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Autore: Wolfirea    03/05/2015    1 recensioni
A volte l'amore può trattarsi di un'insignificante incontro nel corridoio della scuola. Altre volte, invece, può essere frutto di un'amicizia coltivata per lunghi anni.
Tuttavia, nel loro caso, l'amore era difficile da spiegare; non c'era la complicità iniziale, lo stare bene insieme, i sorrisi dolci e le carezze. Tra loro non vi era altro che un'assoluta passività nei confronti dell'altro.
Eloise, prima di rivederlo, non si era mai posta il problema di essere inadeguata e di star vivendo una vita che non le apparteneva. Semplicemente, si limitava a sopravvivere come le era stato insegnato. Per lei, Luke, era un'autentico mistero. Quel ragazzo la detestava, la derideva, la scherniva, senza apparente motivo. Nessuno l'aveva mai trattata come faceva lui, eppure, ciò l'aveva portata alla comprensione.
•••
«Perché fai così, che ho fatto?» Chiesi, ormai esasperata.
«Non puoi capire Watson, lasciami in pace»
•••
«Ehi Ciccia, perché piangi?» Mi si avvicinò comprensiva, guardandomi dispiaciuta.
«Shelly, voglio cambiare. Non voglio più essere la frigida e saccente signorina Watson; non voglio più passare per i corridoi ed essere indicata come la figlia della riccona che ha donato soldi alla scuola. Voglio
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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REMEMBER

« Mi ricorderò di te per tutta la vita, e tu ti ricorderai di me. Proprio come ci ricorderemo dei crepuscoli, delle finestre bagnate di pioggia, delle cose che porteremo sempre con noi perché non possiamo possederle.»




e


—-


Abitavamo ancora nella villetta a Melbourne quando Andrew decise di partire.
Era un pomeriggio di primavera, lo ricordavo bene, io e Shelly eravamo sulle altalene, a dondolarci nel giardino di casa mia.
A quel tempo noi due andavamo molto d'accordo; condividevamo le bambole, i pupazzi e a volte le regalavo persino i miei amati lavoretti di carta. Ero sempre stata una ragazza molto creativa e, spesso, con la mia esuberanza, riuscivo persino a contagiare Sheilene, la quale iniziava a preferire capi d'abbigliamento poco consoni alla sua età.
Ma, indipendente da ciò, odiavo etichettare le persone, indi per cui, qualsiasi cosa indossasse o qualsiasi cosa facesse, per me Sheilene sarebbe sempre rimasta una ragazza fantastica. Andrew Watson era il mio fratello maggiore, al tempo aveva da pochi giorni compiuto i diciotto anni di età, era molto giovane, molto eccitato, era davvero molto preso dalla sua iniziativa di partire e realizzare i suoi sogni. Nell'aria era riecheggiato il dolce suono della risata di Shelly: la ragazza dai lunghi crini biondi e dagli occhi smeraldei. Il suo viso era completamente spruzzato dalle lentiggini, le quali, addirittura, le davano un'aria più allegra.

« Madre, sono stufo di questa vita! Deve smetterla di impartirmi ordini quasi fossi ancora un bambino. Sono maggiorenne, oramai, e non voglio più rivederla, ha fatto troppe scelte al posto mio. Ora capisco la decisione di Jonathan, ha fatto bene a lasciarvi. Voi meritate di restar sola per tutta la vita; spero che un giorno lo capiranno anche Karol ed Eloise, soprattutto quest'ultima, il mio piccolo fiore. Probabilmente, di questo schifo, mi mancherà solamente lei, la mia innocente sorellina.»


Ero ancora troppo piccola per poter capire le parole di mio fratello; lui e mia madre litigavano molto spesso, mi ero semplicemente illusa che quella fosse solamente una delle tante volte.

« El, perché urlano?»

