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Autore: Soly_D    01/05/2015    4 recensioni
«...Solo perché è più grande non significa che io e lei non possiamo stare insieme! In fondo è ancora così bella e giovane!
Poi suo marito manca da dieci anni e lei ha bisogno di un uomo come me che possa...
Papà? Papà, ti senti bene? Papà, rispondi! P-perché mi guardi così? Papà... Oh. Maaaamma, papà è svenuto!».
• Boruto, Sarada, Naruto, Sakura.
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sarada Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Papà, mi sono innamorato di Sakura-chan

Quella sera Boruto Uzumaki si aggirava per le strade di Konoha, trascinando svogliatamente il suo zainetto per terra e inciampando in tutti i sassi che trovava lungo il cammino. Quella era stata decisamente una giornata no. In accademia si era beccato un brutto voto (l’ennesimo) per non aver svolto i compiti, nel pomeriggio aveva aspettato − invano − che suo padre tornasse a casa per giocare con lui come gli aveva promesso giorni prima e infine Shino-sensei lo aveva messo in punizione: sarebbe andato due volte a settimana da Sarada Uchiha, la secchiona della classe, per fare ripetizioni e migliorare i suoi voti in accademia. Poteva andare peggio di così?
Con uno sbuffo accelerò il passo e si ritrovò di fronte al cancello di casa Uchiha, un’abitazione modesta che non aveva nulla a che vedere con la propria (essere figlio dell’Hokage aveva i suoi lati positivi, in fondo). Si mise lo zaino in spalla e suonò al campanello. Gli andò ad aprire la madre di Sarada, una bella signora dai capelli rosa che aveva fatto parte dello storico team 7 insieme a suo padre e Sasuke Uchiha, coloro che avevano partecipato alla Quarta Guerra Ninja e salvato il mondo, come gli raccontava sua mamma da piccolo per farlo addormentare.
«Sono qui per le ripetizioni», spiegò, con il mento sollevato all’insù per guardare la donna negli occhi.
Erano grandi e verdi, e Boruto pensò che fossero davvero belli.
Sakura gli sorrise cordiale. «Lo so, Sarada mi ha già informata. Entra pure».
Boruto finse un sorriso − nell’ultimo periodo gli riusciva particolarmente bene − e attraversò il vialetto al fianco della signora Uchiha. Scoprì ben presto che la casa di Sarada, a dispetto della facciata esteriore, era calda e accogliente: vi si respirava un’aria familiare, quasi più familiare di quella che sentiva nella propria casa. O forse era solo lui che faticava a percepirla, a volte.
La mano di Sakura si poggiò sulla sua schiena, spingendolo in avanti come per dargli coraggio. Boruto le indirizzò un’occhiata confusa e lei gli sorrise, di nuovo, indicando una testolina nera che sbucava dalla porta della cucina. Boruto sbatté le palpebre, sorpreso, poi sollevò la mano in segno di saluto. «Ciao, Sarada». Non gli era mai stata antipatica, però... insomma, aveva quella inclinazione da secchiona – e da Uchiha – che contrastava terribilmente con la sua, decisamente più libertina.
«Boruto», pronunciò lei con tono freddo. «Sei in ritardo».
Il ragazzino scrollò le spalle. «Me ne ero dimenticato».
La giovane Uchiha si sistemò gli occhiali sul naso, indirizzandogli uno sguardo di sufficienza.
«Seguimi prima che cambi idea».
E Boruto non se lo fece ripetere due volte.



Il giovane Uzumaki pensò di essere proprio negato nella teoria quando, dopo ore passate sui libri a sentire le spiegazioni di Sarada, si rese conto di non averci capito assolutamente niente. Anzi, di saperne meno di prima.
«Aaah, non diventerò mai genin!», si lamentò, dondolandosi sulla sedia con le braccia incrociate dietro la testa.
