Ehm...giusto
altrimenti che sorpresa sarebbe?” ribatto, riesco a stento a trattenere il tono
preoccupato che vena la mia voce.
Ti lasci condurre da me e, quando poso i
palmi sui tuoi occhi, ti lasci sfuggire un sospiro colmo
d'aspettativa.
Ancora qualche metro e ci siamo, sento l'adrenalina scorrermi
nelle vene, lo stomaco mi si attorciglia preso dall'ansia. Ero così curioso ed
ansioso di vedere la tua espressione, adesso vorrei che quel momento non
arrivasse mai.
Eccoci finalmente arrivati, varchiamo insieme la soglia.
L'ambiente è illuminato solamente dalla luce tenue delle candele, il resto è un
insieme di ombre fruscianti.
Con un colpo di bacchetta intensifico la luce
dei ceri, mentre con la mano libera cerco di coprirti entrambi gli occhi, anche
se so già che non cercheresti di sbirciare. Non guardo all'interno, vorrei
chiudere gli occhi per non dover vedere la tua espressione delusa.
“Ok, sei
pronto amore?” domando incerto, tu annuisci ed io lascio cadere le
mani.
“Buon compleanno Neville!” dico senza molto entusiasmo, aprendo le
braccia mostrando tutto quel che mi circonda.
Poso una rapida occhiata
sull'involucro accartocciato che troneggia alla mia destra. Nessun nastro o
fiocco decora la carta da pacco, ma è assolutamente evidente che quello sia il
tuo regalo, o meglio lo era. La carta è strappata in alcuni punti.
I tuoi
occhi si socchiudono velocemente più volte, poi li vedo spalancarsi, ma non è
gioia e sorpresa quella che vedo. E' un misto d'orrore, tristezza e rammarico
mescolati con un pizzico di arrabbiatura.
“Blaise, che...Merlino, ma cosa hai
fatto?” dici, il tono della tua voce scorre in una gradazione piuttosto
inquietante che mi mette leggermente a disagio.
“Blaise hai...” tenti di
parlare, ma ti blocchi quasi subito respirando velocemente in cerca
d'ossigeno.
“...riordinato? Sì, ho anche ampliato un pochino la serra
così avrai più spazio per altre piante e poi ti ho preso una cosa, un mostro del
regno vegetale, ecco il tuo regalo!” penso dentro di me, con
amarezza.
Il tuo volto sembra scolpito nella pietra d'un tratto, come se
fosse stato immortalato in una perenne smorfia di estremo ed angosciato
stupore.
A questo punto mi preoccupo sul serio. Non avrei dovuto entrare qui
dentro, in quello che consideri il tuo rifugio personale.
Quando trovo il
coraggio di guardare all'interno, quello che vedo fa spalancare la mia bocca
fino all'inverosimile, la luce rende tutto molto più tragico.
No, non è
possibile che io abbia fatto una cosa tanto stupida, non ci credo!
Il mio
Neville...ho sconvolto il mio Neville invece di stupirlo, con quella che credevo
essere un'idea geniale pur nella sua semplicità.
Mi guardo attorno: è il caos
totale. Della serra tanto amata da Neville non è rimasto nulla, niente più
foglie verdi, gialle...niente.
Le piante superstiti giacciono a terra, il
fogliame sparso qua e là. Sul tavolo che avevo imbandito sono rimaste solo le
candele accese che ancora consumano la loro fiamma tenue.
Il “regalo” si è
divorato tutte le piante lì presenti, senza alcuna pietà, ed al momento stava
smangiucchiando in tutta tranquillità l'esemplare preferito di Neville. Ci aveva
messo mesi per farla crescere, quella di quest'anno era la sua prima
fioritura.
Deve aver percepito la nostra presenza perché vedo alcuni rami
voltarsi e, quella che doveva essere la bocca si spalanca emettendo un suono
gutturale che poteva essere paragonato ad un gorgoglio digestivo.
Oddio,
quella pianta è orribile, è senza alcun ritegno!
“Neville mi spiace io non
credevo...non pensavo” farfuglio in preda allo sconforto e alla
delusione.
“Blaise, sai che razza di pianta è quella?!” mi dici, la tua voce
è venata da una palpabile tensione, ma colgo anche una strana meraviglia che
contrasta pienamente con la smorfia immobile che deturpa le tue labbra.
Non
riesco a cavarmi una parola di bocca, quindi scuoto la testa.
“Merlino
benedetto, quella è una Mutationem Malefica Blaise!” esclami, non
riesco a cogliere quale tono sia predominante nella tua voce, se quello teso e
sconvolto oppure quello stupito.
