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Autore: Menade Danzante    02/05/2015    5 recensioni
Dal testo: Fu più rude di quanto avesse voluto, ma la prospettiva che qualcuno gli si rivolgesse in quel modo sembrava minare la sua persona, la sua carica. Ma lì, in quella tenda, non c'era alcun trono in cima ad una scalinata ad elevarlo socialmente: solo una poltrona più pregiata delle altre e un diadema d'argento attorno al capo a ricordare a se stesso e alle sue guardie chi fosse. Gli Uomini gli riconoscevano un titolo, nulla più, e seppure Bard fosse diverso in questo, non si era mai fatto scrupoli a metterlo in discussione. Lo rispettava come essere vivente e lo stimava come capo, ma non lo considerava intoccabile.
In fondo, Thranduil doveva ammettere che era stato proprio quel carattere a colpirlo più di ogni altra cosa.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bard, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il sapore dell'ultima notte





«Se non vado errato,» cominciò Thranduil, pienamente sicuro di sé nonostante la voce piatta con cui si espresse, «costui è il Mezzuomo che ha rubato le chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie»
Lo Hobbit parve non accorgersi delle facce di Gandalf e Bard puntate direttamente su di sé, ma si mosse a disagio, spostando lo sguardo per evitare di incrociare troppo a lungo quello del Re elfico. Arricciò appena il naso prima di sibilare un debole, flebile – e inutile –: «Sì... Mi dispiace...»
Fu con un gesto automatico ed istintivo che Thranduil serrò la mascella, senza distogliere le iridi cristalline dalla figurina piccola e turbata del nuovo arrivato, il quale continuò per un attimo a far oscillare il suo peso da un piede all'altro, evidentemente ansioso di cambiare argomento.
Il Re non ebbe il tempo, tuttavia, di approfondire quella linea di pensiero, né di formulare altre domande nei riguardi del quattordicesimo compagno di Scudodiquercia: qualcosa di diverso, infatti, colse la sua attenzione senza che potesse imporsi di non cedere alla sua stessa volontà.
Era stato l'Ammazzadraghi a distrarlo.
Bard se ne stava seduto ad ascoltare in disparte, ora, evitando di guardare i presenti. Plausibile: d'altronde, avevano già tutti mostrato il loro punto di vista sulla questione, non v'era niente da scrutare nei loro occhi perché fosse necessario scambiarsi sguardi o persino parole. L'Elfo aveva addirittura ipotizzato che non fosse interessato neanche alle eventuali confessioni, allusioni o qualsiasi cosa volesse dire quel Bilbo Baggins. L'ipotesi, però, era crollata in un soffio nel momento stesso in cui, delicati e quasi trascurabili, gli angoli della bocca di Bard si alzarono verso l'alto.
Quel sorriso ebbe lo strano potere di infastidire il Re: l'Uomo stava ridendo della poca vigilanza delle sue guardie, dei fidi guerrieri che lo accompagnavano in battaglia e nella vita di palazzo.
Che esseri abituati ad affrontare eserciti fossero stati ingannati e beffati da una creatura che, non fosse stato per l'aspetto decisamente adulto e il corpo ben formato dagli anni, si sarebbe mescolata ai bambini degli Uomini senza il minimo problema, era innegabile; ma che Bard di Pontelagolungo gioisse della vergognosa faccenda lo turbava. Lo turbava e non poco. Nemmeno il sorrisetto ironico di Gandalf riusciva ad eguagliare la sensazione di fastidio che quello del semplice contrabbandiere acclamato Re e Governatore gli suscitava.
Fu, per così dire, immensamente grato allo Hobbit quando questi avanzò a grandi passi nella tenda, riprendendo a parlare fluidamente, ignorando la frecciatina che gli era stata rivolta. Thranduil lo ringraziò interiormente ancor di più quando lo sfavillìo dell'Arkengemma gli abbagliò lo sguardo, facendolo tornare al presente senza troppi indugi.