Sarada ghignò. «Be’, non è una novità. Mi dispiace solo per tuo padre... Dev’essere dura per un Hokage avere un figlio del genere».
Boruto smise di dondolarsi e la fulminò con lo sguardo. «Cosa vorresti insinuare? Che non sono un degno Uzumaki?».
«Dico solo che di questo passo noi saremo jounin e tu non avrai nemmeno il copri fronte».
Boruto strinse i pugni sulle ginocchia. Cominciava davvero a spazientirsi.
«Ora non esagerare, non sono messo poi così male...».
«Ma se sei il peggiore in accademia!».
«Ehi!», esclamò Boruto, tirandole una gomitata nel fianco.
Sarada sgranò gli occhi, guardandolo in cagnesco. «Non lo fare mai più».
Boruto, a quel punto, trovò la situazione estremamente divertente e sentì la rabbia scivolare via.
«Cosa non devo fare? Questo?». Le sorrise maliziosamente, dandole un’altra innocua gomitata.
«Boruto...», sussurrò Sarada con aria minacciosa.
«E dai, rilassati un po’». La terza gomitata.
La giovane Uchiha non ci vide più. Chiuse i libri con un tonfo sordo e scattò in piedi, ergendosi minacciosa sul compagno.
«BORUTO UZUMAKI, SEI MORTO!».
Si avventò su di lui, afferrandolo per il colletto e scuotendolo avanti e indietro ripetute volte. Boruto rimase così sorpreso dalla reazione della ragazzina che per i primi secondi la lasciò fare, poi tornò lucido e la spinse in avanti, bloccandola per i polsi. Sarada iniziò a divincolarsi, mentre Boruto sorrideva soddisfatto.
«Chi è il più forte, eh?».
«SHANNAROOO!».
Un urlo disumano rimbombò tra le pareti della casa. Boruto si ritrovò con la faccia schiacciata per terra e un grosso bernoccolo sulla testa. Pensò che fosse stata Sarada, ma lei era stesa a terra nelle sue stesse condizioni, per cui immenso fu lo stupore dell’Uzumaki quando sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi della signora Uchiha, la quale aveva i pugni stretti all’altezza del viso ed era circondata da un’aura scura e minacciosa.
«Provate ad azzuffarvi di nuovo in casa mia», cominciò, con un tono così calmo da mettere i brividi, «e giuro che vi picchierò talmente forte che dopo non ricorderete nemmeno perché stavate litigando».
Boruto boccheggiò, mentre Sarada si schiaffiava una mano in faccia per l’esasperazione.
«Quanto a te», continuò Sakura rivolta al ragazzino, «non si picchia una signorina».
«M-mi scusi, n-non accadrà più!».
Sarada si avvicinò a Boruto per sussurrargli nell’orecchio: «Scusala, a volte esagera...».
Il ragazzino deglutì a vuoto, fissando come in trance la figura di Sakura.
«Tua madre è...».
«...pesante, sì, lo so».
«...è fantastica!».
Sarada sgranò gli occhi. «Fantastica?».
Boruto annuì vigorosamente.
Sua madre, sempre così premurosa nei suoi confronti, non gli aveva mai alzato un dito. Sakura, invece, non aveva esitato a dargli un pugno sulla testa. Era la prima persona, dopo suo padre, ad avere avuto il coraggio di picchiarlo per una delle sue marachelle.
In quel momento, agli occhi di Boruto, la signora Uchiha appariva come la donna più bella e forte che avesse mai incontrato. La mente del ragazzino prese a viaggiare: Sakura-chan che lo spingeva sull’altalena, Sakura-chan che gli preparava deliziosi manicaretti, Sakura-chan che gli rimboccava le coperte, Sakura-chan che gli baciava la fronte e...
Per la prima volta, Boruto Uzumaki si sentì arrossire.
«Ora ditemi, qual è il problema?». Le parole di Sakura lo riportarono alla realtà.