“E' pericolosa?” chiedo al massimo della
tensione.
Ho rovinato questo giorno invece di festeggiarlo degnamente, non
posso credere a quanto sono stato idiota.
“Neville mi...mi spiace, io non
sapevo che fosse così... vorace. L'uomo che me l'ha venduta sembrava molto
competente, non voleva imbrogliarmi, ne sono certo, eppure...” non so più cosa
dire.
Mi sono lasciato ingannare come un pivello tassorosso!
Neville fissa
ancora qualche istante la pianta malefica mentre l'ultimo bocciolo viola della
recente vittima sparisce dietro le sue fauci, poi posa lo sguardo su di me e fa
la cosa più strana del mondo: scoppia in una risata!
Lo fisso stranito, non
capisco, perché i suoi occhi non sono colmi d'ira e di fastidio? Perché non
inveisce contro di me, ma addirittura mi bacia sulle labbra?
Quella pianta
sbranatrice di suoi simili ha quasi distrutto la serra e mandato all'aria la
cena che avevo preparato, e lui invece di farmi correre a gambe levate mi bacia?
Ok, l'amore fa strani effetti, ma questo me lo deve proprio spiegare.
“Blaise
cosa le hai messo nel vaso quando l'hai portata a casa?” mi chiede, attendendo
tranquillo la mia risposta.
Ci metto qualche secondo a capire cosa mi ha
chiesto, ma alla fine mi ricordo di quando ho aperto un sacchetto di terra scura
e dall'odore pungente e ne ho svuotato una buona metà nel vaso del “mostro
sterminatore di foglie”. Il negoziante si era raccomandato di aggiungere della
terra fresca prima di bagnarla e così ho fatto, non volevo che appassisse ancora
prima che Neville la vedesse.
“Ho aperto quel sacchetto e ho messo un po' di
terra nel suo vaso” rispondo con la voce piatta, come se mi uscisse dal corpo
senza la mia volontà.
Ride ancora, ma come, che accidenti hai da ridere?!
“Quella bellissima, rarissima, pianta carnivora se affonda le sue radici in
un terriccio che non è quello rosso africano subisce una metamorfosi che la
rende incredibilmente vorace. Può mangiare tutto quello che le capita sotto le
fauci” mi spieghi con pacata tranquillità.
“Possibile che chi te l'ha
venduta, non ti ha detto nulla a tale proposito?”
E lì, il tassello mancante
prende finalmente posto. Ecco di cosa mi stava parlando il negoziante...Forse
avrei dovuto leggerlo quel “manuale” d' istruzioni dopo tutto.
Allora sono
stato io a trasformarla in una serial killer vegetale?
La mia faccia deve
essere il massimo della tristezza e della più nera delusione in questo preciso
momento.
Le tue braccia mi avvolgono come una morbida coperta che mi scalda
subito il cuore e fa avvampare le mie guance, le tue labbra sussurrano al mio
orecchio: “Blay mi hai fatto un regalo bellissimo, quella pianta è molto
preziosa e la stavo cercando da tanto tempo. Basterà fare attenzione e non farà
più nulla, sarà un magnifico esemplare, soprattutto in primavera, sai?”.
Mi
rilasso un po' lasciandomi andare contro il tuo petto e mi faccio cullare dal
suono dolce e caldo della tua voce carezzevole.
“Sono un disastro coi regali
a sorpresa vero?” dico leggermente in imbarazzo. Sento la faccia andare in
fiamme quando sento la soffice pressione delle tue labbra posarvisi
sopra.
“Sei adorabile invece, hai organizzato tutto questo per me, ci avrai
impiegato tutta la giornata, per non parlare di quanto avrai pagato il regalo
carnivoro. Non hai il pollice verde, ma ti assicuro che ti amo comunque” dici,
concludendo con una risata a labbra socchiuse sulla mia pelle, la percepisco
vibrare su di me nel tuo sorriso.
Mi volto tra le tue braccia e mi tuffo nel
mare color cioccolato dei tuoi occhi. Lo so, lo sento quanto mi ami e voglio
passare i miei giorni a dimostrarti quanto sono felice e fortunato a godere del
tuo amore.
“Dici che avrà mangiato abbastanza per oggi?” ti chiedo. Non
vorrei che attaccasse anche la vegetazione del vicinato.
“Non preoccuparti,
so come placarla, basterà uno spruzzo di lacca per capelli e si calmerà” mi
assicuri annuendo.
Le tue dita mi accarezzano la nuca scendendo a
massaggiarmi il collo ancora un po' rigido.
Ma come, una feroce pianta
carnivora che si addormenta con una nuvoletta di lacca?
