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Autore: deba    01/05/2015    4 recensioni
Una FF per rivivere l'amore di Rose e Dimitri.
Rose Hathaway, vive e studia nell'accademia di St. Thomas, con l'unico scopo di diventare un guardiano più famoso della madre. Purtroppo durante un improvviso attacco strigoi, il suo mentore muore e la sua accademia viene distrutta. Così Rose si ritrova a partire da zero in una nuova accademia, la St. Vladimir, dove metterà in discussione se stessa più volte e troverà veri amici e il vero amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrian Ivashkov, Christian Ozera, Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 5

Capitolo 5

 

 

 

 

Sedevo sotto un albero a mangiare il pranzo, o la cena, come preferite. Ero a metà del primo giorno di lezione. Mi avevano dimessa ieri, dopo una settimana di ‘convalescenza’ nell’infermeria della St. Vladimir.

A quanto pare, ero svenuta durante la cerimonia di onorificenza ai guardiani caduti nell’attacco strigoi della mia accademia. La causa era dovuta a un forte trauma cranico. Incosciente ero stata poi trasferita qui, dov’ero rimasta sette giorni a letto, con un via vai di persone a me sconosciute. Alcuni erano studenti che volevano sbirciare, altri il preside o qualche guardiano, ma nessuno da colpirmi notevolmente. Continuavo nel mio mutismo, che ben presto aveva fatto pettegolezzo, e oggi che avevo ripreso le lezioni, sapevo per certo di essere, ufficialmente, il fenomeno da baraccone di turno. O la pazza. Così, per evitare sguardi o altro, mi ero rifugiata fuori a mangiare. L’aria era fredda, ma questo era il male minore in confronto al dentro.

Anche qui, come alla St. Thomas, i novizi nelle prime ore di lezione svolgevano combattimenti e rinforzavano i muscoli in palestra. Le mie abitudini si erano incasinate, per cui sentivo davvero la necessità di allenarmi, ma gli insegnanti non erano del mio stesso parere e mi avevano lasciato in disparte a seguire le lezioni, seduta. Questo si, mi rendeva pazza.

Le ore dopo il pranzo non furono molto diverse. In classe i novizi e i moroi mi guardavano bisbigliando. Erano circolate molte voci, dato che alcuni della mia vecchia scuola erano venuti qui. La massima era che uno strigoi mi aveva tagliato la lingua, ma nessuno sembrava supporre che io avessi combattuto. Per tutti ero una vittima sopravissuta e che ne era uscita, beh pazza. Chissà, forse lo ero davvero. Di certo nessuno aveva mai visto il mio molnija, dato che i capelli avevo deciso di tenerli sciolti, per coprirlo e coprirmi, non volevo attirare l’attenzione, ma più cercavo di non farlo più succedeva il contrario.

Quando le lezioni terminarono, non potei che sospirare e filarmela il più presto possibile dall’ultima ora. Nell’uscire di fretta dalla classe urtai qualcuno, facendogli cadere un libro di mano. Lo guardai ed era una moroi bionda, dal viso angelico. Era davvero bella, e come tutte della sua specie, magra da far invidia ad una modella. Per scusarmi le presi il libro e glielo porsi. Lei mi guardò, sorpresa forse, ma comunque dolce. “Ti ringrazio, ma sono stata io a venirti addosso. Ti chiedo scusa!”.

Una moroi così gentile, non l’avevo mai incontrata, forse mi prendeva in giro. La guardai negli occhi, e non vidi risa, bensì tristezza. Tanta tristezza.

Annuii con un lieve sorriso, poi me ne andai. Non so perché, ma quella moroi mi lasciò un retrogusto dolceamaro in bocca.

Ero sulla strada per tornare al mio alloggio, persa ancora nei pensieri riguardanti quella moroi, quando qualcuno mi urtò. Di nuovo. Dovevo togliermi il vizio di camminare a testa bassa. Questa giornata voleva non finire più.

“Ehi, pazza-dhampir. Certo che non sei niente male!”.