Boruto la guardò estasiato e notò che l’aura minacciosa era sparita, lasciando il posto ad un’espressione comprensiva.
«Boruto non capisce nulla», spiegò Sarada con tono saccente.
Sakura sorrise divertita, scompigliando i capelli del ragazzino. «Tale padre, tale figlio».
«Forse, se mi aiuta lei...», propose allora Boruto, facendo gli occhioni dolci.
Sakura inarcò un sopracciglio, perplessa. «Perché io? Non sono sicura di ricordare bene...».
«Si potrebbe fare un tentativo», insistette Boruto.
Sakura non seppe resistere alla dolcezza di quello sguardo.
«E va bene, proviamoci. Non mi farà male rispolverare un po’ la teoria. Solo una cosa... dammi del tu, non sono poi così vecchia».
Boruto sorrise raggiante e quella sera, grazie alle lezioni di Sakura, imparò molte più cose di quante ne avesse mai imparate in tutta la sua vita.
Forse perché questa volta aveva una valida motivazione per ascoltare.



«Vado da Sarada!».
Boruto era sul punto di aprire la porta, ma il padre lo bloccò, afferrandolo per il colletto della giacca.
«Proprio oggi che sono tornato a casa prima?».
Il ragazzino pensò che se un’occasione del genere gli fosse capitata appena qualche giorno prima, non avrebbe esitato ad approfittarne. Ma ora la sua priorità era un’altra. «Dobbiamo studiare», si giustificò.
Naruto assottigliò gli occhi, insospettito, infine si lasciò sfuggire un sorriso malizioso.
«Non è che ti piace Sarada, eh?».
Boruto aggrottò la fronte per poi scoppiare subito a ridere.
«Sarada? Sarada Uchiha? Spero che tu stia scherzando!».
Naruto lo fissò perplesso. «E allora perché ci tieni così tanto ad andare da lei?».
«Oh, ma è così semplice», spiegò il più piccolo con tono mellifluo, poi si schiarì la voce come se stesse per pronunciare qualcosa di solenne. Naruto si avvicinò maggiormente al figlio, incuriosito.
«Papà».
Naruto deglutì. «Sì?». Chissà quale grande segreto stava per rivelargli...
«Mi sono innamorato di Sakura-chan».
L’espressione dell’Hokage, inspiegabilmente, non fece una piega.
«...di Sakura-chan?»
«Sì, papà. Solo perché è più grande non significa che io e lei non possiamo stare insieme! In fondo è ancora così bella e giovane! Poi suo marito manca da dieci anni e lei ha bisogno di un uomo come me che possa... Papà? Papà, ti senti bene? Papà, rispondi! P-perché mi guardi così? Papà... Oh. Maaaamma, papà è svenuto!».



«Boruto, come diamine devo dirtelo che Sakura-chan non fa per te?! È sposata e ha una figlia! Tu devi frequentare le ragazzine della tua età!».
Era circa la decima volta che suo padre, accasciato sul divano, gli ripeteva la stessa identica cosa, passandosi le mani sul viso per l’esasperazione.
«Ma loro sono tutte oche! Sakura-chan è forte».
Gli occhi del ragazzino brillarono e a Naruto venne quasi da ridere. Boruto innamorato di Sakura-chan... be’, era proprio suo figlio.
«Anche Sarada è forte», tentò.
«Sarada è noiosa, Sakura-chan è forte! E poi è così bella... Anzi, mi stupisco del fatto che tu non l’abbia sposata», ammise Boruto con tono quasi adulto. «Insomma, non che la mamma non sia bella o forte, anzi! Però tu e Sakura-chan eravate in squadra insieme, vi conoscevate bene e per di più mi hai raccontato che avevi una cotta per lei. Perché non l’hai sposata?».
La domanda di Boruto colpì l’Hokage dritto al cuore.
«Sakura-chan ha sempre amato Sasuke», rispose con un sorriso nostalgico. «E poi io mi sono innamorato della mamma», si affrettò ad aggiungere.
