Dodici
ore dopo, in ospedale...
Quando
il medico uscì dalla piccola stanza con una cartella clinica
stretta al petto,
Andrea scattò in piedi abbandonando quella sedia su cui
sostava ormai da troppo
tempo.
«Ci sono novità?» chiese mentre il cuore
ricominciava a batterle forte.
L’uomo scosse il capo, ma esibì un sorriso
abbastanza rassicurante «No signora,
nessuna novità, ma le condizioni di suo marito sono stabili.
Come le ho già
detto l’intervento è riuscito, abbiamo asportato
il proiettile e siamo riusciti
ad intervenire bene nonostante la copiosa perdita di sangue del
paziente. Mi
aspetto che si svegli nelle prossime ore, se vuole può
stargli accanto ma la
prego, non faccia rumore, lo lasci riposare. E mi chiami non appena
nota
qualche cambiamento, va bene?».
La donna sorrise e i suoi occhi si illuminarono «Grazie
dottore, grazie
davvero!».
«Si figuri, ho fatto solo il mio lavoro.»
replicò il medico, allontanandosi poi
in silenzio lungo il bianco corridoio.
Dopo averlo accompagnato con lo sguardo fino alla fine, Andrea si
voltò verso
la sedia su cui sostava ora l’uomo che per tutto il giorno le
era stato
accanto: Tom Kranich.
Quando lo aveva visto entrare in ospedale insieme a Semir non aveva
creduto hai
propri occhi, ma era troppo sconvolta e spaventata per realizzare
davvero chi
le fosse passato davanti.
Poi, dopo che anche lui ebbe fatto una serie infinita di controlli, la
aveva
raggiunta davanti alla sala operatoria, dove la donna stava aspettando
l’esito
dell’intervento del marito.
E allora Andrea era scoppiata a piangere tra le sue braccia chiedendosi
come
tutto ciò fosse possibile e lui l’aveva consolata
dolcemente, esattamente come
avrebbe fatto otto anni prima, e poi le aveva raccontato la sua storia.
I medici usciti dalla sala operatoria avevano poi dichiarato che Semir
era
fuori pericolo ma che si sarebbe svegliato dopo parecchie ore e Tom non
aveva
mai smesso di starle accanto.
«Io
vado da lui.» mormorò la donna con un sorriso, e
l’amico annuì senza aggiungere
altro.
La
stanza in cui Andrea entrò era piccola e semplice ma molto
accogliente e
l’unico letto presente era quello su cui giaceva immobile
Semir.
La moglie del poliziotto si sedette accanto a lui guardandolo con
dolcezza «Ehi
Semir... mi hai fatto spaventare, di nuovo. Questa volta pensavo che
non ce
l’avreste fatta e poi ero così preoccupata per
Aida! Mentre adesso lei sta
bene... e tu invece
ti sei lasciato fregare.
Ma appena ti sveglierai troverai una sorpresa, sai?».
La donna sistemò il cuscino di Semir con delicatezza,
ricominciando poi a
parlare «Tom è vivo e mi ha raccontato tutta la
sua storia. Però adesso è
terrorizzato, ha paura che tu non lo perdonerai... non sarà
così vero? Dobbiamo
tornare l’unica grande famiglia di un tempo: io, te, le
bambine, Tom e... e
Ben...».
Nominando il giovane ispettore, ad Andrea vennero gli occhi lucidi.
Ben...
«Già
tornata?» domandò Tom vedendo Andrea uscire dalla
stanza pochi minuti dopo e
chiudersi la porta alle spalle.
«Tom, secondo me dovresti parlargli tu.».
A quelle parole l’uomo si irrigidì.
«Io... io penso che...».
«Sta ancora dormendo, vai solo a salutarlo...».
«Andrea, io non so quando si sveglierà quanto
sarà contento di vedermi.».
«Scherzi?» replicò la donna alzando un
sopracciglio «Non crederà ai suoi occhi.
Vai!».
Tom sospirò, quindi si alzò a sua volta e
raggiunse a passi lenti la piccola
stanza.
