Il sapore dell'ultima notte
«Se non vado errato,»
cominciò Thranduil, pienamente sicuro di sé nonostante la voce
piatta con cui si espresse, «costui è il Mezzuomo che ha rubato le
chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie»
Lo Hobbit parve non
accorgersi delle facce di Gandalf e Bard puntate direttamente su di
sé, ma si mosse a disagio, spostando lo sguardo per evitare di
incrociare troppo a lungo quello del Re elfico. Arricciò appena il
naso prima di sibilare un debole, flebile – e inutile –:
«Sì... Mi dispiace...»
Fu con un gesto
automatico ed istintivo che Thranduil serrò la mascella, senza
distogliere le iridi cristalline dalla figurina piccola e turbata del
nuovo arrivato, il quale continuò per un attimo a far oscillare il
suo peso da un piede all'altro, evidentemente ansioso di cambiare
argomento.
Il Re non ebbe il tempo,
tuttavia, di approfondire quella linea di pensiero, né di formulare
altre domande nei riguardi del quattordicesimo compagno di
Scudodiquercia: qualcosa di diverso, infatti, colse la sua attenzione
senza che potesse imporsi di non cedere alla sua stessa volontà.
Era stato l'Ammazzadraghi
a distrarlo.
Bard se ne stava seduto
ad ascoltare in disparte, ora, evitando di guardare i presenti.
Plausibile: d'altronde, avevano già tutti mostrato il loro punto di
vista sulla questione, non v'era niente da scrutare nei loro occhi
perché fosse necessario scambiarsi sguardi o persino parole. L'Elfo
aveva addirittura ipotizzato che non fosse interessato neanche alle
eventuali confessioni, allusioni o qualsiasi cosa volesse dire quel
Bilbo Baggins. L'ipotesi, però, era crollata in un soffio nel
momento stesso in cui, delicati e quasi trascurabili, gli angoli
della bocca di Bard si alzarono verso l'alto.
Quel sorriso ebbe lo
strano potere di infastidire il Re: l'Uomo stava ridendo della poca
vigilanza delle sue guardie, dei fidi guerrieri che lo
accompagnavano in battaglia e nella vita di palazzo.
Che esseri abituati ad
affrontare eserciti fossero stati ingannati e beffati da una creatura
che, non fosse stato per l'aspetto decisamente adulto e il corpo ben
formato dagli anni, si sarebbe mescolata ai bambini degli Uomini
senza il minimo problema, era innegabile; ma che Bard di
Pontelagolungo gioisse della vergognosa faccenda lo turbava. Lo
turbava e non poco. Nemmeno il sorrisetto ironico di Gandalf riusciva
ad eguagliare la sensazione di fastidio che quello del semplice
contrabbandiere acclamato Re e Governatore gli suscitava.
Fu, per così dire,
immensamente grato allo Hobbit quando questi avanzò a grandi passi
nella tenda, riprendendo a parlare fluidamente, ignorando la
frecciatina che gli era stata rivolta. Thranduil lo ringraziò
interiormente ancor di più quando lo sfavillìo dell'Arkengemma gli
abbagliò lo sguardo, facendolo tornare al presente senza troppi
indugi.
-
«Dubito fortemente che
sia la quattordicesima parte del tesoro che spettasse allo Hobbit»
affermò con noncuranza quando fu rimasto solo con Bard nella tenda.
Guardò ancora per un secondo la perfetta forma poligonale della
pietra; quindi, con movimenti eleganti, aggirò il tavolo per
versarsi una generosa quantità di vino in un calice d'oro.
«Perché?» La voce di
Bard appariva incrinata, ma non del tutto ingenua come quella domanda
voleva far credere. Thranduil rispose comunque.
«Lo ha detto anche lui:
è la pietra a cui Thorin tiene di più. Aggiungo che è la pietra
che dà valore di per sé al regno e al regnante. È molto
improbabile che Thorin se ne sia voluto separare proprio in un
momento come questo, con due eserciti ad attendere le sue mosse al di
fuori della montagna che ha reclamato con tanto fervore e zelo, non
ti pare?»
Il silenzio che gli
riempì le orecchie fu spezzato solo da un sospiro profondo e
vagamente disperato. Non tardò ad indovinare il dispiacere che
l'Ammazzadraghi provava nei confronti di Bilbo, che si stava
cacciando in guai che, era chiaro, il Mezzuomo non riusciva a
visualizzare, o non voleva farlo.
