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Autore: Sea    02/05/2015    3 recensioni
Si sa, il blocco dello scrittore può farti impazzire ed Ed Sheeran stava cominciando a perdere colpi. Non voleva partire, per fuggire dai suoi problemi gli bastava il suo appartamento, non aveva bisogno di vacanze. Eppure si trovava lì, intrappolato dal suo manager, senza poter gestire la sua vita come una qualsiasi persona.
Non voleva che qualcuno interrompesse la sua solitudine, ma successe. Quell'incontro avrebbe trasformato la sua gabbia dorata in una via d'uscita, ma ancora non lo sapeva. Il suo deserto stava per trasformarsi in una florida oasi. Così, visse.
ATTENZIONE: IL CAPITOLO "TERZO GIORNO - PT II" è STATO MODIFICATO IN QUANTO MANCANTE DI UNA PARTE DELLA NARRAZIONE, ORA REINTEGRATA NELLO SCRITTO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terzo Giorno - II

Chiunque avrebbe pensato che quel ragazzo col braccio interamente tatuato fosse fuori luogo in mezzo a tutti quei bambini, ma Sara non vedeva altro che un bambino in mezzo ad altri. Aveva lo zucchero filato attaccato alla barba rossa e la bambina accanto alla quale era accovacciato lo indicava, chiamandolo Babbo Natale. Lei, con la manina bianca, gli puliva i resti con un fazzoletto, ridendo della faccia di quel signore strano col braccio colorato. Anche la signorina che era con lui era strana, indossava quel grande cappello di paglia anche se non c’era più il sole, poi lei le disse di tornare dalla mamma che la stava chiamando. Si allontanò, salutandoli con la mano.
  • La smetti di sorridere come un beota?
Gli occhi quasi si chiudevano per quel sorriso così largo, ma erano pieni di luce.
  • È più carina di te!
  • Certo, certo. Adesso dammi la mia parte di zucchero filato.
  • Ecco a te, piccola mocciosa.
Le diede lo zucchero filato e in cambio pretese il suo cappello: lo indossò e la imitò spudoratamente, simulando di mantenere gli angoli di una gonna. Lei, dalla panchina, godeva di quello spettacolo irripetibile, ma non si sforzò di trattenere le risate.
Ed portò a termine la sua esibizione con un inchino, per poi togliersi il cappello per passarsi una mano tra i capelli spettinati. I ciuffi arancioni gli sfioravano la fronte.
  • Cosa facciamo stasera?
Lei ci pensò per un attimo, aspettando che lo zucchero si sciogliesse sulla lingua.
  • Non saprei. – disse alla fine.
  • Magari potremmo mangiare qualcosa.
  • Mio Dio, Ed, ma fai sul serio? – affermò ad alta voce, allargando le braccia.
  • Che c’è? Io ho fame! E va bene, allora cosa proponi?
Sara abbassò lo sguardo, ricercando nella sua mente qualcosa che non prevedesse cibo, ma era difficile trovare qualcosa di originale che non avessero già fatto. Poi ebbe un lampo di genio.
  • Ti va un film?
  • Uhm. Che film?
  • Qualunque tu voglia.
Ed ci pensò, storcendo le labbra al variare dei pensieri. In realtà avrebbe preferito andare a cena, ma se a lei non andava non poteva costringerla. Avrebbe fatto in modo di avere qualcosa da sgranocchiare.
  • Va bene. Cerco il cinema più vicino? – Già prendeva il cellulare dalla tasca.
  • No, non ce n’è bisogno. Andiamo a casa mia.
 