Un moroi biondo platino, immaginavo della mia età, mi guardava con sguardo di beffa. Mi ricordava Martin Ivashkov.

“Si dice che facevi la preziosa nella tua scuola!”.

Si avvicinò quel tanto per rendermi conto che sapeva d’alcol. A quest’ora? Ma bene! Le accademie erano davvero tutte uguali.

Mi stava dando sui nervi e la mia solita rabbia, che si annidava dentro di me, stava forzando per uscire. Era dal giorno dell’attacco strigoi che provavo questo sentimento, e cercavo di rinnegarlo.

“Signor Zeklos. Sono sicuro che la preside Kirova, sarà lieta di ricevere una sua visita.”

Un guardiano di nome Alberta, una donna di un metro e ottanta di circa cinquanta anni, si avvicinò ponendo in distanza di sicurezza quel moroi, che presto si sarebbe trovato con qualche ossa rotta.

Avrei voluto mettermi a ridere. Non trovavate divertente la situazione? Sempre i soliti problemi a corrermi dietro.

“La preside ha troppo da fare per occuparsi di me. Non trovo giusta disturbarla e poi non stavo facendo niente di male, non è vero paz… ?” . Mi guardò, immagino si stesse rendendo conto di non sapere il mio nome. “Beh, comunque, giusto?”.

Aveva posto la domanda a me, che ovviamente non risposi.

Lui ghignò. “Visto?”. Ora rivolto al guardiano.

E con faccia divertita se ne andò.

Alberta mi guardò un po’ preoccupata.

“Tutto bene?”.

Dannazione, odiavo questo sguardo, lo sguardo che aveva ogni maledetto guardiano che incontravo in questo posto. Loro sapevano, ovviamente, com’erano andate le cose.

Annui distaccatamente.

“Ti stavo cercando, Rose!”.

E perché mi cercava?

“E’ arrivata questa!”.

Era una lettera, la presi e riconobbi la calligrafia di mia madre.

Alzai di nuovo lo sguardo sul guardiano Alberta, ma non lasciandole dire altro, con un cenno del capo me ne andai finalmente in camera mia.

 

Cara Rose,

sono venuta a conoscenza di cosa è accaduto all’accademia. Sono contenta che tu stia bene.

Avrei voluto offrire il mio aiuto alla St. Vladimir, ma il moroi che proteggo teme per la sua incolumità, quindi finché avrà bisogno dei miei servigi, rimarrò qui.

Fatti forza.

A presto.

 

Janine Hathaway

 

Che buffo, non si era neanche firmata mamma, forse si rendeva conto di non esserlo.

Una rabbia improvvisa mi fece scaraventare il primo oggetto che trovai davanti contro il muro.

Che strazio. Io avevo bisogno di lei, io che ero sua figlia, ma lei anteponeva a tutto il suo lavoro. Già… loro vengono prima. Come dimenticarlo? Di sicuro, non c’era nessuno più devoto di lei a questo motto.

Per distrarmi provai a svolgere qualche compito, poi stanca me ne andai a letto. Dovevo darmi da fare, perché più me ne stavo con le mani in mano, più ero stanca e più ero stanca più rimanevo indietro con gli allenamenti. Avevo un obiettivo e lo avrei raggiunto, in un modo o nell’altro.

 

L’indomani al tramonto mi alzai con un obiettivo: continuare quelle sessioni di allenamento che facevo con Nikolai. Forse non avrei trovato nessuno che mi insegnasse nuove mosse, ma almeno avrei mantenuto una buona resistenza fisica.

Sapevo che a quell’ora era ancora in vigore l’orario del coprifuoco, erano regole basilari di tutte le accademie, ma non me ne era mai importato granché di rispettare i regolamenti. Infilai perciò dei leggins e una felpa, non raccolsi i capelli e una volta messe le scarpe da ginnastica uscii a correre.

La St. Vladimirs era simile alla St. Thomas, gli edifici erano un po’ più vecchi, ma la disposizione di essi era la medesima. La vegetazione era un po’ diversa, meno verde, se aveva senso.

