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Autore: akirakirara    02/05/2015    3 recensioni
L’anno zero. L’anno del quale tutti si ricordano solo della nascita del bambino senza macchia. L’avvenimento importante è stato dimenticato, oscurato nella storia.
Gli esseri umani dimenticano.
Noi siamo stati dimenticati.
La prima cosa che ricordo della mia nascita è il buio. Sono sempre stata circondata dal buio fino a quando qualcuno non è arrivato. Mi ha teso la mano e mia ha tirato fuori mostrandomi la luce.
Credo fosse… Un angelo.
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

L’anno zero. L’anno del quale tutti si ricordano solo della nascita del bambino senza macchia. L’avvenimento importante è stato dimenticato, oscurato nella storia.
Gli esseri umani dimenticano.
Noi siamo stati dimenticati.

La prima cosa che ricordo della mia nascita è il buio. Sono sempre stata circondata dal buio fino a quando qualcuno non è arrivato. Mi ha teso la mano e mia ha tirato fuori mostrandomi la luce.
Credo fosse… Un angelo.
 

Capitolo 1

IMG_1878

Il solito boato mi svegliò. Avevo avuto di nuovo quel sogno.
Mi alzai lentamente cercando di non avere i capogiri che ormai mi capitavano spesso. Indossai la mia tuta da lavoro ancora sporca dal turno prima e il casco. La mia casa consisteva solo in una piccola stanza dai muri grigi e ammuffiti e un letto improvvisato con alcuni vestiti vecchi trovati per strada, nonostante lasciasse molto a desiderare come casa era una delle pochissime cose che possedevo quindi mi trovavo realmente a mio agio nello spazio stretto della mia stanzetta. Scesi le scale pericolanti e fuori saltai in sella alla mia moto. L’ammasso arrugginito di ferro che componeva la mia vecchia moto era appoggiato al muro dell’edificio sotto a un tettuccio che la proteggeva dalle frequenti piogge. La staccai dalla parete con non poco sforzo e montai in sella facendola partire. Aumentai la velocità per rendere l’aria più fresca, dopo il sogno mi sentivo sempre soffocare e il clima umido e afoso non aiutava minimamente. Sotto al cielo viola-grigio carico di nuvoloni scuri percorrevo la strada di terra battuta i passanti si scansavano al mio passaggio o si accalcavano alle bancarelle. Negozi alimentari e piccole boutique erano apersi ventiquattro ore su ventiquattro e le insegne, un tempo belle e sfarzose, non richiamavano più l’attenzione dei clienti. Accelerai ancora di più per sfuggire agli sguardi curiosi delle facce deformi con coloriti vomitevoli per arrivare in tempo per il lavoro.
Fermai la moto davanti all’ingresso delle grotte e smontai sul terreno divenuto roccioso.
Roza mi fermai di colpo mentre mi guardavo in giro. Non c’era nessuno.
«Roza!» ma che…. Una figura molto alta e formosa con fianchi larghi e seni prominenti, molto prominenti mi veniva contro. Circe aveva una carnagione viola scuro con croste qua e la di una sfumatura ancora più scura, cosa abbastanza normale per il popolo di quella regione. La cosa che la rendeva per certi versi bella, o almeno così si vociferava, era il fatto che ne gli occhi grandi e scuri e la bocca carnosa non erano deformi cosa invece abbastanza comune.
Io e lei non parlavamo spesso, anzi, meno contatti avevo con lei più era meglio per me, incuteva timore e mi faceva sentire minuscola e insignificante a causa dell’altezza e del portamento.
Nonostante tutto mi voltai verso di lei e cercai di sorriderle gentilmente anche se, a causa del colletto alto della tuta, il casco e gli occhiali da pilota era impossibile che vedesse anche solo un centimetro del mio viso.
«B-buon ciclo si-signora.»
Lei mi scocco un’occhiataccia visibilmente infastidita dalla mia balbuzia.
«Sai, faresti meglio a muoverti, sta per arrivare il turno» mi disse senza fermasi ne salutarmi proseguendo verso l’entrata della grotta.
Sospirai sollevata per aver superato quel dialogo e mi tolsi il casco che appesi al manubrio della moto. Diedi una pacca al sedile per prendere forza e mi incamminai decisa verso il mio posto di lavoro.
«Roza… Tu sei Roza, verrooooo?» Qualcosa di duro e peloso mi colpì improvviso in testa.Ma perché cavolo mi sono tolta il casco? Mi massaggiai la testa dolorante capendo che cosa mi avessero lanciato contro. In realtà non ero stupita che mi arrivassero addosso oggetti, ero abituata ai bambini che lo facevano chiamandomi mostro o anormale, termini che sicuramente avevano sentito indirizzare dai genitori nei miei confronti. La cosa strana è che, dopo l’attacco non sentii i soliti insulti e guardai in terra cercando l’oggetto lanciato e vi trovai un…«Tu sei Roza, non è così?»

   
 
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