-


«Dubito fortemente che sia la quattordicesima parte del tesoro che spettasse allo Hobbit» affermò con noncuranza quando fu rimasto solo con Bard nella tenda. Guardò ancora per un secondo la perfetta forma poligonale della pietra; quindi, con movimenti eleganti, aggirò il tavolo per versarsi una generosa quantità di vino in un calice d'oro.
«Perché?» La voce di Bard appariva incrinata, ma non del tutto ingenua come quella domanda voleva far credere. Thranduil rispose comunque.
«Lo ha detto anche lui: è la pietra a cui Thorin tiene di più. Aggiungo che è la pietra che dà valore di per sé al regno e al regnante. È molto improbabile che Thorin se ne sia voluto separare proprio in un momento come questo, con due eserciti ad attendere le sue mosse al di fuori della montagna che ha reclamato con tanto fervore e zelo, non ti pare?»
Il silenzio che gli riempì le orecchie fu spezzato solo da un sospiro profondo e vagamente disperato. Non tardò ad indovinare il dispiacere che l'Ammazzadraghi provava nei confronti di Bilbo, che si stava cacciando in guai che, era chiaro, il Mezzuomo non riusciva a visualizzare, o non voleva farlo.
Il Re era sul punto di formulare un rimprovero riguardo alla fin troppa empatia che Bard tendeva ad imporsi con il prossimo, ma all'ultimo tornò sui suoi passi, portandosi il calice alle labbra e prelevandone un misero sorso.
«In ogni caso,» aggiunse, voltandosi nuovamente a guardare Bard, «ora è in nostro possesso»
L'arciere annuì, lanciando l'ennesima veloce occhiata alla pietra preziosa ancora sul tavolino, avvolta in un panno che pareva offenderla con la sua grezza fattura.
«Tenteremo il possibile, mio signore. Sei d'accordo?» fece, incerto ma risoluto. Di nuovo, Thranduil colse altro in quella voce affaticata e preoccupata: Bard voleva solo una conferma, la possibilità di sperare su qualcuno che gli fosse accanto, che lo aiutasse e, soprattutto, che non lo abbandonasse.
Mentre l'Elfo annuiva, pensò a quanto la gente degli Uomini cercasse un capo infinitamente diverso da quello delle altre razze. Quell'abitante della città sul lago era Re da due giorni al massimo, eppure già mostrava di non saper sopportare la sua carica, per giunta ufficiosa.
«Ora vuoi provare a ragionare con un Nano?» ironizzò appena l'Uomo, strappandolo dalle sue elucubrazioni e accennando un sorriso sì forzato, ma, tutto sommato, divertito. Era evidente quanto godesse nello scoprire e attaccare i punti deboli dell'altro.
Questa volta, Thranduil si sentì meno irritato.
«Farò un solo tentativo» annunciò, serio. «Qualora non funzionasse, tornerei ai miei propositi immediatamente, Governatore»
«Bard» corresse l'interessato, un moto di frustrazione a serrargli la mascella. «Non... Io sono solo... Bard»
Sì, sei solo Bard, confermò mentalmente il Re, scorrendo il profilo dell'interlocutore con gli occhi. Decisamente solo Bard.
Alzò le sopracciglia, senza comprendere in prima persona che cosa volesse intendere. Quindi tornò ad indugiare sul suo calice di vino, bagnandosi le labbra, cercando di gustare il sapore dolciastro delle bacche ad occhi chiusi. Ciò che l'udito colse in quell'attimo fu un lieve sbuffo che non seppe interpretare. Poi Bard parlò ancora.
«Davvero furbo lo Hobbit!» esclamò, leggermente più baldanzoso che in precedenza. «Ha rubato l'Arkengemma... E ancor prima un certo mazzo di chiavi...»
Thranduil allontanò il calice con estrema foga, tanto da dover abbassare lo sguardo a controllare che non vi fossero macchie rossastre sulla sua veste di broccato scuro. Non vi era nulla, perciò decise che continuare a fissare in cagnesco Bard fosse la sua priorità.
Sentì montare dentro di sé la stessa ira che lo aveva colto in presenza dello Stregone e dello Hobbit stesso. Capì che il suo stato d'animo fosse abbastanza evidente anche per l'altro perché l'arciere tentò di dissimulare un sorriso fin troppo accentuato, ma fallì miseramente quando incrociò con precisione le iridi di Thranduil.
«Non sapevo come fosse andata» spiegò Bard, senza aggiungere che l'allusione fosse riferita all'avventura dei barili arrivati in città grazie a lui: era fin troppo ovvio.
«Eppure, li hai condotti tu al porto» ringhiò il Re, ordinandosi di riportare il respiro ad un ritmo pacato ed elegante, come di consueto.
«Non ho fatto molte domande» fu la giustificazione sincera. «Ho solo aiutato dei nani che avevano bisogno di un passaggio a pagamento su dei barili provenienti dal Reame Boscoso. Adesso, però, mi rendo conto che sarebbe stata una bella storia da farmi raccontare»
«Come osi?»