Il Re era sul punto di
formulare un rimprovero riguardo alla fin troppa empatia che Bard
tendeva ad imporsi con il prossimo, ma all'ultimo tornò sui suoi
passi, portandosi il calice alle labbra e prelevandone un misero
sorso.
«In ogni caso,»
aggiunse, voltandosi nuovamente a guardare Bard, «ora è in nostro
possesso»
L'arciere annuì,
lanciando l'ennesima veloce occhiata alla pietra preziosa ancora sul
tavolino, avvolta in un panno che pareva offenderla con la sua grezza
fattura.
«Tenteremo il possibile,
mio signore. Sei d'accordo?» fece, incerto ma risoluto. Di nuovo,
Thranduil colse altro in quella voce affaticata e preoccupata: Bard
voleva solo una conferma, la possibilità di sperare su qualcuno che
gli fosse accanto, che lo aiutasse e, soprattutto, che non lo
abbandonasse.
Mentre l'Elfo annuiva,
pensò a quanto la gente degli Uomini cercasse un capo infinitamente
diverso da quello delle altre razze. Quell'abitante della città sul
lago era Re da due giorni al massimo, eppure già mostrava di non
saper sopportare la sua carica, per giunta ufficiosa.
«Ora vuoi provare a
ragionare con un Nano?» ironizzò appena l'Uomo, strappandolo dalle
sue elucubrazioni e accennando un sorriso sì forzato, ma, tutto
sommato, divertito. Era evidente quanto godesse nello scoprire e
attaccare i punti deboli dell'altro.
Questa volta, Thranduil
si sentì meno irritato.
«Farò un solo
tentativo» annunciò, serio. «Qualora non funzionasse, tornerei ai
miei propositi immediatamente, Governatore»
«Bard» corresse
l'interessato, un moto di frustrazione a serrargli la mascella.
«Non... Io sono solo... Bard»
Sì, sei solo Bard,
confermò mentalmente il Re, scorrendo il profilo dell'interlocutore
con gli occhi. Decisamente solo
Bard.
Alzò le sopracciglia,
senza comprendere in prima persona che cosa volesse intendere. Quindi
tornò ad indugiare sul suo calice di vino, bagnandosi le labbra,
cercando di gustare il sapore dolciastro delle bacche ad occhi
chiusi. Ciò che l'udito colse in quell'attimo fu un lieve sbuffo che
non seppe interpretare. Poi Bard parlò ancora.
«Davvero furbo lo
Hobbit!» esclamò, leggermente più baldanzoso che in precedenza.
«Ha rubato l'Arkengemma... E ancor prima un certo mazzo di
chiavi...»
Thranduil allontanò il
calice con estrema foga, tanto da dover abbassare lo sguardo a
controllare che non vi fossero macchie rossastre sulla sua veste di
broccato scuro. Non vi era nulla, perciò decise che continuare a
fissare in cagnesco Bard fosse la sua priorità.
Sentì montare dentro di
sé la stessa ira che lo aveva colto in presenza dello Stregone e
dello Hobbit stesso. Capì che il suo stato d'animo fosse abbastanza
evidente anche per l'altro perché l'arciere tentò di dissimulare un
sorriso fin troppo accentuato, ma fallì miseramente quando incrociò
con precisione le iridi di Thranduil.
«Non sapevo come fosse
andata» spiegò Bard, senza aggiungere che l'allusione fosse
riferita all'avventura dei barili arrivati in città grazie a lui:
era fin troppo ovvio.
«Eppure, li hai condotti
tu al porto» ringhiò il Re, ordinandosi di riportare il
respiro ad un ritmo pacato ed elegante, come di consueto.
«Non ho fatto molte
domande» fu la giustificazione sincera. «Ho solo aiutato dei nani
che avevano bisogno di un passaggio a pagamento su dei barili
provenienti dal Reame Boscoso. Adesso, però, mi rendo conto che
sarebbe stata una bella storia da farmi raccontare»
«Come osi?»
