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Autore: Debby_Gatta_The_Best    04/05/2015    4 recensioni
[Five Nights at Freddy's]E se gli animatronics non fossero quei mostri dall'anima nera che il gioco vuole mostrarci?
E se la vera minaccia fosse costituita da una mente contorta e diabolica e dalla divisa color porpora?
E soprattutto, cosa succederebbe se i robot incontrassero la regina dell'intelligenza artificiale, GLaDOS?
Una nuova avventura, narrata dagli occhi degli animatronics e di Mike, sta per svolgersi ed aspetta solo di essere letta!
Genere: Comico, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Il piede di Bonnie colpì quel poco che rimaneva di un vecchio televisore abbandonato, e inevitabilmente il suo corpo si sbilanciò, provocandogli prima una perdita d'equilibrio e dopo una rovinosa caduta dalla collinetta di rifiuti sulla quale gli animatronics si erano ritrovati la mattina seguente.

«Bonnie, sei un idiota»

Sentì sbuffare Foxy dalla cima, mentre lui cercava di rimettersi in piedi.

«Non è colpa mia, inciampo!»

Cercò di protestare, ma non ricevette risposta. Era la terza volta che scivolava già da quella collina artificiale, provocando ogni volta una piccola valanga di spazzatura.

«Muovetevi, dobbiamo trovare un modo per uscire di qui»

Incitò per la ventesima volta il leader, arrancando per scendere dal pendio opposto a quello da dove era scivolato il coniglio di metallo. Il suo corpo era goffo, maledettamente goffo. Era un orso, un orso grasso robotico, per metà rovinato dal tempo e dal volo che gli avevano fatto fare per gettarlo nella discarica. E per aggiunta si sentiva uno straccio. Come poteva provare sensazioni? Era solo un ammasso rugginoso di cavi e bulloni, eppure...

«Di qua»

Ruggì, più forte di prima, seccato dall'idea che gli altri non lo stessero ascoltando.

Era tutta la mattina che, superato il problema di portarsi in piedi, cercavano di scavalcare quella collina di spazzatura, per trovare una qualche uscita da quel posto, senza risultati.

«Finiscila»

Sentì gracchiare dietro di sé. Era la voce sferragliante e sarcastica di Foxy.

«Come prego? “Finiscila” di fare cosa

«Di fare il ganzo, il capo che riesce a tirarci fuori di qui. Arrenditi alla realtà, questa è la discarica, l'ultima tappa della vita di noi robot. Siamo finiti. Lo sai meglio di me, quando – tra pochi giorni – la nostra carica si sarà esaurita...»

Freddy smise di ascoltare. Non si era mai sentito così... vivo prima di allora. Vedere con i propri occhi il cielo, le stelle, il sole, la luna, le nubi, le luci lontane della città, i cadaveri di quelli che un tempo erano stati elettrodomestici all'avanguardia... era scattato qualcosa in lui, che l'aveva reso quasi umano. Ed ora stava per perdere la vita che aveva iniziato a fluire nel suo essere.

«Ci deve essere una via d'uscita»

Ribatté, senza esserne convinto.

Chica, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, avanzò di un passo verso Freddy, ma, con un fragoroso rimbombo, qualcosa all'interno della collinetta – qualcosa di molto grosso come un frigorifero, o un'auto probabilmente – cedette, e la montagnola crollò di schianto. Nessuno di loro ebbe il tempo di urlare che si ritrovarono per metà sepolti da chili di rottami cigolanti, compreso Bonnie, che era riuscito in qualche modo a ritornare sulla sommità del rilievo.

«Favoloso»

Esclamò con voce inespressiva.

Freddy si dimenò, appellandosi a tutta la forza che riusciva a trovare nei suoi ingranaggi, e, centimetro dopo centimetro, riuscì a uscire dal suo sepolcro, aiutando di conseguenza gli altri.

«Be', perlomeno siamo scesi...»

Si bloccò, notando qualcosa di familiare sotto un gigantesco pneumatico da trattore. Si avvicinò, cercando di piegarsi il più possibile per vedere meglio, e per un attimo rimase sorpreso quando la cosa si mosse.

«Goldie?»

Qualcosa mugolò.

«Goldie»

Concluse.

«Aiutatemi a tirarlo fuori da lì»

Chiamò gli altri tre. Insieme spostarono lo pneumatico e tirarono fuori la copia malridotta della star della Pizzeria Freddy Fazbear.

«Goldie, anche tu?»

Chiese Chica più per inerzia che per volontà. Tranne Freddy, e in parte Foxy, non parevano rendersi conto di essere autonomi, e si comportavano come si comportavano di solito alla Pizzeria, seguendo Freddy.

Goldie, ovvero la carcassa di quello che per un periodo era stato la vera star della pizzeria, piegò leggermente la testa di lato.

«Sei ridotto peggio di prima, fratello»

Commentò Freddy, faticando a esprimersi. Sentiva che quella sensazione di libertà che aveva avuto per qualche ora lo stava abbandonando, il suo cervello – o meglio, il computer che lo comandava – stava per calare nuovamente nella nebbia dell'incoscienza, e questo gli dava fastidio. Odiava avere solo rari momenti di lucidità, e sentirsi, per il resto del tempo, una marionetta stupida.

«Uh, Freddy? Che succede?»

