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Autore: rolly too    30/12/2008    5 recensioni
Arrivò all'improvviso, inaspettata. Veloce e incredibilmente dolorosa.
Sfumò quasi all'istante, lasciandola con una strana sensazione di vuoto e smarrimento.
Sentì un calcio arrivarle da sotto la sedia. Si voltò lentamente e si accorse di essersi immobilizzata, attirando su di sé gli sguardi di tutti quelli che le stavano attorno.
Chinò lo sguardo, confusa, a osservare la matita che stringeva tra le mani solo qualche istante prima. Aprì le dita, lasciando che le schegge di legno colorato cadessero sul pavimento.
Una strana visione mette in guardia Alice, ma questa volta non potrà contare sull'aiuto di nessuno per salvare se stessa e Jasper. Quanto dovrà spingersi oltre per raggiungere il proprio obiettivo?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun libro/film, New Moon
Capitoli:
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Arrivò all'improvviso, inaspettata. Veloce e incredibilmente dolorosa.
Sfumò quasi all'istante, lasciandola con una strana sensazione di vuoto e smarrimento.
Sentì un calcio arrivarle da sotto la sedia. Si voltò lentamente e si accorse di essersi immobilizzata, attirando su di sé gli sguardi di tutti quelli che le stavano attorno.
Chinò lo sguardo, confusa, a osservare la matita che stringeva tra le mani solo qualche istante prima. Aprì le dita, lasciando che le schegge di legno colorato cadessero sul pavimento.

Alice si lasciava trascinare silenziosamente, avvertendo appena la leggera pressione esercitata dalla mano di Jasper sul suo braccio, presa com'era dalla visione. Lui la conduceva con sicurezza attraverso i corridoi della scuola, preceduto da Emmett e Rosalie che, ostentando indifferenza, gli aprivano la strada.
La mensa era completamente vuota quando entrarono, così Jasper non si fece troppi problemi a sollevare la propria compagna e a portarla di peso al tavolo che occupavano ogni giorno. Emmett si premurò di comprare del cibo -semplice arredamento scenico- anche per Alice e Jasper, poi s'affrettò a raggiungere i fratelli.
“Alice... tutto bene?” domandò in fretta, chinandosi verso di lei, che annuì.
“Sì, non c'è nulla di cui preoccuparsi.”
“Che cos'hai visto?” chiese invece Jasper, accigliato.
“Nulla di interessante. A quanto pare, Edward resterà in Florida più del previsto.” Non le sembrava così terribile riciclare la visione del giorno prima per sviare i fratelli; in fin dei conti, nonostante avesse capito che c'era qualcosa che non andava, non era ancora riuscita a distinguere la scena che le si ripeteva nella testa da quella mattina all'alba.
“Tutto qui?” Rosalie non sembrava molto convinta dalla spiegazione della sorella. “Se è una cosa così sciocca, perché eri conciata in quel modo, in classe? Non ti era mai successo, prima.”
“Conciata come?” Jasper si mosse a disagio sulla sedia. Fissava Rosalie con intensità, ignorando volutamente Alice.
“Si è immobilizzata.” spiegò l'altra. “Ha stretta la matita fino a disintegrarla e quando si è ripresa sembrava che non capisse nemmeno in che parte del mondo fosse. Tutti la fissavano, e credimi, avevano ragione; aveva ben poco di umano.”
Jasper si voltò a guardare Alice, che scrollò le spalle e non rispose. Prese a giocherellare, distratta, con un pezzo di pane, cercando di ignorare le domande di Rosalie ed Emmett e, soprattutto, lo sguardo di Jasper, che si sentiva addosso e che la rendeva nervosa. Sapeva che non aveva creduto alla sua menzogna, e che probabilmente aveva intuito che qualcosa non andava, ma non se la sentiva di dirgli ciò che le stava accadendo. Qualcosa, dentro di lei, le suggeriva di mantenere il silenzio almeno fino a che non avesse capito con cosa e, soprattutto, con chi avesse a che fare.