Non voleva che Boruto fraintendesse le sue parole: Sakura faceva parte del suo passato, ora c’era Hinata e la famiglia che aveva costruito con lei.
Di quell’amore adolescenziale rimanevano solo i ricordi. Indelebili, ma pur sempre ricordi.
«Oh be’, meglio per me, così ho il campo libero», terminò Boruto tutto soddisfatto.
«Tu non hai proprio un bel niente! Smettila di fare il bambino!», esclamò Naruto, tornando alla realtà, e gli rifilò un pugno sulla testa.
Boruto si strofinò la parte lesa mettendo il broncio. «Non sono più un bambino».
«E allora smettila di comportarti come tale», lo rimproverò il padre. «Dimostrami che hai capito la lezione».
Il ragazzino lo guardò un’ultima volta negli occhi, poi sospirò. «Va bene, papà».
«Va bene?», ripetè Naruto sorpreso. Non si aspettava che Boruto si sarebbe arreso così facilmente, lui combatteva sempre.
Il ragazzino annuì convinto e l’Hokage gli sorrise, ma in cuor suo si ripromise di tenerlo d’occhio.



«Oh, Sakura-chan».
Il seno della signora Uchiha non era abbondante come quello della sua mamma, eppure sembrava fatto apposta per accoglierlo in un caldo abbraccio. Boruto vi strofinò una guancia, sorridendo beato, mentre le braccia di Sakura lo stringevano amorevolmente.
«Menomale che ci sei tu, Sakura-chan! Papà non c’è mai a casa e la mamma preferisce Himawari. Nessuno mi vuole bene».
Okay, forse stava esagerando. Forse era solo una scusa per stare tra le braccia della signora Uchiha. Forse si sentiva un tantino in colpa per aver disobbedito al padre, di nuovo, nonostante gli avesse promesso che avrebbe lasciato perdere le signore sposate.
Ma Sakura-chan era semplicemente troppo bella.
Fece finta di piagnucolare e la donna gli accarezzò i capelli in un gesto materno.
«Boruto, tesoro... devi capire che tuo padre è solo molto impegnato con il lavoro e tua madre dedica più tempo a tua sorella perché è più piccola, ma ciò non significa che i tuoi genitori non ti vogliano bene. Anche io te ne voglio. Chiunque te ne vorrebbe, sai?».
Proprio come Naruto, anche Boruto aveva l’innata capacità di farsi apprezzare da tutti nonostante la condotta non proprio esemplare.
Forse era per la sua vivacità, forse per il suo gran cuore.
Sakura se lo scostò dal petto e lo guardò negli occhi così simili a quelli del padre. Boruto era l’unico, oltre a Naruto, che la chiamava Sakura-chan, e il suo cuore saltava un battito ogni volta che lo sentiva pronunciare. Era come tornare indietro nel tempo e rivivere la propria adolescenza, ai tempi in cui Naruto stravedeva per lei ed era sempre pronto a strapparle – senza successo – appuntamenti da trascorrere all’Ichiraku Ramen. Gli stessi occhi azzurri, gli stessi capelli biondi, gli stessi graffi sulle guance – uno in meno, per la verità – e lo stesso sorriso.
Quel bambino era la fotocopia del padre, era impossibile non amarlo.
«Come sei dolce! Anch’io ti voglio bene, Sakura-chan!».
La donna sorrise con calore, socchiudendo gli occhi.
Quando li riaprì, però, notò che il viso del ragazzino si era fatto più vicino e che le sue piccole mani si erano poggiate sulle proprie guance.
I suoi occhi brillavano di un azzurro intenso, la bocca semi spalancata. Sakura tirò la testa indietro, confusa da quell’eccessiva vicinanza.
«C’è qualcosa che non va, Boruto?».
«Sakura-chan...», soffiò lui, avvicinandosi.