Fu più rude di quanto
avesse voluto, ma la prospettiva che qualcuno gli si rivolgesse in
quel modo sembrava minare la sua persona, la sua carica. Ma lì, in
quella tenda, non c'era alcun trono in cima ad una scalinata ad
elevarlo socialmente: solo una poltrona più pregiata delle altre e
un diadema d'argento attorno al capo a ricordare a se stesso e alle
sue guardie chi fosse. Gli Uomini gli riconoscevano un titolo, nulla
più, e seppure Bard fosse diverso in questo, non si era mai fatto
scrupoli a metterlo in discussione. Lo rispettava come essere vivente
e lo stimava come capo, ma non lo considerava intoccabile.
In fondo, Thranduil
doveva ammettere che era stato proprio quel carattere a colpirlo più
di ogni altra cosa.
Per questo frenò
l'ingiuria che avrebbe volentieri fatto uscire dalle sue labbra per
ricondurre Bard sulla via dell'umiltà. Semplicemente, sbatté con
poca delicatezza il calice sul ripiano del tavolino, rischiando di
versarne il contenuto a terra per l'impatto non esattamente gentile.
«Anziché perdere tempo
qui, Gov-... Bard...» cominciò, desideroso di tornare ai
suoi soliti comportamenti, «dovresti passare la notte con i tuoi
figli. Questa potrebbe essere la tua ultima notte»
La risposta tardò ad
arrivare, non troppo, ma abbastanza perché Thranduil s'interrogasse
sul motivo di tale reticenza. Quando, finalmente, giunse, l'Elfo si
pentì di aver anche solo aperto bocca.
«Non avevo intenzione di
passarla in questa tenda» Era quasi un ringhio la voce di Bard, ma
egli non si impegnò a manifestare in altro modo la sua rabbia
improvvisa, se non fissando volutamente un punto indistinto sul
pavimento. «Tolgo subito il disturbo»
«Non ti sto cacciando»
puntualizzò con convinzione l'altro, non battendo ciglio per evitare
di perdere lo sguardo dell'arciere qualora si fosse sollevato. Fu,
infatti, pronto quando ciò accadde.
Gli lesse diverse
emozioni in volto – tristezza, sconforto, paura, inadeguatezza,
perplessità –, ma non trovò tracce di odio nei suoi confronti.
Per qualche ragione che non aveva la minima intenzione di indagare,
ne fu sollevato.
«Hai ragione, però, mio
signore:» offrì l'Uomo, trascinando le parole, «sto trascurando la
mia famiglia»
Thranduil mosse la testa
con fare d'ovvietà e comprensione. «Stai organizzando un esercito,
ti è lecito»
L'occhiata che gli venne
lanciata ebbe il potere di fargli avvertire una spiacevole sensazione
nel petto, capace di farlo ammutolire nonostante avesse schiuso la
bocca per dire altro. Eppure, sentiva che rimanere a guardarlo
interrogativamente non fosse sufficiente per nessuno dei due.
Avanzò di qualche passo nella sua direzione, abbassando lo sguardo
in cerca di altre reazioni fisiche: un pugno chiuso e stretto fino a
sbiancare le nocche delle dita gli confermò ancora che aveva detto
qualcosa di atrocemente sbagliato.
«Non è quello che
voglio» lo sorprese Bard. Il Re studiò quella voce, e la trovò
distante e vicina allo stesso tempo, proiettata in una qualche
desolante situazione futura che vantava le sue radici nel presente.
«Voglio aiutare la mia gente, ma...» Bard si prese qualche secondo
per riflettere, quindi mirò gli occhi scuri in quelli dell'Elfo,
cercando un punto di forza intorno a sé. «... non così. Sto
gettando i miei figli in una guerra che io prima di tutti non voglio.
Quello che accadrà domani-»
«Non sarà solo una tua
responsabilità. Smettila di tormentarti come se tutto dipendesse da
te. Sei solo uno tra i tanti che avranno voce in capitolo. I tuoi
figli lo sapranno. Per di più, non ti reputo tanto avventato da
schierarli in battaglia, o mi sbaglio?»
Bard fu pressoché
inorridito dall'ipotesi. «In quel caso non sarei avventato, sarei
stupido!» esclamò. Thranduil sorrise con aria di approvazione nel
sentir pronunciare l'appellativo che avrebbe voluto usare davvero in
quel contesto. Si era trattenuto soltanto per non essere troppo
indelicato.
«Saranno al sicuro»
concluse quasi stancamente, come se dare fiato a quelle parole
semplici e banali fosse stato superfluo.
«Non se ci sarà un
attacco diretto a Dale» protestò l'arciere.
Vero, pensò
Thranduil, ma fu ben lungi dal dirlo. Piuttosto, lo studiò ancora.