Fu più rude di quanto avesse voluto, ma la prospettiva che qualcuno gli si rivolgesse in quel modo sembrava minare la sua persona, la sua carica. Ma lì, in quella tenda, non c'era alcun trono in cima ad una scalinata ad elevarlo socialmente: solo una poltrona più pregiata delle altre e un diadema d'argento attorno al capo a ricordare a se stesso e alle sue guardie chi fosse. Gli Uomini gli riconoscevano un titolo, nulla più, e seppure Bard fosse diverso in questo, non si era mai fatto scrupoli a metterlo in discussione. Lo rispettava come essere vivente e lo stimava come capo, ma non lo considerava intoccabile.
In fondo, Thranduil doveva ammettere che era stato proprio quel carattere a colpirlo più di ogni altra cosa.
Per questo frenò l'ingiuria che avrebbe volentieri fatto uscire dalle sue labbra per ricondurre Bard sulla via dell'umiltà. Semplicemente, sbatté con poca delicatezza il calice sul ripiano del tavolino, rischiando di versarne il contenuto a terra per l'impatto non esattamente gentile.
«Anziché perdere tempo qui, Gov-... Bard...» cominciò, desideroso di tornare ai suoi soliti comportamenti, «dovresti passare la notte con i tuoi figli. Questa potrebbe essere la tua ultima notte»
La risposta tardò ad arrivare, non troppo, ma abbastanza perché Thranduil s'interrogasse sul motivo di tale reticenza. Quando, finalmente, giunse, l'Elfo si pentì di aver anche solo aperto bocca.
«Non avevo intenzione di passarla in questa tenda» Era quasi un ringhio la voce di Bard, ma egli non si impegnò a manifestare in altro modo la sua rabbia improvvisa, se non fissando volutamente un punto indistinto sul pavimento. «Tolgo subito il disturbo»
«Non ti sto cacciando» puntualizzò con convinzione l'altro, non battendo ciglio per evitare di perdere lo sguardo dell'arciere qualora si fosse sollevato. Fu, infatti, pronto quando ciò accadde.
Gli lesse diverse emozioni in volto – tristezza, sconforto, paura, inadeguatezza, perplessità –, ma non trovò tracce di odio nei suoi confronti. Per qualche ragione che non aveva la minima intenzione di indagare, ne fu sollevato.
«Hai ragione, però, mio signore:» offrì l'Uomo, trascinando le parole, «sto trascurando la mia famiglia»
Thranduil mosse la testa con fare d'ovvietà e comprensione. «Stai organizzando un esercito, ti è lecito»
L'occhiata che gli venne lanciata ebbe il potere di fargli avvertire una spiacevole sensazione nel petto, capace di farlo ammutolire nonostante avesse schiuso la bocca per dire altro. Eppure, sentiva che rimanere a guardarlo interrogativamente non fosse sufficiente per nessuno dei due. Avanzò di qualche passo nella sua direzione, abbassando lo sguardo in cerca di altre reazioni fisiche: un pugno chiuso e stretto fino a sbiancare le nocche delle dita gli confermò ancora che aveva detto qualcosa di atrocemente sbagliato.
«Non è quello che voglio» lo sorprese Bard. Il Re studiò quella voce, e la trovò distante e vicina allo stesso tempo, proiettata in una qualche desolante situazione futura che vantava le sue radici nel presente. «Voglio aiutare la mia gente, ma...» Bard si prese qualche secondo per riflettere, quindi mirò gli occhi scuri in quelli dell'Elfo, cercando un punto di forza intorno a sé. «... non così. Sto gettando i miei figli in una guerra che io prima di tutti non voglio. Quello che accadrà domani-»
«Non sarà solo una tua responsabilità. Smettila di tormentarti come se tutto dipendesse da te. Sei solo uno tra i tanti che avranno voce in capitolo. I tuoi figli lo sapranno. Per di più, non ti reputo tanto avventato da schierarli in battaglia, o mi sbaglio?»
Bard fu pressoché inorridito dall'ipotesi. «In quel caso non sarei avventato, sarei stupido!» esclamò. Thranduil sorrise con aria di approvazione nel sentir pronunciare l'appellativo che avrebbe voluto usare davvero in quel contesto. Si era trattenuto soltanto per non essere troppo indelicato.
«Saranno al sicuro» concluse quasi stancamente, come se dare fiato a quelle parole semplici e banali fosse stato superfluo.
«Non se ci sarà un attacco diretto a Dale» protestò l'arciere.
Vero, pensò Thranduil, ma fu ben lungi dal dirlo. Piuttosto, lo studiò ancora.
Per tutto il tempo, l'uomo di Pontelagolungo non aveva smesso di stringere il pugno, tanto che l'Elfo era abbastanza sicuro che si fosse procurato dei segni dolenti sul palmo. Si ritrovò a chiedersi quanto davvero fosse frustrato il barcaiolo Bard: si mostrava già molto inquieto, impaurito, ma quel gesto celava un'altra buona dose di disperazione che, probabilmente, egli non riusciva ad esprimere.
Da quel momento, Thranduil fu quasi inconsapevole di ciò che fece realmente: allungò una mano con tanta lentezza da farla sembrare una mossa ben ponderata. Continuò a sfiorare l'aria fino a raggiungere la pelle ruvida e callosa, ora terribilmente tesa, del suo interlocutore. L'avvolse completamente tra le dita, ignorando il sussulto che il contatto provocò in Bard. Questi imprimette meno forza nella salda presa, colto alla sprovvista, e Thranduil percepì il suo sguardo scendere sulle loro mani intrecciate quando l'Elfo si ritrovò a doversi aiutare con la sinistra per sciogliere ciò che rimaneva della poderosa morsa del pugno.