Bip...
bip... bip...
Quel
suono intermittente gli dava fastidio.
Aveva mal di testa.
E non riusciva ad aprire gli occhi.
Provò a concentrarsi e gli parve di udire quel suono ancora
più nitido.
Poi, lentamente, ebbe l’impressione di riuscire a distinguere
qualche ombra.
Le palpebre erano pesantissime e non volevano saperne di alzarsi del
tutto.
Un soffitto bianco... un comodino alla sua destra e accanto ad esso una
sedia... e sopra di essa... sì, c’era un uomo, ma
non era Ben.
Chi poteva essere?
Semir provò a schiudere di più gli occhi ma una
fitta di dolore a tutta la parte
destra del busto lo costrinse a richiuderli.
Li schiuse ancora: no, non era Ben.
Piuttosto sembrava...
Improvvisamente, mentre le immagini gli apparivano più
nitide, una valanga di
ricordi confusi gli invase la mente.
Resta sveglio, Semir... Non te ne andare,
resta qui... Io sto bene, collega... No, no, forza, Semir!.. Non ha
quasi più
polso...
Tom.
Tom era vivo...
Senza che nemmeno se ne rendesse conto, un sussurro era già
uscito dalla sua
bocca. Un sussurro lievissimo, ma sufficiente a svegliare
l’uomo seduto sulla
sedia accanto al suo letto, che si era addormentato, vinto dalla
stanchezza, e
quasi saltò dallo spavento sentendo la sua voce.
«Tom...».
«Semir!» esclamò l’uomo
alzandosi di scatto e avvicinandosi all’amico con gli
occhi sgranati «Semir, come stai?».
Semir non rispose.
Ormai aveva aperto gli occhi completamente ma lo fissava senza emettere
un
fiato.
Che quella che aveva davanti fosse solo un’allucinazione, un
effetto dei
sedativi o dell’anestesia?
Quasi leggendogli nel pensiero, Tom gli strinse la mano appoggiata
immobile sul
lenzuolo bianco e gli sorrise «Semir sono io... sono
Tom!».
Il poliziotto sbatté ancora le palpebre «Allora
non... non sei
un’allucinazione.».
«No... no, sono io...» rispose Kranich senza
riuscire a trattenere una lacrima «Bentornato
collega!».
Ma Semir ancora non sembrava aver realizzato «T...
Tom...».
«Sì, sono io...».
«Io... credevo fossi morto.» riuscì a
mormorare l’ispettore con voce appena
udibile.
«Sto bene... io sto bene.».
Semir rimase ancora immobile a fissarlo. Non poteva davvero credere che
quello
che aveva davanti fosse una persona reale e non un fantasma o uno
scherzetto
provocato dai farmaci.
Non sapeva nemmeno se ridere o piangere, ma prima che se ne rendesse
conto i
suoi occhi si erano già riempiti di lacrime.
Tom sorrise, stringendo l’amico in un abbraccio.
«Come
è possibile?» domandò il turco dopo
qualche attimo, ripresosi almeno in parte dallo
shock iniziale.
«La Engelhardt mi aveva fatto inserire all’interno
del programma di protezione
testimoni perché...».
«Un momento... la Engelhardt lo sapeva?».
Tom abbassò lo sguardo, rendendosi conto che la situazione
cominciava già a
complicarsi, e annuì «Sì era...
è stata un’idea sua.».
Semir corrucciò la fronte e si rabbuiò
immediatamente «E io non ne sapevo
niente...».
«Semir, sarebbe stato pericoloso, e poi...».
L’uomo
venne interrotto dal rumore della porta che si apriva.
Andrea entrò cauta nella stanza, e non appena vide che il
marito aveva ripreso
conoscenza, gli corse incontro sorridente, mentre Tom, lentamente,
retrocedeva,
fuggendo da una discussione che prima o poi avrebbe dovuto affrontare.
Tom
sembra proprio Tom... non trovate?E di Ben invece non sappiamo nulla...
Grazie
mille sempre a voi recensori, siete meravigliosi.
Un
bacione!
Sophie
:D