Per tutto il tempo,
l'uomo di Pontelagolungo non aveva smesso di stringere il pugno,
tanto che l'Elfo era abbastanza sicuro che si fosse procurato dei
segni dolenti sul palmo. Si ritrovò a chiedersi quanto davvero
fosse frustrato il barcaiolo Bard: si mostrava già molto inquieto,
impaurito, ma quel gesto celava un'altra buona dose di disperazione
che, probabilmente, egli non riusciva ad esprimere.
Da quel momento,
Thranduil fu quasi inconsapevole di ciò che fece realmente: allungò
una mano con tanta lentezza da farla sembrare una mossa ben
ponderata. Continuò a sfiorare l'aria fino a raggiungere la pelle
ruvida e callosa, ora terribilmente tesa, del suo interlocutore.
L'avvolse completamente tra le dita, ignorando il sussulto che il
contatto provocò in Bard. Questi imprimette meno forza nella salda
presa, colto alla sprovvista, e Thranduil percepì il suo sguardo
scendere sulle loro mani intrecciate quando l'Elfo si ritrovò a
doversi aiutare con la sinistra per sciogliere ciò che rimaneva
della poderosa morsa del pugno.
Sentiva il bisogno di
togliere via quella pena, almeno dalle mani dell'arciere. Era
qualcosa di nuovo, o, meglio, che non provava da molto tempo. Aveva
addirittura l'impulso di usare una frase scontata e sentita fin
troppo nel corso dei suoi secoli di vita, aveva il desiderio di
dirgli che poteva condividere il suo stesso dolore, ma l'orgoglio gli
impedì di proferire la menzogna: la verità era che Thranduil non
poteva condividere quel dolore, perché il suo, di
figlio, se fosse tornato in tempo per la battaglia, non solo avrebbe
combattuto, ma si sarebbe fatto valere quanto o più di suo padre.
Suo figlio era un soldato, non un contadinotto di una cittadina che
aveva già perso la speranza.
Il presentimento secondo
cui Bard gli avrebbe riso in faccia di fronte a quella possibile
falsità lo bloccò definitivamente dall'esprimersi in quel modo. Si
accontentò di accarezzare delicatamente il palmo lievemente sudato
dell'altro, premendo appena con i polpastrelli dove la carne si
mostrava più morbida, ancora non intaccata dallo stile di vita non
proprio eccelso che il proprietario conduceva.
Mentre sollevava piano la
mano di Bard incastrata tra le sue, si decise a parlare, lento e
altero:
«È inutile tentare di
vaticinare ciò che accadrà domani. Riposati, arciere, va' dalla tua
famiglia, lascia che la preoccupazione ti abbandoni, anche solo per
questa notte, se lo desideri» Alzò un angolo della bocca in modo
ironico alle ultime parole pronunciare. Quindi aggiunse, come se
avesse voluto dargli l'ennesima garanzia: «Penserò io alle truppe»
Baciò piano il dorso
delle dita di Bard, temendo di vederlo ritrarle da un momento
all'altro. Fu felice, invece, di rimanere in quella posizione
sufficientemente a lungo perché distinguesse contro le sue labbra il
segno di un'anonima cicatrice, liscia in confronto alla pelle
intorno, l'odore di erba mescolato a fumo e terra, così come una
pulsazione sanguigna lievemente accentuata a causa dell'intimità
della situazione.
Si staccò poco dopo,
passando distrattamente il pollice sul punto in cui aveva pigiato
quel casto e insensato bacio, come se quell'azione fosse atta a
rimuovere il fatto stesso.
Lasciò, dunque,
scivolare la mano con tenerezza, alzando il volto a incontrare quello
di Bard.
L'Uomo era a metà tra lo
sconvolto e il deliziato, ma Thranduil non si preoccupò di decidere
quale delle due espressioni gli si attribuisse di più: quello che lo
catturò fu uno scatto del busto in avanti, come per ristabilire il
tocco appena interrotto, o magari approfondirlo...
Quando Bard tornò eretto
a schiarirsi la gola, Thranduil non seppe dire se ne fosse felice o
meno.
«Va'» ripeté, più
gentile pur non volendolo.
L'altro annuì,
atteggiando la bocca ad un sorriso schietto e... affettuoso?
«Grazie, mio si-...
