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Autore: WolfEyes    01/05/2015    0 recensioni
[Questa One-Shot avrebbe dovuto fare parte della Roundrobin "Io, in una giornata con l'Akatsuki!" ideata dall'autrice Cocol_Sasso_97, trovate link e descrizioni all'interno del capitolo. Invito comunque tutti a leggere quella fantastica raccolta!]
Se ognuno di noi autori potesse trascorrere una giornata insieme ai membri dell'Akatsuki, cosa succederebbe?
Ecco come, anni fa, avevo immaginato che potesse essere una giornata insieme a questo gruppo strampalato di mezzi pazzoidi!
E' un delirio, lo so, quindi... Non fatevi scrupoli e recensite in maniera sincera!xD Dovevo liberarmene e andava pubblicata!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akatsuki, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Non è nel nostro vocabolario

PREMESSA (sì, perché io ormai con le premesse vado d’accordo!): questa fic avrebbe dovuto partecipare alla Roundrobin “Io, in una giornata con l’Akatsuki!”, raccolta di One-shot ideata dall’autrice Cocol_Sasso_97, la cui lettura è caldamente consigliata a tutti!

 

Vi metto il link sia dell’autrice: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=114706

Che del primo capitolo della raccolta: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=759738

 

Io spendo lo stesso due parole sull’idea e sul regolamento, per chi magari è pigro e non apre subito il link.

L’idea (a dir poco geniale!) di Cocol prevedeva che ogni autore che volesse partecipare, scrivesse un capitolo su come avrebbe trascorso una ipotetica giornata insieme ai tanto temuti (?) membri di Akatsuki. La cosa alla fine ha preso una piega un po’ comico-demenziale, le fan girl si sono sbizzarrite, e io ho voluto dare il mio contributo!xD D’altra parte, questa fic era all’insegna del divertimento, e io, anche se con estremo ritardo, posso dire di essermi divertita sia a leggere i vari capitoli che a scrivere questo “obbrobrio”.

 

Se qualche sventurato autore dei capitoli che presero parte alla raccolta si imbattesse qui (in realtà ci spero), vorrei ringraziarlo di cuore per i capitoli scritti e pubblicati, perché, come a me, sono sicura che abbiano regalato a tutti i lettori un sorriso. Nominarvi tutti uno a uno è qualcosa di praticamente impossibile visto quanti siete, ma un grosso GRAZIE va ad ognuno di voi.

 

Vi lascio alla lettura senza stressarvi oltre, tanto mi rivedrete a fine capitolo…

 

 

Non è nel nostro vocabolario!

 

Autore: WolfEyes

Genere: Comico (ci provo), altamente demenziale

Raiting: Verde

Avvertimento: Non ho mai scritto nulla su Aka, e questo dice già tutto!

                   Alcuni personaggi potrebbero essere OOC per il motivo sopraccitato.

In alcuni punti userò un gergo un po’ volgare, ma sapete anche voi con chi abbiamo a che fare…

                   Sarà in parte AU

Personaggi: Akatsuki

 

 

 

Era una bella mattina di fine agosto, e benché fosse ancora molto presto, si poteva già capire che sarebbe stata una giornata molto calda, che avrebbe superato i trenta gradi e che non avrebbe dato tregua a nessuno.

Era una bella mattina di fine agosto, ma per l’organizzazione segreta ben nota con il nome di Akatsuki, che ancora sonnecchiava nel proprio covo, non sarebbe stata una gran bella giornata come invece si sarebbero aspettati dalla loro monotonia.

Il consueto orario di risveglio dei membri dell’organizzazione era ancora lontano quando qualcuno, naturalmente la sottoscritta, bussò alla porta, ben consapevole che non sarebbe stato accolto in casa immediatamente proprio a causa dell’orario.

Fortunatamente, l’unica sveglia era Konan, che con tanti buoni propositi aveva deciso di svegliarsi di buon’ora e preparare la colazione a tutti, ignara ovviamente che alle vittime della sua generosità non avrebbe fatto molto piacere.

Chiedendosi chi mai potesse far loro visita così presto, ricordando che l’ultima volta che avevano visto il postino era stato almeno un mese prima, poiché corso via terrorizzato dalle bombe di Deidara giurando che non avrebbe mai più fatto ritorno in quel covo di matti, si diresse alla porta, scoprendo forse la sua rovina.

« Buongiorno. », la giovane mi squadrò, leggermente indecisa su come rivolgersi a quello strano individuo che si era trovata di fronte. « Posso… Esserti utile? », domandò infine, leggermente titubante.