Odiava dovergli mentire, ma, con gli anni, aveva imparato a fidarsi del proprio istinto.
“Forse dovremmo portarla a casa.” suggerì Emmett alzandosi in fretta e piazzandosi di fronte ad Alice, in modo da nascondere, con la sua mole, la sorella dagli occhi dei curiosi. Spostò lo sguardo dal muro dietro al tavolo alla ragazza, che stava immobile, con gli occhi sbarrati, piegata in avanti sul tavolo, stringendone convulsamente i bordi, colta dall'ennesima visione.
“Credo che abbia ragione, Jasper. Non può tornare in classe così. Se la vedono in queste condizioni crederanno che sia sul punto di sentirsi male e chiamerebbero l'ospedale, e non sarebbe per niente una buona idea.” Aggiunse Rosalie.
L'altro annuì, si alzò lentamente e si avvicinò ad Alice. Le coprì le mani con le proprie e sciolse la presa dal tavolo. La aiutò ad alzarsi, poi le posò delicatamente le mani sulle spalle.
“Cosa vedi, Alice?” tentò, parlando a bassa voce.
“Non lo so.” mormorò lei, talmente veloce che gli umani che eventualmente si fossero trovati lì vicino non sarebbero stati in grado di comprendere le sue parole. Si sentiva estremamente confusa; la sua mente, bloccata a metà tra il futuro e il presente, non riusciva a concentrarsi a sufficienza da eludere completamente le domande di Jasper, che stava approfittando del suo stato semi-incosciente per estorcerle informazioni che lei non voleva dargli.
L'immagine futura svanì, e lei si trovò a fissare gli occhi dorati di Jasper.
“Non farlo mai più.” sibilò.
“Scusa, Alice. Davvero. Ma siamo preoccupati.”
“Non è nulla.” ribadì la ragazza, poi gli concesse un mezzo sorriso. “Fidati di me, Jasper. Ne ho davvero, davvero bisogno.”
“Ti porto a casa, Alice.” la interruppe Emmett. “Non va bene che tu stia a scuola se ti riduci così ogni cinque minuti.”
Lei annuì. Lanciò una breve occhiata a Jasper, ma lui si stava già allontanando insieme a Rosalie. Sapeva quanto lo faceva soffrire sentirsi il più vulnerabile. Aveva acconsentito a lasciare che la accompagnasse Emmett, in fondo, perché sapeva che la necessaria tappa in segreteria, impregnata dell'odore di sangue umano, sarebbe stata per lui pericolosa e avventata. Se Alice fosse stata colta da una visione proprio in quella stanzetta piccola e calda, non ci sarebbe stato nessuno in grado di trattenerlo. Avrebbe attaccato la signorina Cope, e dopo aver assaggiato il suo sangue difficilmente sarebbe stato in grado di trattenersi dall'andare a cercare qualche altro umano.
Emmett attese che tutti abbandonassero la mensa, prima di voltarsi verso la sorella che, di nuovo, era immobile, con lo sguardo vuoto fisso davanti a sé e le mani chiuse in pugni.
Un po' a parole e un po' di peso la fece uscire e la portò in segreteria, la aiutò a sedersi e si rivolse alla segretaria. Le sue parole arrivavano confuse a Alice, che però riuscì a seguire la discussione.
“Signorina Cope, ha un minuto?” la voce di Emmett sembrava stranamente dolce, e poteva solo immaginare che sguardo stesse sfoderando. Se, di solito, era Edward quello che incantava le persone, non si poteva negare che anche Emmett, Jasper e Carlisle avessero un notevole ascendente sulla parte femminile della popolazione mondiale, quando si mettevano d'impegno. Alice dubitava fortemente che al mondo ci fosse una donna in grado di dire di no a uno di loro, davanti a quegli occhi stupefacenti che sapevano sfoderare all'occasione e quella voce melodiosa che ognuno di loro sapeva sfruttare al meglio.
“Alice non si sente molto bene, credo che sarebbe meglio se la portassi a casa. Potrebbe prepararle una giustificazione, per cortesia?”
