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Autore: Lachiaretta    02/05/2015    25 recensioni
Amelia River, dopo quattro lunghi anni torna a New York per frequentare la Columbia University. Era scappata da un passato che non riusciva ad affrontare, ma soprattutto dimenticare. Nonostante tutti i suoi sforzi però questo passato tornerà a bussare alla sua porta, inghiottendola completamente.
Cattivi ragazzi, corse illegali, auto illegali, scommesse, sesso, droga e alcol.. ma soprattutto lui, Jake Haiden.
QUESTA STORIA PRENDE SPUNTO DALLA TRAMA DI GOSSIP GIRL, IN PARTICOLARE I PRIMI EPISODI, E DA FAST AND FURIOS. LEGGETE L'AVVISO IN APPENDICE AL PRIMO CAPITOLO PER TUTTE LE INFORMAZIONI AL RIGUARDO.
PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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FINALE
 


 
 
SETTE SETTIMANE DOPO.
 


«Cosa diavolo ci fai qui?» Josh si fionda all’interno della mia stanza facendo sobbalzare il povero stagista per la paura. «Ti è stato detto di stare a riposo!»
 
«Solo la gamba deve stare a riposo.» Preciso indicando il non più candido gesso appoggiato alla sedia di fronte a me sperando che il mio amico non riesca a vedere sotto il morbido vestito giallo. «Finché Louis mi porta tutto quello di cui ho bisogno sono a posto. Anzi gradirei un buon cappuccino al cioccolato, ma a lui non posso proprio chiederlo.» Addolcisco la voce sbattendo velocemente le lunghe ciglia scure, sicura che Josh non potrà mai negarmi una richiesta così semplice.
 
«Ho capito, ci vado io! Ma non voglio vederti lontana da quella sedia, se non per andare in bagno. Altrimenti ti costringerò a farla in un pappagallo!»
 
Scoppio a ridere sonoramente sbattendo una mano sulla possente scrivania di mogano. «Le donne non usano il pappagallo Josh, la padella semmai. E non permetterò nemmeno a te di togliermi nuovamente il lusso di potermi sedere su un water.» Ricordo ancora con orrore le lunghe settimane trascorse in ospedale, costretta a letto senza possibilità di alzarmi in piedi e obbligata a chiedere aiuto a chiunque di passaggio ogni volta che dovevo fare la pipì o peggio. I primi giorni sono ormai solo un lontano ricordo, offuscato dagli antidolorifici e dal forte dolore e credo di essere diventata veramente cosciente di ciò che mi circondava solo dopo un’intera settimana. Megan e Josh non mi hanno abbandonata un solo minuto permettendo a mia madre di fare la spola tra il mio capezzale e quello di mio padre che nel frattempo si era risvegliato dopo essere stato operato da Jake per ben tre volte.
Spencer si è fiondata in ospedale direttamente dall’aeroporto e dicono non abbia smesso di piangere fino al mio risveglio, purtroppo essendo appena rientrata da una lunga vacanza non ha potuto prendere altri giorni di ferie e a malincuore non riusciva mai a trattenersi abbastanza a lungo. Il lato positivo di questa situazione è che ci siamo tutti riavvicinati, soprattutto Josh con Micheal e Robert, come se gli ultimi anni non fossero esistiti.
Persino Hanna è venuta a trovarmi, lo sguardo basso per il senso di colpa, mi ha ringraziata scusandosi per il suo atteggiamento inizialmente ostile nei miei confronti. Si mordeva il labbro inferiore come se si stesse trattenendo dal dirmi qualcosa ma prima che potessi domandarle qualsiasi cosa è fuggita dalla mia stanza seguita come un’ombra dal bell’ortopedico che mi ha operata.
L’unica persona che sembra tenersi volontariamente alla larga da me è Jake Haiden. Non è mai venuto a trovarmi, nemmeno una volta, anche se sono sicura di averlo visto spiare l’interno della camera ogni singola volta che lo scorgevo passare, distogliendo immediatamente lo sguardo appena i nostri occhi s’incrociavano. 
 
«Ecco qui!» Josh mi porge il bicchiere di fumante chococappuccino prendendo posto su una delle sedie di fronte alla mia. «Come sta Ryan?»
 