« Piacere Konan! », dissi nelle mie vesti di misterioso visitatore in tono cordiale, con un sorriso e con una mano rivolta, in segno di saluto, alla ragazza, che la strinse. « Sono WolfEyes, ma è meglio che mi chiamiate semplicemente Giulia. Scusa se ti sembro un po’ sfacciata, ma… Posso entrare? Avrei bisogno di tutti voi e ti sarei grata se andassi a svegliare tutti gli altri », e detto questo rivolsi a Konan un altro sorriso, un po’ imbarazzato per la stramba richiesta che sapevo di aver fatto.

Chiedendosi chi mai glielo avesse fatto fare, mi fece entrare, e come chiuse la porta e si voltò per dirigersi alle camere, notò che tutti, proprio tutti!, facevano capolino dalle porte delle proprie stanze, con sguardo guardingo e sospettoso.

« Ma… Siete già svegli! », esclamò la ragazza, interdetta. Nel giro di neanche cinque minuti la mattinata aveva preso una piega già troppo strana per i suoi gusti!

Infatti, contrariamente a quanto chiunque si sarebbe aspettato, tutti i membri di Akatsuki si erano svegliati al solo sentire bussare alla loro porta. Terrore diventato abitudine? A voi la scelta!

« Sì, abbiamo paura! Chi è quell’essere che ci viene a svegliare a quest’ora? Cosa vuole? Non ne abbiamo già viste abbastanza? Questa storia va avanti da più di un mese! », gridò Deidara, spettinato ed esasperato, guardando l’ospite con un’occhiata terrorizzata e allo stesso tempo quasi adirata.

« Oh! È questo che pensate di me? », chiesi, dispiaciuta. « No, potete stare tranquilli, non sono certo qui per terrorizzarvi! Anzi, avete tutto il tempo per svegliarvi, lavarvi e vestirvi, e una volta pronti potrò parlarvi tranquillamente del motivo per cui vi ho fatto visita », spiegai, con un sorriso cordiale.

Così, la grande e temibile organizzazione, dopo una decina buona di minuti (e una lite per chi dovesse andare per primo in bagno, che costò a qualcuno la camera, saltata stranamente in aria con un botto assordante), si riunì nel salotto, dove Konan ed io, nelle mie vesti di misteriosa e stramba visitatrice, stavamo parlottando allegramente sedute davanti ad una tazza di tè. Bevibile, a quanto pare, perché sono ancora al mondo!

Tutti ebbero quindi modo di osservarmi attentamente, cosa che mi imbarazzò non poco, prima di darmi ogni sorta di confidenza: altezza nella media, occhi verdi, capelli biondi raccolti in una coda alta, cappellino con visiera, una larga camicia a maniche lunghe, pantaloncini corti leggeri, un marsupio azzurro legato in vita e un paio di tennis logore.

Abbigliamento davvero strano e insolito anche per gente che indossa costantemente una tunica nera decorata con nuvole rosse!

« Bene, ora che siete tutti qui, posso spiegarvi come stanno le cose! », dissi, mantenendo sempre quel sorriso cordiale e leggermente imbarazzato. « Sono WolfEyes, ma per comodità chiamatemi pure Giulia. Come avrete immaginato, sono anche io una scrittrice di Fan-Fiction, come tutte le persone che avete incontrato giorno dopo giorno in questi ultimi due mesi. Ebbene, anche io passerò una giornata con voi, o meglio, voi la passerete con me! »

« Frena, frena! », gridò Hidan. « Non sappiamo nulla di te, non è che ci vuoi far fuori? Con qualcosa del tipo mollarci in un covo di fan accanite e mentalmente disturbate che pur di toccarci ci farà a brandelli?! »

Era chiaro che l’esperienza della Roundrobin li stesse esaurendo. E io avrei fatto altrettanto.

« Oh, che cosa drastica! Suvvia, non sono così crudele, una cosa del genere potreste farla voi a qualche vostro nemico, io no di certo! E… Tanto per la cronaca, e forse anche per la vostra salvezza, ci tengo a dire che non sono ossessionata e/o perdutamente innamorata di qualcuno di voi. Mi siete solo simpatici, chiaro? », spiegai, con un tono calmo che ebbe il suo effetto rassicurante sui presenti, i quali si rilassarono all’istante.

« Sia ringraziato Jashin! », esclamò l’albino smettendo di trafiggersi con la sua ascia.

« Tuttavia… », mi schiarii la voce, « Se ora posso tornare al discorso originario senza che vi facciate prendere da attacchi di panico, passerete la giornata con me, ma non sarà tanto semplice ».

Quasi nessuno mi considerò pari, troppo rassicurati dal fatto che forse sarebbe stata una giornata calma e senza crisi isteriche. Ma con alta probabilità, si stavano sbagliando.

