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Autore: Lumos and Nox    30/04/2015    7 recensioni
Tre capitoli su alcune delle coppie tra Villains più amate.
Ecco a voi Aderis, Jalefica, Yzier e molte altre. Tre semplici caratteristiche che le accomunano: pazzia, cattiveria e... "amore"?
#1: Famiglia
#2: Litigio
#3: Romance
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vita di Coppia: come sopravvivere



2. Litigio

Ade/Eris
«Cooooooooosa?!» si sgolò Ade. L'intera sala di quel cupo palazzo del Tartaro fu illuminata a giorno da un tripudio di fiamme, che Eris degnò a malapena di uno sguardo annoiato.
Quando Ade si accorse di Pena e Panico che correvano con le code pericolosamente troppo... a fuoco cercò di trovare una vaga "pace interiore". «Ok, ok, sono calmo», sospiro profondo. «Va tutto benissimo. Sono calmo».
«Perfetto» decretò Eris con una risatina angelica che stonò con il seguente tono glaciale. «Perché io non lo sono affatto!»
Pena e Panico, dopo una lunga occhiata eloquente, si gettarono precipitosamente fuori dalla stanza.
«Come hai osato permetterti di affermare un affronto del genere? Hai il cervello sottoridotto di un mortale? O forse sei una di quelle divinità tarocche che un tempo lo erano?»
Il volto di Ade si deformò in un sorrisetto falso, che mal nascondeva la sua rabbia. «A furia di portare discordia in giro, si perde la memoria, 'Ris? No, perché, sai com'è... sono uno dei Tre Pezzi Grossi!»
Altre fiamme.
Il dio fece comparire dal nulla una pergamena giallastra che lanciò ad Eris. «Controlla pure, mela d'oro, magari così la tua memoria ne uscirà migliorata».
Eris, inaspettatamente, ridacchiò, rilanciangogli l'albero genealogico. «Oh, Ade, forse faresti meglio a ricontrollare certe appunti prima di rifilarmeli».
Il dio degli Inferi srotolò la pergamena, impaziente. Il suo nome era circa a metà della pagina, cerchiato da uno scarabocchio che doveva essere un alone nero con delle fiamette blu. Lo seguivano i nomi di Poseidone e di Zeus, rispettivamente attorniati da ondine e fulmini piuttosto infantili.
«Ok, forse Nemesi non avrebbe dovuto iniziare la sua opera di pittura proprio qui, ma...»
«Guarda più su» lo interruppe Eris, le braccia incrociate e un sorriso che non prometteva nulla di buono.
Lo sguardo di Ade scivolò sulla quasi infinita lista di seccatur... parentele divine, finché non venne catturato da un confuso disegnetto. Il nome di Eris era attorniato da spiritelli argentati, gente morente a terra e- tanto per cambiare- un enorme mela d'oro. Ma la cosa peggiore era un'altra.
Eris rise deliziato. «Adoro poterlo dire: te lo avevo detto! Sono molto più primordiale di te!»
Sovrastando le confuse spiegazioni del perché Ade fosse comunque migliore, Eris si avvicinò al dio fino a poter mordicchiare il suo orecchio. «E, tanto perché per restare in tema di memoria, Discordia vince sempre i suoi litigi, dovresti saperlo. Stavolta ti va bene solo perché sei... carino».
E sparì in una nuvola violacea, portando con sé una risata e la pergamena.