«Non ne ho la più pallida idea. Ci siamo visti ieri per la sua intervista ma siamo riusciti appena a scambiare due parole. Dopo due ore ero stanca e mi sono fatta accompagnare a casa dal suo autista mentre lui si è fermato per la conferenza stampa e la cena di beneficenza.» Gli rispondo atona ripensando alla difficoltà di tenermi in piedi sulle stampelle e un’unica scarpa col tacco al piede sano. «Ha provato a chiamarmi una volta finito ma avevo già spento il cellulare. Stavo guardando “Le regole del delitto perfetto” e non volevo essere disturbata.» Scrollo le spalle sfoggiando un sorriso smagliante.
 
«Per quanto andrà avanti questa storia?» Mi rimprovera scuotendo la testa a destra e sinistra.
 
«Ancora qualche giorno. Domenica si vota e poi saremo finalmente liberi.» Lo rassicuro mandando giù un generoso della bevanda da lui gentilmente offerta. «E comunque è stata Rebecca ad uccidere Laila.»
 
«Ma no!» Inveisce contro di me alzandosi in piedi e sbattendo i pugni sul tavolo. «Ero di turno ieri sera, volevo vederlo oggi pomeriggio!» Sbuffando sonoramente mi volta le spalle e uscendo a grandi passi dalla mia stanza dopo aver sbattuto la porta di fronte ad un Louis sbigottito. Sgrano gli occhi per lo stupore per la sua reazione, il mio era solo uno scherzo. Prima di poter pronunciare però una parola lui riapre la porta e ridendo torna a sedersi di fronte a me, sfoderandomi un sorriso maligno. «Lo so benissimo che non è stata lei, per non ricevere alcuno spoiler avrei dovuto chiudermi in un monastero senza internet o qualunque altro contatto con la realtà. So già da tre settimane chi è l’assassino.» Ride sonoramente incrociando le braccia al petto.
 
«Mi hai terrorizzata!» Lo accuso puntandogli contro la punta di una delle stampelle e facendo perno sull’altra per alzarmi in piedi. «Louis penserà che siamo tutti pazzi qui dentro.» Preciso ricordando al mio amico la presenza dello stagista all’interno della stanza che ci sta fissando senza emettere più una sola parola. Il ragazzo sentendosi chiamato in ballo distoglie lo sguardo frettolosamente riprendendo la sua ricerca di alcune pratiche all’interno del grande armadio a muro.
 
«Beh penso di aver dato il meglio di me quando sono arrivato alle mani con Jake.» Annuisce titubante sottolineando il nome del mio bellissimo ex fidanzato. «L’hai più visto o sentito?»
 
Sento il mio volto indurirsi mentre cerco le parole giuste per rispondere alla sua domanda. «No! E sinceramente credo che sia meglio così. Sono quasi morta per salvare Hanna e il loro futuro figlio e lui non è nemmeno venuto a trovarmi. Per quel che gli riguarda sarei anche potuta morire.» Rispondo asciutta stringendo le mani alle stampelle e allontanandomi dalla scrivania di qualche passo.
 
«Sai bene che non è vero. Ti ho già detto che ti ha rianimata personalmente e non si è allontanato da te finché non è stato sicuro che ti saresti ripresa.» Il suo tono serio mi sorprende. Da quando prende le parti di Jake? Sono per caso tornati amici?
 
«Beh potrebbe anche chiamare.» Aggiungo stizzita dalla strana piega che ha preso la nostra conversazione.
 
«No che non può, non ha il tuo numero e ti immagina chiusa in una casa a riprenderti dall’incidente subito, casa di cui non conosce l’indirizzo.»
 
Abbasso lo sguardo mentre le parole di Josh mi colpiscono il volto quasi mi avesse preso a schiaffi. «Dettagli! Sono dettagli. E si può sapere perché adesso sembri esserti schierato dalla sua parte? Che cosa dovrei dire a Jake?»
 
«Beh magari la verità su Ryan potrebbe essere un buon inizio» Le perfette sopracciglia divaricate mentre i suoi occhi scuri e sicuri si fissano nei miei. «Potrebbe avere anche lui qualcosa da dirti.» La sua voce si affievolisce sull’ultima frase mentre gli incisivi affondano con forza nel labbro inferiore. Cosa mi sta nascondendo?
 
«Se anche fosse non mi interessa.» Sbotto frustata dall’irresistibile voglia di passarmi la mano tra i capelli e non potendo essendo costretta sorreggermi alle stampelle.
 