“Mi spiace per la
cena, credo che abbia divorato anche quella” dico con rammarico sbirciando verso
il tavolo immobile al centro della serra, la tovaglia lacerata in più punti e i
rimasugli di cibo sparsi qua e là.
“Blaise smettila di dispiacerti” mi
rispondi cercando di tranquillizzarmi.
“Non voglio rinunciare alla serata che
avevo preparato per te” ribatto con convinzione.
So che stai per dire
qualcos'altro per rassicurami, ma ormai ho deciso. Ti preparerò di nuovo la
cenetta che avevo pensato per noi e poi mi arrenderò ad ogni tua
volontà.
“Niente proteste, adesso ci accomodiamo in cucina e penserò a tutto
io, tu dovrai stare seduto in paziente attesa. Mentre mi metto all'opera tra i
fornelli, ti concedo di avere qualsiasi pensiero osceno ti venga in mente su di
me” affermo con fare malizioso, mentre faccio scorrere le mani sul tuo petto
ampio.
“Potrò concretizzarli tutti?” mi chiedi, con altrettanta malizia
stuzzicando le mie labbra con i polpastrelli.
Fingo di catturare le tue dita
tra le labbra e con la punta della lingua le tocco appena, ma tanto basta a
farti fremere.
Mi sciolgo anche se a malincuore dal tuo abbraccio e cammino
flessuoso verso casa lasciando che il tuo sguardo bollente mi sfiori. Ho tutta
l'intenzione di augurarti un buon compleanno come si deve.
“Blaise...” mi
chiami con dolcezza, ed io mi avvicino a te di nuovo. Mi cingi la vita con le
braccia ed io accomodo il mio corpo contro il tuo nell'abbraccio.
“Sì amore”
rispondo, portando le mani sul tuo viso lisciandolo lentamente.
“Non prendere
impegni per i prossimi weekend” mi dici pacato.
Non capisco, cosa hai in
mente?
Dato che non dico nulla, continui con il medesimo tono calmo di prima
che ora, però, mi fa venire i brividi lungo tutto il corpo.
“Perché mi
aiuterai a rimettere in sesto le vittime innocenti straziate dal tuo magnifico
regalo”
Impossibile, quel ghigno stampato sul tuo volto non è degno di un
grifondoro dal cuore tenero come te.
Devi aver intuito perfettamente quel che
mi è passato per la mente.
“Forse il cappello parlante ha chiesto anche a me
di fare una scelta” dici malizioso.
“Saresti potuto essere un serpeverde?”
ribatto allungandomi verso le tue labbra per un bacio.
Non rispondi, ma il
ghigno resta lì, stampato sulle tue labbra perfette.
“E dai dimmelo” cerco di
persuaderti cospargendoti di baci il viso.
“Sbaglio, o il qui presente
festeggiato doveva essere coccolato e vezzeggiato da una certa serpe
pasticciona?” dici ridendo ed allontanando scherzosamente le mie labbra dal tuo
collo.
Oh ma lo farò, puoi starne certo, ho intenzione di farmi perdonare
come si deve per il piccolo disastro che ho combinato.
“Hai ragione”
bisbiglio con voce roca, direttamente sulle tue labbra ancora troppo vicine alle
mie perché possa resistere dal toccarle.
“Lo sai che ti amo?” dici
guardandomi negli occhi, le tue braccia saldamente ancorate attorno ai miei
fianchi.
Fingo di sollevare lo sguardo al cielo in un' espressione di
ostentata modestia: sento la pressione delle tue dita farsi più decisa su di me
e, come attratto da una calamita, il mio corpo si plasma sul tuo per averlo
vicino il più possibile.
“Credo che non mi stancherò mai di sentirtelo
dire...” ribatto sprofondando nel calore del tuo sguardo di cioccolato; ti sento
sospirare, il soffio leggero del tuo respiro mi sfiora le labbra.
“...e non
mai mi stancherò di dirtelo” continuo, intrecciando le dita nel tuoi capelli
soffici e corposi.
“Ti amo Neville” sussurro, le mie guance stanno andando in
fiamme e il mio cuore, batte così veloce nel petto, così vicino al tuo, lo sento
pulsare con altrettanta forza.
Non dici nulla, ma il modo in cui mi guardi,
il modo in cui accarezzi il mio viso, cullandolo nelle tue mani mi fa capire che
quelle parole valgono per te più di mille auguri, più di tutte le piante rare
esistenti su questo mondo. Il mio amore ti basta, stento ancora a crederci a
volte, ed è questo che voglio darti stasera, come tutti i giorni della mia
vita.
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