Jafar/Malefica
I litigi al castello delle tenebre si propagavano spesso in una sorta di guerra fredda. Potevano durare settimane. E ovviamente, nessuno delle due parti sembrava mai avere intenzione di cedere, finché, ovviamente, non l'aveva vinta, in qualche modo un poco subdolo, Malefica.
Tuttavia, quel giorno le cose sembravano andare diversamente. E questo di certo non contribuiva ad un buon decente stato d'animo della Regina di tutti i Mali. «Se ti aspetti qualcosa» decretò infatti con voce glaciale, «non immagini nemmeno quando tu sia in errore».
Jafar non rispose, limitandosi a fissare Malefica con le labbra appena incurvate.
«È una cosa che non tollero!» proseguì la strega. Nonostante il suo atteggiamento distaccato, Jafar non poté non notare la sua crescente irritazione. «Se si ricevono delle ingiurie, o comunque degli insulti» proseguì Malefica, «è intollerabile non rispondere. Assolutamente indegno. E questo fa di te un effettivo mago senza valore: per farla breve, un'infima creatura del Male da due soldi, Jafar, addirittura peggio di quanto credevo».
Il Gran Visir dirignò i denti in una smorfia che ricordava vagamente un serpente, aumentando la presa sul suo scettro. Ma non demorse. Ancora una volta, non aprì bocca, aumentando la furia di Malefica.
Gli occhi gialli della strega si spalancarono, in un'occhiata che avrebbe fatto crollare anche il più ardito tra i principi. Fu solo un attimo, per poi ritornare al suo consueto distacco e gelo. «E dire che pensavo di aver toccato il fondo, con la cara principessa Aurora. Dovevo essere veramente sciocca, ora mi ritrovo di fronte una tale personalità che riesce addirittura a rendere interessanti le poche parole che quella piccola idiota riusciva a stento ad articolare. Ti porgo i miei più sentiti complimenti, Gran Visir di Agrabah. Credo che potresti perfino ambire al premio dell'anno per la loquacità, con questa tua squisita capacità di oratore».
Il discorso annunciato scivolava talmente nell'assurdo, che Jafar non poté trattenere un sorriso molto più sfacciato, né nascondere un lieve colpo di tosse, che però pareva più una risata soffocata.
Malefica strinse le labbra, non per la rabbia, ma per non farsi scappare un gesto impulsivo. Doveva ammettere, suo malgrado, che forse quel litigio avrebbe avuto come vincitore il Gran Visir.
Non che fosse minimamente al suo livello, si intende.

Yzma/Facilier
«Ah!» Yzma sfoderò una delle sue migliori smorfie altezzose. «Sbraita finché vuoi, tanto non ti sento!» dichiarò, le mani scheletriche ben piantate sopra quei due buchetti del cappello che dovevano essere le orecchie.
Facilier alzò esasperato gli occhi al cielo. «Non sarebbe delizioso, mia cara, se la smettessi?»
Lo stregone fece appena a tempo ad accucciarsi, che un incudine gli sfiorò sibilando il cappello, schiantandosi con un sonoro SDONG sul divano dietro di lui.
Facilier si rialzò, facendo leva sul suo bastone, per poi sistemarsi la giacca con una sorta di sorriso storto. «Chi è che non sentiva?»
«Di sicuro tu quando ti ho detto che solo io posso dire a Kronk che i suoi broccoli fanno schifo!»
Il reticolo di rughe che la strega si ritrovava per viso aveva assunto una sgradevole tonalità rossastra, che però Facilier sembrò trovare piacevole. «Spero che mi perdonerai» si scusò, facendole un'elegante baciamano. «Credevo solo che fossi stanca, dopo ore e ore di insulti».
Yzma piegò le labbra in un sorriso che sarebbe potuto sembrare bieco. Inutile, non riuscivano proprio a fare un litigio come si deve.

Frollo/Gothel
Gli occhi di Gothel sprizzavano vendetta in quel suo modo atrocemente normale, mentre mandava a monte un altro dei suoi piani.
Fu anche grazie a questo indizio che Frollo ritenne opportuno porre quella domanda- che più pareva un'affermazione. «Siete coinvolta nella fuga di quel barbaro giunto qui dalle terre oltre oceano?»
Gothel imbastì la sua migliore aria innocente, molto convincente a dire il vero. «Che barbaro, mio giudice? Intendete forse quello sciagurato che è misteriosamente fuggito dalle prigioni? Quello strano individuo che Cortéz aveva catturato nella sua campagna verso la fantomatica El Dorado e che Ratcliffe mi aveva concesso?»
«Quanti altri barbari avete avuto l'onore di conoscere in questi tempi, Gothel?» domandò Frollo a denti stretti, sorseggiando del vino.
La strega sorrise in modo dolce, quasi materno. «Devo escludere quello che ho davanti, mio caro?»
Frollo spalancò gli occhi, ritrovandosi quasi ad annegare nel vino. Osservò sconvolto la donna, che si avvicinò a lui tanto da far sfiorare i loro volti. «Ciò che faccio con i miei prigionieri è affar mio, caro Frollo» decretò, facendo scintillare tra le vesti un sinistro pugnale. «Cerca di tenerlo ben a mente, tesoro» concluse, dandogli un lieve schiaffo sulla guancia.
«Come ti permetti, strega? Io sono un ministro di Di...»
Prima che potesse concludere la frase, le labbra di Gothel si insinuarono nelle sue, passionali e prepotenti.
Era con un litigio, il primo di innumerevoli altri, che era iniziata la loro storia.