 
 
 
JOSH POV


“Ciao Megan, come va?” Sussurro al telefono mantenendo un tono bassissimo nel caso in cui Mia si avvicini alla porta.
“Ciao Josh, io benone. Voi? Cenate da noi una di queste sere?” Risponde con il solito tono allegro che la contraddistingue.
“Potrebbe essere un’idea ma dovresti invitare anche Jake.”
Megan rimane in silenzio per una manciata di secondi. “Mmmm... Posso provare ma non credo che lui accetti. Ha detto che non è sua intenzione parlarle ed evita tutti i luoghi in cui crede di poterla incontrare. Ti rendi conto che Hanna mi ha detto che si è perfino stampato i suoi orari della fisioterapia? Al solo sospetto della sua presenza alzerà i tacchi e scapperà a gambe levate.”
“Quel solito testone. Ci vorrebbe un pretesto.” Ci soffermiamo entrambi a riflettere sul da farsi finché non la sento sospirare dall’altro capo del telefono.
“Ok! Ho un’idea. Tu porta Mia da noi esattamente alle diciotto, io penso a Jake. Passate dal retro.”
 
 
 
 
MIA POV
 

«Dove andiamo?» Salgo in auto depositando le stampelle al mio fianco, il sedile tirato completamente indietro così da tenere la gamba completamente dritta.
 
«Megan ci ha invitato a cena. Ho preso del gelato.» Sorride smagliante mettendo in moto e affondando il piede nell’acceleratore. Il tragitto verso casa della mia amica è fortunatamente breve vista la mia poca resistenza a restare seduta sui bassi sedili dell’auto di Josh, ma mi stupisco quando invece di fermarsi sul vialetto della bella villetta della nostra amica, prosegue svoltando verso il piccolo giardinetto sul retro. «Che c’è? Ci sono meno scalini da questo lato» Si giustifica scrollando le spalle una volta sceso dall’auto e avermi aperto lo sportello. Allunga la mano destra verso di me e la stringe per aiutarmi ad uscire dall’abitacolo, sollevandomi e facendomi poggiare l’intero peso del mio corpo su di lui. «Andiamo adesso, ci staranno aspettando.» Termina controllando l’orologio come se fosse tardi, anche se sono appena le sei e ci attendono per cena.
 
Senza nemmeno bussare Josh abbassa la maniglia e apre la porta facendomi cenno di precederlo all’interno dell’abitazione. Aiutandomi con le stampelle mi sposto all’interno della cucina buia e silenziosa, domandandomi come mai la nostra amica non sia venuta ad accoglierci. Procedo chiamandola a gran voce verso l’accogliente salotto. La porta è aperta ma non sembra esserci traccia né di lei né di Robert. Esausta dei pochi passi compiuti mi accomodo su una delle grandi poltrone alzando il gesso e poggiandolo sul tavolino di cristallo nero con estrema delicatezza.
 
«MEGAN? ROBERT?» Li chiamo nuovamente immaginando il peggio. «Dove può essere?» Domando infine a Josh che mi fissa in silenzio a pochi metri da me.
 
«Vado a controllare fuori, magari ci aspettavano dall’ingresso principale. Tu riposati adesso.» Annuisco lievemente corrucciando la fronte appena mi accorgo, fissando le spalle del mio amico che si allontana, che tra le mani stringe entrambe le mie stampelle.
 
«Josh che diavolo... le mie stampelle!» Strillo realizzando di non poter muovere un solo passo senza.
 
«Tranquilla, non ti servono adesso.» Mi risponde senza nemmeno voltarsi senza di me. «Così almeno sono sicuro che non potrai scappare.» Sussurra chiudendosi la porta dietro le spalle e uscendo dall’abitazione.
 
Rimango sola all’interno del buio salotto, adagiata sulla poltrona e sbuffando sonoramente fissando la lancetta dei secondi del grande orologio a pendolo e contando ogni minuto che passa. «Maledizione» Sbuffo passandomi la mano tra i lunghi capelli. «Dove sono finiti tutti?»
 
 
 
 
JAKE POV
 

Come ogni giorno controllo dal portale delle infermiere gli appuntamenti della fisioterapia giornaliera. Già sapevo che lei non ci sarebbe stata ma è sempre meglio non rischiare. Se la rivedessi non riuscirei più a starle lontano. Hanna non riesce a capire perché mi sia deciso a non rivelarle la verità, nessuno degli altri ci riesce.
Il vibrare del telefono nella tasca dei Jeans mi riporta con i piedi per terra. Sorrido leggendo il nome del mio amico ritrovato dopo così tanto tempo.
 