« Mi volete ascoltare?! Devo minacciarvi, per caso? », esclamai con tono più alto, ottenendo così l’attenzione dei presenti. Non tollero che qualcuno non mi ascolti. « Dicevo… In questo mese, anzi, due mesi, avete fatto un sacco di cose, come oziare, andare a cavallo, conoscere tanta gente nuova, andare al mare, soffrire il caldo e nascondervi nei congelatori, distruggere il covo e case altrui, scoprire amore e un po’ di umanità (Davvero?!o_o), vi siete addirittura allenati, ammalati, qualcuno di voi è morto e poi rinato, siete stati minacciati e fregati, ed un’altra infinità di cose come queste, e, diciamocelo, non avete combinato un beneamato cavolo in fin dei conti…! Poiché ve la siete presa fin troppo comoda, ho deciso di farvi fare un’esperienza nuova: verrete a lavorare con me »

I membri dell’organizzazione, che avevano ascoltato attentamente, cosa già di per sé alquanto strana,  si lanciarono occhiate basite, restando muti come pesci.

« Lavorare? », chiese Tobi, che di tutto il discorso aveva capito soltanto che nessuno gli avrebbe comprato caramelle o bambole o creme antirughe, oltretutto non menzionate.

« Sì, che c’è di strano? », chiesi, altrettanto basita dalla loro reazione fin troppo stupita.

« Scusa, Giulia, ma… Come dire, credo che lavorare non rientri nel nostro vocabolario… », ammise Pain, quasi mortificato dalla cosa.

« Già, noi non abbiamo mai lavorato », ammise Sasori.

« Cosa? », ora quella veramente scioccata ero io.

« Ci siamo sempre e solo limitati ad allenarci e ad uccidere qualche ninja di tanto in tanto… », sbuffò Kisame con un’alzata di spalle, osservando la spada appesa alle proprie spalle.

« Volete dirmi che non avete idea di che cosa significhi lavorare? Neanche lontanamente? », mi alzai dal tavolo quasi indignata, battendo le mani su di esso.

« Non rientra nel nostro vocabolario! », dissero quasi come fossero un innocente coretto.

In preda quindi all’esasperazione, tirai magicamente fuori un dizionario di 2500 pagine, sbattendolo con forza sul tavolo, che in tutta risposta tremò paurosamente, e in breve trovai la definizione di lavoro. Dovevano pur ricordare vagamente qualcosa! Ed in quanto studente di economia non potevo tollerare che non conoscessero almeno in parte il significato di quella parola.

« “Applicazione di una energia umana, animale o meccanica al conseguimento di un fine determinato” », lessi.

Guardai il gruppo, ma non ci fu nessuna reazione da parte loro. Definizione troppo generica, così passai a quella dopo.

« “Grandezza scalare data dal prodotto dello spostamento del punto di applicazione di una forza per la componente della forza secondo la direzione orientata dallo spostamento o dal prodotto del modulo della forza per la componente dello spostamento secondo la direzione orientata della forza…”. Un momento, questa è fisica! », mi lamentai. Figuriamoci se una definizione del genere poteva loro ricordare qualcosa! Ma poi trovai quello che cercavo, e risi con un ghigno basso e perfido.

« “L’attività produttiva, dal punto di vista economico, giuridico, sindacale, intesa anche come fonte di reddito individuale o comunitario”… La cosa che ho omesso di dire è che tutti voi sarete pagati ».

E in quel momento, lo sapevo, uno tra tanti, ovvero Kakuzu, si era illuminato come se davanti a lui si fosse aperta la cassaforte di Paperon de Paperoni.

« Sìììììììììì! Andiamo a lavorareeeee! », gridò euforico, balzando in piedi e correndo qua e là come un bambino a cui i genitori avevano appena detto che sarebbero andati allo Zoo a vedere le tigri. Il fatto che potessi sfruttarlo mi piaceva assai!

« Questo è lo spirito, Kakuzu! », riuscita nel mio intento, rimisi il tomo nel piccolo marsupio. (Sì, perché io può!u_ù )

« Non vale, lo hai comprato!!! », si lamentò Hidan sbuffando.

« Andiamo, non fate quelle facce, non sarà male. Un po’ di moto e di sole vi farà bene »

« Tutti a lavorare! Tobi lavora perché is a good boy!! », anche Tobi si unì alla corsa euforica di Kakuzu, fermandosi di tanto in tanto ad abbracciarmi, ma tutti lo ignorarono.

« Hai detto sole? », urlò Zetsu, indignato.