Crudelia/Madame Medusa
Medusa afferrò con uno scatto rabbioso della mano l'oggetto incriminato, tenendo nascosta nell'altro pugno la sua arma segreta.
«Crudelia!» strillò scendendo le scale con passo pesante.
Dalla sala da pranzo, Crudelia le rivolse un'occhiata innocente alzando gli occhi dalla rivista che stringeva tra le grinfie, il boccale della sigaretta in bilico tra il tavolo e il vuoto. «Cosa ti spinge ad urlare così, Medusa cara?»
La cara in questione le sbattè davanti il flacone, che tintinnò minacciando di rovinare a terra. «Ammettilo! L'hai finito apposta!»
La donna in pelliccia nascose malamente un sogghigno. «Oh, ma Medusa, tesoooro! Ma cosa vai cianciando?» si alzò, portando con sé la sigaretta e una vampata di fumo verdastro. «Come potrei riuscire a finirti un profumo così... schifoso? Se l'ho gettato via, l'ho fatto solo per te, cara».
Medusa scoprì i denti in un sorriso maligno, che giustificò appieno lo scintillio folle dei suoi occhi verdi. «Allora, amorino, non ti dispiacerà se faccio lo stesso... con il tuo smalto». Scoprì la sua arma, il flacone di smalto bordeaux che tanto odiava, e prima che Crudelia potesse fare alcunché, lo gettò a terra. Smalto e vetri si sparpagliarono ovunque. E Medusa, non contenta, si premurò anche di calpestare con il tacco il rimanente.
Crudelia sembrava parallizata, ma non tardò molto ad esplodere in un urlo disumano. «Domani avrò un vestito con la tua pelle, orribile megera!»
Medusa ridacchiò, prima di precipitarsi sulle scale per evitare le ire della sua compagna.

Helga Sinclair/Clayton
La sberla che Cecil Clayton ricevette era talmente forte che avrebbe mandato a terra almeno una decina di uomini.
Ma non lui, che si era fatto le ossa tra giungle e scimmioni.
«Brutto, lurido bastardo» ringhiò Helga, con un doppio calcio rotante che Clayton riuscì ad evitare per puro miracolo. La donna si scostò la lunga treccia dal viso con un gesto rabbioso e in quell'attimo, Clayton ne approfittò per tentare una difesa. «Se magari si permettesse di dirmi cosa le ho fatto, Miss...»
«Oh, hai il fegato di chiederlo. Complimenti» commentò il tenente Sinclair infilandosi una sigaretta in bocca. «A quanto pare, mettermi in ridicolo davanti all'intera spedizione ha causato danni a quel concentrato di idiozia che ti ritrovi per testa».
Clayton tralasciò gli insulti e spalancò le braccia per colpirsi il petto, facendo quasi cadere il fucile a terra. «Metterti in ridicolo? Io
«Mi hai dato della tua "fidanzata" in presenza degli uomini! Lo trovi tanto divertente?»
L'avventuriero fu talmente stupito da lasciarsi sfuggire un gemito che pareva divertito. «Ma credevo...»
«Credevi un bel niente!» urlò Helga, dando un tale pugno sul tavolo da far crollare metà delle cartine. «Non permetterti MAI più!» gridò prima di uscire a passo marziale dalla tenda, con una frustata della treccia, senza però riuscire ad evitare che Clayton notasse il rossore sulle guance.
Il cacciatore scosse piano la testa, chinandosi a raccogliere le cartine, con un vago sorriso che cominciava ad arricciargli le labbra. Non credeva di aver mai visto Helga Sinclair imbarazzata, tanto meno per un qualcosa riguardante lui. Non riusciva a capire se quel litigio fosse o meno negativo.

