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Autore: CassandraBlackZone    03/05/2015    3 recensioni
AGGIORNAMENTO: 13° capitolo
[Jeff the Killer]
È impossibile. È una sua complice. L’ha tenuta in vita per uccidere più persone: è un’esca umana. Ci farà ammazzare tutti.
No, è inutile. Ogni giorno cerco di farmi coraggio e provare a raccontare la mia versione, così da smentire ogni sorta di voce, ma non ci riesco. Io vorrei davvero… raccontare cosa successe realmente quella notte di un anno fa. La notte in cui i miei genitori vennero uccisi.
Il mio nome è Elizabeth Grell. Sedici anni. E sono sopravissuta al tentato omicidio di Jeff the killer.
Genere: Azione, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeff the Killer
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non appena portarono l’ordine di Jordan al nostro tavolo, non potei che sorridere davanti a quella coppa al cioccolato e al burro d’arachidi, con una generosa spruzzata di panna come guarnizione.
«Chantal’s special peanuts»  dissi senza smettere di sorridere, «Lo prendevi sempre.»
«Come vedi, lo prendo anche adesso» sorrise a sua volta Jordan.
Jeff e la scioccante scoperta della mia somiglianza con Liu passarono in secondo piano in un attimo. Mente, corpo e anima erano tutti concentrati sul mio migliore amico ritrovato. La mia felicità, in quel momento, non poteva essere scalfita in nessun modo.
«Ti ricordi, Jordan? Io,te e Rose andavamo sempre qui, dopo scuola. Tu prendevi sempre questo, Rose lo speciale all’amarena e io…»
«Coppa fragola e vaniglia Chantal’s orchid» continuò Jordan con una nota di nostalgia, «ma… vedo che tu abbia un po’ cambiato i gusti. Anche in fatto di capelli, a quanto vedo.»
Un po’ imbarazzata, scossi la testa «Sono stata costretta. Diciamo per entrambe le cose.»
«Lizzie che rinuncia hai pezzetti di fragola e allo sciroppo al cioccolato? No, non ci credo.»
Le risate uscirono spontaneamente, con una naturalezza tale da farci dimenticare che un anno intero ci aveva diviso: era come se fossimo tornati ai vecchi tempi, a quei pomeriggi in cui la scuola non era più un problema per almeno quattro ore ( senza contare le nottate passate su Skype).
«Te lo ricordi, Lizzie? Finito il nostro gelato andavamo sempre al centro commerciale fuori città e ci fermavamo a tutte le nostre tappe preferite: il negozio gotico di Rose, il mio negozio di musica preferito e infine…»
«Alla sala giochi per me!»
«Esatto! Per me e Rose era impossibile batterti, in qualsiasi gioco! Che fosse uno sparatutto o schiaccia la talpa non faceva alcuna differenza»
«Be’, in quelli di musica, ho sempre avuto difficoltà visto che è il tuo campo.»
Quanto mi mancava tutto questo. Quanto mi mancava sentire il suo particolare accento scozzese ereditato dalla madre, vedere quelle fossette sulle guance ogni volta che allargava un sorriso e vedere che aveva ancora la sua abitudine di lanciare in aria gli arachidi per poi prenderli al volo con la bocca.
Era una giornata quasi perfetta, all’insegna della felicità, ma poteva esserla, perfetta, se al fianco di Jordan ci fosse stata anche Rose, con i suoi eccentrici vestiti da dark Lolita.
«Senti… ancora Rose?»
Jordan annuì  entusiasta. «Ci scriviamo ogni giorno. Ah, e… noi due stiamo insieme.» arrossì.
«Oddio Jordan, ma è fantastico! Sono davvero contenta per voi! Ve l’avevo sempre detto, no? Sapevo che vi sareste messi insieme!»
«Grazie.»
«Com’è che non sei a scuola?» chiese sgarbatamente Ben e chiaramente disgustato dal nostro comportamento.
Forse era solo una mia impressione ( o almeno così speravo), ma da come masticava a bocca aperta il cono e con la fronte aggrottata, era palese che fosse irritato o dovrei dire… geloso?
«Ecco… non avevo molta voglia» rispose insicuro il castano.
«Nemmeno noi!»
«Be’, per essere precisi, sono io quello che non aveva voglia» si intromise di nuovo Ben.
«Giusto. Se non fosse stato per lui non sarei qui.»
«Che cosa intendevi dire, prima, con costretta?»
Con gli occhi persi nella coppetta, cercai le parole giuste da cui partire «Io non vengo qui dall’anno scorso, Jordan. Dalla… morte dei miei genitori, per intenderci. Non appena seppi che Rose si sarebbe trasferita in un’altra città e tu in un’altra scuola, non ho avuto più il coraggio di entrare.»
«Perché?» chiese lui con una nota di delusione.