  • I tuoi non ci sono?
Era tutto buio in casa, si sentiva soltanto il tintinnio delle chiavi che faceva eco. Entrò di nuovo in casa De Amicis, più rilassato della volta precedente, di certo non avrebbe dovuto accettare il caffè, anche se non gli sarebbe dispiaciuto mettere qualcosa sotto i denti.
  • No, sono ad una festa. Torneranno molto tardi.
Non voleva certo fraintendere le sue parole, ma non potè impedire alla sua mente di riflettere su alcune eventualità. Per fortuna lei interruppe il filo dei suoi pensieri.
  • Fa come a casa tua.
  • Grazie, se non ti dispiace uso il bagno.
Glielo indicò con la mano e sparì dietro la porta.
Ecco, si era data la zappa sui piedi da sola: Ed Sheeran era a casa sua per vedere un film. Sapeva che non sarebbe potuto succedere alcunché, ma che poteva farci se lui le piaceva? Molto presto sarebbe andato via, quindi doveva attuare un’opera preventiva, per il suo bene. Erano soltanto amici. In realtà non lo sapeva, ma a molti poteva sembrare così. Entrò in camera sua e si tolse le scarpe. La luce fioca illuminava le pareti azzurre e le fecero notare quel disegno di lui formato gigantografia che occupava buona parte della parete proprio dinanzi alla porta. Doveva assolutamente toglierlo da lì prima che fosse troppo tardi, ma la sua voce la paralizzò sul posto. Davvero una giornata intensa per il suo cuoricino.
  • Questa è la tua stanza?
Come diavolo aveva fatto a non sentirlo uscire dal bagno? Era proprio di fronte la sua camera!
  • Ehm, sì. Ti piace? – fece spallucce.
  • È molto…azzurra. E piena.
Sua madre l’aveva soprannominata “mercatino delle pulci” e non aveva tutti i torti. Le pareti erano piene di ogni tipo di foto e poster, inviti e cornici, disegni e quadri. Le mensole strabordavano di oggetti e c’erano rose essiccate in ogni angolo. Una bandiera della Grecia spuntava fuori da un cestino.
  • Già, sono un po’ cleptomane. – rispose, fingendo di essere occupata a guardare tra le sue scartoffie.
Lo sapeva che anche lei si sentiva un po’ a disagio, ma non sapeva come migliorare la situazione visto che il primo ad essere in imbarazzo era lui. Rimase in silenzio sotto l’uscio ad osservare le pareti e fu allora che gli saltò all’occhio. Un suo ritratto era attaccato alla parete di fronte a lui. Lo osservò per qualche secondo, riconoscendo i suoi tratti principali in quel disegno digitale, intuì anche a quale foto fosse ispirato e ricordò l’attimo di quello scatto, ancora nitido. Doveva averci messo parecchio a riportare i suoi tatuaggi così fedelmente.
  • L’hai fatto tu?
Sentì che i capelli le si rizzavano in testa a quella domanda, ma tentò con tutta se stessa di nascondere qualsiasi tipo di emozione.
  • Questo? – disse indicando il disegno con l’indice – Si, qualche tempo fa.
  • Davvero bello.
Lei non rispose, anzi, tornò a nascondersi negli oggetti sparsi sulla sua scrivania, pregando che non aggiungesse altro a quel già imbarazzante commento.
  • Allora anche tu hai un talento.
La vide fermarsi, posando l’ignoto oggetto che teneva tra le mani, ma non si voltò subito verso di lui.
  • È l’unica cosa che abbia mai avuto la costanza di portare avanti.
  • Perché non studi arte? Potrebbe essere la tua vera strada.  – disse, con tono serio.
  • Sai, mia madre mi ha impedito di frequentare un istituto artistico quando ero al liceo. Probabilmente, se lo avessi fatto, a quest’ora sarei all’Accademia delle Belle Arti, ma evidentemente non era il mio destino. E poi mi piace quello che faccio. – disse alla fine, voltandosi. – Non rimpiango nulla. Anche se non saprò mai come sarebbe stato.
Lui sorrise, senza mostrare i denti. Le piaceva quel lato di lei, sempre deciso nell’esprimere un’opinione. Non gli erano mai piaciuti i voltabandiera, ma di certo aveva una certa stima per le persone che erano certe di ciò che pensavano. Non si spinse oltre nel discorso, vedendola avanzare verso di lui con un dvd tra le mani.
  • Questo è il mio preferito, ma se vuoi possiamo vedere altro, non farti problemi.
Quando vide la copertina di quella custodia, capì di cosa si trattasse. Un film d’animazione.
  • Non sei un po’ grande per questo genere di film?
  • Scherzi? Io lo adoro! – contestò, agitando le mani in quel modo che lui non sempre comprendeva.
 