Alice non sentì la risposta della segretaria, ma, una volta messa nuovamente a fuoco la stanza, riuscì a scorgere il sorriso soddisfatto di Emmett.
“La ringrazio, signorina Cope.”
Si avvicinò gongolante ad Alice e le posò la mano sulla spalla.
Si avviarono alla macchina in silenzio, ma Alice sapeva che Emmett avrebbe solo aspettato di essere al riparo da orecchie indiscrete prima di tormentarla.
“Siamo preoccupati, Alice.” esordì con un tono incredibilmente serio. “Non ti abbiamo mai vista così. E fai impazzire Jasper. Non lo hai visto, a pranzo, com'era preoccupato? Aspetta solo che Edward torni dalla Florida e ti toccherà fare un resoconto dettagliato di tutto quello che hai visto nelle ultime due settimane.”
“Edward tarderà abbastanza perché queste visioni passino.” replicò lei, secca. “Non è nulla di cui preoccuparsi.” mentì, e per un secondo ebbe l'impressione che Emmett le avesse creduto. Ma quando lui scoppiò a ridere, nervoso, capì di essersi sbagliata.
“Senti, mentre eri immersa in chissà quali pensieri, -che non so quali siano, dato che non vuoi dirci cosa vedi- Jasper ha detto che non ti capitava di avere così tante visioni una di seguito all'altra, e così potenti, da quando hai iniziato a vedere Carlisle e noi altri e hai capito che vi sareste uniti a noi. Lui dice che quella è una delle cose più importanti che siano successe da quando ti conosce, e se quello che sta succedendo adesso è simile, allora ci dobbiamo preoccupare...”
“Non hai notato che Jasper ha la tendenza a preoccuparsi un po' troppo?”
“Sì, ma credo che questa volta abbia ragione.” ribattè serio, lasciandola senza parole. Non era abituata a vedere Emmett con quell'espressione concentrata sul viso, e soprattutto, non l'aveva mai visto così preoccupato. Il suo turbamento era davvero così evidente? Avevano davvero capito che c'era qualcosa che non andava, o erano solo sbalorditi dal suo strano comportamento? Improvvisamente ebbe la sensazione di soffocare, e, per la prima volta nella sua vita, si accorse che non aveva la minima idea di cosa dovesse fare.

Sentì le mani di Emmett che la trascinavano giù dal sedile, poi avvertì la pressione del petto granitico del fratello contro il proprio corpo minuto. Si accorse che la stava portando in casa in braccio solo quando realizzò di non avere più i piedi appoggiati al pavimento. Riuscì a distinguere i colori chiari del salotto, e ben presto anche l'ultimo spiraglio dell'ultima visione che l'aveva colpita l'abbandonò.
“Che cosa è successo? Perché siete già a casa?” Carlisle arrivò in fretta dalla cucina, la voce tesa.
“Alice è strana.” rispose Emmett prima ancora che lei potesse aprire bocca. In un istante, Carlisle era a pochi centimetri da Alice ed Esme si era materializzata accanto a lui.
“Strana?” ripeté senza capire. Emmett annuì.
“Più del solito.” specificò con un sorrisetto. “In realtà” proseguì tornando serio “continua ad avere visioni di cui non vuole parlare. S'immobilizza e distrugge quello che ha in mano, così abbiamo pensato che non fosse una buona idea lasciare che gli umani la vedessero. In classe, prima di pranzo, sembra che abbia attirato l'attenzione abbastanza.”
Lo sguardo di Carlisle s'incupì.
“Sta succedendo qualcosa?”
Alice scosse il capo, esasperata, sperando che quella fosse l'ultima volta che le veniva posta una domanda a cui non voleva rispondere.
“No, davvero. Non è niente di preoccupante.”
E fu proprio allora che lo vide chiaramente.
Il salone in cui i Volturi l'avevano accolta, l'anno prima, quando era andata a salvare Edward. Era semivuoto, e solo tre persone confabulavano tra loro a bassa voce, guardandosi intorno con aria circospetta. Riconobbe i volti senza tempo di Aro e Jane, mentre non riuscì a capire chi fosse il terzo. Appariva come un giovane di una ventina d'anni, e lei era sicura di non averlo mai visto. Annuiva piano alle parole di Jane, che gli mostrava un disegno e contemporaneamente gli porgeva degli oggetti, che lui annusava, meticoloso.