«Perché sapevo che ricordare i bei momenti passati con voi avrebbe fatto male.»
Giusto per rovinare l’atmosfera, dagli altoparlanti del bar iniziò a riecheggiare Candyman, una canzone di Christina Aguilera, che riempì per un po’ il silenzio che cadde fra noi. Persino Ben sembrò contribuire mettendosi a canticchiare il ritornello.
«Per me invece è il contrario.»
Alzato lo sguardo dalla coppetta, gli occhi rossi e lucidi di Jordan mi obbligarono ad avvicinare le mani alle sue. «Jordan, che ti prende?»
«Venire qui… e prendere il solito gelato, mi fa ripensare a tutti giorni che passammo insieme. Venire qui, mi da’ la forza di credere che un giorno potremo ritornare come una volta.»
Come io piansi disperata davanti a Ben, così fece Jordan con me, cercando invano di trattenere i singhiozzi. Vederlo in quello stato, vedere quel dolore straripare come un fiume in piena, aveva fatto ritornare in me quella sensibilità perduta più di prima.
«A nome mio e di Rose, ci dispiace, Lizzie! Perdonaci! Non lo abbiamo voluto noi, davvero! Sono stati i nostri genitori, ci hanno obbligato ad ignorarti e a non parlarti! Ma noi… non c’è giorno in cui io e lei non parliamo di te. Loro controllano che non ti scriviamo o chiamiamo, questa mattina mi hanno obbligato a restare a casa dopo l’ultima notizia al telegiornale, ma sono uscito lo stesso. Oh Lizzie, ti prego perdonaci!»
Più percettibile di una richiesta di aiuto, più supplichevole di una confessione in chiesa; le parole di Jordan raggiunsero le mie orecchie fino ad arrivare al mio cuore con una forza tale da indurmi a piangere di nuovo. Per tutto questo tempo, ero convinta di essere rimasta da sola con nonna Jo, di aver perso i miei due migliori amici e quindi di dovermi dimenticare di loro per non stare male, e invece… Da oggi in poi, posso finalmente sorridere come una volta, almeno per un po’.
«Jordan, ti prego. Non fare così. Io… io sono molto contenta di sapere che siamo ancora amici. Anzi, che lo siamo sempre stati. A me basta questo. Sono davvero felice!»
«Lizzie…»
«Ma non credere di cavartela così.» questa volta, Ben non si limitò a parlare e mi spostò per stare davanti a Jordan, ancora in lacrime. La sua irruenza stava cominciando ad irritare me e a mettere a disagio il povero Jordan, confuso e anche spaventato. «Sono contento di sapere che tu e Rose in realtà siete sempre stati dalla parte di Lizzie, ma mi dispiace. Quella che ha sofferto di più è stata solo Lizzie.»
«Ben, adesso stai cominciando ad esagerare. Lui e Rose non c’entrano in questa storia.»
«Io invece non esagero affatto. Sto solo dicendo la verità. Tornando a noi, Jordan. Mi sono spiegato?»
Jordan annuì tirando su col naso, «Sì, me ne rendo conto. Ce ne siamo resi conto entrambi, credimi. Solo il pensiero ci ha fatto e tutt’ora ci fa male.»
«E lo credo bene. Non ha passato proprio un bell’anno.»
«Ma come puoi vedere, sono in buone mani.»
Preso alla sprovvista, Ben si irrigidì quando gli avvolsi il collo con un braccio.
Lo ammetto. La verità era che volevo approfittarne per strozzarlo per bene. «Fortunatamente a scuola Ben e due suoi amici mi hanno aiutato a superare tutto.»
«S-sì, credo…» mormorò Ben.
«Che hai, Ben? Sei diventato improvvisamente rosso.»
«Z-zitta!»
Reazione esilarante.
«No, lui ha ragione. Noi non abbiamo alcun diritto di lamentarci e lo sappiamo bene» si scusò ulteriormente Jordan.
«Ehi. Ognuno di noi alla fine ha avuto i suoi problemi.»
«Non quanto quelli che stai affrontando tu.»
«A cuccia, Ben.»
«Cambiando discorso. Per quale motivo tua madre non ha voluto mandarti a scuola?»
Visibilmente contrariato, Jordan iniziò a strofinarsi i dorsi delle mani e a deglutire a fatica. Più volte tentò di evitare lo sguardo fisso e accusatore di Ben, simile a quello di un gufo durante la sua caccia notturna, ma lui non riuscì ugualmente ad esprimersi come voleva, rimanendo con la bocca semiaperta.
«Tutto è dovuto alla carneficina di questa mattina?»
Uno spasmo muscolare indusse Jordan a tirare una ginocchiata al tavolo, che inevitabilmente fece cadere a terra la sua coppa di gelato. Al rumore dei vetri rotti, le cameriere accorsero più veloci dei meccanici della Formula 1.