Dopo un paio di giri dell’accademia, mi accorsi che questa era più grande e che il mio stare ferma si risentiva. Dovevo darmi da fare per tornare in forma. I mal di testa erano ormai scomparsi, perciò potevo benissimo rimettermi in pari con gli altri novizi e avrei cominciato fin da subito, quel giorno non sarei rimasta seduta.

Stavo giungendo nei pressi della palestra quando l’aria mi portò al naso un profumo estasiante. Mi fermai di botto in cerca da dove provenisse. Sapevo esattamente che profumo fosse, lo avevo sentito una sola volta, ma mi era entrato così in profondità che non lo avrei più potuto dimenticare. Cercai li intorno la presenza di qualcuno, ma non vidi nessuno e pian piano il profumo svanì. Che mi fossi immaginata tutto?

Restai inebetita un po’, fin quando non mi accorsi che l’accademia stava prendendo vita, e che quindi avrei dovuto sbrigarmi se non avessi voluto arrivare tardi in palestra.

 

Quando feci il mio ingresso in palestra in tenuta da allenamento, calò il silenzio. Fantastico. Mi misi in disparte e aspettai arrivassero i guardiani di turno.

“Ehi, ciao!”.

Mi si avvicinò un ragazzone dai capelli biondo cenere. Aveva l’aria simpatica. Io lo guardavo e basta, infatti parve imbarazzarsi.

“Sono Mason Ashford. Tu sei, Rose Hathaway, la figlia di Janine Hathaway.”

Non era una domanda e questo comunque gli fece perdere quel minimo punto di simpatia che potessi avergli accordato.

Socchiusi gli occhi cercando di non mostrargli quanto furiosa fossi in realtà e annuii risentita.

Lui si agitò impercettibilmente.

“I-io non credo a quello che si dice in giro.”

E detto ciò tornò al suo posto grattandosi nervosamente la testa. Un po’ mi pentii di essermi comportata a quel modo, era sincero quando mi aveva praticamente detto che non credeva fossi pazza, forse ora si era ricreduto.

Abbassai gli occhi stanca di tutto ciò, e intanto sentii entrare i guardiani.

Alzai gli occhi e il mio cuore inspiegabilmente prese a battere più forte. Uno dei due guardiani ero quello che alla cappella della St. Thomas mi fissava intensamente e che lo stava facendo anche adesso. Sudavo freddo e non capivo perché fossi così agitata. L’altro guardiano era Alberta ed anche lei mi notò, ma non con la stessa intensità del suo compagno.

“Signorina Hathaway, perché è in tenuta d’allenamento?”.

Nessuno fiatò, neanche io. Le lanciai solo uno sguardo deciso che lei parve accettare come spiegazione.

“Va bene, se te la senti non obietterò. Guardiano Belikov , a te la parola!”.

Belikov. Guardiano Belikov, finalmente un nome a quel viso. E che viso. Questo dio greco alto un metro e novanta, coi capelli neri un po’ lunghi e legati alla nuca con un piccolo codino era davvero l’uomo più bello che avessi mai visto e che mi avesse mai colpito così tanto. Di questo non riuscivo a capacitarmene. Su e giù doveva avere venticinque anni, ma dai molnija sul suo collo forse anche di più.

“Tutti in cerchio attorno al tappeto da combattimento. A due a due farete dei combattimenti, e vediamo se abbiamo smesso di fare errori elementari. Se andrete bene, riprenderemo le lezioni con il paletto, alle quale si unirà alla pratica il guardiano Hanson della St. Thomas.”

Tutti lo ascoltavano con rispetto, io seguivo la sua voce calda e profonda con un lieve accento russo, come il canto di una sirena, ma la magia si ruppe al nome Hanson. Albert che insegnava a come usare un paletto? Era una barzelletta?