Ricordavo bene la voce dolce e pacata di quella che sarebbe potuta essere mia sorella.
Ogniqualvolta notasse i brividi lungo il mio corpo si preoccupava se stessi bene.
Stavo semplicemente tremando per il freddo, a dir la verità, ma quando Josephine aveva sbattuto con foga la porta -cosa che non aveva mai fatto, nemmeno con l'uomo che mi aveva accudito in tenera età- ebbi modo di capire che qualcosa non andava.

« Allora vattene, ma scordati di tornare per chiedere anche solo un dollaro. Ti disconosco come figlio, sei la vergogna di questa famiglia ch..»

« Che da generazioni a generazioni a generazioni.. blabla..» L'aveva derisa, rammentando le medesime parole che non mancava di ripetermi anche alla soglia dei sedici anni.

« Basta! Non accetto questa mancanza di rispetto! Vuoi andartene da tuo padre? Bene, ma non osare mai più metter piede in questa casa.»

Ero sobbalzata per lo spavento; mamma era sembrata davvero furiosa, persino la mia amica aveva strabuzzato gli occhi, allibita.

« Facciamo i braccialettini con le margherite?» Avevo chiesto, sorridendo raggiante.

Dopotutto avevo già dimenticato quanto era successo quei pochi minuti prima, in fin dei conti mi ero sentita bene, la mia vita era perfetta.
Shelly aveva annuito, buttandosi letteralmente sul soffice terreno pieno di fiori colorati. L'avevo seguita a ruota, strappando subito quelli bianchi che mi piacevano tanto.

« Eloise, puoi venire qui un secondo?» Aveva proferito, il mio fratellone, con voce pacata.
 
Mi ero alzata con cautela, pulendo il vestitino dal terriccio e dagli aghi di pino, dopodiché gli ero corsa incontro con piccoli saltelli. Andrew era stato in piedi davanti a me, a differenza sua ero un misero scricciolo alto poco meno di un metro. Tra le mani aveva tenuto
il manico di una valigia di modeste proposizioni, quasi fosse il suo unico tesoro. Il suo appiglio. Li avevo porso una delle margherite che tenevo tra le nocche delle mano e subito dopo avevo circondato le sue gambe con il mio esile corpicino.

«Promettimi che inseguirai i tuoi sogni, Eloise, promettimi che non ti farai condizionare da qualcuno che non sia tu. A volte è giusto che vada così, sai che ti vorrò sempre bene, fiorellino. E, mi raccomando, cresci bene e, sorridi, perché il tuo sorriso è il più bello che abbia mai visto. Ora ti devo lasciare, non sai quanto mi sia costata questa decisione, ma constaterai che nella vita bisogna porsi dei limiti. Li ho superati El, ho sbagliato, e mi dispiace così tanto.»

« i-io, vabene.. dopo torni per darmi il bacino della buona notte, vero?»

Le mie parole avevano sin dall'inizio trasudato speranza, perché era quella che infondo riusciva a farmi andare avanti.
« Eloise -aveva sospirato, schiudendo lievemente le rosee labbra- Ascoltami; forse un giorno tornerò, forse prenderò in considerazione l'idea di portarti con me, ma non ora, El, tu hai Karol e la tua mamma, non hai bisogno di me. La mia presenza potrebbe influenzarti in un modo che non vorrei mai fare. Ti vorrò sempre bene fiorellino.»

Le lacrime avevano minacciato di uscire dai miei occhi, i quali si erano fatti lucidi e improvvisamente pieni di comprensione.

« T-tornerai?»

« Tornerò. Il nostro non sarà mai un addio, ricordalo come un arrivederci.»

Quando ero ritornata da Shelly, abbassando il capo verso il mio vestitino fiorato, avevo cercato in tutti modi di sperare che quello appena vissuto fosse stato solo un sogno.

« El, che succede? Sai, con me puoi parlarne. Non piangere t-ti prego.»

