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Autore: Eagle_Whisper    30/04/2015    2 recensioni
Deim vuole passare alla storia come un tiranno, a lui interessa solo la ricchezza, nient'altro; ma deve fare i conti con chi o cosa è più malvagio di lui. Il male si è appena mosso.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Era primavera inoltrata e a Linthora, la città più elevata dell’est, si respirava aria di novità; dopo la morte di re Ruinald, il figlio Deim assaporava già il momento della sua incoronazione.
I cittadini non vedevano di buon occhio il giovane e futuro re; Deim, infatti, era un ragazzo scaltro, avido ed egoista, il figlio maggiore del defunto re; il fratello più piccolo, Geiren, era invece un ragazzo umile e intelligente, caratteristiche che Deim invidiava, e che di certo sarebbero stati principi fondamentali per un eventuale rivolta da parte della popolazione e del fratello contro il suo dominio.
Il padre aveva protetto la città per anni difendendola da ogni pericolo, come il popolo nemico di Coloseir, poco più a nord della città elevata, era abitata per lo più da vecchi barbari irascibili, che avevano dichiarato guerra al re e alla sua famiglia. Tuttavia Ruinald riuscì a proteggere sempre i suoi cittadini, favorendo un commercio sicuro tra le strade della regione e contribuendo all’agricoltura e allevamento del bestiame.
Deim, invece, avrebbe portato solo guerra e odio tra rivolte cittadine e dissenso familiare, lui desiderava solo governare per il piacere di farlo, e godere egoisticamente dei suoi averi, senza preoccuparsi per il bene della sua città.
Molte sere si recava alla locanda per ubriacarsi con la sua scorta di rozzi analfabeti e ladri, non pagava mai e spesso abusava delle locandiere o delle figlie dei contadini; questo assetto non lo faceva di certo rispettare e neanche temere dato che il giovane non usciva neanche dal gabinetto senza il suo volgare gruppetto.
L’aspetto positivo era che Gandor, consigliere del re, avrebbe severamente educato il giovane arrogante, essendo stato un importante generale militare, sapeva come trattare i presuntuosi, anche se re.
Gandor era sempre stato al fianco del suo amato re, rispettandolo e onorandolo senza mai dubitare di lui, Ruinald aveva fatto grandi cose, portato grandi benefici, e con la vita, Gandor avrebbe mantenuto la promessa di difendere quegli ideali di pace e stima che nella figura del re trovavano il simbolo, proteggendo l’elevata città da minacce esterne, quanto interne.
Venne il giorno, Deim fu proclamato re di Linthora e tutti i cittadini furono chiamati a inginocchiarsi a lui.
Seguirono esibizioni, roghi, battute di caccia, tutto in suo onore, e da lui ordinato; nessun cittadino partecipò agli eventi, essi erano schifati dall’atteggiamento del re, lo odiavano, ma a lui non importava era re e non aveva bisogno dell’appoggio di nessuno, poteva fare quello che voleva.
Intanto il commercio non procedeva bene, i prodotti scarseggiavano e le terre erano incoltivabili a causa dell’inverno rigido e lungo, i mercanti razziati da imboscate di ladri lungo il tragitto, iniziarono rapimenti e assassinii da parte dei bruti di Coloseir. La città entrò nel caos, nessuno sapeva cosa fare, molte donne andavano nel castello a implorare il re di fare qualcosa, migliorare la faccenda ma Deim si limitò a donare alcuni sacchetti con monete d’argento senza preoccuparsi minimamente del problema.
Iniziarono le epidemie, le morti per la mancanza di cibo, il bestiame scarseggiava e al re la questione non lo sfiorava; Gandor avvisava più volte Deim, pregandolo di fare qualcosa, per promuovere campagne di risanamento e miglioramento della città, risolvere la problematica del cibo ma il re non lo ascoltava.
Gandor allora aumentava i turni di guardia in modo da poter ridurre le aggressioni e gli assassinii, la popolazione comunque calava e alcune rivolte presero atto nonostante furono tutte soppresse dalle guardie, i cittadini erano poveri e mal attrezzati non avrebbero mai potuto far fronte alle lucenti armature di acciaio delle guardie. Sebbene l’esercito avrebbe continuato a combattere fino alla morte, il re si preoccupò della sua posizione, temendo attentati e tradimenti dall’interno, arrivò pure ad accusare Gandor per aver cospirato contro di lui, cosa che non era vera, e lo condannò a morte.