“Ciao Robert. Come va?”  
“Jake.” Chiama il mio nome, il tono di voce teso e preoccupato. “Megan non sta bene.”
“Che cosa succede? Avete chiamato un’ambulanza?” Gli domando immediatamente allarmato, la bambina?
“No. Non vuole, credo abbia paura. Potresti venire qua, magari riesci a farla ragionare.”
“Certo. Arrivo subito, faccio venire anche il 911 nel caso abbia bisogno di essere portata in ospedale.” Rispondo deciso, facendo cenno ad un paramendico seduto in fondo alla sala che mi raggiunge di corsa.
“NO!” Grida ancora più preoccupato. “Non vuole, conosci Megan, si agiterebbe ulteriormente. Vieni qua, se sarà necessario la accompagneremo noi.”
 
Interrompo la chiamata sfilandomi il camice e fiondandomi verso l’uscita dell’ospedale. Se Robert ha sentito la necessità di chiamarmi sul lavoro significa che deve essere veramente preoccupato, spero che non sia nulla di tanto grave da aver paura perfino di chiamare un’ambulanza. Senza preoccuparmi di chi mi circonda inizio a correre verso il parcheggio, metto in moto l’auto e accelero non preoccupandomi dei limiti di velocità, sono un medico e questa è un’emergenza.
Parcheggio di fronte al vialetto d’ingresso e con il cuore in gola spalanco la porta trovandomi di fronte a me un tutto sommato non troppo preoccupato Robert.
 
«In salotto.» Si limita a dire con voce bassissima indicandomi l’accesso alla grande sala completamente buia. Apro la porta ed entro tastando il muro con la mano alla ricerca dell’interruttore che trovo solo un attimo dopo aver sentito la porta richiudersi alle mie spalle, il rumore di una chiave che scatta all’interno della serratura. Scruto la stanza abituandomi lentamente all’improvviso chiarore proveniente dal grande lampadario a goccia e fin da subito inquadro l’esile corpo della ragazza seduta sulla poltrona, non è incinta e ha una gamba rotta.
 
«MIA?» Domando a voce troppo alta mentre lei mi fissa con la bocca spalancata. Immediatamente le volto le spalle fiondandomi sulla porta che come sospettavo è chiusa a chiave. Non possono avermi sul serio incastrato così, è un’imboscata. «ROBERT! APRI IMMEDIATAMENTE QUESTA PORTA.»
 
«NO!» Al posto del mio amico risponde la sua fidanzata, sembra divertita dalla situazione. Chiaramente deve trattarsi di una sua idea.
 
«FELICE DI SAPERE CHE STAI BENE MEGAN!» Le urlo attraverso l’asse di legno che ci separa. «ORA APRI LA PORTA E PROMETTO CHE NON MI ARRABBIERO’.»
 
Tutto ciò che ottengo per risposta è una sonora risata. «NON MI INTERESSA SE TI ARRABBI. NESSUNO DEI DUE USCIRA’ DA QUI PRIMA DI AVER PARLATO E CHIARITO TUTTO QUESTO CASINO.»
 
Esasperato mi volto verso la mia ex fidanzata che continua a fissarmi con gli occhi sgranati e la bocca schiusa. Perché deve essere sempre così maledettamente bella da togliere il fiato. «E tu non dici niente?» Le domando facendole alzare gli occhi al cielo.
 
«Cosa vuoi che ti dica. Mi hanno abbandonata su questa poltrona quasi venti minuti fa portandomi via anche le stampelle. È così umiliante e per fortuna ho fatto pipì prima di uscire.» Sbotta allargando le braccia quasi a volermi indicare l’assenza dei sostegni che dovrebbero aiutarla a camminare ed io devo trattenermi dallo scoppiare a riderle in faccia. Hanno organizzato tutto nel dettaglio. «JOSH TI PREGO, ALMENO TU SII RAGIONEVOLE.» Supplica richiamando il suo amico e collega, sentire il suo nome mi stupisce credendolo estraneo a tutto questo.
 
«IO SONO RAGIONEVOLE. AVREI DOVUTO FARLO DUE ANNI FA, ORA RESTERETE CHIUSI IN QUESTA STANZA FINCHE’ NON VI SARETE DETTI TUTTO, PROPRIO TUTTO.» Le sue parole accompagnate dalla risata quasi malefica di Megan. Si sono completamente bevuti il cervello.
 