“Prendili vivi.” si raccomandava Aro con voce spettrale. L'eco di quella frase rimbombò per qualche istante nella mente di Alice. “Memorizza bene i loro volti e fai attenzione: è difficile coglierli impreparati.”
Il giovane vampiro annuì.
“Se rifiutano l'offerta?” domandò con voce atona.
“Trova una scusa e uccidili.” rispose all'istante Jane. “I loro poteri sono molto interessanti e ci farebbero comodo, ma se li usassero contro di noi sarebbe un problema. Ci troveremmo senza dubbio in difficoltà, e ora che perdono tempo con quell'umana avrebbero motivo di schierarsi contro di noi. Non possiamo correre rischi di nessun tipo.”
“Farò come dite.” assicurò. “Nessuno di loro riuscirà a sfuggirmi.”
Il peso della menzogna che aveva raccontato le crollò addosso, doloroso e insostenibile. Rimise lentamente a fuoco la stanza. Vide il volto preoccupato di Carlisle a pochi centimetri dal suo e si accorse che lui le stava tenendo le mani, tremanti, tra le proprie. Si accorse di boccheggiare; si sentiva soffocare e mai come in quel momento l'aria le era sembrata tanto essenziale. Cercò di tirare un profondo respiro, ma ottenne solo una fitta al petto. Sotto lo sguardo attento di Esme e Carlisle, che ancora non la lasciava né si allontanava da lei, tentò di riprendere la calma. Distinse il lieve, regolare rumore del respiro di Carlisle e cercò di coordinare il proprio rantolo affannato con il suo, calmo e tranquillo.
“Alice?” la chiamò lui quando lei riuscì a riprendere a respirare normalmente.
“Va tutto bene. Davvero. Non è niente.” replicò Alice con voce rotta e si allontanò da Carlisle, che le lasciò andare all'istante le mani e rimase a fissarla per qualche istante.
“Sicura?” Lei annuì.
Carlisle si scambiò una breve occhiata con Esme, poi si alzò dal divano su cui si era seduto e si diresse verso la cucina.
“D'accordo.” sospirò, poi si eclissò nell'altra stanza. Esme lo seguì dopo solo qualche istante, lasciando Alice da sola. Emmett era scomparso.
Si alzò dal divano e salì velocemente nella sua stanza. Ora che aveva capito cosa stava succedendo, il bisogno di mantenere il segreto si faceva più pressante. Cosa sarebbe successo se avesse raccontato agli altri quello che stava per accadere? Esme si sarebbe fatta prendere dal panico, ne era certa. Avrebbe cercato di mostrarsi forte, come faceva sempre, e avrebbe sofferto in silenzio. Carlisle avrebbe cercato un modo per aiutarli frugando tra mille e più possibilità, che avrebbe snocciolato una dietro all'altra con voce tesa. Emmett avrebbe ringhiato che se volevano uno scontro l'avrebbero avuto, avrebbe sentenziato che tutto si sarebbe concluso con una battaglia e si sarebbe abbandonato sul divano a guardare la partita di baseball. Rosalie, come suo solito, sarebbe rimasta in silenzio ad ascoltare le proposte degli altri, prima di annunciare che non c'erano possibilità di vincita e che avrebbero dovuto arrendersi al volere dei Volturi. E forse, tra tutte le proposte che sarebbero state fatte, la sua sarebbe stata la più sensata. Edward sarebbe tornato immediatamente dalla Florida, sarebbe stato l'unico a partecipare attivamente ai ragionamenti di Carlisle, e avrebbe aggiunto proprie idee per assicurarsi che Bella fosse al sicuro. Jasper, invece... avrebbe avvertito il suo tormento, e subito avrebbe utilizzato il proprio potere per tranquillizzarla. Ma l'avrebbe fissata con gli occhi sbarrati, dentro cui sarebbe riuscita a scorgere solo dolore e preoccupazione. L'avrebbe implorata di stare tranquilla, di non uscire di casa. Non l'avrebbe lasciata sola un istante, e all'arrivo dei Volturi si sarebbe parato davanti a lei per proteggerla da qualunque cosa avesse potuto minare la sua incolumità.