Grimilde/Gaston
«Io ho smesso di guardare altre donne, da quando ci sei tu. E potrei averne ancora tante, sai, tutte adorano Gaston. Ma ho smesso di guardare chiunque. Mi chiedo solo perché diamine tu non possa fare lo stesso».
La risposta di Grimilde era il motivo per cui non era ancora tornato al castello, il motivo per cui stava nel bosco a sparare ad ogni dannata bestia da almeno tre giorni.
«Perché io sono la più bella del reame. Non posso accontentarmi di un solo uomo».
Gaston incoccò una freccia sperando di scacciare quei pensieri e mirò ad una ghiandaia seminascosta tra le fronde dell'albero vicino.
Ma dei passi rumorosi alle sue spalle fecero scappare la sua preda. Gaston si voltò irritato: davanti a lui si trovava uno smilzo di un ragazzino, con dei vestitini gialli ridicoli e un naso enorme.
«Come ti sei permesso di interrompere la mia caccia, ragazzino?» domandò, per poi ammiccare a sorpresa. «Volevi assistere al mio lavoro da maestro, vero?»
«V-veramente sono qui come messaggero della regina» farfugliò il ragazzino. «E-ecco qui» disse consegnandogli una pergamena. «D-dice che dovete tornare subito al castello, e che... verrete accontentato in quello che chiedete, se venite subito».
Gaston diede una rapida letta alla missiva, un continuo fronzolo di una scrittura che non era sicuro di riuscire a leggere. Ma se il sigillo della pergamena era sigillato, come sapeva il messaggero del suo contenuto? Osservando gli occhi verdi del ragazzino, quella tonalità tanto particolare, capì che non era l'unico ad essere stato trasformato, in senso letterale, dall'amore.

Merlino/Magò
Erano sempre stati una coppia abbastanza litigiosa, su questo entrambi erano d'accordo. Ma i primi veri litigi, i furiosi litigi che prevedevano lanci di oggetti e di parole pesanti e di frecciatine, si erano sviluppati dopo.
Per la precisione, quando Marrec si era ammalato. L'aveva presa cercando di diventare uno scudiero, per poi essere nominato cavaliere ed era stata una brutta malattia, un'orrenda malattia lunga e dolorosa, che lo aveva trascinato in una tomba prima di compiere i quindici anni.
Avevano avuto litigi orrendi lei e Merlino, i primi tempi. Poi era stato Marrec e l'amore che provavano per lui a riavvicinarli e a separarli nuovamente, quando entrambi avevano deciso di ricorrere alle arti magiche per salvarlo.
Magò aveva fatto un patto con forze oscure e maligne, un patto che le aveva strappato di dosso la sua bellezza, per cercare di salvare Marrec. Ma nonostante tutto quello che aveva fatto, Merlino non era d'accordo, Merlino si ostinava a ripetere che se la Magia Bianca non prevedeva certe cose e non garantiva la salvezza per Marrec, allora nessun'altra cosa avrebbe potuto salvarlo da quella malattia.
Ma il litigio peggiore non era scaturito dal fatto che lui avesse forse ragione, che Marrec comunque se ne fosse andato. Era nato perché entrambi si accusavano l'un con l'altra della sua morte: era con quel litigio che si era insediato l'odio puro e nero tra loro.

