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Autore: K anonima    01/05/2015    0 recensioni
Mi piace la pioggia.
Qui piove sempre e io sono sempre allegra.
Guardo la figura riflessa nello specchio, è sorridente in quel vestito vintage a fiori. Pensare che questa ragazza sono io, non l'avrei mai detto.
"Violet Madison in una versione tutta nuova".
La vita di Violet è perfetta per lei. Ha un ragazzo che la ama e due amici fantastici. Nulla potrebbe sconvolgere la sua esistenza piacevolmente monotona. Oppure no?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Il sole splende su Dublino e asciuga gli alberi dalla pioggia del giorno prima.

Svegliarsi con le prime luci dell'alba mi piace, mi fa sentire viva. Fisso attentamente l'interno del mio armadio ed infine indosso un vestito vintage rosso con il colletto bianco, le maniche a tre quarti e la gonna lunga quasi fino al ginocchio. Mi da un'aria da studentessa modello.

«Buongiorno Lily» saluta mia madre stampandomi un bacio sulla guancia.

«Ciao mamma» ricambio «Papà» saluto con un cenno della testa. Lui sta leggendo il giornale sportivo e per poco non lo intinge nel caffè.

«Comportati bene Josh» raccomando a mio fratello dandogli un bacio sulla fronte. Rubo una fetta di pane dal cestino sul tavolo ed esco per iniziare un'altra monotona e felice giornata.

Amo abitare nel centro della città, ho solo tre metri quadrati di giardino, ma non importa. Posso raggiungere a piedi ogni posto ed è uno dei motivi per cui amo Dublino.

«Buongiorno piccola» mi sorprende Ryder alle spalle. Sfodera uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato e si ravviva la chioma da ragazzo ribelle. Gli ho sempre detto di tagliarli o quanto meno di lasciarli crescere per mettere un po' di ordine su quella testa, ma non mi da mai retta.

«I tuoi capelli sono invadenti» mormoro prima di baciarlo, una delle sue ciocche mi fa il solletico sul naso.

«Mi piacciono così» cerca di fare la persona offesa, ma con me non ci riesce. Se c'è una cosa che mi piace più della città con il sole è il Trinity College in una giornata di sole.

I raggi filtrano tra i rami degli alberi e il vento è piacevolmente fresco.

«V dobbiamo parlare, adesso» Grania viene verso di me senza neanche salutare «Riunione tra ragazze» aggiunge.

Io mi limito a guardare Ryder, che ricambia il mio sguardo con uno altrettanto perplesso.

«Tu no, non hai le tette» lei lancia un'occhiataccia al mio ragazzo che si dilegua, salutandomi da lontano.

«Cosa ti rende così nervosa da non poter salutare?» chiedo con la mia solita vena polemica.

«Vuoi dirmi che non lo sai? Il tipo nuovo frequenta i corsi di musica» esclama lei per poi guardarsi intorno con fare circospetto.

Faccio un sorriso compassionevole. "Ah me l'ha detto".

«E cosa vuoi che faccia?» ogni volta che Grania convoca una delle sue riunioni straordinarie tra donne raggiunge sempre la conclusione che io abbia qualche compito.

«Presentamelo» replica secca.

«Non lo conosco nemmeno» abbasso la testa per nascondere il rossore sulle mie guance. Ricordo i suoi occhi nei miei e le mie guance vanno letteralmente a fuoco.

«Fallo per me, ti prego. Non capita spesso che ci siano ragazzi così carini» mormora alzando le spalle «E disponibili» il suo sguardo è quasi complevole. So a cosa si sta riferendo. Lei era perdutamente cotta di Ryder quando ci siamo conosciute, ma non lo sapevo allora.

Le lancio un'occhiata di ammonimento e mi rassegno «Va bene, ma solo perchè sei la mia migliore amica e ti voglio troppo bene» la abbraccio velocemente e la lascio a fantasticare sugli occhi di ghiaccio del nuovo arrivato. Per un attimo mi immergo in quella fantasia anche io, ma poi torno in me.

«Buongiorno ragazzi, aprite il libro a pagina 432. Oggi parleremo di madrigale» la lezione di storia della musica comincia in anticipo, il professore non ha intenzione di perdere un secondo, come al solito.

Appena il professor Louis apre il suo soliloquio, il ragazzo nuovo fa la sua rovinosa entrata. Aprendo la porta, inciampa sui suoi stessi piedi e cade a terra.