Alice sapeva di non potersi permettere di creare una confusione simile. I Volturi avrebbero senza dubbio scoperto che i Cullen sprofondavano nel caos, e ne avrebbero approfittato per eliminare quella famiglia di cui non apprezzavano gli usi e per aggiungere tre nuovi elementi alla loro collezione, proprio come supponeva il piano originario. Forse Carlisle avrebbe potuto sperare di salvarsi, rifletté mentalmente Alice. L'amicizia che lo legava ad Aro, Caius e Marcus l'avrebbe protetto dalla loro smania di potere. Ma gli altri? Cosa avrebbe potuto fermare i Volturi?
“Alice.” la voce dolce di Jasper la distrasse dai propri pensieri. “Come stai?”
“Va tutto bene.” replicò lei tranquilla, e gli si avvicinò, cercando di controllare la propria ansia. Ma sapeva che Jasper la conosceva meglio di chiunque altro, e che non si sarebbe lasciato ingannare dal sorriso che gli aveva rivolto né dal bacio leggero che gli aveva scoccato sulle labbra socchiuse.
Immediatamente avvertì una sensazione di pace e tranquillità, e non poté fare a meno di ringraziarlo mentalmente per tutta la premura che le riservava.
“Non ti chiederò di nuovo cosa hai visto.” mormorò Jasper sedendosi sul letto e tirandola verso di sé. La fece accomodare sulle proprie gambe e le sistemò una ciocca di capelli corti dietro all'orecchio. “Ma mi stai facendo impazzire, Alice. Ho paura che ti succeda qualcosa.”
“Va tutto bene.” ripeté lei con più convinzione, poggiandosi al petto forte di Jasper, che la strinse a sé e le affondò il volto tra i capelli. Alice lo sentì mentre inspirava il suo profumo.
Come poteva metterlo in pericolo? Non sarebbe stata in grado di vederlo rischiare la vita a causa di una sua visione. Cercò di ripetersi che tutto si sarebbe sistemato, che nessuno si sarebbe fatto male. Ma sapeva di mentire a sé stessa. Solo una visione era stata nitida come quella che aveva avuto poco prima, ed era il volto di Jasper che la fissava, quando ancora i suoi occhi erano rossi e disperati.
Rimase pensierosa, immobile, per molto tempo. Jasper, rispettoso, non interrompeva le sue riflessioni né faceva domande. Si limitava a tranquillizzarla quando sentiva la tensione crescere, scrutandola attentamente in cerca di qualche indizio che potesse aiutarlo a capire cosa stesse accadendo. Ma non fu abbastanza veloce da bloccare sul nascere il terrore che avvertì quando gli occhi di Alice si fecero vacui per l'ennesima volta, e non riuscì nemmeno a ridimensionarlo prima che prendesse il sopravvento sulla moglie, che gli strinse con forza la mano, il capo chino in avanti, talmente concentrata sulla visione da non sentire le sue parole.
Quando iniziò a tremare la strinse a sé con più forza, cullandola come se fosse stata una bambina, aspettando, impotente, che accadesse qualcosa.

 

Spero che vi sia piaciuto, ma, anche se così non fosse, non abbiate paura di farmelo notare: apprezzo le critiche che possano aiutarmi a migliorare. Aggiungo comunque che, tra tutti i miei lavori, è uno di quelli che preferisco, probabilmente perchè è quella in cui ho messo più impegno e che mi ha divertita di più mentre scrivevo. In altre parole, ci sono davvero affezionatissima. Spero di non essere andata OOC, anche se ho paura che in alcuni punti sia proprio così. Ditemi che ne pensate a riguardo!

Baci,

rolly too

   
 
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