La sua voce apprensiva, le sue piccole braccia lungo il mio corpo, il suo dolce profumo di rose; questo era quello che era riuscito a farmi andare avanti, senza il sostegno del mio modello di vita, del mio faro.
Dell'unica persona che mi aveva accettato com'ero e che non tentava di cambiarmi.
Ed erano già passati nove anni da quell'orribile giorno, indelebile nella mia memoria.

 E tantissime cose, purtroppo, erano cambiate. Avevo perso tutti gli appigli che avevo, persino Shelly si era dimostrata essere la più perfida delle amiche.

« Stai bene? Hai gli occhi lucidi, se vuoi posso accompagnarti in infermeria..»

Alzai il capo di scatto, scrutando confusa il mio interlocutore. In pochi secondi si fece spazio al mio fianco, sulla panchina, regalandomi un sorriso tutto fossette.

« i-o.. credo di sì, .. penso siano i ricordi »

Portai le maniche del maglione sul viso, affrettandomi ad asciugare le gote ormai inumidite.

« Non ti preoccupare.. ti ringrazio per l'apprensione » Borbottai, scrutando circospetta quegli occhi misti tra mandorla e buccia di fico.

Non amavo particolarmente esser compatita e la situazione in cui mi trovavo era praticamente un punto ceco, senza via d'uscita.
« Ti capisco » Sorrise nuovamente, come se avesse una paralisi, e avvicinò la sua mano alla mia.

« Ashton Irwin »

Osservai titubante il suo volto, cercando di capire perché fosse così aperto nei miei confronti.
I tratti del suo viso erano leggermente marcati e anche i suoi lineamenti erano più maturi rispetto ai miei coetanei.

« Eloise Watson » Accennai un sorriso incerto, stringendo poi la sua mano.

« Ora mi dici cos'hai? » richiese, scrutandomi attentamente.

Dire che mi sentivo in soggezione era poco.

« Nulla.. sei nuovo?»
Non mi andava di raccontare i fatti miei agli sconosciuti; probabilmente non l'avrei detto nemmeno a Calum, se il giorno dopo quel 28 marzo non fosse accorso a rassicurarmi che lui ci sarebbe sempre stato.
« .. Diciamo » il suo volto lasciò spazio ad una breve risata.

Non mi convinceva per nulla questo ragazzo, era, come dire, strano.

« Ehm..ok »
Bofonchiai, distogliendo subito lo sguardo.

Mi soffermai qualche secondo a scrutare gli edifici scolastici; proprio dinnanzi a me si ergeva la struttura in cui dormiva il corpo docenti. A destra, invece, vi era un piccola chiesetta dove noi religiosi trascorrevamo la domenica mattina, nel caso in cui non tornassimo a casa per il fine settimana.

« E' stato un piacere conoscerti, Eloise, ci rivedremo presto » proferì, sorridente.

Stavo ripensando al primo anno delle scuole elementari, un anno addietro del mio protettore, l'anno in cui avevo passato l'inferno. Quando il ragazzo riccio si alzò di scatto, afferrando una valigetta di pelle nera che prima non avevo notato.
Mi sorrise raggiante, scoccandomi poi un occhiolino.

« Ehg.. ah.. presto » Balbettai, completamente a corto di parole.

La sua figura slanciata si allontanò velocemente e, dopo che ebbe riposizionato il capello sui riccioli nocciolati, non potei fare a meno di osservare il suo portamento - che non aveva nulla di simile ai goffi e 'molleggianti' ragazzi del college- e la sua eleganza, anche solo nel camminare.
Mi abbagliai quasi, rimanendo intontita per diversi secondi.

—-


« Nev, che succede? »

Ero entrata in classe da pochissimi minuti e mi stupii non poco quando vidi che tutte le ragazze del corso si erano posizionate nei banchi adiacenti alla cattedra. Solevano, infatti, durante le altre lezioni settimanali, stabilirsi sul fondo dell'aula per aver modo di utilizzare il cellulare indisturbate.