Tutti ridono, ma non la trovo una cosa divertente, è solo imbarazzante.

«Bervenuto, quando avrà finito di fare il buffone potrà accomodarsi» ovviamente il signor Louis ha frainteso la situazione.

Palese è l'imbarazzo negli occhi di quel ragazzo quando si rialza e si porta una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.

I nostri sguardi si incontrano e magicamente, tra tutti i posti liberi, lui decide di sedersi su quello vicino a me.

Gli sorrido debolmente mentre si avvicina e buttò la testa nel libro di testo.

«Ci siamo visti ieri?» sussurra lui porgendomi la mano. «Credo di sì» sorrido nuovamente e allungo la mano per stringere la sua.

«Sono Keeran».

«Violet».

Parlami, voglio sapere di più. Perchè sei qui? Suoni degli strumenti? Di dove sei?

Durante la lezione giro la testa per guardarlo almeno una decina di volte, ma lui è concentrato sulla spiegazione.

«Potete andare, ricordate che fra quattro settimane inizieranno le sessioni d'esame. Vi conviene iniziare a studiare già adesso» raccomanda Mr. Louis passandosi le dita sui baffi grigi.

Infilo i libri nella borsa e cerco di uscire incolume dal mio stesso imbarazzo.

«Aspetta» sento alle mie spalle.

Keeran mi raggiunge «Dove è l'aula del professor Murphy? Non so come arrivarci» chiede quasi intimorito dalla grandezza della scuola e imbarazzato dal suo scarso senso dell'orientamento.

«Anche io ho lezione, se vuoi ci andiamo insieme» arrossisco leggermente, non so perchè.

Finalmente abbiamo l'occasione di parlare.

«Sono di Bristol, ma sognavo di frequentare quest'università da sempre» afferma con tono moderatamente entusiasta.

Credo di aver capito che Keeran sia tutto un "moderatamente". Non eccede mai in nulla, nè nel poco nè nel troppo.

«Ho iniziato a suonare la chitarra all'età di quattro anni. Non so perchè, forse per far contenti i miei. Quando ho iniziato a scrivere canzoni, lì è stata la svolta. Credo sia questo che voglio fare nella vita. E tu?» mi piace ascoltarlo parlare. Ha una voce calda e scura, è pacato e mi fa ridere.

«Ho visto un pianoforte per la prima volta quando avevo sei anni. Mi intimoriva, ma ero curiosa di sapere cosa fosse. Da quel momento non ho più pensato ad altro. Ho studiato canto per anni prima di esibirmi in pubblico. Quella sera ho capito cosa volevo nel mio futuro» sussurrai ogni singola parola. Per la prima volta da quando ho imparato a parlare, sento di stare aprendo il mio cuore, ad uno sconosciuto per di più.

«Ti prego continua, mi piace ascoltarti parlare» mormora, gli occhi di Keeran hanno qualcosa di ipnotico, non riesco a sostenere il suo sguardo. Arrossisco e chino il capo cosicchè la frangetta copra gli occhi.

«Ehm... siamo in ritardo» abbiamo chiaccherato fin troppo.

Anticipiamo l'entrata di Mr. Murphy di qualche secondo. La lezione per fortuna va a gonfie vele, Keeran è troppo concentrato e ammaliato dalle parole di quel professore geniale.

"Ti prego continua, mi piace ascoltarti parlare". Questa frase mi ronza in testa per tutta la durata della spiegazione e non capisco nemmeno di che argomento si tratti.

«Dovrai darmi ripetizioni, non ci capisco nulla» bisbiglia Keeran continuando a fissare il signor Murphy.

Che strano, un compositore che ha bisogno di ripetizioni di composizione. Mi ricordo in un nano secondo del biglietto mancante sul mio annuncio. "Sei tu".

«Andate. Sarò sincero con voi, l'esame non sarà semplice. Aiutatevi se necessario, non voglio vedervi in questo corso anche l'anno prossimo» Mr. Murphy e il suo solito tono saccente non mi infastidiscono oggi.

Voglio sapere di più.

«Keeran aspetta» questa volta sono io a rincorrerlo.

«Che succede?» chiede come se non non ci fossimo mai parlati, mi lancia uno sguardo come se non ci fossimo mai visti, quasi mi spaventa.

