Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: himporn    03/05/2015    1 recensioni
[armin x annie]
Come back to me.
«Il materasso era schiacciato dalla sua corporatura magra.
L'ultima sera..
..I suoi fianchi, la sua liscia schiena.
Quella figura quasi angelica ai suoi occhi..
'Ricordi, vero?'
Annie, ti prego torna da me. »
ATTENZIONE: premetto che questa storia NON É MIA. É stata scritta da una mia amica, che, per problemi/impedimenti vari non puó permettersi un account(non ora). Saró personalmente io a riferirgli gli eventuali commenti (che voi farete per esprimere i vostri pareri all'autrice, quale bisogna davvero di consigli e appunto valutazioni ). Per il resto, vi consiglio di leggere e perdonate questa esposizione sciatta, non ho potuto altrimenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come Back...


Il materasso era schiacciato dalla sua corporatura magra ma allo stesso tempo così forte e quasi possente. I capelli biondi cadevano sul cuscino vivacizzandolo. Le sue labbra erano schiuse intente a cercare di placare il respiro affannato che l'allenamento gli aveva provocato. La sua mano delicata penzolava oltre il letto. Era in quel momento che prevedeva il riposo. Sarebbe crollato al sonno di lì a poco. I suoi occhioni color cielo, infatti, lottavano per rimanere aperti.

Era l'ultima sera in cui potevano vedersi e parlarsi.
Non che avessero fatto poi più di tanto, anzi, le loro conversazioni duravano relativamente poco. Eppure quella piccola porzione si tempo era bastata per far si che qualcosa nascesse, qualcosa che non sarebbe dovuto nascere, infondo nulla lo permetteva.

Tra di loro erano poche le parole ma ciò che non mancavano erano gli sguardi. I sguardi nei quali si perdevano, di cui non riuscivano a fare a meno. Una sorte di loro piccola droga o anche trasgrezione. Si guardavano spesso e intensamente ma mai nessuno si era accorto di quegli sguardi.

Non poteva di certo dormire in una serata così importante, ma la stanchezza era troppa e sapeva che sarebbe man mano aumentata. I suoi occhi continuanvano a fissare il soffitto completamente bianco, spoglio, monotono sperando di vincere il sonno.

Tra di loro era nato qualcosa di inizialmente insignificante ma che cresceva a vista d'occhio. Una piccola simpatia, un sorriso di troppo, un'accidentale sfioramento di dita, i sguardi sempre più insistenti.

Alla mensa, tutto da lì poteva definirsi iniziato, anche se non si può utilizzare una termine tale per questo tipo di sentimento.
Non sedevano mai vicini, avevano i posti assegnati, ognuno accanto al suo gruppetto di amici.

Quel pomeriggio, non faceva troppo caldo e neanche troppo freddo. Entrambi rimasero ad allenarsi fino a tardi, fino a che il loro sudore gocciolasse dai loro menti. La mensa quando loro arrivarono era oramai vuota, come morta. Solo loro in una stanza così grande, era inevitabile parlare, e lo fecero, per molto tempo. Forse poteva definirsi una vera e propria chiacchierata.

Il suono delle lancette gli risuonava in mente tanto da farlo sembrare una tortura. Il sonno aumentava e diventava sempre più difficile rimanere coscenti. Le voci fuori dalla propria stanza diventavano sempre più tenui, più calme, quasi impercettibili al suo orecchio. Si passò maldestramente una mano tra i capelli arrunfandoli. I suoi occhi erano sempre più socchiusi per colpa della stanchezza. Rimanere svegli stava diventando davvero troppo difficile.

Durante il loro addestramento rimasero insieme in momenti in cui non gli era possibile passare vero tempo insieme.
Le docce degli spogliatoi erano strane, come dei box in cui potevano lavarsi due persone divise solamente da una tendina non troppo alta. Potevi benissimo guardati in faccia se fossi stato abbastanza alto. Era rimasto un solo box e loro erano gli unici due che ancorai iniziavano a lavarsi, e aspettare che se ne liberassero altre era chiedere troppo quindi entrarono. La loro altezza non gli permetteva di vedersi,quindi la loro fu una doccia normale. Ma lui non riusciva a stare calmo, tremava, era tremandamente a disagio. Saperla a pochi centimentri da se completamente nuda non riusciva a farlo stare a mente lucida. L'imbarazzo era tanto e la doccia stava diventando quasi impossibili da affrontare. Poteva immaginare le sue gambe, i suoi fianchi, la sua liscia schiena e sapere che gli sarebbe bastato alzarsi sulle punte per vedere tutto quello lo faceva quasi collassare.
Uscì dalla doccia completamente rosso, sembrava appena uscito da una sauna. Tremava ancora forse ancora agitato dalla situazione mentre si rivestiva.