Sentiva il bisogno di togliere via quella pena, almeno dalle mani dell'arciere. Era qualcosa di nuovo, o, meglio, che non provava da molto tempo. Aveva addirittura l'impulso di usare una frase scontata e sentita fin troppo nel corso dei suoi secoli di vita, aveva il desiderio di dirgli che poteva condividere il suo stesso dolore, ma l'orgoglio gli impedì di proferire la menzogna: la verità era che Thranduil non poteva condividere quel dolore, perché il suo, di figlio, se fosse tornato in tempo per la battaglia, non solo avrebbe combattuto, ma si sarebbe fatto valere quanto o più di suo padre. Suo figlio era un soldato, non un contadinotto di una cittadina che aveva già perso la speranza.
Il presentimento secondo cui Bard gli avrebbe riso in faccia di fronte a quella possibile falsità lo bloccò definitivamente dall'esprimersi in quel modo. Si accontentò di accarezzare delicatamente il palmo lievemente sudato dell'altro, premendo appena con i polpastrelli dove la carne si mostrava più morbida, ancora non intaccata dallo stile di vita non proprio eccelso che il proprietario conduceva.
Mentre sollevava piano la mano di Bard incastrata tra le sue, si decise a parlare, lento e altero:
«È inutile tentare di vaticinare ciò che accadrà domani. Riposati, arciere, va' dalla tua famiglia, lascia che la preoccupazione ti abbandoni, anche solo per questa notte, se lo desideri» Alzò un angolo della bocca in modo ironico alle ultime parole pronunciare. Quindi aggiunse, come se avesse voluto dargli l'ennesima garanzia: «Penserò io alle truppe»
Baciò piano il dorso delle dita di Bard, temendo di vederlo ritrarle da un momento all'altro. Fu felice, invece, di rimanere in quella posizione sufficientemente a lungo perché distinguesse contro le sue labbra il segno di un'anonima cicatrice, liscia in confronto alla pelle intorno, l'odore di erba mescolato a fumo e terra, così come una pulsazione sanguigna lievemente accentuata a causa dell'intimità della situazione.
Si staccò poco dopo, passando distrattamente il pollice sul punto in cui aveva pigiato quel casto e insensato bacio, come se quell'azione fosse atta a rimuovere il fatto stesso.
Lasciò, dunque, scivolare la mano con tenerezza, alzando il volto a incontrare quello di Bard.
L'Uomo era a metà tra lo sconvolto e il deliziato, ma Thranduil non si preoccupò di decidere quale delle due espressioni gli si attribuisse di più: quello che lo catturò fu uno scatto del busto in avanti, come per ristabilire il tocco appena interrotto, o magari approfondirlo...
Quando Bard tornò eretto a schiarirsi la gola, Thranduil non seppe dire se ne fosse felice o meno.
«Va'» ripeté, più gentile pur non volendolo.
L'altro annuì, atteggiando la bocca ad un sorriso schietto e... affettuoso?
«Grazie, mio si-... Thranduil»
Il Re lo guardò accigliato, ma, in fondo, considerò che fosse piacevole sentirsi chiamare per nome con quella sfumatura di dolcezza a sostituire il biasimo o l'odio che gli altri gli riservavano di frequente.
L'arciere fece per allontanarsi definitivamente, conquistare l'uscita e correre letteralmente dai suoi bambini, ma la voce elfica lo trattenne di nuovo.
«Conservala tu» disse Thranduil, spingendo con cura l'Arkengemma verso di lui.
«Io?» Il tono e lo sguardo di Bard erano sinceramente stupiti, come se si fosse ricordato dell'oggetto solo in quel momento. «Ma-»
«Sottovaluti le tue capacità» cantilenò il Re, con la stessa cadenza di chi ripete ciò che ha già detto moltissime volte. Ma entrambi erano ampiamente sicuri di non aver mai ricercato l'occasione di confrontare opinioni del genere.
«Dopotutto, è solo una pietra» aggiunse il biondo, più noncurante che mai.
L'Uomo, seppur ancora riluttante, accettò ciò che gli veniva offerto, sicuramente evitando di pensare quanto valesse davvero il cimelio che Thranduil aveva assurdamente sminuito. «Ti ringrazio per la tua fiducia»
«Fa' che non sia mal riposta», ma la frase non aveva tutta la crudeltà con la quale sarebbe dovuta essere pronunciata.
Bard lo ignorò. «Buonanotte» azzardò, invece, un sorriso sul volto prima di sparire al di là del pesante tessuto che copriva l'entrata della tenda, una mano imbrigliata nella casacca a sistemare il gioiello.
Thranduil batté le palpebre una volta, a mo' di assenso contro il silenzio del suo nuovo, modesto alloggio. Quindi, con gesti controllati ma il respiro non del tutto regolare, si concentrò sul calice che aveva adagiato sul tavolino senza troppa attenzione. Contemplò l'idea di berne il contenuto, ma accantonò subito il desiderio, limitandosi a posare gli occhi sugli intarsi preziosi che decoravano finemente l'oggetto.
Preferì passarsi fugacemente la lingua sulle labbra sottili alla ricerca di un'impressione, di un sapore che si ritrovò meravigliato a ricordare alla perfezione.
Un sapore migliore del vino.