« Sì. Il lavoro consiste nella raccolta della frutta, più precisamente delle pere », spiegai.

« E staremo tutto il giorno sotto il sole? Oh mio Jashin, è la fine! »

« Mi ritengo fortunato a non temere il caldo, ma non credi che il lavoro sotto il sole sia nocivo al legno di cui sono fatto? », domandò Sasori.

« Macchè, anzi, molto probabilmente lo renderà più resistente! », gli assicurai con un sorriso, quando a dire il vero non ne avevo idea.

Dal canto suo Kisame era più preoccupato di poter finire disidratato, ma avremmo risolto anche quel problema… Oppure ci saremmo assicurati il pranzo, dipende dai punti di vista!

Un paio di minuti e alla fine tutti si arresero. In fondo non potevano opporsi, e benché fosse difficile da credere, erano stati costretti a fare di peggio rispetto al lavoro in campagna (o così credevano).

« Un consiglio: usate una camicia a maniche lunghe, so che farà caldo, ma eviterete di scorticarvi le braccia con i rami. Lo dico per esperienza! E sarebbe meglio per voi che evitaste i colori scuri, soprattutto il nero. Procuratevi anche dei guanti magari », disse infine.

« Ah, ecco perché sei vestita in quel modo bizzarro », commentò Hidan, squadrandomi da capo a piedi.

« Ovvio, mica avrete creduto che io mi vesta sempre così! Non esiste! », esclamai allora, quasi offesa. Non sono una di quelle che veste solo firmata ma un minimo di gusto ce l’ho anche io. Insomma, camicia rosa, pantaloncini giallo canarino, marsupio azzurro… Ero un pugno in un occhio anche per un daltonico!

« Ma no, non dire così, io trovo che la canottiera bianca che hai addosso ti stia bene », disse Itachi, che invece di guardarle la “maglietta” praticamente mi stava guardando all’altezza dei capelli.

Spostai ripetutamente lo sguardo dalla mia camicia larga al viso di Itachi, poi compresi la situazione e gli diedi ragione senza obiettare. “Sorridi e annuisci” può diventare una filosofia di vita in certe occasioni!

Circa una decina di minuti più tardi, si ripresentarono tutti nel salotto, già pronti e con tutto l’occorrente, e naturalmente Kakuzu era in prima fila, pronto già da nove minuti e trentacinque secondi.

Tuttavia, la cosa stupefacente era, oltre al fatto che mi avessero presa alla lettera, il loro abbigliamento. Sembravano più dei cioccolatai prodotti in serie che dei “contadini”! Cappellino bianco, camicia bianca, pantaloncini bianchi, guanti bianchi… Facevano impressione, e ancora di più per il fatto che ogni cosa indossassero portasse il logo di Akatsuki: la famosa nuvoletta rossa!

« E questi? », chiesi indicandoli, quasi inorridita e timorosa di conoscere la risposta.

« Oh, ti riferisci all’abbigliamento? Beh, erano gadget per le nostre fan, o in generale per tutti i fan di Aka, ma poi Kakuzu non ha più voluto farle produrre a causa dei costi elevati che non riuscivamo più a coprire con le vendite. Ora ne abbiamo a volontà », raccontò Tobi, che aveva gesticolato come se attorno a lui stessero volando milioni di farfalle colorate. Mi chiesi se fosse fatto, ma poi lasciai perdere.

« E così… sarebbero stati per le vostre fan! », dissi con sguardo malizioso. « Ammettetelo che in fondo vi piace farvi desiderare! Ma con il cattivo gusto che avete avuto ve lo credo che avete fallito! », commentai, poco gentile.

« Visto?! Io ve l’avrò detto mille volte! », esclamò Konan, incrociando le braccia. Finalmente qualcuno le aveva dato ragione!

« Bando alle ciance! E’ ora di andare! », annunciai con troppa carica, perché gli altri quasi mi fulminarono con lo sguardo. Ma al mio schiocco di dita, ci ritrovammo all’aperto, in una vasta campagna ricoperta di file di alberi ordinate e cariche di frutti.

« Bene, cominceremo con questa fila, e ora prestate attenzione », dissi, rivolgendomi all’intera organizzazione posta in semicerchio davanti a me. Accanto a noi stava il carro già carico di bins (sono grandi recipienti di plastica quadrati, solitamente gialli, che vengono posti sul carro e servono a contenere la frutta raccolta. ndWE) vuoti. « Su questo carro ci sono nove bins, e, cosa molto semplice, dobbiamo riempirli tutti di pere! E fate attenzione a non rompere i piccioli ».