Esito, ma poi prendo coraggio e chiedo «Vuoi venire a pranzo con noi? Almeno non vagherai per il college senza metà» mi stringo nelle spalle.

«Grazie dell'invito» sembra sorpreso e penso che rifiuterà «Va bene. Noi?» aggiunge facendomi tirare un respiro di sollievo. Se avesse rifiutato, avrei fatto la figura dell'idiota.

«Sì, io e i miei amici andiamo a pranzo insieme il martedì, è un rito» tento di spiegare. "Avrò l'occasione di presentarlo a Grania". Una parte di me sa che non è questa la ragione del mio invito, io voglio sapere di più.

Finchè raggiungiamo il gruppo, ne approfitto per spiegare a Keeran come sono disposti gli edifici e come orientarsi all'interno della struttura, ma probabilmente lo confondo solamente.

«Ragazzi, lui è Keeran» mormoro timidamente. Grania, come mi aspettavo, mi guarda entusiasta per aver portato a termine la missione.

Ryder chiude gli occhi in una fessura e mi scruta severo.

Gli lancio un'occhiata che dice che-hai-da-guardarmi-in-quel-modo, scuotendo leggermente la testa.

Neale non si scompone e stringe la mano al nuovo arrivato con disinvoltura.

Vedo Grania arrossire e balbettare per la prima volta «P-piacere, sono G-grania» poi sbatte le palpebre con il suo solito fare civettuolo che fa colpo su tutti. Un po' mi infastidisce come riesca a farlo, ma riesco a pensare una cosa sola "Lui non è come gli altri".

Keeran la guarda e le mormora un "ciao" del tutto glaciale.

Infine, Ryder gli stringe la mano, forse troppo forte. "Quanto sei geloso".

«Piccola, vieni a salutare il tuo ragazzo» esclama spalancando le braccia per accogliermi. Faccio quello che mi dice, lo abbraccio e gli poso un bacio casto sulle labbra.

Sono abituata al suo essere protettivo, ma non capisco. Non ha nulla da temere, eppure dubita di chiunque. Mi fa arrabbiare che non si fidi di me.

Il pranzo trascorre senza troppo imbarazzo, solo qualche odiosa occhiataccia di Ryder e alcuni monologhi troppo lunghi da parte di Grania. Vedo che Keeran si annoia nel sentirla parlare per quasi quindici minuti di moda, lo capisco.

Neale, fortunatamente, interviene facendo le classiche domande di routine. La situazione finalmente si alleggerisce. Ryder smette di stringere così forte la mia mano e Grania prende fiato per un secondo.

«Quindi sei inglese?» domanda Neale, quasi sorpreso. «Tu è Violet siete gli unici a venire da un altro stato» constata poi.

Alzo le spalle con fare accondiscendente. Non vedo l'ora di andarmene.

 

Accompagno Keeran alla fermata del bus. Ryder ovviamente non lo sa, o non l'avrebbe permesso. Alzo gli occhi al cielo, esasperata dalla sua mania di controllo.

«Scusali, a volte non riescono a fermarsi» mormoro fissando l'asfalto.

«Sono diversi da te» afferma lui.

«Non ci avevo mai pensato, forse è vero» replico. Effettivamente non ci ho mai riflettuto a fondo.

«Tu sei più posata, è una caratteristica che mi piace nelle persone» afferma impassibile.

«Sì, credo. Quando sono arrivata non ero un granchè nel fare nuove amicizie e loro... beh non è stato difficile per loro parlare con me» sorrido debolmente.

«Posso farti una domanda?» chiede, alzando il dito per prendere la parola, come a scuola.

«Dimmi».

«Questa mattina mi hai parlato di futuro. Non hai menzionato i tuoi amici, perchè?». "Ti piace mettere in difficoltà la gente, eh?".

«Non devi rispondermi adesso, è arrivato il autobus. Ci vediamo domani» mormora impacciato, non sa se darmi un bacio o stringermi la mano.

Annuisco e gli stampo un bacio sulla guancia, facendolo arrossire.

Lo guardo salire sul bus e poi mi avvio verso casa.

Perchè non ci ho pensato? Davvero non lo so.

Grania e Neale non si erano mai interessati delle mie lezioni o ai miei progressi.

Nemmeno Ryder mi aveva mai sentito suonare, non che potesse interessargli la musica Indie.

Apparteniamo a mondi diversi, forse.

   
 
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