Finirono per scegliere quel film, nonostante il padre di Sara fosse un appassionato di cinema e collezionasse dvd. Erano tutti esposti sulle mensole, disposti ordinatamente e classificati per genere. Sara escluse i film horror a prescindere, senza ammettere repliche.
  • Tu non mi hai fatto andare sulla giostra di Dumbo!
Dovette ritirare i soldati ed arrendersi dinanzi alla sua cocciutaggine. Aveva anche provato a spiegarle che era tutta finzione, ma lei si premeva i palmi sulle orecchie, blaterando sillabe a caso per non ascoltarlo. La maggior parte dei restanti dvd, erano film che aveva già visto, quindi si fidò dei suoi gusti e si accomodò in un punto qualsiasi del divano.
  • Ti dispiace se tolgo le scarpe?
  • Fa pure.
Tirò una gamba sul divano, infilando il piede sotto l’altra. Era una posizione che assumeva quasi sempre quando doveva concentrarsi o rilassarsi. Sara prese il telecomando e lo poggiò sul tavolinetto basso posto davanti al divano e si allontanò. La vide dirigersi verso la cucina e la seguì con lo sguardo. Le sue ciabatte facevano rumore quando camminava sul parquet chiaro e quel suono lo fece sentire a casa. Sara tornò indietro con una serie di merendine e snack che aveva trovato nel cassetto e con una bottiglia di Coca Cola. Poggiò tutto davanti a lui, lasciandogli la scelta. Ed le assicurava che non c’era bisogno di tanta cortesia, ma lei per tutta risposta gli disse che sapeva benissimo che aveva fame.
Rise mentalmente per quelle parole. Aveva capito molte cose di lui, anche se non lo dava a vedere. Lei si accomodò alla sua sinistra, col telecomando in mano e schiacciò il tasto play. La mezzaluna della DreamWorks apparve sullo schermo dando inizio alla visione e alla cena di Ed.
 
Doveva ricredersi su quel film, gli stava piacendo. Probabilmente avrebbe desiderato un drago per tutta la sua vita senza poterlo mai avere, ma sapeva che non era l’unico. Sara recitava le battute a memoria.
  • Miss, se non fa silenzio sarò costretto a portarla fuori dalla sala.
Lei rise, senza distogliere gli occhi dallo schermo. Pensò che doveva aver visto quel film centinaia di volte, eppure era lì incollata allo schermo, rapita dalle immagini.
Ogni tanto lo richiamava affinché prestasse attenzione a delle scene in particolare, ma era particolarmente distratto quella sera, forse era solo stanco della lunga giornata, ma si sentiva comunque risollevato dal fatto che lei fosse serena nonostante quel piccolo incidente.
A proposito di quello, gli faceva ancora male la mano. Ogni tanto la muoveva per sciogliere i muscoli, sperava solo che quel dolore passasse presto. Non poteva certo incidere un album con una mano danneggiata, ma non le attribuiva alcuna colpa.
Si voltò a guardarla, illuminata soltanto dalla tv accesa, immersa nel suo mondo di draghi e vichinghi e ripensò al giorno prima, quando gli carezzò la guancia con le sue mani fredde. Gli si formò un nodo alla gola quando realizzò che in quel momento avrebbe voluto ricambiare quel gesto. Non importava come, voleva dimostrarle la sua…gratitudine? Riconoscenza? Chi lo sapeva. Il lunedì successivo sarebbe andato via e quella scadenza lo metteva in guardia da qualsiasi avventatezza, persino il guardarla troppo a lungo gli faceva paura. Non che si stesse innamorando, ma voleva evitare di legarsi. Probabilmente, al suo ritorno a Londra, J lo avrebbe riempito di impegni e lui non avrebbe avuto neanche il tempo di dormire, figuriamoci mantenere un rapporto d’amicizia a distanza. Doveva accontentarsi delle star che incontrava sul suo cammino, ma non era lui a sceglierle, per lo più gli andavano incontro per motivi professionali. Pochi si distinguevano creando un rapporto anche confidenziale con lui. Forse era per questo che quella Sara De Amicis gli andava così a genio: l’aveva scelta e si era rivelata una di quelle persone che non si limitano a tollerarti. Ti accettano.
 