La donna, perplessa, si fece nuovamente indietro, ma Boruto le si avvicinò ancora. Continuarono così finché Sakura non fu costretta a bloccarsi a causa dello schienale della sedia che non le permetteva di farsi più indietro. Il ragazzino, a quel punto, ridusse la distanza che li separava e...
«BORUTO, SAKURA-CHAN!».
Sakura urlò all’improvviso e spinse via il ragazzino con un pugno nello stomaco. Si voltò di scatto verso la finestra, intravedendo la testa bionda dell’Hokage. «Naruto!», esclamò correndo alla finestra. Si sporse dal balcone, guardando in giù: l’Hokage sembrava terrorizzato, come se avesse appena visto un fantasma. «Stavi baciando mio figlio!», urlò scuotendo un pugno in aria.
«No, idiota! È lui che stava per baciare me, ma l’ho fermato appena in tempo!».
Naruto abbassò lo sguardo, prendendo a lamentarsi a bassa voce come se non avesse sentito nulla.
«Sakura-chan, come hai potuto...? Cosa dirà Sasuke quando lo verrà a sapere? E Sarada? E Hinata? E l’intero villaggio? Insomma, Boruto è solo un bambino! Come puoi solo pensare di...».
«SHANNAROOO!».
Sakura saltò dalla finestra, lanciandosi in strada, e atterrò con il pugno sulla testa di Naruto, il quale aveva quasi dimenticato quanto fosse effettivamente forte la sua ex compagna di team, ora che non lo picchiava più così spesso come faceva un tempo.
Messo Naruto K.O., Sakura si sporse verso di lui, con le mani poggiate sui fianchi e il cipiglio severo con il quale era solita rimproverarlo quando erano ragazzini. «Se Boruto ha tentato di baciarmi è perché ha solo bisogno d’affetto e attenzioni, cosa che evidentemente, in casa, gli manca!».
Naruto spalancò la bocca, allibito, ma quando i suoi occhi si inumidirono Sakura si pentì delle proprie parole. Forse era stata troppo dura.
«Naruto, scusami... intendevo solo che...».
«No, Sakura-chan, hai ragione».
L’Hokage si rialzò da terra, scuotendo il mantello per liberarsi dalla polvere, e Sakura seguì con lo sguardo ogni suo movimento fino ad incrociare i suoi occhi. «Hai ragione», ripetè atono. Sakura fece per parlare, ma un rumore di passi attirò la sua attenzione e quella di Naruto.
I due si voltarono: Boruto era uscito dalla casa e li guardava con le lacrime agli occhi, torturandosi le mani, fermo sui gradini dell’ingresso.
«Boruto!», lo chiamò l’Hokage, andandogli incontro.
Il ragazzino indietreggiò. «Io... non volevo... sono stato uno stupido...».
Naruto scosse la testa. «Vieni qui».
Boruto tirò su col naso per non scoppiare a piangere, ma non riuscendo a trattenersi superò il padre e corse via.
«Boruto, aspetta!». Naruto lo avrebbe rincorso se non fosse stato bloccato dalla mano di Sakura che si era poggiata sulla sua spalla.
La donna lo guardò intensamente negli occhi. «Dagli tempo».
Naruto accettò il consiglio, limitandosi a osservare la figura di Boruto che scompariva in lontananza.



«Sakura-chan, cosa credi che dovrei fare?».
Naruto era seduto al tavolo da pranzo di casa Uchiha con uno sguardo di puro sconforto stampato sul volto abbronzato.
Sakura sospirò, sedendosi di fronte a lui.
«Boruto è un ragazzino dal cuore d’oro, come te. Basterà chiedergli scusa e... stare più tempo a casa, ovviamente».
Naruto si grattò una guancia ispida di barba. «Il problema è che essere Hokage risulta molto più impegnativo di quanto credessi».
«Ma è sempre stato il tuo sogno! Sono sicura che con un po’ di sforzo riuscirai a trovare il tempo per stare con la tua famiglia».