«Tranquilla Mia, ci penso io adesso a trovare una via d’uscita da questo posto.» Come un fulmine mi fiondo dapprima verso la porta della cucina, che trovo ovviamente chiusa a chiave, e poi verso le grandi finestre non riuscendo trattenere un’imprecazione notando i grossi lucchetti che bloccano gli scuri uno contro l’altro.
 
«PER CHI MI HAI PRESA JAKE? NON TI HO LASCIATO NESSUNA VIA DI FUGA.» La voce di Megan, quasi potesse vedere i miei movimenti all’interno della sala.
 
«JOSH VORREI RICORDARTI CHE TUTTO CIO’ HA UN NOME: SEQUESTRO DI PERSONA.» Lo avverte Mia seria.
 
«SEMPRE LA SOLITA ESAGERATA.» Le risponde il procuratore non trattenendo una risata. «PRIMA PARLERETE PRIMA POTRETE USCIRE DA QUI. DIPENDE DA VOI.»
 
«Maledizione.» Impreco prendendo posto il più lontano possibile da lei. «Sembrano decisi a non volerci lasciare andare.»
 
«Conosci Megan, non aprirà quella porta finché non avrà ottenuto ciò che vuole.» Annuisco riconoscendo quanto le sue parole corrispondano al vero. Non mi permetterà di andarmene se non dopo averle rivelato che il figlio di Hanna non è mio e che io non l’ho mai tradita. Affondo con forza gli incisivi nel labbro inferiore trattenendomi dall’imprecare ulteriormente e il sapore ferroso del sangue mi riempie la bocca. «Hai per caso qualcosa da dirmi?» Domanda titubante fissando i suoi grandi occhi marroni nei miei e facendomi saltare un battito. Riuscirò mai a smettere di amarla?
 
«Come stai?» Le chiedo distogliendo lo sguardo e inspirando profondamente.
 
«Bene, grazie.» Risponde pacata. «Ma non credo che sia questo genere di conversazione che si aspettano.» Si sistema meglio sulla poltrona asciugandosi le mani sudate sui braccioli, chiaramente agitata. Involontariamente mi trovo ad ammirarla nella sua straordinaria bellezza, i lunghi capelli scuri le ricadono morbidi sulle spalle, l’abito giallo senza spalline le stringe delicatamente i seni abbondanti e lascia quasi completamente scoperte le meravigliose gambe, fatta eccezione per il non più candido gesso che le avvolge la destra dal ginocchio al piede.
 
«So cosa ha fatto Ryan.» Le parole mi escono dalla bocca prima di poter frenare la lingua.
 
Mia spalanca gli occhi per la sorpresa. «Chi te l’ha detto?»
 
Scuoto il capo sorridendo amaramente, cercando di reprimere la rabbia. «Ho sentito lui e Josh che ne discutevano in ospedale.» Ricordo perfettamente quel giorno: vagavo tra cardiochirurgia e ortopedia per controllare sia le sue condizioni che quelle di suo padre quando per puro caso ho sentito Josh urlare agitato. Mi sono avvicinato senza farmi notare in tempo per sentirlo accusare Ryan di aver tradito Mia con una donna di cui non ricordo il nome, a quanto pare era stata la stessa Mia a scoprirlo poco prima di avere l’incidente per questo il mio vecchio amico lo intimava ad andarsene e tenersi a debita distanza da lei.
Scoprire questa shoccante verità era stata una manna dal cielo, un segnale divino che mi diceva di raccontarle la verità, sicuramente lei non avrebbe più voluto sposarlo e per me ci sarebbe stata una nuova possibilità, questa volta non l’avrei sprecata.
«Immagina il mio stupore quando ho scoperto che non l’avevi lasciato.»
 
Mia mi fissa in silenzio per un tempo interminabile, riflettendo su come rispondermi. «Non sai di cosa parli Jake.» Sospira infine semplicemente.
 
«Perché? Lui l’hai perdonato pur avendolo visto che…» Mi alzo in piedi talmente velocemente da far cadere uno dei piccoli vasi posti sul tavolino al mio fianco che s’infrange al suolo. Lo guardo sconsolato abbassandomi per raccogliere i cocci. «A me non hai nemmeno permesso neanche di spiegarti cosa era successo.»
 