Dovette sforzarsi di non sorridere anche durante le scene più tristi, altrimenti avrebbe potuto lasciar trasparire il suo reale stato d’animo. Un po’ si sentiva in colpa a fingere, ma doveva farlo. Se non per lei, per se stesso.
Sara, intanto, si godeva quella colonna sonora alzando il volume. Adorava quel film, non riusciva ad uscire dal tunnel della dipendenza, ma a chi importava quante volte lo vedesse. Le piaceva.
Ed era tranquillo, seduto comodamente alla sua destra, ogni tanto cambiava posizione strusciando i jeans sulla stoffa del divano. Nonostante gli eventi di quella giornata, non aveva più preoccupazioni: era a casa sua, in ciabatte e in compagnia di qualcuno di buono. Mangiò anche lei una brioche ad una certa ora, mentre Ed mangiava la terza.
Spesso la sua mente deviava l’attenzione alla sua mascella contratta. I suoi zigomi erano ancora più definiti alla luce diretta del televisore. Il film a volte non bastava a distrarla dalla sua presenza fisica su quel divano. Ed, era un oggetto che stava ancora studiando e questo spiegava la sua esigenza di guardarlo, anche se solo di sfuggita. Non stava certo cedendo ad una qualche tentazione che aveva solo lei. Certo, c’era stato tanto imbarazzo tra loro, ma era normale date le circostanze, non doveva entrare nel giro dei film mentali. Le parole e i gesti dovevano assumere il peso giusto, non quello che lei avrebbe voluto. Forse lui nemmeno si rese conto di quello che stava facendo, distratto dal film: alzò il braccio e lo poggiò sullo schienale, proprio dietro la sua testa. Non erano troppo vicini, non c’era tensione, ma all’interno del suo petto il cuore fece una capriola. Maledette fan-fiction: l’avevano plagiata.
Ormai il film era quasi al termine, mancava soltanto l’epilogo e l’ansia di cosa avrebbero detto dopo, la assaliva inspiegabilmente.
Alla fine i titoli di coda apparvero sullo schermo, una canzone di Jonsi li accompagnava e Sara non sapeva più se guardare quelli o guardare Ed. Lui non fece alcun commento, impegnandosi a leggere i nomi dei produttori e degli animatori che scorrevano velocemente, anche se in realtà non gli interessavano. Non in quel momento. Non davvero.
Pensò che stavano entrambi fuggendo da un momento che prima o poi avrebbero affrontato, così (– da uomo – pensò), si girò per primo, senza lasciar trasparire nulla. Sorrise, venendo ricambiato, come sempre, ma cosa dire? Cosa fare?
  • Che ore sono? – chiese lei.
  • Soltanto le 22. – rispose lui guardando il suo orologio.
Un silenzio imbarazzante prese il posto della colonna sonora e dei titoli di coda, lasciandoli nelle mani del loro destino.
  • Fa caldo, eh? – provò lei.
 
Caldo, vero Ed? Sei seduto su questo divano, stanco morto, ma non osi andare via, tantomeno dire qualcosa. Hai anche il braccio intorno alle sue spalle. Cosa vuoi fare?
Niente.
 
Ti prego, non fare niente. Non guardarmi, non ignorarmi e non stare in silenzio. Fa troppo caldo stasera, in questa casa. Forse sarebbe il caso di mettere fine a questa storia, non va affatto bene.
 
Tra una settimana vai via, torni da J e ti rimetti a lavorare e a scrivere. Dimenticherai anche di essere stato qui. Non lo racconterai ai nipoti davanti al fuoco. Probabilmente basterebbe fare una battuta come quelle che hai fatto fin’ora, per rompere il ghiaccio. Allora perché non parli? Probabilmente a guardarla così, sarai diventato rosso quanto i tuoi capelli.
 