Naruto annuì, poi i suoi occhi si illuminarono come se avesse appena avuto un’idea geniale.
«Potrei usare delle copie! Come ho fatto a non pensarci prima?!».
Sakura smorzò il suo entusiasmo con un buffetto sulla testa. «Quelle usale solo in casi estremi, okay? Un conto è mandare una copia a giocare con tuo figlio, un conto è andarci di persona. E Boruto si merita di stare con suo padre, quello vero».
Naruto la ascoltò con attenzione, poi si lasciò sfuggire un sorriso, uno di quei sorrisi sognanti che le rivolgeva da ragazzino.
«Grazie, Sakura-chan. Ancora una volta mi sei stata di grande aiuto».
Sakura allungò una mano e la posò su quella di Naruto, a sua volta poggiata sul tavolo. «Io ci sarò sempre, lo sai».
Naruto la guardò negli occhi e per un attimo rivide la ragazzina di cui era stato tanto innamorato da piccolo.
Poi tornò alla realtà, specchiandosi negli occhi di una giovane donna e mamma. Era così bella, Sakura-chan, lo era sempre stata.
Come dar torto a Boruto? Era ovvio che si fosse innamorato di lei.
«Sicura che tra te e mio figlio non ci sia nulla, vero?», scherzò.
Sakura gli colpì la spalla, mentre un sorriso affiorava anche sul suo volto. «Idiota».
«Sarà meglio che vada, ora».
Sakura annuì e lo accompagnò alla porta, chiedendogli di salutare Hinata da parte sua, ma a Naruto non sfuggì il velo di tristezza che aveva oscurato gli occhi verdi dell’amica in quei pochi secondi. «Sasuke tornerà presto, ne sono sicuro».
Sakura gli sorrise grata. Probabilmente Sasuke sarebbe rimasto lontano ancora per un po’ ma credette ugualmente alle parole di Naruto.
Naruto diceva sempre la verità, Naruto manteneva le sue promesse. E le bastava ricordarsi quello per sentirsi già meglio.



Seduto sui gradini della porta di casa, Boruto si asciugò le ultime lacrime, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani piegate a sostenere il mento. Come aveva solo potuto pensare che tra lui e la signora Uchiha ci sarebbe potuto essere qualcosa? Era stato stupido e infantile! Sarada aveva ragione: come poteva Uzumaki Naruto, settimo Hokage della Foglia, essere orgoglioso di un figlio del genere?
Non andava bene a scuola, si divertiva a fare scherzi e importunava le donne sposate. Per la prima volta si vergognava di se stesso.
«Mettiamo in chiaro una cosa: io non ti voglio né come padre, né come fratello o altro».
Boruto sollevò lo sguardo: Sarada era in piedi di fronte a lui e lo guardava con cipiglio severo.
«Hai visto tutto, eh?», chiese, ridacchiando.
«Be’, è successo in casa mia».
«...mi dispiace».
L’espressione di Sarada si raddolcì. Era la prima volta che il ragazzino vedeva uno sguardo del genere sul suo volto. «Lo so, Boruto».
«Non so perché l’ho fatto. Forse mi mancava solo il mio papà e volevo attirare la sua attenzione...».
Sarada abbassò lo sguardo, dondolandosi sui piedi. «Tu ce l’hai almeno.. un papà, intendo».
Boruto, colpito dritto al cuore, si mise in piedi e allungò una mano verso quella di Sarada, stringendola con calore. «Il tuo papà tornerà, ne sono sicuro. Forse è solo molto impegnato come il mio. E poi Sakura-chan è una moglie troppo carina per essere lasciata da sola, quindi... sì, tornerà».
«Boruto...», sussurrò Sarada, vagamente minacciosa.
«Scherzavo, scherzavo! Be’... che dici, ci andiamo a prendere un gelato?».