A quel punto mi guardarono come se fossi impazzita, o come se si aspettassero che da un momento all’altro dicessi loro che si trattava di uno scherzo e che potevano buttarsi nel macero* lì accanto con tanto di materassini gonfiabili, per la gioia di Kisame che già temeva di disidratarsi e si era portato dietro sei bottiglie d’acqua da due litri.

« Faremo varie soste per bere, e se avete bisogno di qualsiasi cosa, chiedete a me. Diciamo che sono il vostro “capo provvisorio”, per oggi ».

No, Pain non poteva uccidermi, era la mia Fan-Fiction e avrebbero fatto tutti ciò che volevo, per cui almeno per quel giorno avrebbe dovuto sopportare!

« D’accordo, cominciamo! Siamo in undici quindi presumo che ce la caveremo abbastanza bene! Ora ci disporremo… », mi guardai attorno e notai che mancava qualcuno.

Vidi Kisame a mollo nel macero e Itachi che girava a tentoni, non capendo dove ci fossero alberi e dove no. E con mio grande sgomento vidi Zetsu cercare di ingoiare una pianta…

Una pera volante lo colpì in piena fronte a gran velocità, facendolo cadere a terra.

« EHI! Nessuno ti ha detto che avevi il permesso di mangiare queste piante!! Provaci ancora e ti investo con il carro e con i tuoi resti faccio una tisana, specie di pianta carnivora maleducata! », gridai, poi in preda alla rabbia mi voltai verso Kisame, il cui materassino gonfiabile andò a fondo, colpito da un’altra pera volante. « E tu! Non ti pago per startene lì a prendere il sole, chiaro?! Provaci un’altra volta e ti userò nell’insalata al posto del tonno!! »

Crisi isterica a parte, presi Itachi per le spalle e gli indicai quali erano veramente gli alberi…

Cominciai a temere che avrei faticato più io di tutti loro messi insieme…

Una volta organizzati come si deve, cominciammo a lavorare e nonostante i miei timori, riuscimmo a lavorare abbastanza bene, anche se rischiammo più volte di investire Tobi, Sasori sviluppò la fobia per le cimici, temendo che potessero nuocere al legno di cui era fatto, e dovetti fermare Itachi quando mi accorsi che prendeva pere dal bins tentando di riattaccarle alle piante. Fummo costretti a fare frequenti pause per bere a causa di Kisame e alla fine Zetsu scomparve chissà dove… Tutto abbastanza normale insomma, ma il peggio sarebbe stato quel pomeriggio, perché non sapevo se avrebbero retto ancora senza distruggere l’intero frutteto.

Finalmente, tra sospiri di sollievo e grida di gioia, condussi tutti in casa per pranzare. Apparecchiai una lunga tavola, naturalmente con il loro aiuto, e servii e tutti minestra fredda. Erano tutti talmente esausti ed inebetiti da non fare storie per il cibo, tanto che lo stesso Kisame non si accorse che nella minestra c’era del tonno (avrebbe potuto anche essere suo zio) e Tobi non fece storie per le verdure.

Io e Kakuzu sembravamo quelli più svegli, io per l’abitudine, lui per la sete di soldi, ma decidemmo di fare comunque un riposino: nel giardino erano disposti enormi lenzuoli e cuscini delle sedie a sdraio a farci da letto, tanto, appunto per la stanchezza, nessuno fece storie, e con mia sorpresa fu abbastanza facile gestirli tutti…

Il peggio sarebbe avvenuto quel pomeriggio, perché certamente saremmo andati in contro ad una crisi isterica da stress da raccolta…

 

Riprendemmo alle due e mezza del pomeriggio e il caldo si faceva davvero soffocante. Di Zetsu non c’era traccia e Itachi continuava a non vedere un beneamato cavolo al di là del suo naso, ma eravamo comunque un buon numero.

Kakuzu aveva cominciato a bisbigliare piani per i suoi affari, investimenti e tassi di interesse che solo lui capiva, Pain e Sasori lavoravano in silenzio (almeno loro), Hidan minacciava di falciarmi quando lo riprendevo perché rompeva i piccioli…

«Diamine, fai attenzione, ti pago per raccogliere, non per distruggere! »

« Quante storie! »

« Quante storie un corno, i piccioli rotti graffiano le altre pere, che poi marciscono… Ne viene fuori un disastro! », sbraitai.

« Ma che vuoi che sia? », disse lui con noncuranza mentre gettava nel bins una manciata di pere minuscole.

« Fermati immediatamente! Primo: non si lanciano! E secondo… », presi al bins le pere che vi aveva appena gettato, « Ascoltatemi tutti, ve l’ho già detto stamattina: queste sono troppo piccole, le buttate a terra, chiaro? ».