Forse il sonno aveva vinto su di lui in quel preciso momento. Si era abbandonato alla morbidezza del materasso. Era decisamente troppo stanco. Non era facile tenere quel ritmo, soprattutto per uno come lui che si sentiva sempre uno tra i peggiori, tra i meno capaci. Forse russava anche un po' quando bussarono alla sua porta e si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille. Andò ad aprire quando si ritrovò davanti quella figura quasi angelica ai suoi occhi. I capelli biondi raccolti da una coda mal fatta, gli occhi sempre così spenti che nascondevano chissà quale segreto, quel corpo così femminile e all'apparenza così fragile per riuscire a compiere tutto quello che era nelle sue capacità. La guardò dalla testa ai piedi tremando per poi ritrovarsi a baciarla senza alcuna spiegazione.

"Ricordi vero?"

La guardava in quel momento preciso

"sono passati solo pochi mesi. Se non sbaglio due. Sono passati due mesi Annie?"

sussurrava cercando di non piangere.

"Quanto sei bella. Sai di essere bellissima?".

Gli occhi di lei non si aprivano, era cristallizzata e nessuno era in grado di riuscire a farla tornare normale. Lui era li che la accarezzava la guancia, per quanto quella potesse definirsi la guancia, trattenendosi a stento dal piangere.

"Annie ti prego esci presto, io ho bisogno di te, senza di te mi sento perso, smarrito."

Erano un po' di giorni che Annie era in quello stato e in molti gli avevano detto che il parlare con lei non sarebbe servito a nulla, lei non lo avrebbe mai sentito, doveva solo considerla come morta.

"So che ora mi stai ascoltando, lo sento qui"

si portò una mano all'altezza del cuore

"..so che mi ascolti. So che ti stai anche divertendo ad ascoltarmi. Che idiota eh, è questo che pensi di me? Un'idiota che continua a parlarti a starti accanto anche dopo tutto quello che hai fatto, dopi tutto aver scoperto quello che sei. Sappi Annie, a me non frega un cazzo, non mi interessa cosa sei, cosa fai e il perché. A me interessa solo averti al mio fianco. A te piacerebbe essere al mio fianco? Dimmelo ti piacerebbe?."

Continuava ad accarezzare quel cristallo poggiandoci la testa iniziando pian piano a piangere

"A-annie ti prego torna da me, io ti amo."