« Penso sia per il nuovo prof di inglese » Rispose Nevaline, una ragazza con cui condividevo spesso le lezioni, facendo spallucce.

Mi sedetti al suo fianco, posizionando subito astuccio e diario sul banco. Avrei tanto voluto sedermi davanti, com'ero solita fare, ma purtroppo dovetti accontentarmi dei posti centrali.

« Il supplente? » Mi accigliai.

Mi ero completamente dimenticata che la professoressa Morris era andata in maternità. Era la miglior donna che conoscessi, probabilmente era l'unica tra i professori dotata di carisma e competenza.
Nev annuì, prima di legarsi i crini scarlatti in una crocchia abbastanza alta. Dunque aprii il libro sulla quinta unità, quella con cui eravamo arrivati con la prof, e attesi impaziente l'arrivo dell'uomo tanto atteso.

« Buongiorno ragazzi, io sono Ashton Irwin, il vostro supplente fino alla fine dell'anno»

Sentii giungermi alle orecchie una voce calda e autoritaria; nella classe si levarono all'istante sospiri e risatine sommesse. Alzai il capo di scatto, fissando sconvolta il ragazzo con cui avevo parlato prima.
Era un professore? oddio.
Mi portai le mani al viso, distogliendo subito lo sguardo, cercando di non farmi notare.
Nev, insieme alle altre, non resistette a fissare con brama Ashton, ed io volevo sotterrarmi.
Con la coda dell'occhio lo vidi appoggiare la borsa nera sulla cattedra e, dopo aver infilato un paio di occhiali da vista, si posizionò davanti al grande tavolo d'acero, scrutandoci attentamente.

« Oggi ritengo sia opportuno fare le presentazioni, nei giorni a seguire andremo avanti con il programma che mi ha gentilmente consegnato la vostra prof » Sfilò anche la giacca di pelle a afferrò il registro.

Mi guardai intorno, constatando che i ragazzi erano, come ogni singolo giorno a questa parte, negli ultimi banchi a giocare a 'Clash Of Clans', l'ultima moda del momento.

«Carter? »

« Presente »
..

Mentre attendevo che pronunciasse il mio cognome, per poter alzare dunque la mano e dire che ero presente, presi 'la freccia nera' dalla borsa, e continuai a leggere il libro dal punto in cui ero arrivata.

« Helsin? »

« E' assente, professore »

Inorridii alla voce smielata di Daisy, sperando che questa lezione finisse al più presto.

« Hemm..»

« Sei nuovo? » la voce roca e strascicata.
 
Nell'aria si alzarono nuovamente altri sospiri sommessi. Rilasciai un leggero sbuffo e, dopo aver accuratamente posizionato il segnalibro a pagina novanta, mi accinsi ad alzare lo sguardo.
Sulla soglia dell'aula, comodamente poggiato allo stipite della porta, si stagliava la figura slanciata di un ragazzo dai capelli del color del grano e dalle iridi che parevano il solfato di rame.
Schiusi le labbra, soffermandomi per qualche secondo ad osservare quello che doveva essere il ragazzo di mia sorella.

« Sì, - controllò l'elenco- Lucas, che ne diresti di accomodarti fuori dalla classe?» Ashton sfoggiò un piccolo ghigno e non potei fare a meno di notare il sorriso beffardo sul volto del biondo.

« Suvvia novellino, sai benissimo che preferirei sbattermi un qualsiasi ragazza qui fuori. Saresti così gentile da concedermi questo favore? »

Fissai i due inorridita, nascondendomi dietro uno dei libri che avevo sul banco.
Lucas Hemmings, o come si chiamava, non aveva un briciolo di rispetto per la figura autorevole dinnanzi a lui.

« Perché no? Hai l'occasione. O forse non ti ritengono abbastanza sbattibile? » lo provocò.