L’albino squadrò me e poi le pere che stavo mostrando a tutti.

« In poche parole, le pere grandi quanto le tue tette le lasciamo dove sono! » esclamò, sghignazzando.

Naturalmente, indignata ed infuriata, gli lanciai una pera, che però lui prese al volo e alla quale diede un morso.

« Ma sono acerbe… », disse, masticando ancora il boccone.

Un’altra pera, oltretutto marcia, gli arrivò dritta in testa, imbrattandolo e facendogli andare di traverso il boccone soffocando la sua risata.

« Gh-StoS-to soff-cando! »

« Arrangiati, beota, sei immortale no? »

Così tornai alle mie mansioni, davanti alla fina, chiacchierando allegramente con Konan, alla quale stavo passando la ricetta della pasta fredda (niente di complicato in effetti, ma sappiamo con chi abbiamo a che fare!).

« Giuli-chan? », mi chiamò Tobi.

« Dimmi, cosa c’è? »

« Perché prima hai detto di non amare nessuno di noi? », mi domandò, coi lacrimoni (o così si suppone dal tono della voce).

« Beh, non è che non vi ami, è che non nutro nessuna particolare ossessione per voi. In questo ambito, mi state simpatici », spiegai.

« Come sarebbe a dire in questo ambito? », esclamò Tobi indignato.

« Beh, parliamoci chiaro, nell’anime recitate la parte dei cattivoni di turno che ammazzano ninja per i cercoteri e balle varie. E io, in tutta onestà… », mi battei due volte un pugno sul petto poi allontanai la mano e alzai due dita, « Tifo Naruto! », esclamai, serissima, con un tono ed uno sguardo fermi e decisi.

« Allora mi spieghi perché diamine non ci lasci in pace e pensi a Naruto?! », mi urlò contro l’albino, che aveva riacquistato il solito colorito pallido dopo essere scampato al soffocamento (non che per lui fosse complicato) che gli aveva colorato la faccia di blu.

« Scrivo già abbastanza su Naruto, tu non ti preoccupare e pensa agli affari tuoi, anzi, a lavorare! », urlai io di rimando continuando tuttavia a fare il mio lavoro.

Con le imprecazioni di Hidan e i borbottii economico-finanziari di Kakuzu come sottofondo, il lavoro procedeva a ritmo sostenuto e in maniera abbastanza tranquilla. Dovevo solo tenere d’occhio il caro Itachi ogni tanto, che per sicurezza avevo posizionato accanto a me, e rassicurare Kisame, che temeva di morire disidratato e puntualmente si rovesciava addosso una bottiglia d’acqua.

Diedi un’occhiata al cellulare nel marsupio per controllare l’ora e successivamente osservai i bins, che erano quasi pieni e che oltretutto avevamo già cambiato parecchie volte.

« Bene ragazzi, visto che ci avete già preso la mano…»

« Sì, sì, la mano. Io te la stacco, la mano », sibilò Hidan.

« Guarda che ti sento, ingrato masochista! », esclamai, seccata per essere stata interrotta. « Dicevo, visto che procedete bene mi assento un attimo. Voi continuate così, torno subito! », e detto questo salutai tutti quanti agitando una mano e corsi via.

Ci misi solo pochi minuti e, preoccupata che mi avessero fatto esplodere il frutteto o che si fossero mangiati le piante o che qualcuno le avesse falciate, corsi immediatamente dal gruppo di matti che mi stava quasi esasperando.

« Eccomi! », urlai, con un sorriso a trentadue denti, sbucando dal nulla e facendo prendere un accidente a tutti.

« Ma che $£~ô@!!! P£%$Օö} Æ~@#?= !!! », esclamò l’albino, spaventato.

« Smettila o per ogni parolaccia che dici ti detraggo due euro dalla paga », gli dissi.

« Fortuna che di cuori ne ho cinque! », sospirò Kakuzu.

« Vuoi per caso fare concorrenza alle mie esplosioni? », mi chiese Deidara, quasi indignato.

« Calma, calma, è tutto a posto! », esordii. « Ho solo qualcosa per voi. Basta raccogliere, facciamo una pausa! », dissi loro sorridendo e mostrando una scatola di ghiaccioli. Probabilmente lo sguardo di Tobi si illuminò.