Forse non avrò una faccia molto convincente, ma perlomeno non smetto di sorridere. Sembra che lui invece stia per esplodere come una bomba ad orologeria, messa qui accanto a me per farmi saltare in aria una volta per tutte. Togli quel braccio, Ed, non facciamo cose strane. Tra pochi giorni vai via ed io devo partire, quindi togliamoci questi pensieri dalla testa.
 
Starà sicuramente pensando che sono impazzito. Non ho il controllo di niente, ora, mi dispiace, non posso trattenermi dall’allungare il collo. Fermami. Fallo per te.
 
Fermati, Ed. Io non so se riuscirò a farlo. Fermati.
 
Fallo per me!
 
Fermati.
 
E poi –BOOM- squillò il cellulare di Ed, facendo vibrare tutto il tavolino di vetro.
Probabilmente un infarto sarebbe stato meno doloroso per il cuore di Sara, che espirò tutta l’aria che stava inconsciamente trattenendo. Ed si alzò di scatto e si diresse verso il balcone aperto.
Non stava davvero ascoltando cosa gli stesse dicendo J, la sua mente non era in grado di recepire nulla, la sua pressione sanguigna era troppo alta. Probabilmente anche la barba era diventata più rossa. Rispondeva automaticamente al suo manager che si trovava in qualche paese in cui era giorno, in quel momento. Riusciva a pensare soltanto alla sensazione dei suoi occhi che si chiudevano. Non se ne era nemmeno accorto. Che figura aveva fatto? Come sarebbe tornato dentro? Cosa avrebbe detto? Quando J chiuse la telefonata, Ed fissava ancora lo stesso punto indefinito di poco prima, cercando di razionalizzare gli ultimi eventi: doveva entrare dentro e fare finta di niente? Doveva per forza. Tutto quello non era possibile. Non doveva accadere.
Sara quasi dovette chiudersi la bocca con le mani o ci sarebbe entrata una mosca. Rimase immobile, sperando di sprofondare in quel punto del divano senza emergerne mai più. Non era stata una buona idea. Niente film, era chiaro adesso. Ma cosa avrebbe fatto? Non aveva il coraggio di parlare normalmente, figurarsi in una situazione del genere. Pregò intensamente la sua buona stella di tirarsi fuori da quel casino prima possibile.
 
Quando rientrò, col volto teso, chiese direttamente cosa facessero domani.
  • Domani – Sara deglutì prima di continuare – andiamo sulla bocca del Vesuvio, vestiti comodo.
  • Bene, sarà una cosa faticosa. Forse è meglio che vada.
Non le diede il tempo di rispondere che già stava infilando la felpa e afferrando il casco.
  • Vengo a prenderti alle 8:30?
  • Si – rispose con un sospiro.
Lei andò ad aprirgli la porta d’ingresso per aiutarlo a scappare più velocemente, ma dovette trattenersi sotto l’uscio fino a che l’ascensore si fosse liberato. Mancavano pochi secondi al suo arrivo.
  • Allora, a domani. – Ed aveva il respiro pesante, come se avesse appena corso per mezza città. – Sarò puntuale.
Si stava di nuovo sporgendo verso di lei. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi, ma era troppo distratto dai suoi occhi a mandorla per riuscire a muoversi. Sentiva le labbra schiudersi senza che avessero ricevuto un comando volontario. Per un attimo sentì il suo respiro. Quando entrò in ascensore, poggiò la fronte sullo specchio che c’era al suo interno e per la prima volta dopo mesi, riuscì a trovare una parola giusta. Niente punti interrogativi. Quella che stava provando, era sete.





Angolo autrice:

Fuori un altro!
Ecco a voi il parco divertimenti in questione:


il trenino con gli smarties:


la locandina del film che hanno visto:


e un esempio di come possa essere Ed che parla in italiano: 
https://www.youtube.com/watch?v=Vte5aNLVdQE&index=1&list=FLs1FCs8ClIJthN39AExJidQ.
Spero che questi piccoli input possano aiutarvi a calarvi nella storia e nella psiche dei personaggi. :)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima! :D

 
  
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