L’esecuzione avvenne nella piazza della città la mattina presto, in maniera che pochi cittadini potessero assistere, Gandor allora, sapendo che non sarebbe sopravissuto, intimò Deim del male che aveva portato nella città, e che suo padre doveva ucciderlo appena nato; dopo questa coraggiosa minaccia, ci fu un’accesa discussione tra i due e poi il silenzio. La testa di Gandor rotolò tra la folla.
Ora Deim aveva ancora più ragione di temere della sua vita, tutti si sarebbero ribellati, persino le guardie giurate a lui; si chiuse nella sua stanza e prego che la mattina dopo sarebbe stato tutto più tranquillo.
Il buio calò, i camini fumavano, la gente era al caldo e al sicuro nella propria casa, l’unica sicurezza che avevano. Il vento tra gli alberi scivolava leggero, e il cielo stellato faceva da coperta al mondo; tutto era tranquillo e sereno, le guardie sorvegliavano le vie della città con sicurezza.
La notte non aveva mai portato disagio tra la popolazione, era priva di pensieri e ricca di sogni, l’unico momento in cui tutti potevano essere tranquilli e lontani dai soprusi del re, poiché anche lui dormiva tranquillo malgrado le sue irrequietezze.
Il silenzio fu squarciato da un sibilo, una guardia sente il fastidioso rumore, si volta, non capisce, e perplesso si rigira, poi lo stesso ronzio e un dolore acuto al petto, si ferma e vede una freccia che gli trapassa il corpo, una freccia strana molto sottile e nera; sente dolore, prova paura, cade a terra senza vita.
Il corpo viene scoperto, le altre guardie danno l’allarme, il silenzio della notte viene interrotto dalle campane che suonano e avvertono della minaccia, la gente preoccupata si barrica in casa nell’attesa e nella speranza che tutto passi; Ma non passa.
Le guardie continuano a morire trafitte da frecce che vengono scagliate dal buio. Si riparano ma sono colpiti comunque, non sanno più cosa fare e non vedono alcun nemico, solo buio; le frecce continuano a essere scagliate e tutte trovano il proprio bersaglio.
S’inizia a temere il peggio, le guardie non hanno più un ordine, c’è chi scappa e chi si rifugia invano perché la fine è uguale per tutti.
Vengono scoccate ancora frecce e ora anche infuocate; gli incendi divampano, il caos prende tutta la città, i cittadini provano a scappare perché la loro casa è distrutta ma non c’è tregua, muoiono anche loro.
Il sogno del re viene rotto dalle grida dei cittadini che urlano di terrore, agitato, si affaccia lentamente dalla sua terrazza e quello che vede è solo fuoco, distruzione e morte; poi, dall’ombra, appare una figura, rompe il velo del fumo che aveva reso il buio ancora più pauroso.
Un cavallo, nero come l’abisso profondo, gli occhi color sangue, indossava un’armatura ancora più nera, la criniera lucida, e la sua bava agli angoli della bocca, la bestia, grossa come una casa sbucava da quell’ombra da cui fuoriuscirono ancora frecce, scalpitava e agitava la testa furioso; sopra il cavallo, un cavaliere, grosso come una statua, da lui non trafelava nulla di umano, l’armatura, se si può definire tale, era la più terrificante che il re avesse mai visto; rivestita con grosse lame, decorata con simboli mai visti, lo stesso nero della corazza del cavallo, e lanciava un solo messaggio, morte.
L’elmo della creatura: possente e maestoso ma comunque terribile. I due rimasero a guardarsi per pochi istanti, poi un altro sibilo, il re sentì quel dolore al petto, vide quella freccia, si accasciò ma rimase ad osservare il cavaliere attraverso la fessura della balconata, e il mostruoso uomo lo osservò a sua volta, profondamente, come se gli volesse dire addio, fino a che gli occhi del re non si chiusero, e il buio e il silenzio trionfarono di nuovo.
   
 
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