Tutti mi corsero incontro per scegliere il ghiacciolo. Kisame forse accolse il gesto come quello di un salvatore sceso dal cielo. Dovetti aiutare Itachi a scartare il ghiacciolo e barattare il mio all’arancia con l’unico rimasto alla menta per volere di Hidan, che altrimenti non mi avrebbe reso vita facile (non che fino ad ora avesse fatto il contrario). Deidara e Sasori cominciarono a discutere della linea artistica dei ghiaccioli, quasi amichevolmente, e ne dedussi che il caldo doveva aver fatto loro molto male e che Sasori non c’era così abituato come aveva detto. Zetsu era sparito di nuovo e Pain chiacchierava amabilmente con Konan, mentre Kakuzu contava un mucchietto di soldi che, non so per quale motivo, si era portato dietro.

Riprendemmo a lavorare e, tra qualche sbuffo e qualche protesta, arrivò fortunatamente l’ora di tornare a casa. Ci dirigemmo verso la fine della fila per poter uscire dal frutteto e lì finalmente ritrovammo Zetsu.

« Che cavolo ci fai qui? », gli chiese Pain, poco cordiale.

« Io… », balbettò, con un’aria che più che spaventata era quella di uno che pareva non accorgersi veramente della realtà circostante. « Oh, voi non potete capire! Io… Mi sono innamorato! », esclamò poi, tutto d’un fiato, con fare teatrale e pausa a effetto.

« Che cappero stai dicendo, razza di rapanello cotto?! », gli chiese Hidan. La natura doveva avergli fatto male. Sarebbe diventato vegetariano? A voi l’ardua sentenza.

« Vedi? Non potete capire! Questa pianta è meravigliosa! Voi non potete vederla come la vedo io, voi non vedete il suo fascino, la sua perfezione, la sua immensa bellezza! », spiegò allora, con gli occhi che avevano la forma di due cuoricini.

« Oh ma che carino!!! », esclamò Konan, giungendo le mani e con lo sguardo sbrilluccicante. Dietro di lei, Pain la abbracciava.

Gli altri inorridivano, non so dire se per Zetsu o per la scenetta tra Konan e Pain, mentre Kisame ne aveva approfittato per ributtarsi nel macero con lo stesso materassino della mattina, riparato da un grosso cerotto.

“Sorridi e annuisci, sorridi e annuisci, sorridi e annuisci”, mi ripetevo io!!!

Ma quando scorsi Itachi che pregava qualcuno, che vidi essere una pianta, di cambiare canale perché le telenovele non gli piacevano, rivolto non tanto alla scena quanto al muro della casa, mi caddero le braccia!

« Beh ragazzi, la vostra giornata lavorativa è terminata e vi faccio i complimenti per aver resistito allo stress e al caldo e per essere riusciti ad essere efficienti e produttivi! », esordii io, nella speranza di attirare l’attenzione di tutti e di distrarli dalle scene pietose.

« Giulia, che ne dici di venire a cena da noi? Così, per ringraziarti della giornata. », mi chiese Konan, facendo un passo verso di me.

« Ma siamo tutti sporchi e puzzolenti! », protestò Deidara, alquanto contrario ad una cena in quelle condizioni.

« Beh allora facciamo così. », schioccai le dita e ci ritrovammo nel loro amato covo, dal quale eravamo partiti e dove ora Kisame “galleggiava” sul pavimento e Zetsu abbracciava la gamba della tavola. « Ora voi vi lavate e io torno più tardi. Ci state? », dissi sorridendo. Ormai avevo preso confidenza con quel branco di matti.

« Sì, certo, direi che si può fare. », mi disse Pain, che ora tornava praticamente ad essere il capo ufficiale della banda di criminali più ricercata nel mondo ninja eppure così strampalata da sembrare, o da essere, una vera comica.

« Allora a dopo! », esclamai, sorridendo e salutando tutti prima di aprire la porta e andarmene.

 

Trascorsero circa due ore e pensai che ormai tutti avessero avuto il tempo di fare la doccia a turno, dovendosi dividere lo stesso bagno.

Mi ripresentai a casa loro con meno imbarazzo della mattina stessa e bussai nuovamente, stavolta più decisa. Tuttavia non ricevetti risposta ed ebbi timore che mi stessero giocando uno scherzo.

Hidan avrebbe potuto falciarmi, Deidara farmi esplodere, Sasori trasformarmi in una marionetta, Zetsu mangiarmi, Kisame farmi a fettine come fossi sashimi per vendicarsi dei compagni caduti, Itachi, non vedendo, poteva sbattermi la porta in faccia aprendola, Tobi rovesciarmi una secchiata di vernice addosso, Konan coprirmi di post-it e Pain usarmi come nuovo corpo. Avrebbero potuto farmi di tutto pur di farmela pagare. Me l’avevano detto, no? Un brivido mi percorse la schiena ed ebbi veramente paura. Era la mia Fic, sì, ma quale strambo e insano pericolo avrei corso?