Boccheggiai, delusa dal linguaggio scurrile e maleducato con cui aveva risposto il professor Irwin; lo credevo un uomo più maturo.
E poi, come poteva, il mio migliore amico, conoscere un ragazzo così maleducato?
Preferii pensare ad altro e voltai lo sguardo verso le grandi vetrate della stanza. Dell'esterno riuscivo ad intravedere solamente i pochi alberi fiorati del cortile.
Tuttavia, non passarono più di venti secondi che sentii stridere la sedia al mio fianco.

« Allora.. -Ashton prese parola, fissando divertito la mia direzione- Lucas, vuoi raccontarci qualcosa? »
E solo ora realizzai che a pochi centimetri di distanza avevo l'amico di Calum.
Mi strinsi nel pesante maglione e mangiucchiai distrattamente il tappo della penna; gli occhi di tutta la classe convertivano verso di me, alcune ragazze mi stavano perfino fulminando con lo sguardo.

« Beh, non saprei, quest'aula fa schifo. Giallo canarino morto » Brontolò, il biondo, sporgendosi sul banco.

Voltai timidamente il capo nella sua direzione e mi soffermai ad osservare i suoi zigomi marcati, la sua lieve scia di barbetta incolta, e le sue ciglia dorate. Portai le mani al viso, strofinandomi gli occhi, e mi abbassai nuovamente quando Ashton si avviò nella nostra direzione, spronando il mio vicino di banco a continuare la sua 'esposizione'.

« E questo college sembra, non so, un puttanaio »

Lessi il disappunto nei suoi occhi e, questa volta, non potei fare a meno di intervenire.
Sin da piccola Josephine mi aveva insegnato l'educazione e il buon comportamento; evidentemente, costoro, ne erano privi di insegnamento.

« Ritengo poco educato esprimersi in questi termini » Bofonchiai.

Purtroppo, l'occhiataccia raggelante che ricevetti da Hemmings, e gli sguardi allibiti di tutti gli studenti, mi fecero chiaramente capire che avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
Volevo essere risucchiata da una voragine, sarebbe stato meglio.
Il biondo mi squadrò con evidente disprezzo e

« Ritengo poco blabla impicciarsi nelle conversazioni altrui » mi beffeggiò.

Anche se cercai di non darlo a vedere, rimasi piuttosto delusa dalla cattiveria con cui mi si rivolse.
Strinsi gli occhi e fissai con astio il ragazzo. Ero pronta a ribattere poiché non tolleravo che i maschi come lui si sentissero così superiori, quando, per la stragrande maggioranza delle volte, avevamo una nocciolina al posto del cervello. Avevo subito le angherie di Sheilene e di Karol per troppi anni, forse era il caso che smettessi di farmi trattare come una nullità.

« Cerc.. » Schiusi le labbra, cercando di completante la frase.

« Smettetela ragazzi! Lei, signorina.. »

« Watson » Chiarii all'istante, scrutando confusa Ashton Irwin.
In fin dei conti sapeva il mio nome, non riuscivo a capire perché si comportasse così.

Quello mi rivolse un sorriso smagliante, lasciandomi piuttosto perplessa.

« Eloise..» sussurrò, molto piano, in modo che potessi sentirlo solamente io.

Mi sentii avvampare e mi affrettai all'istante ad alzare la mano, mentre il ragazzo biondo continuava a fissarmi con disprezzo.

« Posso andare al bagno? »
Pregai.




BUONASERA :)

Ciao a tutti cari lettori, io sono Sam. Ho iniziato questa ff da poco e sono piacevolmente sorpresa di aver ottenuto quasi 100 visualizzazioni.
In questo capitolo si inizia a delineare bene la storia, spero davvero che vi piaccia e che non vi abbia deluso.
Non saprei che altro dire se non che mi sento realizzata perchè ho finalmente imparato ad utilizzare l' html.
Se preferite la ff è visibile anche su wattpad, e penso sia più comodo.
Seguitemi se volete: respirienuvole.

Baci :*


  
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