La mandibola slogata di Golden non gli impediva di parlare: la voce proveniva da un microfono posto nella gola del costume che copriva l'endoscheletro dei robot. Il fratello non rispose. Non lo aveva neanche sentito. Si era perso per qualche momento in un ricordo lontano.

Un grido, un suono viscido, una risata distorta.

No, non sono stato io”

«Hey, ti sei perso nei tuoi pensieri?»

Chiese Bonnie evidentemente preoccupato.

Freddy mosse la testa verso di lui, provocando un fastidioso cigolio:

«Non è niente, procediamo. Goldie, puoi camminare?»

«Uh, be', forse...»

La sua voce pareva assai calda per un robot. Quasi umana, e nonostante tutte le acciaccature che presentava, pareva quello che stava meglio di tutti. Cercò di alzarsi, barcollando un pochino, per poi ricadere subito.

«No...»

Concluse dopo il terzo tentativo. Freddy, che lottava per mantenere l'autocontrollo, scosse la testa metallica per farsi

venire un'idea, ma era un'impresa assai difficile.

Sono stupido!”

Di tanto in tanto riusciva a rendersi conto di essere solo una macchina, e questo lo frustrava in modo tremendo. Non era in grado di formulare grandi pensieri, di stabilire cosa fosse giusto e cosa no, di provare felicità o meno. L'unica cosa che sapeva per certo era...

Non sono stato io! È stato lui, quell'uomo... doveva morire!”

Aprì leggermente la mascella, piegando la testa verso il basso, e rabbrividì – come un essere vivente – dei suoi stessi ricordi. Ricordi? Aveva dei ricordi? Riusciva a...

«Che sono quelli!?»

Bonnie aveva gridato, con una voce esageratamente acuta, comica, ma palesemente in preda al panico. Freddy scacciò quei pochi pensieri che gli assillavano la memoria interna, e si voltò, provando una sorta di terrore controllato. Erano dieci, quindici forse, e ne stavano arrivando altri. Carcasse di robot, più o meno vecchie, tutte deturpate dagli anni e dal tempo atmosferico. Alcuni mancavano di costume: non rimanevano che endoscheletri arrugginiti, dall'aspetto poco amichevole. Erano dietro di loro, e stavano lentamente avanzando in massa. Uno di loro – particolarmente somigliante a Freddy, solo più grosso, dal colore più sbiadito e dalla faccia mancante per metà, emise una specie di sibilo acutissimo, gracchiando qualcosa che somigliava a “pezzi nuovi!”. Gli altri robot-zombie si unirono al primo, dando vita ad un fracassante coro recitante “pezzi nuovi, pezzi nuovi, pezzi nuovi”. Bonnie indietreggiò, rischiando di inciampare nuovamente, e così fecero gli altri, tranne Goldie, incapace di muoversi.

«Pezzi nuovi, pezzi nuovi»

Il coro stava prendendo una nota sinistra, contorta, sempre più meccanica e inquietante. Freddy non sapeva che fare; provava, o almeno credeva di provare, una primitiva forma di paura, che gli pulsava dentro in modo assillante, e sapeva di dover fare qualcosa per non finire per essere smontato pezzo per pezzo. Si guardò velocemente intorno, poi ordinò:

«Scappiamo!»

Afferrando il corpo inerme di Goldie tra le braccia.

Iniziarono a correre come meglio potevano, Foxy in testa essendo il più veloce, cercando di sfuggire a quei demoniaci automi assetati di nuove parti di costume e di nuovi cavi.

La corsa durò parecchi minuti, gli animatronics non riuscirono a coprire una grande distanza inciampando sempre nei rottami e nei rimasugli della varia immondizia, ma alla fine riuscirono a arrampicarsi fino in cima ad una montagnola di rifuiti. Freddy guardò in basso, osservando i suoi precedessori, che si muovevano zombie lanciando urla agghiaccianti. Si chiese se avrebbe fatto anche lui quella fine.

Poi, la terra tremò, la spazzatura iniziò a rotolare verso il basso. Chica lanciò un mezzo grido, prima di precipitare in una gigantesca apertura che si era schiusa nel terreno. La montagna crollò, come attratta dalla voragine, e con essa gli altri quattro animatronics. Freddy non riuscì a formulare nessun pensiero mentre il suo corpo cadeva in quello squarcio del suolo. Poco prima di giungere in fondo, scorse una luce rossa: lo attendeva un mare di fiamme.

L'inferno dei robot!”

Concluse, prima di essere inghiottito dall'inceneritore.




Commento

Vi sono mancata? Perdonate la mia assenza, sono davvero troppo impegnata in questi ultimi tempi.... ma state certi che, finita la scuola (se non finisce anche l'ispirazione) tornerò a pubblicare regolarmente (o quasi). Allora.... questo capitolo, come avrete notato, è “arido”, privo di descrizioni e spiegazioni come i precedenti, psicologicamente poco profondo e via dicendo. Chiedo perdono, ma mi sono soffermata poco su questa parte poiché ritengo sia solo un punto di passaggio tra una sequenza e l'altra. Tra poco, infatti, introdurrò pienamente il personaggio di GlaDOS, ovvero il succo di questa crossover (spero). In poche parole: questo piccolo capitolo è solo una pausa, i prossimi saranno più ricchi. E poi... dal punto di vista dell'attuale Freddy, il mondo non deve apparire molto complesso... non so se mi spiego. Non vi anticipo altro e spero che continuerete a seguirmi, al prossimo capitolo!

  
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