Deglutii e mi feci forza. Provai ad aprire la porta e mi resi conto che non era chiusa a chiave. Restai sulla soglia, facendo capolino appena per vedere all’interno. La luce era accesa e chiesi, a voce non tanto alta, « C’è nessuno? ».

Non un solo rumore, né una parola che fosse umana. Silenzio. Era davvero possibile che proprio lì dentro ci fosse silenzio?

Mi decisi ad entrare. Tesi l’orecchio e mi accorsi che qualche rumore effettivamente c’era. Salii le scale e, facendo più attenzione possibile, sbirciai l’interno di una stanza, da dove pensavo provenisse il rumore.

Mi ritrovai a guardare Kakuzu che, spaparanzato sgraziatamente sul letto, russava senza alcun ritegno. Spensi la luce e chiusi la porta, per il bene degli altri. Continuai per il corridoio e sbirciai in ogni stanza: Konan e Pain si erano addormentati abbracciati, Deidara probabilmente sognava di fare creazioni di creta perché le sue mani digrignavano i denti, Zetsu si era accovacciato in un vaso, Tobi abbracciava il cuscino come un koala si attacca ad un albero,  Sasori invece abbracciava una marionetta e Kisame si era rintanato in una vasca d’acqua con tanto di sassolini e piante decorative (che Zetsu non aveva ancora mangiato).

Tornai giù e posai sul tavolo un biglietto e delle buste, ognuna delle quali riportava il nome di un membro dell’organizzazione, e infine mi diressi verso la porta d’ingresso e spensi anche quella luce, così come avevo fatto per ogni stanza della casa. Kakuzu avrebbe apprezzato.

Mi voltai un’ultima volta verso le scale, scossi la testa ripensando alla giornata e mi venne da sorridere.

« Che pastine! », dissi tra me e me, mentre mi richiudevo la porta alle spalle.

 

“Grazie per la bella giornata e per l’aiuto che mi avete dato. Ecco qui i vostri soldi.

Adesso la parola lavoro rientra nel vostro vocabolario. Se così non fosse, chiamatemi!

Spero di non essere stata così insopportabile.

Giulia

 

PS: Kakuzu, e tutti voi, non approfittatevi del fatto che Itachi non vede quanti soldi ha. Tobi, non spenderli tutti in dolci. Deidara e Sasori, comprate argilla e marionette finché volete ma non litigate. Kisame, con questi potresti andare qualche giornata in piscina e riprenderti. Zetsu, puoi venire a trovare la tua bella pianta quando vuoi. Konan e Pain, non sono abbastanza per una vacanza, ma una cena romantica ve la potete permettere.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Ebbene, il mio obbrobrio, che cominciai a scrivere il lontano 29 agosto 2011 e terminai probabilmente un anno dopo, ha finalmente visto la luce.

Avrei dovuto pubblicarla allora, ma tra impegni di ogni genere, la cosa finiva nel dimenticatoio, inoltre mi ero sempre detta che avrei preferito leggere prima tutti i capitoli che precedevano il mio, per correttezza verso tutti gli autori, ma poi non sono più riuscita a stare al passo con gli aggiornamenti e alla fine… EFP ha tolto la possibilità di scrivere Roundrobin… u_u’

Non l’ho nemmeno riletta prima di pubblicarla… Quando ho visto il documento di Word di questa fic insieme a quelle che sto riordinando, mi sono tirata una marea di nomi e, con l’autorizzazione di Cocol, l’ho dovuta pubblicare per liberarmene… Quindi, se ci sono errori, non esitate e farmeli presenti!

Ai tempi in cui scrissi la fic ero solita andare da mia zia a raccogliere frutta (chi è delle zone della Pianura Padana capirà) e mi sono detta, non avendo una vera e propria predilezione per questi personaggi in particolare, “Perché non farli venire a lavorare con me, visto che non hanno fatto altro che andare al mare e divertirsi?” (o almeno, questo fin dove avevo letto io… Ero arrivata al sessantesimo capitolo, le mie recensioni lo confermano!).

Ad ogni modo, mi scuso per la lunghezza (4.800 parole solo di corpo del testo, sono stata nei parametri u_u) e per la eventuale pesantezza, è un genere che non so scrivere e probabilmente non ho fatto ridere nessuno, ma scrivendo mi sono divertita e l’obiettivo, in fin dei conti, era quello…

Ringrazio ancora di cuore tutti coloro che hanno contribuito alla raccolta, Cocol per la sua brillante idea e tutti coloro che l’hanno letta e seguita e… A tutti coloro, se mai ci saranno, che leggeranno questa.

Un abbraccio a tutti!

WolfEyes

  
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