disse tutto sussurrando. Le labbra di Annie si piegarano in una sorte di sorriso mentre una lacrima le bagnò velocemente la guancia. Armin non vide nulla e si accasciò ai piedi del cristallo piangendo ancora fino a quando il sonno si inpadronì di lui.
Il materasso era schiacciato dalla sua corporatura magra ma allo stesso tempo così forze e quasi possente. I capelli biondi cadevano sul cuscino vivacizzandolo. Le sue labbra erano schiuse intente a cercare di placare il respiro affannato che l'allenamento gli aveva provocato. La sua mano delicata penzolava oltre il letto. Era in quel momento che prevedeva il riposo. Sarebbe crollato al sonno di lì a poco. I suoi occhioni color cielo, infatti, lottavano per rimanere aperti. Era l'ultima sera in cui potevano vedersi e parlarsi. Non che avessero fatto poi più di tanto, anzi, le loro conversazioni duravano relativamente poco. Eppure quella piccola porzione si tempo era bastata per far si che qualcosa nascesse, qualcosa che non sarebbe dovuto nascere, infondo nulla lo permetteva. Tra di loro erano poche le parole ma ciò che non mancavano erano gli sguardi. I sguardi nei quali si perdevano, di cui non riuscivano a fare a meno. Una sorte di loro piccola droga o anche trasgrezione. Si guardavano spesso e intensamente ma mai nessuno si era accorto di quegli sguardi. Non poteva di certo dormire in una serata così importante, ma la stanchezza era troppa e sapeva che sarebbe man mano aumentata. I suoi occhi continuanvano a fissare il soffitto completamente bianco, spoglio, monotono sperando di vincere il sonno. Tra di loro era nato qualcosa di inizialmente insignificante ma che cresceva a vista d'occhio. Una piccola simpatia, un sorriso di troppo, un'accidentale sfioramento di dita, i sguardi sempre più insistenti. Alla mensa, tutto da lì poteva definirsi iniziato, anche se non si può utilizzare una termine tale per testo tipo di sentimento. Non sedevamo mai vicini, avevo i posti assegnati, ognuno accanto al suo gruppetto di amici. Quel pomeriggio, non faceva troppo caldo e neanche troppo freddo. Entrambi rimasero ad allenarsi fino a tardi, fino a che il logo sudore gocciolasse dai loro menti. La mensa quando loro arrivarono era oramai vuota, come morta. Solo loro in una stanza così grande, era inevitabile parlare, e lo fecero, per molto tempo. Forse poteva definirsi una vera e propria chiacchierata. Il suono delle lancette gli risuonava in mente tanto da farlo sembrare una tortura. Il sonno aumentava e diventava sempre più difficile rimanere coscenti. Le voci fuori dalla propria stanza diventavano sempre più tenui, più calme, quasi impercettibili al suo orecchio. Si passò maldestramente una mano tra i capelli arrunfandoli. I suoi occhi erano sempre Più socchiusi e chiusi per colpa della stanchezza. Rimanere svegli stava diventando davvero troppo difficile. Durante il loro addestramento rimasero insieme in momenti in cui non gli era possibile passare vero tempo insieme. Le docce degli spogliatoi erano strane, come dei box in cui potevano lavarsi due persone divise solamente da una tendina non troppo alta. Potevi benissimo guardati in faccia se fossi stato abbastanza alto. Era rimasto un solo box e loro erano gli unici due che ancorai iniziavano a lavarsi, e aspettare che se ne liberassero altre era chiedere troppo quindi entrarono. La loro altezza non gli permetteva di vedersi,quindi la loro fu una doccia normale. Ma lui non riusciva a stare calmo, tremava, era tremandamente a disagio. Saperla a pochi centimentri da se completamente nuda non riusciva a farlo stare a mente lucida. L'imbarazzo era tanto e la doccia stava diventando quasi impossibili da affrontare. Poteva immaginare le sue gambe, i suoi fianchi, la sua liscia schiena e sapere che Gli sarebbe bastato alzarsi sulle punteggi per vedere tutto quello lo faceva quasi collassare. Uscì dalla doccia completamente rosso, sembrava appena uscito da una sauna. Tremava ancora forse ancora agitato dalla situazione mentre si rivestiva. Forse il sonno aveva vinto su di lui in quel preciso momento. Si era abbandonato alla morbidezza del materasso. Era decisamente troppo stanco. Non era facile tenere quel ritmo, soprattutto per uno come lui che si sentiva sempre uno tra i peggiori, tra i meno capaci. Forse russava anche un po' quando bussarono alla sua porta e si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille. Andò ad aprire quando si ritrovò davanti quella figura quasi angelica ai suoi occhi. I capelli biondi raccolti da una coda mal fatta, gli occhi sempre così spenti che nascondevano chissà quale segreto, quel corpo così femminile e all'apparenza così fragile per riuscire a compiere tutto quello che era nelle sue capacità. La guardò dalla testa ai piedi tremando per poi ritrovarsi a baciarla senza alcuna spiegazione.

"Ricordi vero?" La guardava in quel momento preciso

"sono passati solo pochi mesi. Se non sbaglio due. Sono passati due mesi Annie?"

sussurrava cercando di non piangere.

"Quanto sei bella. Sai di essere bellissima?".

Gli occhi di lei non si aprivano, era cristallizzata e nessuno era in grado di riuscire a farla tornare normale. Lui era li che la accarezzava la guancia, per quanto quella potesse definirsi la guancia, trattenendosi a stento dal piangere. "Annie ti prego esci presto, io ho bisogno di te, senza di te mi sento perso, smarrito". Erano un po' di giorni che Annie era in quello stato e in molti gli avevano detto che il parlare con lei non sarebbe servito a nulla, lei non lo avrebbe mai sentito, doveva solo considerla come morta.

"So che ora mi stai ascoltando, lo sento qui"

si portò una mano all'altezza del cuore

"..so che mi ascolti. So che ti stai anche divertendo ad ascoltarmi. Che idiota eh, è questo che pensi di me? Un'idiota che continua a parlarti a starti accanto anche dopo tutto quello che hai fatto, dopi tutto aver scoperto quello che sei. Sappi Annie, a me non frega un cazzo, non mi interessa cosa sei, cosa fai e il perché. A me interessa solo averti al mio fianco. A te piacerebbe essere al mio fianco? Dimmelo ti piacerebbe?"

Continuava ad accarezzare quel cristallo poggiandoci la testa iniziando pian piano a piangere

"A-annie ti prego torna da me, io ti amo."

disse tutto sussurrando. Le labbra di Annie si piegarano in una sorte di sorriso mentre una lacrima le bagnò velocemente la guancia. Armin non vide nulla e si accasciò ai piedi del cristallo piangendo ancora fino a quando il sonno si inpadronì di lui.
  
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