«Come pensavo. Be’, non sei l’unico che se ne preoccupa. Anche Lizzie è incasinata per questa storia.»
«Ben, no!»
«È il tuo migliore amico, no? A maggior ragione deve sapere.»
«No! Non voglio! È probabile che lui…»
«Lui? Lui chi?» la voce tremante e preoccupata di Jordan, mi costò la perdita di un battito del cuore. I suoi occhi erano spalancati in attesa di una risposta.
Mi girai per un attimo verso Ben, in cerca di sostegno: stavo facendo veramente la cosa giusta? Riuscirò a gestire la situazione senza usare parole inutili? Non farò la stessa pessima figura come in sala computer? Tutte quelle domande, incanalate in uno sguardo incerto, ricevettero un semplice sorriso e un consenso con la testa.
Con estrema calma, presi nuovamente le mani di Jordan e le portai al petto, così da infondergli sicurezza. «Ascoltami, Jordan. È una questione delicata di cui io non posso parlarti. È… troppo pericoloso. Io non voglio che tu ci vada di mezzo. Nemmeno Rose.»
«Ti prego, Lizzie. Io voglio sapere.»
«No. Ne va della vostra stessa vita.»
Tanto era serio il mio tono di voce, più aumentava la paura di Jordan, che, anche senza dirglielo direttamente, aveva compreso a chi si riferisse quel lui.
«No… No, ho già dovuto lasciarti da sola per un intero anno e non ho intenzione di farlo di nuovo. La stessa cosa vale per Rose. No.»
«Jordan, se hai capito in che guaio mi sono cacciata, allora dammi retta! Io vi voglio bene. Non voglio che vi accada qualcosa di brutto.»
Pur pregandomi più volte, la mia decisione era irremovibile, incline anche alle sue lacrime. No. Non avrei permesso a nessuno di far male a loro: nemmeno a Jeff.
«È stato davvero bello rivederti, Jordan. Ora ho un motivo in più per combattere. Grazie.»
Compresa la sconfitta, Jordan si asciugò le lacrime con i dorsi delle mani e annuì, «Sì. Sono stato contento anche io» sorrise, concedendomi di rivedere le sue lieve infossature un’ultima volta. «ora è meglio che vada. Mia… madre si starà chiedendo dove sono.»
«Sì. Lo capisco. Salutami Rose.»
«Sì, te la saluterò. Appena la vedrò.»
A malincuore, dovetti abbracciarlo velocemente, per poi lasciarlo uscire dal nostro locale preferito. Girato l’angolo, mi risedetti vicino a Ben.
«È stato fin troppo facile» commentò perplesso il moro.
«Sbaglio o per caso ti ho passato tutta la mia insensibilità nel mentre? Si può sapere cosa ti è preso?»
«Scusa se ho interferito durante la vostra lieta rimpatriata, ma l’ho dovuto fare per verificare una cosa.»
«Verificare?»
«Sì.»
«E cosa?»
Alzatosi dal tavolo, Ben si affacciò alla porta di vetro e fissò l’angolo in cui Jordan aveva appena girato con uno sguardo  «Nasconde qualcosa. Ne sono certo. Faceva di tutto affinché noi non lo scoprissimo. È stato bravo a trattenere tutto e negare l’evidenza. L’ho notato nel modo in cui parlava e si atteggiava.»
«Ben, così mi spaventi. Perché avrebbe dovuto mentire? Riguardo a cosa?»
«Correggimi se sbaglio, Lizzie, ma girando quell’angolo non c’è forse un vicolo cieco?»
La mia ennesima domanda venne soffocata dall’urlo di una donna e quindi ignorata da Ben, che subito uscì dalla porta.
Io lo seguì.
La donna in questione era accasciata a terra davanti all’angolo della strada, incurante delle borse della spesa appena fatta rovinosamente cadute ai suoi piedi. Accortasi della nostra presenza, gattonò verso di noi con il terrore negli occhi.
Ben cercò di tranquillizzarla più che poteva, dicendole di dirgli con tutta calma cosa era successo. Intanto, attorno a noi si radunarono passanti intenti a soccorrere la donna.
«Mi dica. Che cosa ha visto? Che è successo?» chiese Ben a bassa voce e il più rilassato possibile.
«U-un… ragazzo… un ragazzo è… è… pieno di sangue…» bisbigliò lei.
Sbiancai.
Senza farmi notare, uscii dalla folla che sembrò non aver sentito la donna traumatizzata, ma io sì. L’unico mio pensiero che mi indusse a raggiungere quell’angolo era Jordan: l’ultima persona che girò quell’angolo.
 
Non c’è forse un vicolo cieco?