Sarada arrossì un po’. Si era presentata a casa di Boruto per consolarlo e alla fine era stato lui a rassicurare lei. «E gelato sia!».



«Boruto, sei sveglio?».
Il ragazzino, disteso nel suo letto, sussultò: una mano grande e calda si era posata sulla sua testa. Aprì gli occhi e la guardò: era fasciata, era la mano di suo padre. Corse con lo sguardo lungo il braccio fino a incontrare gli occhi preoccupati dell’Hokage che lo fissava nella semi oscurità della stanza. «Papà, mi dispiace tanto, scusami», lo anticipò.
Naruto scosse la testa, poi parlò come un fiume in piena.
«Non è stata colpa tua. Le cotte sono una cosa normale alla tua età. Se qui c’è qualcuno che dovrebbe vergognarsi quello sono io. Trascorro tutto il giorno a lavoro e quando torno sono troppo stanco per giocare con te e Himawari. Mi ero ripromesso che non avrei mai fatto provare ai miei figli la solitudine che ho sentito io da piccolo, ma è esattamente quello che sta succedendo e non puoi capire quanto mi dispiaccia. Non sono affatto un padre modello, me ne rendo conto, ma cercherò di rimediare per quanto mi è possibile».
Boruto boccheggiò, incapace di credere alle proprie orecchie.
«Papà... io pensavo che tu fossi deluso da me!».
«Come potrei? Sei mio figlio, sei identico a me!».
Boruto gettò le braccia al collo del padre e lo attirò a sé, stringendolo forte.
«Grazie, papà», gli sussurrò in un orecchio, cercando di non piangere. Naruto, dopo un attimo di smarrimento, ricambiò la stretta.
Avrebbe abbracciato i suoi figli più spesso, si ripromise. Lo aveva fatto poche volte in quegli ultimi anni.
«Promettimi che studierai».
«Lo prometto».
«Domani passeremo la giornata insieme, sai? Io, te, la mamma e Himawari».
Boruto si staccò dal padre, incredulo. Nonostante il buio, Naruto intravide i suoi occhi brillare.
«Davvero, papà?».
L’Hokage annuì. «Mi sono preso un giorno di ferie».
Boruto gettò le braccia in aria per la felicità. «Che bello, non vedo l’ora che arrivi domani!».
«Anch’io». Naruto sorrise e poi lo fece stendere, rimboccandogli le coperte. «Ora dormi».
«Okay... Buonanotte, papà».
«’Notte, figliolo».
Boruto si girò su un fianco per dormire e Naruto gli gettò un’ultima occhiata prima di allontanarsi.
Stava per uscire dalla stanza quando la voce del figlio gli tornò alle orecchie.
«Avevi ragione, papà. Sarada non è poi così noiosa».
«S-Sarada? Sarada Uchiha? Perché proprio lei?».
«Papà, tu avevi detto che...».
«Sasuke tornerà e mi ucciderà, capisci? E poi ucciderà anche te e−».
Boruto sorrise: quello era Naruto Uzumaki, settimo Hokage della Foglia nonché vincitore della Quarta Guerra Ninja.
Quello era il suo papà e lui ne era estremamente orgoglioso.













Note dell'autrice:
Sappiate che gli accenni NaruSaku non erano previsti o forse sì muahaha. Cioè, ormai lo sapete, io non sono io se non ci sono accenni NaruSaku. Ci tengo a ribadire che qui Naruto non è ancora innamorato di Sakura o forse sì muahaha ma che semplicemente ogni tanto è bello ricordare il primo e unico amore. Ringrazio chi legge e ha voglia di commentare. Per chi si chiede che fine abbiano fatto i miei aggiornamenti, sappiate che a maggio resterò inattiva, salvo qualche one shot scritta su due piedi. A partire dalla metà di giugno tornerò a riempire il fandom di NaruSaku, tranquilli :') alla prossima.

Soly Dea
  
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