Nessuno rideva, per cui la notizia non era una battuta. Pensierosa a riguardo, seguii gli altri novizi  intorno al tappeto e ben presto dimenticai la barzelletta, intenta a seguire i combattimenti dei miei nuovi compagni. Stavano combattendo ora un certo Eddie, che era stato scelto da una certa Margaret. Non se la cavavano male, seguivano alla lettera gli insegnamenti che ci venivano dati, ma lui era un po’ più forte di lei e la mise al tappeto presto.

Ne susseguirono altri, e l’unica cosa che riuscivo a pensare era che con gli strigoi non era così facile. Loro lo ripetevano spesso, i guardiani che ci insegnavano intendo. Tante volte Nikolai lo aveva detto anche a me, ma non avevo mai capito finora cosa intendesse veramente.

Un novizio aveva appena messo fuori combattimento un altro con un calcio all’addome, davvero niente male. L’altro avrebbe avuto un bel livido il giorno seguente. Belikov, di cui ora mi rendevo conto di voler sapere il nome, chiamò Mason, il ragazzo che mi aveva parlato prima.

“Avanti Mason, scegli un compagno!”.

“Rose Hathaway!”.

Lo disse come se ci avesse pensato per giorni. La cosa sbalordì tutti, anche Belikov.

Mossi diversi passi, per ritrovarmi poi davanti a Mason al centro del tappeto.

“Quando volete!” disse Alberta.

Mason si mise in guardia e mi tirò un pugno all’addome che parai per un soffio. Mi sentivo strana e mi sembrava che il mio corpo rispondesse in ritardo. Girammo intorno, la sala era nel silenzio più totale, e il mio avversario continuava ad attaccare, mentre io continuavo a parare malamente.

Vidi i guardiani lanciarsi un’occhiata, forse pensavano non fossi pronta o in grado. Non potevo passare per una disabile accidenti. Feci un respiro e l’immagine dello strigoi che aveva ucciso Nikolai mi lampeggiò nella testa, e fu la fine.

Una rabbia dentro esplose, feci una finta bassa che destabilizzò il mio avversario, così tirandomi su velocemente sferrai un calcio rotante che lo colpì di lato buttandolo a terra. Stavo per avventarmi su di lui, ma un profumo di dopobarba mi fermò e sentii subito qualcuno bloccarmi le braccia. Il mio cuore sussultò quando vide Belikov a pochi centimetri  dal mio viso, guardarmi intensamente.

“Respira!” mi disse su un orecchio ed io obbedii.

Invasi le mie narici del suo profumo e questo mi calmò, non accorgendomi neanche di essermi agitata. Sentii Alberta chiedere a qualcuno di aiutarla e solo allora mi accorsi  che lei ed Eddie stavano aiutando Mason a rimettersi in piedi che sembrava molto intontito. Solo allora mi resi conto che il mio calcio lo aveva spinto fuori dal tappeto e che probabilmente aveva sbattuto la testa a terra. Ed io, invece di fermarmi, lo stavo per attaccare di nuovo, se… se Belikov non mi avesse fermato. Mi voltai sconvolta verso di lui e lui purtroppo mi lasciò andare, forse capendo che non ero più un pericolo. Guardai gli altri studenti e tutti erano intorno a Mason, nessuno si era reso conto del mio scatto di follia. Qualcuno rise a una qualche battuta e l’aria parve rasserenarsi. Mason stava bene e si stava facendo largo per avvicinarsi a me, che ero ancora sul tappeto immobile. Aveva un sorriso gentile, non era arrabbiato.

“Wow, mai visto una finta così. Sapevo che dovevi essere un osso duro!”.

Era tranquillo e alzò una mano per darmi il cinque, alzai la mano d’istinto e lui la colpì.

I guardiani poi ci richiamarono per avvertirci che la lezione era finita.

Continuai le lezioni seguenti sconvolta da me stessa e dalle mie reazioni.






Salveee
Eccoci qui, 5 capitolo.
Rose ha iniziato la sua nuova vita, ma non è semplice e se ne sta accorgendo passo dopo passo. A troppi fantasmi con cui fare i conti.
Riuscirà a superarli tutti?
 A presto
xoxo

  
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