Hans/Charlotte La Bouff
«Haaaaaans!» si stava lamentando Charlotte a gran voce, tanto che alcuni servi lanciavano loro occhiate strane, chi di rimprovero, chi di disgusto. L'ultimo principe delle Isole del Sud, colui che era costato il termine di qualsiasi attività o rapporto con Arendelle per una sua sciocca presunzione, marciava a passo spedito per i corridoi, trascinandosi dietro una capricciosa e viziata ragazza americana (e ricca). Hans sapeva perfettamente cosa pensavano di lui. E di lei. Si fermò di botto, tanto che la ragazza gli rovinò quasi addosso. «Smettila, Charlotte!» ringhiò a bassa voce. Ne aveva abbastanza di essere costantemente umiliato.
Charlotte mise su il suo miglior broncio. «Ma perché non vuoi, Haaaans? Non mi vuoi bene? Non sei il mio principe?»
«Charlotte, cerca di...»
La ragazza scoppiò in un pianto disperato. Ma soprattutto esagerato. «Arghhhh, Hans non è più il mio principe!!! Buahahhaah!!!!»
Il principe sospirò. Non sapeva se considerarsi irritato per sottolineare continuamente quel suo titolo- va bene, era il principe e Charlotte lo adorava per questo, ma non era comunque il re- o quasi esasperato dai piagnistei della ragazza. «Sono il tuo principe, ok...» mormorò, e Charlotte smise immediatamente di annegargli nella camicia per strangolarlo in un abbraccio. «Oh, ero certa che avresti capito!»
«... sono il tuo principe, ma non voglio comunque andare a quel dannato ballo».
«Ma Haaaans!» sbuffò petulante Charlotte, cambiando tattica. Con il trucco, che nonostante le lacrime era miracolosamente a posto, e con le mani sui fianchi sembrava molto battagliera. «Ma perché non vuoi che andiamo insieme a quel ballo? È un ballo di corte! È tipo... la miglior cosa del mondo dopo i dolcetti di Tia e un principe come te!»
Hans sentì un lieve calore bruciacchiargli dentro a quelle parole, ma si voltò ugualmente e riprese ad allontanarsi, cercando di ignorare Charlotte che lo inseguiva con la solita... discrezione.
Non era certo che sapesse cosa era successo ad Arendelle, né cosa pensavano di lui e di lei. E non voleva che lo scoprisse ad un ballo- al suo primo ballo- di corte. Anche se ciò comportava un litigio.

Spugna/Nonna Fa
«Perché te ne dovresti andare?»
Il vento di quella mattina era piuttosto forte, e i capelli di Hua Yun scivolavano fuori dal suo chignon per scendere in ciuffi disordinati sui suoi occhi scuri.
Spugna evitò di guardarla negli occhi, torcendosi tra le mani già piene di calli- e non aveva nemmeno venticinque anni- il berretto rosso che lei gli aveva regalato. «La nave... la nave parte tra tre giorni...»
Hua non aveva detto niente. Non aveva scherzato, non aveva urlato, non aveva fiatato.
Non avevano mai avuto dei veri e propri litigi, nemmeno quello lo era stato. Ma Spugna lo ricordava come tale, ricordava quella conversazione come il litigio.
Il litigio che li aveva separati.



N.d.A.
Buonciorno!
Colpita da una sorta di shipping conclusivo, sono riuscita finalmente a scrivere e a pubblicare il secondo e penultimo capitolo. Urrà per me [cit.]
Ci tengo poi ad informarvi che l'atteso sesto capitolo di PR è a buonissimo punto. Ho salutato con la mano metà del capitolo e presto (forse anche questo weekend, ma sapete che non sono molto attendibile e che i miei concetti di presto... ehm, sono piuttosto lontani dalla norma) vedrà anche quello la luce su efp.
Tornando a questo capitolo, come potete notare, è più incentrato sull'angst. Abbiamo l'aggiunta di una nuova coppia, Gaston/Grimilde, consigliatami in una recensione e forse in seguito verranno aggiunte anche Hans/Charlotte La Bouff e Merlino/Magò.
Spero di essere stata IC e non banale. Un litigio a volte può esserlo.
Vi invito a capire chi mai potrà essere il "barbaro" citato da Gothel e Frollo, un fuggitivo che sembra avvolto nel mistero (vero, Mitica?). Inoltre, ringrazio tutti coloro che hanno recensito il precedente capitolo e PR. Purtroppo sono diventata una ritarda cronica anche nelle risposte, scusatemi davvero. Mi sento una persona orrenda.
Spero che mi perdonerete.
Baci e a presto,
Nox

  
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