-


All'alba, quando Bard tornò per gli ultimi impellenti preparativi, il calice era ancora lì, pieno per metà, illuminato da un raggio di pallido sole che proiettava giochi di luce colorata sulle pareti della tenda.
L'arciere permise ad un sorriso di increspargli le labbra di fronte a quell'immagine, ipotizzando per assurdo di essere la causa di quell'insolita dimenticanza di Thranduil.
Quindi scosse la testa, simulando un'espressione assonnata per non insospettire il già nervoso Re degli Elfi, che lo osservava con curiosità al di sopra di una spalla per richiamare la sua attenzione sulla conversazione.

Bard non poteva sapere di avere ragione.





FINE





Angolo dell'autrice: Salve a tutti a voi!
Questa è la prima FF che pubblico nel fandom e non nego di essere emozionata e agitata! ^_^
Ho notato che la coppia Barduil non va molto nel fandom italiano, mentre in quello angloamericano è diffusissima! A mio parere, in relazione ai film, è azzeccatissima, quasi al pari della Thilbo. Per questo ho voluto colmare quello che mi è parso un vuoto nella pellicola, ossia la notte prima della battaglia delle cinque armate nella tenda di Thranduil, in cui lasciamo due perplessi Bard e Thranduil riguardo all'Arkengemma, che viene affidata a Bard, o almeno così si intuisce, stante che la mattina seguente sarà proprio l'arciere a tirarla fuori dalla casacca. Ho visto questa scena e non mi ha soddisfatta fino in fondo, perciò ho deciso di scrivere il presente Missing Moment.
Spero che questa mia versione sia di vostro gradimento, ma soprattutto spero di aver colto i due personaggi nelle sfumature comportamentali e psicologiche! Mi rimetto a voi! :*

Ringrazio chiunque vorrà leggere, commentare o inserire la storia in una delle liste e anche chi aprirà semplicemente questa OS! Siete tutti meravigliosi!
Un bacione!

Julie_Julia

   
 
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