Con la coda dell’occhio la vedo irrigidirsi inchiodata alla sua poltrona, le spalle dritte e i muscoli delle braccia tesi. «Ti ripeto che non sai di cosa parli. Non potrò mai perdonare un tradimento, né da parte tua né da parte di Ryan.» Sussurra secca stringendo nei pugni l’orlo del vestito color limone.
 
«Ma siete ancora fidanzati? Temi che lasciarlo possa minare la tua carriera?» Sbotto lasciando cadere nuovamente i cocci per terra e fissando il piccolo taglio sul mio palmo già rigato di sangue. «Maledizione.»
 
«NON FARE LO STRONZO JAKE E PARLALE DI QUELLA NOTTE.» L’urlo di Megan ci fa sobbalzare entrambi, eravamo convinti di essere finalmente rimasti soli e invece ci stanno evidentemente ancora ascoltando.
 
«Ma sentono proprio tutto? Non è che hanno piazzato qualche microfono?» Sussurra a voce bassissima piegandosi in avanti verso di me ed io non riesco a reprimere un sorriso di fronte alla dolcezza del suo viso. Attratto da lei come fosse una calamita mi sposto sulla poltrona al suo fianco prendendo la sua mano destra tra le mie.
 
«Io non ti ho mai tradita.» Le dico prima che possa emettere anche solo un’altra parola. «Non avrei mai potuto farlo, eri la mia vita.»
 
Mia inspira profondamente fissando le nostre dita intrecciate. «Ti ho visto con i miei occhi Jake. Quella notte io..» La interrompo prima che possa raccontare la sua versione dei fatti, so bene cosa crede di aver visto e anche se non corrispondente al vero l’idea di averle causato tanto dolore mi spezza il cuore.
 
«No Mia, tu mi hai visto a letto con Hanna, ma in realtà mi aveva appena riportato a casa completamente ubriaco e distrutto per la paura di averti persa, si era solo fermata a dormire perché era molto tardi. Non ho mai toccato Hanna nemmeno con un dito.»
 
I suoi occhi scrutano veloci il mio intero corpo alla ricerca di un qualcosa che mi tradisca, che la rassicuri che le mie parole non corrispondono al vero. «E il bambino?» Domanda infine pronunciando le tre parole con un’innaturale lentezza, entrambe le sopracciglia sollevate.
 
«Non sono io il padre.» Un lampo di rabbia attraversa il suo volto e la sua mano sfugge alle mie con straordinaria velocità. «Non ti ho mai detto di esserlo, l’hai dedotto tu!»
 
«E TU ME LO HAI LASCIATO CREDERE.» Grida scivolando all’indietro verso il bracciolo e facendo perno sulle braccia per sollevarsi in piedi, in equilibrio sulla sola gamba sinistra si allontana con un paio di salti e barcolla pericolosamente rischiando di cadere al suolo. Istintivamente mi alzo e le circondo i fianchi con entrambe le braccia sorreggendola. «LASCIAMI JAKE, NON MI DEVI TOCCARE.» Grida divincolandosi dalla mi presa.
 

«Calmati Mia, ti farai male.» La rimprovero passandole una mano sotto le ginocchia per prenderla in braccio.
 
«MALE? HAI IDEA DI QUANTO HO SOFFERTO ALL’IDEA CHE TU ASPETTASSI UN FIGLIO DA UN’ALTRA?» Grida senza tuttavia arrendersi alla mia presa salda nemmeno quando torno a sedermi sul divano trattenendola sopra di me. Lascio scivolare le mani lungo le spalle afferrandole i polsi e bloccandoglieli vicino al corpo.
 
«Esattamente quanto me quando ho scoperto che ti saresti sposata, con Ryan oltretutto.» Le sbotto in faccia avvicinando pericolosamente i nostri volti. «O quando ho capito che lo avresti sposato comunque, nonostante lui ti avesse tradita.» Le ultime parole sono un sussurro e mi feriscono come se una lama tagliente venisse estratta dal mio cuore. «Sto male anch’io soprattutto perché io so che è reale.»
 
Improvvisamente tutta la sua forza sembra scemare e il suo corpo si arrende al mio permettendomi di stringerla. «Ci siamo lasciati.» Sussurra infine d’un fiato.
 
Sorpreso dalle sue parole la fisso trattenendo il respiro. «Ma io vi ho visti sui giornali.»
 