 
L’orientamento non era mai stato il mio forte. Non sapevo cosa effettivamente ci fosse dietro a quell’angolo di mattoni a vista o perlomeno non me lo ricordavo. No. Mi rifiutavo di crederci. Dentro di me speravo che girato l’angolo avrei trovato un’altra strada disseminata di negozi o che portava ad un parco o qualsiasi altra cosa, purché non un vicolo cieco. Tutto, ma non uno stramaledetto vicolo cieco.
Due passi, e lo girai.
Un conato di vomito  minacciò di farmi vomitare tutto il gelato che avevo appena mangiato. Con le mani davanti alla bocca, ingoiai il tutto, trattenendo anche un urlo impaziente di uscire. La mia testa iniziò a pulsare, i miei muscoli a contrarsi e i miei occhi a lacrimare davanti a quell’opera demoniaca. La mia sanità mentale mi stava abbandonando a poco a poco, più fissavo quel corpo appoggiato allo steccato di legno, vicino ai bidoni della spazzatura e annegato nel suo stesso sangue che sgorgava da delle profonde ferite al petto e alla gola. Era Jordan. Lo stesso Jordan con cui avevo appena condiviso un gelato dopo tanto tempo.
«O-oddio… No… No! Jordan!»
Al mio richiamo, notai lo spasimo di una mano. Un barlume di speranza si accese nei miei occhi: era ancora vivo.
«Jordan!» senza pensarci due volte, mi avvicinai all’amico, cercando di ignorare tutto quel sangue sparso attorno a lui. Aveva anche un piede rotto e una spalla dislocata. «Ti prego, Jordan! Rispondimi! Ora… ora chiamiamo un’ambulanza, resisti!»
«L-Lizzie… sei davvero tu?» disse Jordan sputando sangue.
«Oddio cosa ti hanno fatto! Chi è stato? Chi è il bastardo che ti ha fatto questo?!»
«Non… non urlare. Non devono sentirci…»
«Non parlare… Ora andrà tutto bene…»
«A-anche io… Anche io avevo… qualcosa che non potevo dirti… Lizzie.»
«Ho detto che non dovevi parlare, stupido!»
«Non… non sono stato sincero con te… non lo sono stato per niente» con una forza disumana, Jordan tirò fuori dalla tasca della giacca con il braccio sano un foglio di carta stropicciato e una fotografia. Rabbrividii:STAI LONTANO DA LIU, così recitava il primo scritto con il sangue, mentre la fotografia ritraeva me, nel momento in cui stavo uscendo dal parrucchiere correndo due giorni fa.
«No… Lui… teneva d’occhio anche te… maledizione… Maledizione!»
«Ogni giorno… da allora, ho continuato a ricevere… messaggi che dicevano di stare lontano da Liu. All’inizio non capivo… e solo dopo aver visto te, compresi. Feci… delle ricerche e digitato Liu… lo vidi. Il fratellino di Jeff…» due colpi di tosse obbligarono Jordan a sputare ulteriore sangue.
«Adesso basta, ti prego! Ti devo portare in ospedale! Non voglio… Non voglio che tu muoia!»
Senza accorgermene, la storia si stava ripetendo. La morte si era ripresentata al mio cospetto e mi ha costretta ad assistere ad un'altra sua mietitura, impotente.
«Io… ho trasgredito il suo ordine. Io… contavo di incontrarti, così da avvisarti e per fortuna… ci sono riuscito.»
«Non dire così… Jordan!»
«Te l’avevo promesso… ora posso salutarti Rose… mi sta aspettando.»
«No… non dirmi che… ti prego…» scossi la testa incredula.
«Lizzie, scappa. Fuggi… da qui. Io… noi… non vogliamo che ti faccia del male.»
«Mi dispiace… Mi dispiace! Perdonatemi se potete! Perdonatemi…»
Tra un singhiozzo e l’altro, Jordan avvicinò a fatica la sua mano per accarezzarmi la nuca, con tutta la dolcezza di cui disponeva.
I sensi di colpa mi corrodevano dall’interno. Una rabbia indescrivibile si stava annidando nel mio cuore. Che cosa avevo fatto? Perché? Perché loro e non me?!
«No. Non devi scusarti. È tutto a posto… ora, devi vivere, Lizzie. Vivi… per noi.»
Un sonoro ciaf mi fece alzare e allontanare involontariamente da Jordan. I suoi occhi erano fissi, senza vita, così lo era il resto del suo corpo: era morto.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ebbene… ho scritto anche questo. Ormai ci avviciniamo alla scena madre ( spero XD).
Lo ammetto… ho pianto… ma davvero tanto… Sono cattiva, ma davvero tanto… D’altronde però, era necessario. Ho notato che rispetto agli altri giorni del diario questo è il più lungo O__O Be’, ma tanto ormai Lizzie non è più vincolata da un limite, no? Quindi… eheh.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo! Alla prossima!
Cassandra
 
   
 
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