Thranduil»
Il Re lo guardò
accigliato, ma, in fondo, considerò che fosse piacevole sentirsi
chiamare per nome con quella sfumatura di dolcezza a sostituire il
biasimo o l'odio che gli altri gli riservavano di frequente.
L'arciere fece per
allontanarsi definitivamente, conquistare l'uscita e correre
letteralmente dai suoi bambini, ma la voce elfica lo trattenne
di nuovo.
«Conservala tu» disse
Thranduil, spingendo con cura l'Arkengemma verso di lui.
«Io?» Il tono e lo
sguardo di Bard erano sinceramente stupiti, come se si fosse
ricordato dell'oggetto solo in quel momento. «Ma-»
«Sottovaluti le tue
capacità» cantilenò il Re, con la stessa cadenza di chi ripete ciò
che ha già detto moltissime volte. Ma entrambi erano ampiamente
sicuri di non aver mai ricercato l'occasione di confrontare opinioni
del genere.
«Dopotutto, è solo una
pietra» aggiunse il biondo, più noncurante che mai.
L'Uomo, seppur ancora
riluttante, accettò ciò che gli veniva offerto, sicuramente
evitando di pensare quanto valesse davvero il cimelio che
Thranduil aveva assurdamente sminuito. «Ti ringrazio per la tua
fiducia»
«Fa' che non sia mal
riposta», ma la frase non aveva tutta la crudeltà con la quale
sarebbe dovuta essere pronunciata.
Bard lo ignorò.
«Buonanotte» azzardò, invece, un sorriso sul volto prima di
sparire al di là del pesante tessuto che copriva l'entrata della
tenda, una mano imbrigliata nella casacca a sistemare il gioiello.
Thranduil batté le
palpebre una volta, a mo' di assenso contro il silenzio del suo
nuovo, modesto alloggio. Quindi, con gesti controllati ma il respiro
non del tutto regolare, si concentrò sul calice che aveva adagiato
sul tavolino senza troppa attenzione. Contemplò l'idea di berne il
contenuto, ma accantonò subito il desiderio, limitandosi a posare
gli occhi sugli intarsi preziosi che decoravano finemente l'oggetto.
Preferì passarsi
fugacemente la lingua sulle labbra sottili alla ricerca di
un'impressione, di un sapore che si ritrovò meravigliato a ricordare
alla perfezione.
Un sapore migliore del
vino.
-
All'alba, quando Bard
tornò per gli ultimi impellenti preparativi, il calice era ancora
lì, pieno per metà, illuminato da un raggio di pallido sole che
proiettava giochi di luce colorata sulle pareti della tenda.
L'arciere permise ad un
sorriso di increspargli le labbra di fronte a quell'immagine,
ipotizzando per assurdo di essere la causa di quell'insolita
dimenticanza di Thranduil.
Quindi scosse la testa,
simulando un'espressione assonnata per non insospettire il già
nervoso Re degli Elfi, che lo osservava con curiosità al di sopra di
una spalla per richiamare la sua attenzione sulla conversazione.
Bard non poteva sapere di avere ragione.
FINE
Angolo dell'autrice:
Salve a tutti a voi!
Questa
è la prima FF che pubblico nel fandom e non nego di essere
emozionata e agitata! ^_^
Ho
notato che la coppia Barduil non va molto nel fandom italiano, mentre
in quello angloamericano è diffusissima! A mio parere, in relazione
ai film, è azzeccatissima, quasi al pari della Thilbo. Per questo ho
voluto colmare quello che mi è parso un vuoto nella pellicola, ossia
la notte prima della battaglia delle cinque armate nella tenda di
Thranduil, in cui lasciamo due perplessi Bard e Thranduil riguardo
all'Arkengemma, che viene affidata a Bard, o almeno così si
intuisce, stante che la mattina seguente sarà proprio l'arciere a
tirarla fuori dalla casacca. Ho visto questa scena e non mi ha
soddisfatta fino in fondo, perciò ho deciso di scrivere il presente
Missing Moment.
Spero che questa mia versione sia di vostro
gradimento, ma soprattutto spero di aver colto i due personaggi nelle
sfumature comportamentali e psicologiche! Mi rimetto a voi! :*
Ringrazio
chiunque vorrà leggere, commentare o inserire la storia in una delle
liste e anche chi aprirà semplicemente questa OS! Siete tutti
meravigliosi!
Un
bacione!
Julie_Julia