Mia scuote la testa abbassando lo sguardo incapace di sostenere il mio. «Gli ho concesso di fingere fino al termine della campagna elettorale, sarebbe uno scandalo. Fingiamo di stare insieme, ci concediamo qualche bacio a stampo, nient’altro e domenica sarà tutto finito.»
 
Un fremito percorre le mie braccia mentre la mia testa impreca per aver lasciato trascorrere altre sette settimane invece di essere andato a parlare con lei appena scoperto l’equivoco. «Non state più insieme?» Ho bisogno di sentirmelo ripetere ancora una volta, incredulo di aver udito bene.
 
«E tu non sei stato a letto con Hanna?»
 
Scuoto il capo mentre il mio cuore inizia a battere sempre più velocemente, quasi volesse squarciarmi il petto e tornare al suo posto, da lei.
 
«Non hai avuto altre donne?» Continua mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Siamo vicinissimi, le sue gambe incrociate sopra le mie, il mio braccio destro che le circonda le spalle stringendola al mio corpo, eppure dopo tanto tempo nessuno sembra volersi allontanare dall’altro.
 
Inspiro profondamente deciso ad aprirle il mio cuore e non mentirle mai più. «Mia, sono passati due anni. Ci sono state altre donne ma non erano te, ho provato a dimenticarti senza riuscirci ovviamente. Mi è bastato incrociare di nuovo i tuoi splendidi occhi per capire di essere ancora perdutamente e irrimediabilmente innamorato di te. Dimmi che c’è ancora una possibilità per noi.»
 
«SIIIIIIIIIIIIIIII!» L’urlo di Megan riempie la stanza facendoci sobbalzare. Mia si poggia la mano sul cuore espirando rumorosamente, anche lei doveva essersi dimenticata della loro presenza dietro la porta.
 
«MEGAN NON CI POSSO CREDERE, TI RENDI CONTO? MIA STAVA PER RISPONDERE.» La rimprovera Josh con il medesimo tono alto nonostante si trovi vicinissimo a lei.
 
«VA BENE RAGAZZI, ABBIAMO PARLATO. ORA POTETE APRIRE LA PORTA.» Li invita Mia sorridendomi e aiutandosi con le mani a far scendere la gamba rotta da sopra di me per rimettersi composta al mio fianco. Un’ondata di freddo avvolge la parte del mio corpo improvvisamente non più a contatto col suo.
 
«PRIMA RISPONDI ALLA SUA DOMANDA.» Le ribatte la nostra amica facendomi saltare un battito, non mi era passato inosservato come lei abbia accuratamente evitato di rispondere dopo l’intromissione di Megan, approfittandone per allontanarsi da me. Forse non vuole rifiutarmi davanti a loro.
 
«SI.» La rassicura mentre il mio cuore si ferma aspettando di essere irrimediabilmente infranto da una semplice parola.
 
«ALLORA RISPONDI.» La incita ancora una volta mentre io stringo i pugni trattenendomi dall’urlarle di chiudere la bocca. Lei e la sua fissazione con le terapie di gruppo.
 
«HO DETTO SI!» Ripete voltandosi verso di me, un ampio sorriso le illumina il volto.
 
Un improvviso dubbio mi assale costringendomi a trattenere il respiro. «Si mi risponderai o si?»
 
«Si.» Sorride avvicinandosi e cingendomi il volto con entrambe le mani. «Si, si, si.» Sussurra infine prima di unire le sue labbra alle mie. Dopo un primo istante di smarrimento le mie braccia circondano il suo corpo e subito approfondisco il bacio che tanto ho desiderato nelle ultime sette settimane. Tanta la felicità da non accorgermi nemmeno di Megan che spalanca la porta e corre verso di noi esultando sfuggendo ai tentativi di Robert e Josh di allontanarla da noi.
 
 
 
 
 
 
 
 
UN ANNO DOPO
 
 
 
«Piccola sei sicura di non voler indossare delle scarpe.»
 
«Papà te l’ho già detto mille volte, sono sicura. Non voglio rischiare di cadere.» Gli rispondo alzando gli occhi al cielo divertita. «Le metterò per il pranzo.»
 
«Non ti permetterei mai di cadere. Sono qui per sorreggerti.» Brontola mio padre corrucciando la fronte e porgendomi il braccio. È splendido nel suo abito blu notte, e in perfetta salute grazie a Jake. Gli deposito un bacio sulla guancia abbracciandolo e agganciandomi al suo gomito.
 
«Andiamo adesso, non vogliamo arrivare tardi.»
 
Avanzo lentamente, un piede nudo davanti all’altro, cercando di non superare il ritmo scandito dalla marcia che leggiadra accompagna la nostra passeggiata. Il leggero abito bianco senza spalline, esattamente quello dei miei sogni, ondeggia travolto dalla leggera brezza primaverile mentre il cielo si colora delle più belle sfumature di rosso e arancione che io abbia mia visto e il sole si lascia inghiottire dalla distesa di acqua di fronte a noi.
Incrocio gli occhi velati di lacrime di Megan e Spencer che, splendide nei loro vestiti color pesca, mi attendono insieme ai loro fidanzati ai due lati dell’archetto di fiori di arancio, sotto il quale intravedo il mio promesso sposo meraviglioso nel suo completo grigio chiaro.
Mi dà ancora le spalle ma posso percepire chiaramente il suo nervosismo dal modo in cui passa la mano tra i capelli biondi schiariti dal sole e spettinati dal vento. Vorrei gridare il suo nome, invitarlo a girarsi verso di me e guardarmi, e lui sembra leggermi nel pensiero e con una lentezza esasperante si volta verso di me mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Mi blocco sui miei passi stringendo tra le mani il mio bouquet di rose bianche desiderosa di vedere in viso il mio futuro marito illuminato dalla calda luce del tramonto che lui ama tanto, quasi quanto me.
I nostri occhi s’incontrano, azzurro e marrone, cielo e terra, e finalmente abbiamo raggiunto il nostro orizzonte, il giorno del nostro matrimonio.
L’ho amato fin dalla prima volta che l’ho visto, quando ero ancora solo una ragazzina intenta a giocare con le automobiline e a sporcarmi di fango, anche se a lui piacevano le bambine con le bambole. Ci ha messo più tempo del voluto e dello sperato ad accorgersi di me ma dopo non mi ha lasciato tregua, era il nostro destino, doveva essere per sempre e da adesso lo sarà. Sto realizzando tutti i miei sogni.
 
Siamo riusciti a raggiungere quel preciso punto dell’orizzonte in cui cielo e terra s’incontrano.
 
Il mio promesso sposo mi sorride e come sempre rimango ammaliata dalla sua bellezza, affretto il passo per azzerare le nostre distanze trascinando mio padre sulla sabbia dorata e lo raggiungo sotto l’archetto di fiori di arancio creato appositamente per noi dove mi aspetta insieme a Daniel Crab, elegantemente vestito per celebrare le nostre nozze.
Le nostre labbra si incontrano velocemente, un semplice bacio a stampo. «Ci siamo finalmente.» Mi sussurro all’orecchio facendomi rabbrividire. «Adesso sarà per sempre.»
 
 

 
Qualcuno dice che “a domani” è la promessa più bella che si possa fare, ma  un “PER SEMPRE” può realizzare tutti i tuoi sogni.
Cit. Lachiaretta.
 

FINE


 
 
Eccoci qui. È finita. Spero vi sia piaciuto l’ultimo capitolo, per me è stato veramente difficile. Forse una parte di me voleva non mettere la parola fine ai miei adorati JIA ma dopo 35 capitoli era inevitabile.
Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta, che capitolo dopo capitolo mi hanno seguita, chi ha aggiunto THE RACER alle storie preferite/da ricordare/seguite, e chi ha trovato il tempo per lasciare la propria recensione e sono veramente tantissime, se non le vedessi non ci crederei. Piano piano risponderò a tutte voi, ve lo prometto.
Intanto se qualcuna di voi avesse piacere di fare due chiacchiere non esitate a contattarmi, qui o su facebook (Lachiaretta Mia River – o sulla pagina di THE RACER.)
Ora mi prenderò un periodo di pausa dalla scrittura per dedicarmi alla sola lettura (salvo una OS particolare) ma non è detto che un giorno non decida di fare ancora una volta visita ai miei adorati personaggi e sfornarvi qualche OS sul loro futuro o passato! Potrebbe accadere quando meno ve lo aspettate.
Non so cosa aggiungere arrivata a questo punto, siamo alla fine.. Con il cuore in mano vi ringrazio ancora una volta e vi abbraccio tutte confidando che non è un addio ma solo un arrivederci.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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